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Più qualità istituzionale al Sud per usare bene il Pnrr

Il Pnrr rappresenta un’occasione unica per ridurre il divario Nord-Sud. È necessario migliorare la qualità istituzionale delle regioni meridionali per garantire che le risorse si traducano in investimenti efficaci e in uno sviluppo omogeneo del paese.

Come valutare l’efficacia delle politiche di coesione

Nel periodo 2021-2027 l’insieme dei fondi europei compresi nel Quadro finanziario pluriennale nel Next Generation EU messi a disposizione dell’Italia supererà i 300 miliardi di euro.

Si tratta di un ingente ammontare di risorse le cui modalità di impiego sono destinate a influenzare in modo rilevante le possibilità di crescita nel nostro paese nei prossimi anni, nonché le possibilità di sviluppo nel Mezzogiorno. Come sottolineato anche in diversi articoli su lavoce.info (per esempio, quello di Guido de Blasio, Antonio Nicita e Fabio Pammolli), è perciò di particolare importanza valutare, anche sulla base delle passate esperienze, la relativa efficacia delle politiche di coesione, considerando sia la natura delle politiche adottate che le modalità di governance di gestione delle risorse.

Nonostante la storia dei fondi strutturali nasca già nei primi anni Novanta, nel corso del trentennio successivo non si è vista una riduzione del divario (misurato in termini di reddito pro-capite e di produttività) tra le regioni meridionali e il resto del paese.

La valutazione dell’efficacia delle politiche di coesione in Italia, seppur fortemente influenzata dalle peculiarità metodologiche impiegate nei diversi contributi in letteratura, evidenzia chiaramente che non sono state in grado di rimuovere gli ostacoli che impediscono la convergenza delle regioni meno sviluppate e di generare effetti di indotto, come avvenuto in altre aree. Non si rilevano effetti significativi di lungo periodo sulla crescita, mentre qualche risultato leggermente più incoraggiante si ha nel breve periodo (per una rassegna sul tema si rimanda al libro di Antonio Accetturo e Guido de Blasio “Morire di aiuti”).

Una conclusione condivisa è che la scarsa qualità delle istituzioni nelle diverse aree, che comprende sia la dimensione politica sia quella economica, costituisca un fattore importante per spiegare l’eterogeneità osservata dell’impatto delle politiche di coesione nelle diverse aree e che sia anche la causa principale della sostanziale inefficacia di queste politiche nel Mezzogiorno. Da questo punto di vista, i vari tentativi di quantificare in termini relativi la qualità delle istituzioni mostrano come l’Italia, e in misura ancora più rilevante le regioni meridionali, si trovi agli ultimi posti tra i paesi dell’Unione europea.

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L’indicatore di qualità istituzionale

In un nostro recente studio, utilizzando dati provinciali per l’Italia dal 2010 al 2018, abbiamo proposto un indicatore sintetico di qualità istituzionale, a livello sia provinciale che regionale, assumendo che questa dipenda da cinque dimensioni: capitale sociale, qualità del capitale umano, efficienza della pubblica amministrazione, servizi per lo sviluppo economico e livello di illegalità.

Oltre a offrire un aggiornamento rispetto ad alcuni lavori precedenti, abbiamo inserito alcune variabili prima non disponibili che, a nostro giudizio, arricchiscono e rendono più accurata la valutazione del contesto competitivo che caratterizza le regioni italiane. In totale abbiamo utilizzato 28 variabili, scelte in base all’assunzione che rappresentino una buona approssimazione della qualità del sistema economico e dell’efficienza dell’amministrazione pubblica.

Figura 1 – Correlazione tra produttività e qualità istituzionale

La tabella 1 mostra il ranking regionale per ciascuna delle cinque componenti della qualità istituzionale nel 2018. Premesso che l’utilizzo di un indicatore sintetico fornisce solo un’approssimazione della qualità istituzionale e delle dimensioni che la rappresentano, sembra emergere una divaricazione territoriale radicale tra il Mezzogiorno e il resto del paese. In particolare, spicca in modo emblematico il gap di qualità del capitale umano.

La forte correlazione esistente tra l’indice sintetico di qualità istituzionale e la produttività, entrambe calcolate come medie del periodo 2010-2018 (figura 1), indica in maniera evidente quanto il restringimento del divario di produttività tra le province del Centro-Nord e quelle del Sud debba passare necessariamente per un miglioramento del contesto socio-istituzionale che caratterizza le regioni meridionali. Ciò non implica, naturalmente, che gli investimenti in infrastrutture fisiche non siano importanti, ma semplicemente che lo sviluppo economico territoriale richiede che le politiche di coesione vengano concepite in un’ottica sistemica, volta a dotare il territorio di una combinazione di elementi, sia tangibili che intangibili, ben bilanciata e basata sul principio di complementarietà, ossia sulla necessità di concentrare gli investimenti nell’insieme di fattori in cui il territorio è più carente.

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Se non si vuole sprecare l’occasione offerta dal nuovo ciclo di programmazione 2021-2027 e le ingenti risorse messe a disposizione dal Recovery Plan, una politica volta a migliorare il livello di capitale umano e la qualità socio-istituzionale rappresenta una strada obbligata per migliorare l’impatto degli interventi nelle regioni meridionali. In particolare, si rendono necessari piani formativi per dotare la nuova pubblica amministrazione di quelle competenze interdisciplinari necessarie per gestire la complessità e le tecnicalità richieste per una più efficiente gestione delle risorse pubbliche. Di ciò appare pienamente consapevole il governo Draghi, i cui primi interventi, pandemia a parte, prevedono azioni di riforma della Pa e nuova modalità di selezione dei dipendenti pubblici.

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  1. Savino

    Chi rientrava nei parametri in modo eccellente lo hanno fatto fuggire via. La classe dirigente per cambiare il Sud ed il Paese c’è, ma bisogna smetterla di fare i presuntuosi e gli arroganti e volersi candidare a tutti i costi senza capacità e solo per coprire loschi interessi.

  2. Interessante la figura con la classifica delle province per produttività e qualità istituzionale! Milano e Roma eccellono, vantaggiate dal ruolo istituzionale (capitale economica e politica) che svolgono. Quelle perdenti lo devono solo a se stesse … e alla loro posizione geografica non assistita da infrastutture: Lecce, Molfetta-Andira-Trani fra le peggiori; a controprova Palermo, Napoli e addirittura Potenza se la cavano molto meglio, non per merito, ma perché sono delle “capitali” regionali. Pessima Bari (nascosta un po’ sopra Lecce?) capoluogo, ma pessima secondo entrambi i parametri. Soluzione proposta dagli autori: “migliorare il livello di capitale umano e la qualità socio-istituzionale”. Senz’altro. Ma come? Può il governo centrale (ora Draghi) realizzare una “riforma della Pa (REGIONALE!)” e definire “nuova modalità di selezione dei dipendenti pubblici” soffocata da procedure rigide a volte disattese, ma spesso contraproducenti con le esigenze di una selezione professionale, mirata e responsabile. Bisogna infine osare la scommessa delle infrastrutture, cioè credere che la produttività migliorerà con un nvestmento pubblico infrastrutturale che tiene conto delle specificità del sud. Cominciano da Taranto!

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