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Ma nell’intelligenza artificiale l’Europa è in ritardo

Avere un vantaggio tecnologico nel campo dell’intelligenza artificiale è importante non solo per essere competitivi, ma anche per influire sulla regolamentazione del nuovo sistema socio-economico. Ecco perché l’Europa non può rimanere a guardare.

Brevetti in mano a Usa e Cina

La Commissione europea ha chiesto a governi e imprese di aumentare gli investimenti legati all’intelligenza artificiale: 20 miliardi in più, per non rimanere indietro rispetto a Stati Uniti e Cina, che sono attualmente alla frontiera della ricerca. Per raggiungere l’obiettivo, la Commissione si è impegnata ad aumentare i finanziamenti del programma Horizon 2020 di 1,5 miliardi nel biennio 2018-2020, sperando così di stimolare collaborazioni scientifiche fra attori pubblici e privati. Quanto conta non rimanere indietro nella ricerca sull’intelligenza artificiale? Qual è lo stato dell’arte dell’innovazione in Europa e in altri paesi?
L’intelligenza artificiale rappresenta la creazione di sistemi hardware e programmi software capaci di fornire prestazioni simili a quelle offerte dall’intelligenza umana. In sostanza, si sfruttano i dati esistenti per creare modelli che spieghino alcuni aspetti del mondo reale e possano essere utilizzati per effettuare previsioni e prendere decisioni. Lo sviluppo di reti di computer con capacità di calcolo sempre maggiori, che lavorano simultaneamente e comunicano fra loro, generando enormi quantità di dati, ha accelerato l’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale. Il risultato è stato l’emergere di applicazioni tecnologicamente avanzate con importanti ricadute anche da un punto di vista sociale nell’ambito non solo delle tecnologie di largo consumo, della robotica industriale e della finanza, ma anche della sanità, dei trasporti e dell’ambiente. Ad esempio, le imprese di servizi pubblici sfruttano l’intelligenza artificiale per prevedere la domanda di energia; i produttori automobilistici la utilizzano per sviluppare macchine a guida autonoma; il commercio usa robot “intelligenti” per gestire magazzini e scorte.
I dati più recenti sull’innovazione nei paesi Ocse mostrano che fra il 2010 e il 2015 l’attività di brevettazione di tecnologie legate all’intelligenza artificiale è cresciuta del 6 per cento – un tasso di crescita doppio rispetto a quello dei brevetti totali. Il 62 per cento di questi brevetti appartiene a Stati Uniti, Giappone e Corea e riguarda soprattutto componenti per la diagnostica medica. Mentre la quota di Stati Uniti e Giappone è in calo, sono cresciuti i brevetti di Corea, Cina e Taiwan. La quota dei paesi dell’Unione europea è del 12 per cento ed è in netto calo rispetto al quinquennio 2000-2005. Germania e Francia sono i paesi più attivi, con quote rispettivamente del 2,1 e del 2,8 per cento, comunque ben inferiori ai leader mondiali.

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Tabella 1

Fonte: Oecd Science, Technology and Industry Scoreboard 2017. Vengono considerate le famiglie di brevetto nei cinque principali uffici brevetti.

L’attività brevettuale legata all’intelligenza artificiale è molto concentrata anche a livello di impresa. I maggiori investitori privati in ricerca e sviluppo possiedono il 75 per cento dei brevetti, sono per lo più localizzati in Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Cina e non appartengono esclusivamente al settore Ict (information and communication technology), ma anche a quello dei macchinari per i trasporti e della meccanica, a dimostrazione dell’ampiezza delle applicazioni di queste tecnologie.

Anche nell’ambito delle startup la situazione dell’Europa non è rosea. Secondo una recente ricerca di CB Insights, delle cento startup più promettenti che si occupano di intelligenza artificiale, 76 sono statunitensi e 8 sono cinesi: fra queste spicca ByteDance, che detiene il primato con 3,1 miliardi di finanziamento.

Segnali positivi

L’evidenza empirica sulle dinamiche innovative nel campo dell’intelligenza artificiale giustifica quindi la preoccupazione di Bruxelles in merito al fatto che ci sia poco spazio per una seria competizione tecnologica da parte delle imprese europee.
Un segnale positivo arriva però da una recente iniziativa sviluppata da alcuni fra i principali ricercatori europei nel campo del machine learning, che hanno avviato un importante progetto per la costituzione dell’European Lab for Learning and Intelligent Systems (Ellis), un centro di ricerca dedicato all’intelligenza artificiale con sedi in diversi paesi europei. Il centro ha lo scopo di mantenere l’Europa alla frontiera della ricerca, offrendo opportunità di impiego a centinaia di scienziati e limitando così la fuga di cervelli verso gli Stati Uniti che attualmente affligge sia le imprese che le università dei principali paesi europei.
Avere un vantaggio tecnologico nel campo dell’intelligenza artificiale costituirà un importante valore aggiunto sia per la competizione internazionale, sia per la regolamentazione del sistema emergente. L’Europa è chiamata quindi a cogliere le opportunità legate alle nuove tecnologie non solo per non perdere ulteriore competitività, ma anche per partecipare attivamente alla definizione delle regole del nuovo paradigma socio-economico e giocare così un ruolo importante nello sviluppo del mondo del futuro.

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Una Commissione più unica che speciale

  1. Savino

    Può anche essere che la tanto bistrattata Ue sia nata con uno spirito di maggiore umanesimo e di maggiore umanità?
    Perchè ci vuole anche quello quando sono in discussione posti di lavoro che riguardano persone.

  2. Marcello Urbani

    Ho qualche dubbio.
    Il più famoso sviluppatore di intelligenza artificiale, per quanto parte di Google, è a Londra

  3. Amegighi

    Secondo i dati della National Science Fundation, tuttavia, risulta che l’UE è fortemente implicata nella spesa Biomedica, data la forza dell’Industria Biotecnologica e Farmaceutica che non è tale in Corea, Taiwan e Cina (per ora).
    Penso sia anche la conseguenza del tipo di strategia negli investimenti tecnologici degli stati UE.

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