La storia di un complotto francese per costringere il nord Italia a svendere le sue aziende e ridurre il sud Italia a una tendopoli. E del perché questa e tante altre teorie del complotto sono fattualmente e perfino contabilmente sbagliate.
In un libro appena uscito, Roberto Napoletano, ex direttore del Sole 24 Ore e del Messaggero, svela un «disegno di conquista che la Francia conduce, in modo strategico e militare, nei confronti dell’Italia; […] i francesi vogliono conquistare il nord dell’Italia e magari lasciare che il sud diventi una grande tendopoli per gli immigrati di tutto il mondo». Per quanto estremo, questo passaggio esemplifica il pensiero di tanti che vedono un’Europa pervicacemente decisa a distruggere o conquistare l’ Italia. (Una precisazione doverosa: il libro ha sollevato polemiche anche per le vicende giudiziarie in cui l’autore è coinvolto, ma non sono queste che mi interessano qui).
Come la Francia può impossessarsi dell’Italia …
Prima ancora che implausibili, queste teorie sono contabilmente e fattualmente sbagliate. Per semplicità, supponiamo inizialmente che Francia e Italia siano gli unici paesi al mondo. La Francia ha due attivi patrimoniali, Peugeot e Vivendi; l’Italia ha Unicredit e Luxottica. Ognuna di queste aziende “vale” 10 euro. La Francia vuole impossessarsi di Unicredit. Ha due modi per pagare i 10 euro necessari. Il primo è di vendere uno dei suoi due attivi, per esempio Peugeot. Ma a chi? In questo mondo bipolare, solo all’Italia. Quindi Peugeot diventa italiana e Unicredit francese: la Francia ha conquistato l’Italia quanto l’Italia ha conquistato la Francia. Ovviamente nella realtà ci sono altri paesi. La Francia può vendere Peugeot ai tedeschi; ma per procurarsi 10 euro questi devono vendere la BMW agli italiani. Quindi alla fine Peugeot è tedesca, BMW italiana, e Unicredit francese. I francesi hanno conquistato l’Italia, ma l’Italia ha conquistato la Germania, e la Germania ha conquistato la Francia.
Il secondo modo è di esportare in Italia 10 euro in più di quanto l’Italia esporta in Francia, cioè avere un avanzo di partite correnti con l’Italia di 10 euro. Ma come si “decide”, concretamente, di avere un avanzo commerciale con un altro paese? In ogni caso, i francesi non devono essere molto bravi a complottare perché la Francia ha da tempo un disavanzo commerciale con l’Italia. Non è un caso che l’affare più recente e di gran lunga più consistente sia l’acquisizione di STX da parte di Fincantieri, non viceversa. Ma questo, immagino, è un piccolo dettaglio.
…. Come ci costringe a svendere le nostre aziende ….
Un vero complottista obietterà che lo scopo dei francesi è costringerci a “svendere” le nostre aziende, nel nostro esempio vendere Unicredit a 5 euro. Il modo più semplice è di fare piombare l’Italia nel caos politico e nella recessione. Anche qui il libro di Napoletano è emblematico. Nel racconto c’è infatti anche un terzo attore, l’ immancabile BCE, guarda caso fino all’ottobre 2011 guidata da un francese, monsieur Trichet. Il 9 agosto 2007 la BCE erogò liquidità per 95 miliardi, quando tre fondi di investimento di BNP Paribas annunciarono la sospensione dell’accesso, le prime vittime (non diagnosticate, all’epoca) della crisi subprime. Per salvare i paesi del sud Europa dalla crisi del debito pubblico, secondo Napoletano, si dovrà invece aspettare almeno il settembre 2012, quando alla guida della BCE c’è l’italiano Mario Draghi.
…. E come tutto questo sia fattualmente sbagliato
Cosa c’è di sbagliato in questa ricostruzione? Quasi tutto. Quella iniezione di liquidità, un pronti contro termine, probabilmente beneficiò il sistema bancario italiano più di quello francese: già nell’agosto del 2007 il rischio sulle banche italiane, misurato dai famigerati Credit Default Swaps, era più alto che per le banche francesi. Quel giorno 49 banche in tutta l’Eurozona poterono prendere a prestito (dietro collaterale) qualsiasi cifra domandassero alla BCE. E anche le banche centrali di Usa, Canada e Giappone immisero liquidità: anche loro furono convinte ad unirsi al complotto?
Nel 2007, la BCE aveva a disposizione solo operazioni pronto contro termine. Solo con la crisi si dotò della possibilità di condurre acquisti permanenti di titoli sul mercato. Fra il maggio 2010 e l’agosto 2011 il Securities Market Program comprò 225 miliardi di titoli di stato greci, irlandesi, portoghesi, spagnoli e italiani, e non un euro di titoli francesi. Trichet lo fece approvare al consiglio della BCE contro la irriducibile opposizione della Germania e di quattro altri paesi. Non solo, ma per la prima volta nella storia della BCE un rappresentante di un paese (e che paese), il tedesco Axel Weber, parlò pubblicamente, e con parole di fuoco, contro una decisione del consiglio, e di lì a poco si dimise.
Questa è la realtà di un complotto che “nei circoli internazionali il ragionamento geopolitico prevalente dà per acquisito”.
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rosario nicoletti
I brillanti argomenti del Prof. Perotti ricordano quelli (celebri) di Don Ferrante a proposito della peste. Sta di fatto che i francesi hanno acquisito la maggior parte delle firme italiane della moda, una buona fetta della grande distribuzione. Tentativi di acquisire ditte Francesi si sono scontrate con il governo di quello Stato (vedi Danone). E va ricordato l’ultimo episodio: per avere una soddisfazione più formale che sostanziale sui cantieri di Saint Nazaire, si sono sacrificati gli interessi di Finmeccanica (ora Leonardo).
andrea goldstein
brillante dimostrazione che la relazione economica franco-italiana è complessa (segnalo http://www.lavoce.info/archives/44647/roma-parigi-le-multinazionali-della-discordia/), temo che nn sia sufficiente x intaccare il muro di gomma della fakeconomics di Napoletano, cui duole constatare che anche il Corriere (Fubini) dà visibilità e legittimità
DAVIDE MORANTE
Mi inchino alla competenza tecnica del prof. Perotti, ma sono d’accordo con Nicoletti. Anzi aggiungo che la Francia ha anche acquisito TIM, Parmalat, il Pendolino, Edison, e l’elenco sarebbe lungo. Sui migranti, Macron ne prende pochissimi e ha dato ordine di rispedire tutti gli abusivi in Italia. In politica estera, la Francia tiene ben poco conto dell’Italia e governa l’Europa con la Germania. Ma che importa se è un “complotto” o no?. Quel che è certo è che la Francia ci sovrasta. Invito caldamente il prof. Perotti a venirmi a trovare quando passa da Parigi, e gli illlustrerò molti altri esempi che qui non c’è spazio per evocare
Maurizio Cocucci
Se l’Italia conta poco(ammesso che sia così) è perché dell’Europa, nello specifico della UE, non ci siamo interessati per molto tempo. All’indomani della crisi del 2008 quali iniziative ha adottato il nostro Paese presentandole alla UE? A me non ne risulta nessuna. Francia e Germania si sono accordati per proporre misure che, giuste o sbagliate, adeguate o meno, sono comunque state le uniche. Ad essere precisi c’è stata solo la solita litania su più deficit da coprire con eurobond ben sapendo che per la Germania è al momento la condivisione dei rischi (e quindi gli eurobond) misura incostituzionale oltre che respinta dalla maggioranza dei Paesi mwembri. Contiamo poco che abbiamo la presidenza della BCE, dell’EBA e dell’Europarlamento, abbiamo avuto anche quella della Commissione Europea e la tanto vituperata Germania non ancora. Anzi, come rievoca correttamente il prof. Perotti è tanto influente che è in disaccordo da anni con la politica monetaria della BCE a tal puunto che si è dimesso in netto contrasto un loro membro ed il successore prima che scadesse il mandato anche se in maniera meno polemica. Contiamo talmente poco che la prima e seria proposta riguardante i migranti è stata condivisa dalla Germania. La Francia respinge i migranti per osservanza di un trattato che abbiamo sottoscritto a suo tempo (Dublino 3). Sempre se non è stato sottoscritto a nostra insaputa. In ogni caso la Francia ha poco meno del 50% in più di rifugiati e richiedenti asilo dell’Italia.
Amegighi
Credo esista una discreta differenza semantica e logica tra “complotto” e “progetto” o “investimento oculato”.
Credere al complotto, significa giustificare la totale mancanza di un’idea progettuale a lungo termine in chi ci dirige, vorrebbe dirigerci o si appresta a dirigerci. E significa ascrivere ad “altri” (francesi, tedeschi e quant’altri) colpe che in gran parte sono espressione di incapacità nostrane.
Non sono un economista, ma mi interesso di scienza. E basta vedere la totale confusione mentale su quelli che devono essere i temi di base su cui focalizzare la nostra Ricerca & Sviluppo e allacciarla alla crescita (e anche nascita..) di determinati settori industriali, così come l’assurdo abbandono di campi della Scienza di base classica che potrebbero essere i futuri settori di sviluppo, per averne un esempio. Aggiungo, poi, il modo con cui i nostri Ricercatori vengono sostenuti e aiutati nel sistema Europeo della Ricerca (ERC), rispetto ai tedeschi o ai francesi.
Complotto ? Mah, sarei propenso a pensare, alla luce di questa minima esperienza, a incapacità, disorganizzazione e, soprattutto, mancanza di direzione ed idee.
Antonio Sechi
Grazie dell’operazione di verità, non so quanto possa essere utile a convincere gli analfabeti funzionali e gli estremisti in servizio permanente effettivo (due categorie in larga parte sovrapponibili).
Savino
L’Italia sta facendo tutto da sola nel distruggere la propria economia nata col boom degli anni ’60, senza bisogno di complotti esterni.
andrea naldini
Sono sostanzialmente d’accordo con Perotti, ma nella sua verve polemica dimentica aspetti importanti. In uno studio per la politica industriale di 10-15 anni fa, (forse il rapporto Boyer ora non ricordo bene), l’Italia era già identificata come l’economia maggiormente complementare a quella francese. Questo solo per dire che lì esiste una visione e una politica industriale, non si tratta di conquista nei nostri confronti ma di strategia di sviluppo, che a noi manca del tutto. Su questo sarebbe più interessante discutere.
bob
analisi esatta! Il sistema-Paese che non c’è più! Progetti industriali e strategie che ormai mancano da oltre 40 anni. Qualcuno dimentica che quello che rimane dei pochi Gruppi Italiani presenti nel mondo ( ENI- FINMECCANICA etc) è frutto di una politica ricondicibile al dopoguerra ( se non addirittura al fascismo conl’ IRI) in pratica politiche frutto di lungimiranza ( sbagliate o no da vedere) cioè ricondicibili ad un progetto politico ampio . Tutto questo fino inizi anni ‘ 70 poi inizio della catastrofe con l’avvento delle Regioni la scomparsa del sistema-Paese per fare posto a localismi e regionalismi facendo credere a molti ” fenomeni” che l’avremmo sfancata con il ” piccolo è bello” , micro-multinazionali e altre menate varie. Questi i risultati altro che complotto francese ! Oggi cosa abbiamo Eataly che apre un supermercato per ogni capitale? Un rispettabile salumiere e niente più che nulla può a fronte di gruppi dalla massa aggregante immensa
Marino Massaro
L’autore del libro, che ho avuto il (dis)piacere di avere come direttore mi sembra molto poco credibile alla luce anche del disastro che ha creato al giornale. Giusta la definizione di fakeeconomics!
Henri Schmit
L’investimento di aziende straniere in Italia (FDI) è, almeno in partenza, positivo. L’acquisto di aziende esistenti (brown field investment) è meno positivo dell’investimento in progetti nuovi (green field), perché c’è un rischio che l’investitore intenda smontare l’attività acquistata, per trasferire all’estero un know how specifico o per eliminare un concorrente. Peggio del brown field investment tuttavia è una situazione in cui gli investitori stranieri non comprano, perché valutano le aziende in vendita non interessanti (Alitalia) o giudicano il contesto economico, fiscale, amministrativo non competitivo, inaffidabile, imprevedibile, troppo rischioso, con scarso potenziale di crescita. Un aspetto importante del brown field investment è di sapere dove il venditore (italiano) investe il prodotto della vendita, in Italia, in nuovi progetti industriali (green field) o in attività finanziaria (borsa, fondi, gestioni, assicurazioni vita) o all’estero perché ritiene che le prospettive di guadagno/rischio vi siano più interessanti. Se alcuni settori (distribuzione retail, food, fashion) tendono a passare in mani straniere, francesi o altre, significa soprattutto che gli acquirenti industriali dispongono di business model più validi di quelli delle strutture italiane più artigianali. Detto ciò, non comprerò un libro troppo estroso; da tempo non leggo più un giornale spesso appiattito su posizioni filogovernative o demagogiche, p.es. imitare D e F a sforare i limiti del deficit.
Del Boccio Maria antonietta
Una delle diverse possibilità, ad esempio, può essere quello di comprare dei Btp al di sotto della parità. Poi, come salgono anche di 50 punti si possono anche vendere ed incassare la plusvalenza. Cosa è accaduto dopo la fine del 2011?
Un altro modo può essere quello di comprare aziende che hanno in pancia oltre 800 milioni di € e nessuno ne sa nulla; per poi accorgersene oltre 7 anni dopo: il caso Parmalat…
Valerio
Anche gli orologi fermi segnano l’orario esatto 2 volte al giorno…
Federico Leva
Dalla ricostruzione semplificata a due paesi manca un dettaglio, e cioè che le aziende francesi possono prendere a prestito il doppio del denaro: i debiti hanno raggiunto il 132 % del PIL, tanto che la banca centrale è intervenuta.
https://uk.reuters.com/article/uk-france-economy-debt/ballooning-french-corporate-debt-rattles-regulators-but-not-lenders-idUKKBN1EF1W2
In larga parte il debito è servito a finanziare acquisizioni, secondo Reuters.
Henri Schmit
Informazioni interessanti sull’alto livello di indebitamento di numerosi grandi gruppi (para-statali) francesi, sull’aumento recente dell’indebitamente corporate e su come BdF – contrariamente a BdI? – limita preventivamente la capacità creditizia delle banche, fattore della leva dei grandi gruppi. Il rischio è un aumento dei tassi, ma il ciclo (tassi bassi e ripresa) è favorevole ad un aumento della leva; non era difficile capire che nel 2008/09 la situazione era esattamente quella opposta. E che cosa hanno fatto le autorità (organi di controllo e governo) per prevenire l’esplosione dei NPL? La retorica dominante era che “i ristoranti sono pieni” e “le nostre banche sono le più solide”. È quella la differenza con i Francesi.