Lavoce.info

Braccialetto di Amazon: i falsi problemi e quelli veri

Il braccialetto brevettato da Amazon di per sé non comporta alcuna forma di controllo a distanza del lavoratore. Ciò che va verificato in concreto e rivendicato è la compatibilità con il benessere psico-fisico di chi lo usa. E la spartizione equa del guadagno di produttività.

A cosa serve il braccialetto?

Immaginiamo che la notizia dell’apparecchio brevettato da Amazon fosse stata data senza dire che va portato al polso come un bracciale. Per esempio così: “ideato per facilitare il lavoro del magazziniere, rende molto più agevole il reperimento del plico da prelevare dagli scaffali, pur lasciandogli le mani libere, e lo avverte con un segnale in caso di errore”. La novità sarebbe stata catalogata senza clamore fra le tante diavolerie che il progresso tecnologico mette via via a disposizione di imprese e lavoratori per aumentare la produttività e ridurre la fatica. Qualcuno forse si sarebbe spinto a prevedere anche una sua possibile utilizzazione in azienda e fuori per le persone non vedenti; qualcun altro a evidenziare il vero rischio: che apra la strada alla sostituzione del magazziniere con un robot. Ma non sarebbero stati paventati rischi per la dignità e libertà della persona.

Il solo fatto che l’apparecchio sia in forma di bracciale, con il conseguente richiamo di quello usato per fini di polizia giudiziaria, è bastato perché la reazione quasi unanime sia stata invece di rifiuto netto e inappellabile del nuovo strumento. Si è, cioè, subito pensato che il brevetto ottenuto da Amazon riguardasse un modo di trasmettere alla centrale aziendale in tempo reale dati concernenti quantità e qualità del lavoro. Non è così: il brevetto ha per oggetto un apparecchio che non serve a questo. Poiché però “potrebbe anche essere usato a questo scopo”, l’occasione viene utilizzata per denunciare l’“abbassamento della guardia del diritto del lavoro” contro le nuove forme di sfruttamento e in particolare le nuove forme di controllo dell’impresa sul lavoratore.

Dallo Statuto dei lavoratori al Jobs act

Leggi anche:  L'affaire produttività*

Questo abbassamento della guardia c’è davvero? L’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori all’origine (1970) vietava l’installazione di apparecchiature finalizzate al controllo a distanza della prestazione di lavoro. Nei casi in cui l’installazione fosse necessaria per fini legittimi, diversi dal controllo a distanza della prestazione, la norma imponeva che venisse preventivamente contrattata con le rappresentanze sindacali, oppure autorizzata dall’Ispettorato. Nel contesto in cui venne emanata, la norma si riferiva essenzialmente ai microfoni e agli impianti televisivi a circuito chiuso; applicata oggi, avrebbe l’effetto di obbligare l’impresa a contrattare preventivamente l’uso di qualsiasi computer, cellulare, gps, perché ciascuno di questi strumenti ha in sé la potenzialità di un uso per il controllo a distanza del lavoro. Senonché imporre il vincolo sarebbe palesemente assurdo: tant’è vero che nessun sindacato, finché la norma è rimasta in vigore nella sua formulazione originaria, ne ha mai preteso l’applicazione per pc, cellulari, o gps.

La modifica della norma del 1970 recata dal Jobs act (decreto legislativo n. 151/2015) consiste nell’aver limitato l’obbligo della contrattazione preventiva ai soli apparecchi installati con finalità di controllo a distanza, escludendolo per gli strumenti ordinari di lavoro, anche quando consentano un qualche controllo a distanza.

La nuova norma tuttavia introduce l’obbligo a carico dell’impresa di comunicare preventivamente al lavoratore il fatto che informazioni derivanti dall’uso di quegli strumenti vengano in qualsiasi modo utilizzate. Dunque, in tutti i casi – ormai divenuti frequentissimi, nell’era dell’“Internet delle cose” – in cui da un qualsiasi strumento di lavoro provenga un’informazione utilizzabile per un controllo a distanza, la norma vieta all’impresa di utilizzarla senza comunicarlo preventivamente al lavoratore interessato. E la violazione della disposizione è sanzionata penalmente.

Se ne può concludere che il “bracciale” brevettato da Amazon, non comportando di per sé alcuna forma di controllo a distanza, sarebbe stato consentito sia dal vecchio articolo 4, sia dal nuovo. Se invece nello stesso bracciale venisse inserito un dispositivo aggiuntivo, destinato a trasmettere a una centrale aziendale notizie su quantità o qualità del lavoro, questo sarebbe stato vietato sia nel vecchio, sia nel nuovo regime.

Leggi anche:  Più lavoratori, ma più vecchi

Altro discorso è quello circa la compatibilità del nuovo strumento con il benessere psico-fisico del lavoratore, che è materia del decreto legislativo n. 81 del 2008. L’articolo 15 del decreto vieta qualsiasi forma di organizzazione del lavoro cha abbia carattere costrittivo e impone di ridurre al minimo i possibili “effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”.

Così stando le cose sul piano legislativo, una risposta un po’ più meditata di lavoratori e sindacato alla notizia dell’invenzione brevettata da Amazon potrebbe consistere, per un verso, nel controllare che il nuovo strumento, se e quando verrà effettivamente introdotto in azienda, utilizzi le forme di segnalazione (sonora, visiva o tattile) più compatibili con il benessere psico-fisico di chi li usa, possibilmente consentendogliene la scelta; e che non contenga dispositivi capaci di trasmettere a una centrale dati relativi a quantità o qualità della performance individuale.

Per altro verso, la risposta potrebbe consistere nel rivendicare che i frutti del guadagno di produttività conseguito per mezzo di esso siano spartiti equamente fra l’impresa e i lavoratori. Per i quali ne deriverebbe così soltanto minore fatica e maggior reddito.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Perché ai disoccupati non interessa la formazione

Precedente

L’università condannata all’italiano

Successivo

Il Punto

12 commenti

  1. Savino

    In Italia continuano e si accentuano i problemi di produttività e di rendimento sui posti di lavoro.
    Mentre il mondo del lavoro è saturo di gente che non esercita con professionalità il proprio dovere, crescono sacche di disoccupazione ed inattività per svariate fasce d’età della popolazione.
    Per cominciare ad assumere nuovi occupati in pianta stabile occorre verificare chi, oggi, ci tiene a conservare un posto di lavoro e ad osservarne tutti i crismi di comportamento professionale e personale e chi no.
    E’ davvero insopportabile continuare ad osservare un’Italia di fannulloni e di non professionalmente aggiornati predicare nei confronti dei nostri giovani o meno giovani che hanno difficoltà a trovare lavoro.
    Assurdo, ad esempio, che i maestri di scuola con un semplice diploma pretendano gli stessi diritti dei laureati.
    Basta con il mito italiano del guadagno facile. Bisogna affrontare i sacrifici per portare il pane a casa e non esistono scorciatoie. Gli italiani rancorosi se lo mettano in testa e si rimbocchino, piuttosto, le maniche per uscire da una crisi che è già durata esageratamente più delle due guerre mondiali messe insieme.

    • Gianni

      Non mi pare che i lavoratori di Amazon facciano parte degli “insider”, ipertutelati e dal guadagno facile, improduttivi e dallo scarso rendimento, da mettere sotto più stretto controllo. Se in qualche reportage si trovano foto di magazzinieri accasciati sulle loro postazioni di lavoro, il motivo è che sono esausti, non lavativi.

  2. Giorgio

    Questo articolo mi preoccupa molto, è molto chiaro che, in nome del profitto, Amazon ha voluto dare un messaggio a tutte le multinazionali affermando che il dipendente non deve essere trattato da essere umano pensante ma bensì da strumento da sfruttare in nome del profitto. Dopo un braccialetto elettronico che costringe il lavoratore ad essere simile ad un Robot, cosa dobbiamo aspettarci fra qualche anno? Io non vedo nessun aspetto positvo in tutto ciò.

  3. Antonio Scialà

    Vorrei chiedere al Prof. Ichino una precisazione. Quando scrive che “La nuova norma […] introduce l’obbligo […] di comunicare preventivamente al lavoratore […] che informazioni derivanti dall’uso di quegli strumenti vengano in qualsiasi modo utilizzate.”, vuol dire che basta la semplice comunicazione? Non è necessario il consenso del lavoratore affinché quelle informazioni vengano utilizzate?

  4. EzioP1

    Premesso che in qualsiasi lavoro, da quello prevalentemente manuale (es. lo zappatore) a quello più propriamente intellettuale (es. sviluppo di idee), la prestazione per entrambi non può che essere valutata nei suoi contenuti quantitativo e qualitativo. Se poi gli operatori di entrambi i tipi di lavoro vedono nella valutazione una critica al loro operato bisogna riconoscere che ciò è dovuto all’implicito riconoscimento che ciò che hanno eseguito poteva essere fatto meglio in quantità e in qualità. E’ un atteggiamento negativo nei confronti del sistema ‘mondo del lavoro’ interpretare con solo malizia ogni meccanismo che porti a valutare il rendimento del lavoro. Da che mondo è mondo, dal lavoro manuale a quello intellettuale, il rendimento è il paradigma alla base di ogni miglioramento.

  5. Andrea

    La polemica su Amazon nasce perché siamo in campagna elettorale e stracciarsi le vesti preventivamente paga. E’ comunque una abitudine italiana discettare su tutto e tutti senza avere competenza e neppure cognizione dell’argomento in questione. Mi spieghino la differenza sul possibile controllo a distanza del lavoratore tra un operatore dotato del dispositivo di Amazon e uno dei molti che lavora quotidianamente con uno scanner tradizionale in un supermercato o in un magazzino ricambi.

  6. Stefano

    Spero che le convinzioni dell’articolista, senza offesa, siano ingenue. Quando si decide di localizzare in tempo reale uno smartphone o un’auto aziendale, assegnato ad un dipendente pensa lo si faccia per poter rintracciare il telefono qualora lo si smarrisca ? Quando la forza lavoro di Amazon indice uno sciopero e si cerca di capirne le ragioni leggendo migliaia di loro commenti, quando si sente parlare del “passo Amazon” si capisce che c’è tensione nel modo in cui i lavoratori “percepiscono” il proprio lavoro a vantaggio di un signore che è diventato in pochi anni l’uomo più ricco del pianeta perché riesce a garantire dall’acquisto alla consegna in 24 ore. I dati rilevati e trasmessi dal bracciale non servono a “monitorare” l’attività del lavoratore, sia mai…è vietato per Legge; servono, come è ovvio che sia a: “…facilitare il lavoro del magazziniere, rende molto più agevole il reperimento del plico da prelevare dagli scaffali, pur lasciandogli le mani libere, e lo avverte con un segnale in caso di errore”. Se poi si scopre, consultando le statistiche del magazziniere, che questo si “distrae” sovente, che il suo passo Amazon è più lento degli altri, per pura coincidenza, il suo contratto, rinnovabile ogni due mesi, “potrebbe” non venire riconfermato.

  7. arthemis

    commenti sul bracciale che già usa Leroy Merlin?

  8. EzioP1

    L’organizzazione del lavoro nei magazzini. Avendo sviluppato anni addietro due progetti per magazzini con l’analisi e la scelta del modo di operare dal ricevimento merci al confezionamento delle commesse per la consegna, trovo il modello applicato da Amazon valido. Uno dei diversi modelli di confezionamento degli ordini ricevuti in pacchi per la consegna può essere fatto con prelievi dei singoli prodotti nelle quantità richieste da un insieme di ordini per essere poi resi disponibili ad un punto di confezionamento dei pacchi relativi ad ogni singolo ordine. Questo modello richiede un doppio lavoro, prima per il prelievo in quantità e poi per il confezionamento dei pacchi; inoltre il prelievo in quantità soddisfa le richieste che sono state elaborate sulla base degli ordini ricevuti ad un certo momento, ogni successiva richiesta è trattata in un secondo ciclo di prelievi. Un modello più dinamico e più rispondente al variare delle esigenze è quello che avendo a disposizione dei computer portatili o braccialetti elabora centralmente tutti gli ordini e li trasmette ai computer portatili od ai braccialetti indicando il luogo dove sono i prodotti da prelevare, la quantità, e il pacco a cui devono essere assegnati e segnala al centro il prelievo avvenuto ed a quale pacco è stato destinato. In questo modo l’operatore che segue le indicazioni del computer portatile o braccialetto, va nel luogo preciso, preleva la quantità occorrente e mette i pezzi nei pacchi organizzati sul suo carre

  9. EzioP1

    carrello. Allo scopo di evitare errori può essere fatta una analisi su campionatura del contenuto dei pacchi allo scopo selezionati per verificare il corretto confezionamento. Rimane il processo del riordino dei prodotti occorrenti e questo può essere fatto dal computer centrale su base previsionale e con adeguamento sulla base del rilevamento delle quantità ancora esistenti a magazzino, così come già oggi avviene nei supermercati. Essendo l’associazione del computer portatile o del braccialetto alla persona definita a priori dal sistema si ha anche, volendo, la possibilità di verifica a campione dell’efficienza del sistema a scopo di riconoscimento individuale o collettivo a seconda degli accordi intercorsi tra lavoratori, sindacati e azienda.

  10. Gianni

    Se nessun sindacato, vigente il vecchio testo dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, ne ha mai preteso l’applicazione a PC, cellulari o GPS, vien da chiedersi: dov’era la necessità di modificare detta norma nel 2015, col Jobs Act?
    Il Jobs Act distingue le apparecchiature in due categorie: quelle che eseguono solo controlli a distanza e quelle che eseguono controlli a distanza e hanno una qualche utilità nell’attività lavorativa, stabilendo che per questi ultimi basta l’informativa del datore di lavoro. Se così è i datori di lavoro, mentre in precedenza potevano vedersi e contestato l’uso di questi ultimi strumenti da parte delle OO.SS (secondo un criterio di ragionevolezza che il prof. Ichino ci conferma esserci sempre stato), ora hanno un sostanziale via libera, proprio mentre lo sviluppo tecnologico ampia a dismisura le possibilità e le modalità di controllo remoto.
    E’ chiaro che in questa seconda categoria di apparati rientra il braccialetto Amazon, che da un lato assolve alla funzione di aiutare il magazziniere a non sbagliare, ma dall’altro ha in sé la potenzialità di un permeante controllo a distanza particolarmente permeante. Col Jobs Act, ad Amazon, quando deciderà di controllare i lavoratori col braccialetto, basterà una email.

  11. Michele

    Bizantinismi giuridici che hanno come unica conseguenza alimentare l’attività avvocatizia. In questo caso parassitaria. A mio giudizio è legittima una attività di controllo a distanza del lavoratore, anche con le moderne tecnologie. Del tutto da rifiutare invece la pesante precarizzazione del lavoro voluta dal Jobact. Si segue una strada del tutto sbagliata: inutili tutele sui controlli e precarizzazione totale sui temi più sostanziali. Tutto a danno dei lavoratori ma anche delle imprese per le quali la eccessiva flessibilità del lavoro diventa una droga mortale

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén