Nelle voci del bilancio della Corte costituzionale dove c’è discrezionalità sono stati fatti risparmi significativi. Il risultato complessivo degli sforzi è stato in parte contenuto da un effetto demografico: il numero dei pensionati è aumentato.

Risparmi veri o maquillage?

Ho una grande amicizia per Roberto Perotti e ammirazione per le inchieste che conduce senza timore reverenziale e con notevole puntigliosità. Nella maggior parte dei casi mi sono trovato d’accordo con quello che ha scritto e con l’interpretazione che ne ha dato. Ho invece qualche dubbio sull’ultimo articolo, quello sul bilancio della Corte costituzionale apparso martedì 12 dicembre su lavoce.info.

Non mi intendo né di Corte costituzionale né delle specificità, se ve ne sono, con cui vengono redatti i suoi bilanci. Concordo appieno con Roberto che i bilanci della Corte dovrebbero ispirarsi alla massima trasparenza e accessibilità, proprio perché su quell’organismo non dovrebbero pendere dubbi per le funzioni delicate che svolge. E proprio per questo dovremmo anche prestare notevole cautela a non incrinare inopinatamente la sua credibilità. È una delle poche istituzioni di cui i nostri connazionali ancora si fidano. Le altre le stiamo demolendo a una a una anche oltre il necessario. Sotto questo aspetto, leggendo l’articolo di Perotti si ha l’impressione che la Corte costituzionale non abbia fatto nessun risparmio di bilancio mentre lasciava intendere di aver ridotto le proprie spese significativamente.

Spese discrezionali e spese obbligate

Dai dati pubblicati da Roberto Perotti ricavo una conclusione molto diversa. Mi soffermo sulle voci di “spesa al netto di oneri, contributi, ritenute etc.” che, come correttamente evidenzia Perotti, eliminando tutte le partite di giro, misurano il vero “costo di una entità pubblica per il contribuente”, in altre parole quindi “gli stipendi e le pensioni netti che entrano nelle tasche dei dipendenti e dei pensionati di quella entità”. Queste voci per il 2013 e 2016 sono riprodotte nella tabella seguente assieme alla variazione assoluta e percentuale tra i due anni. Sono gli stessi dati di Perotti (pannello di destra della sua tavola), salvo evidenziarne, nelle ultime due colonne, le variazioni assolute e percentuali. Ai dati di Roberto Perotti ho aggiunto nelle righe in fondo quelli del numero dei dipendenti della Corte e dei sui giudici in pensione, riportati nei bilanci pubblicati sul sito della Corte (che sono facili da ottenere e semplici da leggere).

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Dalla tavola emergono i seguenti punti:

  1. un calo marcato degli stipendi netti dei giudici pari al 24 per cento (810 mila euro in totale)
  2. un calo del 47 per cento delle altre spese per i giudici (60 mila euro)
  3. un calo del 9 per cento delle remunerazioni del personale (895 mila euro)
  4. un calo del 14 per cento delle altre spese per il personale (992 mila euro)
  5. un calo dell’11 per cento delle spese per acquisti di beni e servizi (482 mila euro)
  6. un calo del 23 per cento delle spese per trasferimenti (262 mila euro)
  7. un aumento del 25 per cento delle spese in conto capitale (43 mila euro)
  8. un aumento della spesa per pensioni dei giudici del 32 per cento
  9. un aumento delle pensioni del personale del 5 per cento

Le prime sette sono voci di spesa relativamente discrezionale (le retribuzioni dei giudici sono calate perché per legge la retribuzione è stata ridotta da 465 a 360 mila euro, calo del 22,5 per cento) sulle quali è possibile operare tagli e fare risparmi. Calano tutte e sette, fatta eccezione per un aumento, elevato in percentuale ma modesto nell’entità, delle spese in conto capitale.

La dinamica delle ultime due voci, le pensioni dei dipendenti e dei giudici (e dei loro superstiti), è dovuta alla demografia. Il numero di giudici in pensione è aumentato del 25 per cento tra i due anni e quello dei loro superstiti dell’11 per cento; quello dei dipendenti in pensione e dei loro superstiti del 6 per cento. Questo spiega il grosso dell’incremento della spesa pensionistica.

Quello che io traggo da questi dati è che nelle voci del bilancio della Corte costituzionale, laddove c’è discrezionalità, sono stati fatti risparmi significativi. L’effetto sul bilancio della Corte di questi sforzi è stato in parte contenuto dal fatto che il numero di pensionati è aumentato, molto probabilmente perché i giudici costituzionali e i dipendenti della Corte, come gli altri italiani, campano più a lungo. Guardando a questi numeri non trovo ragioni per rivedere al ribasso la mia fiducia nei confronti della Corte.

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Tabella 1

Qui la risposta di Roberto Perotti, autore dell’articolo “La spending review della Corte costituzionale: fu vera gloria?

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