L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea avrà conseguenze anche sugli equilibri all’interno del Parlamento europeo, chiamato a decidere su cosa fare dei 73 seggi britannici. Una discussione da seguire, in particolare in vista delle elezioni del 2019.

Il Parlamento europeo prima e dopo Brexit

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrà conseguenze anche sugli equilibri tra stati membri e gruppi politici all’interno del Parlamento europeo. I 73 seggi oggi occupati da deputati britannici andranno infatti redistribuiti o eliminati.

Il Parlamento europeo è composto da 751 deputati, limite fissato dal trattato sull’Unione europea. Lo stesso trattato fissa a 6 la soglia minima di seggi a disposizione di uno stato membro e a 96 quella massima. Ancora, il trattato stabilisce che la ripartizione dei seggi deve avvenire seguendo il principio della proporzionalità degressiva, il quale ne assegna un numero maggiore agli stati membri con una popolazione più elevata, ma allo stesso tempo garantisce ai paesi con minor popolazione un numero di seggi superiore a quello che avrebbe con una ripartizione basata su un principio proporzionale puro. Il criterio è stato scelto per evitare che i paesi più popolosi dominino con troppa facilità, portando a quella che viene definita una sovra-rappresentazione degli stati membri più piccoli. Per fare un esempio, a Malta, che non supera i 600 mila abitanti, spettano sei deputati, ovvero uno ogni 100 mila; mentre alla Germania, che conta oltre 80 milioni di abitanti, ne spettano 96, uno ogni 800 mila.

L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea ha inserito nell’agenda delle istituzioni europee la necessità di gestire i 73 seggi fino a oggi assegnati a deputati inglesi. Il tema è importante non solo perché i seggi potrebbero andare ad aumentare il numero di rappresentanti di un determinato stato membro, e quindi rafforzarne la presenza all’interno del Parlamento, ma anche perché in base a come verranno redistribuiti, potranno consolidare o indebolire i gruppi politici che attualmente lo compongono.

Le opzioni sul tavolo

La discussione sulla gestione dei seggi si è focalizzata su tre proposte principali: la cancellazione dei 73 seggi assegnati; la redistribuzione dei 73 seggi tra i 27 stati membri; l’utilizzo di una parte dei seggi per la creazione di una circoscrizione europea.

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Tutte e tre le proposte presentano delle criticità. La prima opzione potrebbe essere percepita come la più semplice e ragionevole – soprattutto in un’ottica di risparmio –ma andrebbe ad aumentare il fenomeno della sovra-rappresentazione dei paesi più piccoli, in quanto diminuirebbe il numero totale di deputati.

La redistribuzione di tutti i 73 seggi secondo il principio della proporzionalità decrescente invece beneficerebbe paesi popolosi come Italia e Francia, creando un forte divario con paesi minori e allo stesso tempo una situazione svantaggiosa per la Germania, che ha già raggiunto la soglia massima di deputati prevista dal trattato sull’Unione europea. Quest’opzione esporrebbe poi il Parlamento europeo alle critiche dell’opinione pubblica, che vedrebbe nella redistribuzione di tutti i seggi un’occasione persa per operare risparmi sul bilancio. Infine, la terza ipotesi, che ha tra i suoi sostenitori il presidente francese Emmanuel Macron, sembra difficilmente realizzabile in vista del voto del 2019, in quanto richiederebbe lo stravolgimento dei meccanismi che attualmente regolano le elezioni europee. Inoltre, a detta dei suoi detrattori, dissolverebbe il rapporto tra deputati europei e i territori che rappresentano.

Gli scenari futuri

Prima di esprimersi e passare la sua proposta ai capi di stato e di governo dei paesi dell’UE, il Parlamento europeo ha avuto dunque numerose questioni su cui riflettere. La soluzione approvata il 7 febbraio all’assemblea plenaria raggiunge una sintesi che include tutte le possibilità elencate sopra, ma boccia la proposta sulla circoscrizione elettorale a livello europeo..

Il Parlamento ritiene infatti sia necessario utilizzare soltanto una minima parte dei seggi resi vacanti dal Regno Unito e propone di ridurre dunque il numero di deputati da 751 a 705. Propone poi di redistribuire i 27 seggi rimanenti seguendo il principio della proporzionalità degressiva.

Di conseguenza, in vista delle elezioni del 2019, a beneficiarne di più saranno gli stati membri con maggiore popolazione (tranne la Germania): i deputati francesi passeranno da 74 a 79, quelli italiani da 73 a 76, quelli spagnoli da 54 a 59. Considerando che rispetto alle elezioni europee del 2014 in Francia e Italia si è registrata l’affermazione di En Marche! e del Movimento 5 Stelle, l’aumento di seggi per i due paesi potrebbe contribuire a indebolire la supremazia del gruppo politico che attualmente domina il Parlamento europeo, ovvero il partito popolare europeo.

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Infine, la creazione di una circoscrizione europea, pur non potendo essere realizzata prima delle elezioni 2019, resta comunque in agenda, con la proposta di costituirla con un deputato europeo per stato membro.

Insomma, le elezioni 2019 potrebbero portare a risultati interessanti, e sarà proprio un Parlamento europeo dagli equilibri rinnovati a continuare la discussione sulla circoscrizione europea.

Insomma, le elezioni 2019 potrebbero portare a risultati interessanti.

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