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Il peccato originale della legge elettorale

Con le elezioni del 4 marzo i cittadini hanno eletto un parlamento che rischia di rimanere senza maggioranza. L’intransigenza di partiti e gruppi parlamentari potrebbe dipendere dalle rigidità della legge elettorale e in particolare dalle liste bloccate.

Piani post-elettorali stravolti

Negli intenti di coloro che l’hanno progettata, la legge elettorale 165/2017 doveva tenere a bada il Movimento 5 stelle e garantire una vittoria facile a una coalizione fra le due principali forze moderate, Partito democratico e Forza Italia (vedi dichiarazioni di Francesco Boccia, Omnibus La7, 21 marzo 2018).
Il marchingegno che doveva assicurare l’esito è l’attuale sistema proporzionale a riparto nazionale con soglie differenziate per liste autonome o apparentate e con collegi uninominali congiunti che funzionano come leva a favore di quelle localmente più votate. Ma non è andata come intendevano i promotori della legge. Perché?
L’omogeneizzazione del Pd intorno al suo leader ha fatto uscire diverse correnti minoritarie che temevano di essere svantaggiate da liste bloccate, pluri-candidature e uninominale congiunto. Dopo l’approvazione della nuova legge alcuni scissionisti hanno formato la lista indipendente Liberi e uguali.
Tre partiti del centrodestra, al contrario, hanno saputo accantonare le loro differenze e presentare liste e candidati uninominali comuni. Forza Italia è un partito compatto in cui ogni dettaglio, in particolare l’elenco e l’ordine di elezione dei candidati, dipende dal leader, il quale difende da sempre le liste bloccate come un requisito irrinunciabile. La Lega beneficia invece di un discreto pluralismo interno che riflette la relativa indipendenza e responsabilità individuale di numerosi esponenti quali eletti locali.
Il M5s infine ha voluto presentarsi non più come gruppo chiuso di protesta, ma come partito aperto sulla società civile; ne testimoniano i toni moderati utilizzati durante la campagna e la presentazione prima del voto di una squadra di governo selezionata al di fuori dal movimento, nel mondo professionale.
A quel punto mancava solo il voto. Nonostante l’illusione di una scelta articolata, locale e uninominale, il sistema in realtà permette di scegliere solo uno schieramento nazionale, nient’altro.
Sappiamo com’è andata. La struttura monolitica generata dopo tre legislature elette con liste bloccate ha fatto perdere al Pd milioni i consensi che LeU ha saputo raccogliere solo in parte. Il Pd è stato punito doppiamente, nel proporzionale e nell’uninominale. Le soglie differenziate hanno prodotto l’effetto desiderato, ma in misura insufficiente: le preferenze per la lista alleata +Europa, che non ha raggiunto la soglia del 3 per cento, sono state contate per il Pd. Numerosi elettori di sinistra hanno preferito l’alternativa radicale di protesta del M5s al partito tradizionale compromesso e troppo omogeneo.
Lo stesso fenomeno si è verificato all’interno del centrodestra, che complessivamente ha beneficiato più di tutti dell’uninominale. Ma pur sapendo gestire l’ordine dei candidati di lista e la ripartizione dei candidati uninominali fra i tre partiti, i dirigenti di FI non hanno previsto che il voto di protesta potesse spostare quote importanti di preferenze verso la Lega.
Il M5s ha saputo attrarre consensi da diversi gruppi elettorali e migliorare leggermente il risultato complessivo con l’uninominale, mentre LeU, presentatasi da sola. non ha vinto nessun seggio uninominale. Sarebbe inutile lamentarsi che il sistema non ha prodotto una maggioranza di lista, perché è stato inventato e scelto proprio per questo. Qual è allora il vero vizio del sistema?

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Le rigidità della legge

La normativa prevede numerose rigidità (liste bloccate locali, pluri-candidature, soglie differenziate, l’uninominale congiunto) non indispensabili e di dubbia costituzionalità, nonostante le sentenze 1/2014 e 35/2017 favorevoli a liste bloccate parziali o brevi. Il vizio profondo della legge vigente è lo stesso di quelle precedenti, entrambe censurate dai giudici: pretendono di creare artificiosamente una presunta maggioranza certa, di lista o di coalizione, un obiettivo comunque contingente, sempre aleatorio visto che vale il libero mandato. Il vizio più grave, solo mollemente sanzionato dalla Consulta, è lo stratagemma delle liste bloccate che permette ai partiti di nominare gli eletti e trasformarsi in nomenclature monolitiche che si riproducono per cooptazione. La natura chiusa del sistema di voto si ripercuote sulla qualità degli eletti, non più responsabili davanti agli elettori, ma unicamente davanti alla direzione del loro partito; e si ripercuote sulla produzione legislativa, sull’indirizzo politico e sull’efficienza del governo. Questi vizi del sistema elettorale favoriscono il voto di protesta populista come unico rimedio legale (oltre il referendum abrogativo, comunque di incerta efficacia) contro il presunto abuso di un’élite autoreferenziale disposta a tutto per mantenersi al potere.
Tre sono gli scenari futuri possibili. Si reintroduce la preferenza individuale singola, con o senza liste in circoscrizioni plurinominali o in collegi uninominali; oppure si continua a votare con un sistema di liste bloccate, nell’attuale versione più proporzionale o in una versione precedente super-maggioritaria. La terza soluzione consisterebbe nel completare l‘evoluzione degenerativa in atto dal 2005 verso un sistema perfettamente partitocratico, sostituendo il libero mandato con un mandato di partito. Forza Italia e M5s già prevedono espressamente l’abolizione del libero mandato dei deputati e dei senatori nel loro programma elettorale.

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28 commenti

  1. Savino

    Forse m5s avrà voluto presentarsi come “moderato”, ma la gente continua a percepirlo come il “partito della rabbia e della protesta” e come “il partito contro il sistema”, non percependone la svolta, così come non aveva percepito l’incipit del comico.
    Ora, le domande sono due:
    1) E’ lecito cominciare a dire che il 4 marzo il popolo non aveva ragione?
    2) E’ lecito ritornare a parlare di una conventio ad excludendum per l’area di governo per i movimenti che si manifestano come borderline rispetto al complesso istituzionale?

    • Virginio Zaffaroni

      Concordo. Un popolo che, come si dice, ha votato con la rabbia non ha avuto ragione per definizione. Un popolo che ha lasciato costruire nelle decadi una classe politica mediocre e degenerata (salvi i meriti dei singoli) non può avere avuto ragione. Il popolo, in quanto tale, ne ha fatto di errori clamorosi. Superfluo rammentare la valanga di voti dati a suo tempo a Hitler e la nota preferenza per Barabba al posto di un giusto.Mi sono fatto l’idea che la democrazia è tale se, tra la sue modalità, educa e stimola a votare con la testa e non con le emozioni.

      • Virginio Zaffaroni

        errata corrige: “..ne ha fatti di errori clamorosi”

    • Henri Schmit

      Dico solo che il M5s ha “voluto presentarsi come moderato” e che, in seguito, è stato votato dal 32,7% degli elettori e che ha ottenuto il 34,9% dei seggi della Camera, in netto aumento rispetto ai sondaggi precedenti. Se gli elettori l‘hanno votato più per rabbia, più per speranza, o in base ad un altro calcolo, desiderio o timore, non lo sapremo mai e, a mio parere, importa relativamente poco.

  2. Filippo Crescentini

    “alcuni scissionisti hanno formato la lista indipendente Liberi e Uguali”. Questo tale francese non sa nemmeno che Liberi e Uguali era una lista elettorale in cui sono confluiti tre movimenti, dei quali solo uno (Art.1-MDP) era formato, per circa la metà, da scissionisti del PD, gli altri essendo ex militanti di SEL, di cui una parte era confluita in Sinistra Italiana. Il quale era uno degli altri due movimenti confluitui in LeU, l’altro essendo “Possibile”. Siccome all’assemblea costituente di Liberi e Uguali (3 dicembre 2017, all’Atlantico, Roma-Eur) erano presenti 1500 delegati, dei quali il 50% di MDP, il 35% di Sinistra Italiana ed il 15% di Possibile, si può quantificare il peso degli “alcuni scissionisti del PD” in Liberi e Uguali in misura non superiore al 25%.

    • Henri Schmit

      Ringrazio per le utili precisazioni. Ho dovuto semplificare. Ormai, dopo il 4 marzo, conta poco che Pippo Civati se n’è andato sin dall’inizio del 2015, che Mdp-art.1si è formato due anni dopo, e che un mese dopo l’approvazione della legge elettorale gli scissionisti sono confluiti insieme ad “alcuni ex militanti di SEL” ed ad altri che pretendevano rappresentare il 60% degli elettori, coloro che il 4 dicembre avevano votato no, in L&U. Quello che a mio modesto parere ora conta è, oltre al risultato elettorale, la questione dove sono finiti i milioni di voti persi al CSX e perché vi sono finiti. Non so se il commentatore si rende conto che le percentuali fornite rendono l’insuccesso elettorale ancora più amaro per L&U (ha ottenuto un terzo scarso del suo potenziale?).e disastroso per l‘intero CSX (appena la metà del potenziale).

  3. Carlo

    La questione delle liste bloccate è più complessa. Posto che potersi candidare in 10 collegi diversi è una porcata, il punto è che, in un mondo perfetto, gli elettori si informerebbero sulle differenze tra i vari candidati ed esprimerebbero la loro scelta consapevole di conseguenza. Nel mondo reale, invece, il rischio che venga eletto il candidato che promette più favori è fin troppo reale.

  4. Anna

    Carissimi
    sto aspettando da tempo un’analisi accurata e super partes, sia del voto che della legge elettorale; non la trovo da nessuna parte. Ogni articolo che leggo è basato sul “però” sul “si , ma anche” e su analisi frammentarie . Si analizza “di pancia” e non di intelletto. Adesso non aspetto più e siccome non credo che gli intellettuali italiani non sappiano farlo, mi chiedo “perché” hanno paura di farlo???

  5. Maurizio Cocucci

    Imputare la rigidità ed i veti incrociati delle forze politiche alla legge elettorale lo trovo esilarante. Questo per non essere irriverente e dire che non si vuole comprendere la realtà. E’ pacifico che se un partito riuscisse ad ottenere la maggioranza assoluta da solo non ci si troverebbe in questa situazione ma se l’elettorato è, per ragioni che conosciamo, suddiviso in tre aree serve una cosa sola: senso di responsabilità, altro che una legge elettorale quale pozione magica risolvitutto. Non che si voglia affermare che questa attuale sia buona, anzi è il contrario, ma la realtà dice che nessuno è arrivato anche solo al 40% includendo le coalizioni, figuriamoci se prendessimo i soli partiti e/o movimenti.

    • Savino

      E’ talmente vera questa affermazione che le simulazioni sul voto del 4 marzo fatte col Mattarellum e col porcellum portano alla stessa situazione di stallo presente oggi.
      Ancora, in punta di diritto, non ho capito perchè la Corte Costituzionale abbia giudicato male il ballottaggio previsto dall’Italicum, che poteva, forse, essere l’unica soluzione degna di concretezza in un sistema tripolare. Quella concretezza che c’è, ad esempio, per eleggere i sindaci delle grandi città, mentre davvero non capisco l’obiezione di chi non equipara l’elezione dei sindaci con quella dei parlamentari.

      • Henri Schmit

        Rispondo non per insistere, ma per scrupolo. La Corte Costituzionale (35/2017) distingue due logiche diverse, quella di eleggere un uomo solo o un comitato (esecutivo) coeso, e quella di eleggere un’assemblea rappresentativa democratica. Nonostante le apparenze il consiglio comunale non è un organo rappresentativo democratico. Nel Parlamento la maggioranza rimane sempre contingente tanto che vige il libero mandato, di fatto abolito con le liste bloccate. La legge elettorale può favorire la formazione di una maggioranza ma non la può garantire (Sartori). Per rinforzare il governo serve una revisione costituzionale: come minimo la sfiducia costruttiva, se no l ‘elezione diretta del capo dell’esecutivo (USA, F) o l’inamovibilità dell’intero governo (CH).

      • Jacopo

        Non sono un esperto in materia ma mi pare di capire che il ballottaggio con la possibilità di apparentamenti (al primo o al secondo turno) non sarebbe incostituzionale. Del resto è proprio il sistema per le elezioni comunali. Se così fosse, evidentemente i partiti hanno paura a introdurlo a livello nazionale perchè le scelte ex-ante li vincolerebbero eccessivamente per quelle ex-post.

      • Mike

        La Consulta non ha bocciato il ballottaggio in sé ma il fatto che l’Italicum non contemplava una soglia minima oltre la quale si era ammessi a tale ballottaggio. I giudici della CC hanno ritenuto infatti che ciò servisse ad evitare eccessive distorsioni del voto popolare (o disproporzioni, come direbbe il prof. D’Alimonte). A mio modesto parere è un punto di vista che denota una incapacità di fondo di comprendere il senso stesso dei sistemi maggioritari; purtroppo in Italia siamo imbevuti di cultura proporzionale.

    • Henri Schmit

      Rispondo non per insistere, ma per scrupolo. La soluzione più sicura per garantire la stabilità del governo è di far eleggere una squadra omogenea che comanda; si può chiamarla maggioranza; più giusto sarebbe però chiamarla direttamente governo. Ma questo non è più democrazia rappresentativa, la quale suppone un Parlamento composto da rappresentanti liberi, senza vincolo di mandato, eletti individualmente. Le rigidità delle leggi elettorali che critico possono ovviamente agevolare la formazione di un governo: basta che tutti obbediscano a coloro che comandano nel partito. Comunque non è democrazia. Ma possono anche rendere la formazione di una maggioranza più difficile, quando i veti incrociati dei capi e capetti, padroni delle numerose liste bloccate (loro nominano gli eletti) non discutono di contenuto, ma di garanzia delle loro posizioni. È quello che sta succedendo adesso. Alcuni partiti patiscono di più, altri se la cavano meglio: FI è lo strumento dispotico di un potentato, peraltro ineleggibile, ma tutti obbediscono; il PD di Renzi vi assomiglia molto, ma i nominati si ribellano; il M5s non è molto diverso nonostante una parvenza di democrazia interna; la Lega è diversa e più forte per merito degli eletti locali.

  6. Andrea

    Sono decisamente sorpreso dal tipo di analisi offerta qui. L’argomento che questa legge sarebbe stata fatta per disinnescare i cinquestelle e’ fondato su una fugage dichiarazione di un esponente del PD che non e’ neanche in maggioranza. Si tralasciano innumerevoli fatti che suggeriscono che le cose sono (come al solito) piu’ complesse: 1) le simulazioni effettuate mostrano che con questa ripartizione dei voti nessuna delle recenti leggi elettorali avrebbe dato una maggioranza a nessuno; 2) gia’ al tempo dell’approvazione di questa legge i sondaggi indicavano chiaramente che difficilmente qualcuno avrebbe ottenuto una maggioranza ed appariva per niente certo che PD e FI potessero avere una maggioranza; 3) La legge elettorale e’ stata votata anche dalla lega che mai ha mostrato un orientamento a sostenere un governo insieme al ceontrosinistra; 4) Un precedente tentativo di accordo sulla legge elettorale con i cinquestelle e’ fallito affossato dai cinquestelle stessi (sono loro che si sono esclusi dal processo di riforma, nessuno li ha cacciati) 5) i cinquestelle sostenevano (e credo, continuino a sostenere) una legge ancora piu’ marcatamente proporzionale che avrebbe probabilmente ridotto il loro peso parlamentare rispetto alla situazione attuale, a parita’ di voti. Su un altro tema: la storia delle preferenze che eliminano il potere dei partiti… come nei comuni, regioni e parlamento europeo? Chi sceglie i candidati comunque?

    • Henri Schmit

      Una breve risposta, per scrupolo. Nella trasmissione citata F.Boccia ha espressamente corretto un altro ospite (sindacalista) che sosteneva che la legge elettorale doveva sfavorire il M5s. È stato mal informato o troppo onesto? Sorvolo le simulazioni e i sondaggi. La Lega ha effettivamente votato la 125/2017 dichiarando però con rara lungimiranza e distacco che qualsiasi legge andava bene purché si votasse. Non devo rispondere all’argomento relativo al precedente tentativo di accordo su una (secondo me pessima) legge elettorale fatto fallire dai cinquestelle perché non spetta a me giustificare tattiche politiche altrui. Contesto invece l‘ultimo punto: la legge dei cinquestelle, a mio giudizio troppo barocca e troppo proporzionale, non era più marcatamente proporzionale di quella attuale perché prevedeva, come in CH e in SF, un riparto definitivo nelle singole circoscrizioni, senza correzione nazionale; basterebbe tener basso il numero dei seggi (3 a 5 per es.) per circoscrizione per evitare un frazionamento eccessivo.

  7. Piero Borla

    Esiste una quarta soluzione : adottare il sistema tedesco sotto l’aspetto specifico della designazione dei candidati (aspetto generalmente ignorato in Italia). Questo prevede che i candidati, sia dei collegi uninominali che delle circoscrizioni proporzionali, siano indicati da apposite assemblee o direttivi di partito a livello territoriale; esse votano a scrutinio segreto, e la regolarità del procedimento può essere sindacata dalla giustizia penale. In questo modo i candidati non vengono calati dall’alto, ma emergono dalla base (e, evidentemente, a questa rispondono). Fermi restando che le liste che ne risultano sono bloccate. Vedi Bundeswahlgesetz paragrafi 21 e 27

    • Henri Schmit

      Non penso che regole come quelle dei §§ 21 e 27 del BWahlG siano una soluzione, perché si tratta di una questione diversa, secondaria, interna ai partiti, la selezione dei loro candidati, che legge può ma non deve regolare. La stessa questione si pone nei sistemi uninominali dove contrappone la decisione centrale del partito alla preferenza del circolo locale. In Germania una vera soluzione consisterebbe nell’eliminazione delle liste bloccate attraverso l’introduzione della preferenza individuale, da modello finlandese (preferenza unica) piuttosto che elvetico (numero di preferenze pari al numero dei seggi (cf. prof. Volker von Prittwitz). Oggi il problema più sentito del sistema elettorale tedesco è però l’altro: come ostacolare il frazionamento crescente del Bundestag con un BVerfG che non permette che si aumentino le soglie?

  8. Le ragioni di dissenso da questo testo sono troppe per essere riassunte in 1500 battute. La principale riguarda quella che è la tesi di fondo di Henri Schmitt: cito, «il vizio più grave, solo mollemente sanzionato dalla Consulta, è lo stratagemma delle liste bloccate che permette ai partiti di nominare gli eletti e trasformarsi in nomenclature monolitiche che si riproducono per cooptazione». Beh questa – detta così – è una sonora sciocchezza. Come si fa a considerare le liste bloccate “uno stratagemma”, quando tali sono le liste proporzionali in quasi (non tutti) i sistemi proporzionali di lista del mondo? Erano – quando c’erano – le preferenze, una singolarità italiana inventata per unire scelta personale e voto di lista, quando ancora ci si divideva fra fautori del parlamentarismo ottocentesco e fautori di quello moderno, basato su partiti politici di massa.
    Certo: questi ultimi non se la passano bene, né in Italia né altrove. Ma pretendere di privarli addirittura della facoltà di proporre i candidati, selezionandoli per rimettere tutto alla feroce competizione per le preferenze, è peggio che discutibile. Impegnato alla Sorbona M. Schmitt, non era forse in Italia quando tutte le forze di rinnovamento e di progresso han fatto la battaglia CONTRO le preferenze, prima causa di brogli, grandi spese elettorali e spesso perciò di corruzione. La mia opinione è che non c’è motivo per cambiare idea. Poi naturalmente la legge 165/2017 ha difetti: tutti figli del referendum 2016.

    • Henri Schmit

      Ringrazio il prof Fusaro dell’attenzione, ma confesso che non ho capito la dimostrazione contro la mia “sonora sciocchezza”. Vale poco il primo argomento (molto italico) di diritto comparativo: se (quasi) tutti (?) violano le regole, perché dovremmo noi rispettarle? Ma non corrisponde alla verità nemmeno quello che segue. Le pluri-preferenze – abolite per referendum perché utilizzate come codice per il voto di scambio – non sono state una singolarità italiana; erano infatti previste nel primo modello elettorale proporzionale detto di lista libera (1864 Ginevra, Ed. Naville), poi adottato in numerosi cantoni (Ticino 1890) e paesi fra cui (nel 1919) CH, LX, e in una versione più maldestra in Italia dov’è durato poco, mentre in CH e in LX la legge elettorale sta per compiere 100 anni. Il referendum del 1991 (c’ero già, stavo dalla parte di Mario Segni e non ho mai dovuto cambiare retorica, forse perché l‘insegnamento alla Sorbona è stato solido) era contro le pluri-preferenze, NON contro le preferenze individuali come tali. Ultimo errore: non contesto in alcun modo la facoltà (sacrosanta) dei partiti di proporre i loro candidati, selezionandoli come meglio credono; contesto solo il loro potere di nominare anche i singoli parlamentari. La differenza è immensa e l‘errore gravissimo. È superficialità o malafede, lascio la scelta al professore e il giudizio ai lettori. L‘ultima frase del commento la dice lunga; c’è odore di incesto, figli e genitori dello stesso autore.

  9. Henri Schmit

    Ringrazio i commentatori. Temo di aver ragione. Provo a spiegare perché. Le liste bloccate hanno cambiato profondamente il sistema politico e condizionano la capacità dei gruppi parlamentari nella trattativa per la maggioranza. “Hanno cambiato il DNA dei parlamentari” (PF Casini). Hanno formattato FI e il M5s e trasformato il PD. Potenziano il potere di uomini e strutture che pretendono comandare i parlamentari, anche da fuori dal Parlamento. Insieme alle primarie per la scelta del leader le liste bloccate hanno reso il PD sempre più monolitico al costo di costringere i dissidenti alla scissione e di perdere le elezioni. La struttura monolitica semplifica la trattativa parlamentare, ma restringe i margini di manovra. La stessa limitazione vale per FI: espressione perfetta delle liste bloccate, è una struttura dispotica creata e comandata da un capo indiscusso benché ineleggibile; la compattezza dà forza nella trattativa, ma limita le opzioni e può far perdere consenso. Nel M5s la mancanza di scelta elettorale individuale è compensata, finora con successo, da un simulacro di democrazia interna, ingannevole perché senza garanzia e di fatto manipolata. Le liste bloccate non hanno danneggiato la Lega caratterizzata da un pluralismo interno fondato sulla legittimazione elettorale locale degli esponenti nazionali. L‘abuso prolungato delle liste bloccate ha alterato il governo parlamentare, condiziona la trattativa per una maggioranza e sta distruggendo il PD, paralizzandolo.

  10. enzo

    Premetto: questa legge elettorale non mi piace, preferisco i sistemi basati su collegi uninominali. Detto questo per onestà, ritengo che il vero limite sia politico e non tecnico. I partiti si sono presentati con una legge di fatto proporzionale davanti agli elettori dopo una continua campagna elettorale di tipo estremamente conflittuale e compatibile solo con un sistema maggioritario. Nulla di strano che nessuna lista o partito in un sistema proporzionale raggiunga il 50% degli eletti . Quello che è strano è che questi partiti hanno alzato tali muri da essere gli unici in europa a non poter trovare un normalissimo accordo senza perdere la faccia davanti ai propri elettori. E’ ben strano che partiti che fanno tanto gli schifiltosi, quando si è parlato di legge elettorale siano stati addirittura favorevoli al consultellum pur di andare a votare, a qualsiasi legge pur di andare a votare. Bene siamo andati a votare . Per un ipotetico futuro , ringraziando il cielo per l’assenza di quel mercato delle vacche che sono state le preferenze, auspico che vengano introdotti collegi uninominali con doppio turno (come in francia – ovviamente legislative non presidenziali) perché bisogna tener conto che ormai la situazione è tripartitica. Questo potrà garantire maggioranze omogenee (senza garanzia assoluta ovviamente, per quella ci vuole la monetina) compatibili con l’attuale situazione

  11. Enzo, sottoscriverei ogni parola, salvo che – temo – l’uninominale con ballottaggio difficilmente ci aiuterebbe oggi. O più esattamente, non ci sarebbe nessuna certezza di esito decisivo. Infatti i voti risultano territorialmente distribuiti in modo tale che il rischio di tornare con tre poli nessuno dei quali, da solo, maggioritario in seggi, sarebbe assai forte. per questo il ballottaggio dell’Italicum era una soluzione eccellente (che non sacrificava neppur tanto le minoranze). Ma anche questa è di fatto preclusa se non aboliamo il rapporto di fiducia ANCHE col Senato. E’ quello che ci frega, rende potenzialmente inutile (e quindi non giustificabile, secondo la Corte costituzionale) l’esito decisivo mediante ballottaggio alla Camera. Il vero è che ci siamo incartati. Ed è stato disonesto nasconderlo agli elettori, da parte di tanti, anche presunti esperti al momento del voto del 4 dicembre 2016. Ora i nodi vengono al pettine.

  12. Henri Schmit

    Gaetano Quagliariello, ordinario di storia politica e senatore del CDX, intervenendo oggi 2 maggio a Omnibus.La7, espone la stessa mia analisi del potere politico personale dei capipartito retto sul sistema delle liste bloccate. Prevede lucidamente un’ulteriore scissione del PD motivata dal timore di coloro che se ne andranno di essere esclusi dalle prossime liste. Lo stesso sistema vige negli altri partiti; incontestato in FI; occultato da un simulacro di democrazia digitale interna nel M5s; in modo attenuato dal potere degli eletti locali nella Lega. Nessun altro ospite della trasmissione, due accademici e una politica del PD, contesta l’analisi di Quagliariello. Quello che la mia analisi aggiunge espressamente è che tale struttura monocratica e da cooptazione, non solo limita le libertà degli elettori e dei parlamentari, ma condiziona anche negativamente le trattative per la formazione di una maggioranza di governo. Una soluzione del nodo creatosi dopo il 4 marzo sarebbero nuove elezioni con il doppio turno UNINOMINALE: rispetta i diritti fondamentali e favorisce candidati, programmi e schieramenti mediani, aperti ad alleanze.

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