Le notizie arrivate dalla Francia sulla crisi di Air France hanno indotto a tracciare un parallelo con quella di Alitalia. Ma le analogie sono poche e superficiali, mentre le differenze sono profonde, soprattutto nei risultati della gestione industriale.
Un paragone azzardato
Air France come Alitalia? Nei giorni scorsi sui media italiani è girata con grande rilievo una notizia sensazionale: Air France in crisi profonda, come Alitalia; i lavoratori hanno respinto con referendum un accordo sindacale, esattamente come lo scorso anno i lavoratori di Alitalia; il ministro francese dell’economia Bruno Le Maire ha dichiarato che non avrebbe messo altri soldi dei contribuenti francesi nel capitale di Air France, esattamente come ha sostenuto in più occasioni il ministro italiano dello Sviluppo economico Carlo Calenda in relazione ad Alitalia.
Prima che un novello Plutarco aviatorio si metta a scrivere vite parallele dei due vettori in crisi, forse è meglio esaminare con un po’ di attenzione anche le differenze che separano i due casi.
Infatti, le analogie tra le due crisi sono poche e superficiali, mentre le differenze sono profonde. Air France ha problemi di relazioni sindacali e un’elevata conflittualità ma i risultati industriali del 2017 sono stati ottimi, Alitalia invece ha avuto nell’anno del commissariamento perdite record. Il gruppo Air France-Klm ha 84 mila dipendenti e sono i più pagati tra i grandi vettori europei, mentre Alitalia ha meno di 12 mila dipendenti – e il potenziale acquirente Lufthansa vorrebbe lasciarne a casa 4 mila – e sono i meno pagati tra tutti i grandi vettori, low cost compresi. In Francia i dipendenti hanno respinto con referendum aumenti retributivi ritenuti insufficienti, invece in Italia lo scorso anno hanno respinto, sempre con referendum, tagli drastici ai livelli retributivi e a quelli occupazionali, che a regime avrebbero dovuto abbattere il costo del lavoro complessivo del 30 per cento.
Il gruppo franco-olandese ha una flotta di oltre 540 aerei, di cui più di 170 di lungo raggio, e ha trasportato lo scorso anno 99 milioni di passeggeri per un totale di oltre 270 miliardi di passeggeri km con un load factor che si avvicina al 90 per cento. Alitalia ha una flotta di neppure 120 aerei, di cui solo 25 di lungo raggio, e ha trasportato lo scorso anno neppure 22 milioni di passeggeri per un totale stimabile in poco più di 30 miliardi di passeggeri km, un nono dei cugini d’oltralpe, e un load factor inferiore all’80 per cento. Il gruppo francese ha fatturato quasi 26 miliardi di euro, quello italiano 2,9, esattamente un nono. Se Alitalia potesse scambiare i suoi problemi con quelli di Air France farebbe un grandissimo affare e non avrebbe più bisogno né dei commissari straordinari né di altri soldi pubblici.
Una guadagna, l’altra perde
Dove le differenze risultano più marcate è tuttavia nei risultati della gestione industriale. Nel caso di Alitalia l’ultimo bilancio pubblicato risale ormai a tre anni fa, all’esercizio 2015, mentre da ormai nove trimestri né i vecchi amministratori né i nuovi commissari hanno più prodotto alcun dato ufficiale. Mettendo assieme tutte le informazioni non ufficiali disponibili siamo tuttavia riusciti a ricostruire almeno la parte industriale del conto economico per il biennio mancante (“La nuova crisi di Alitalia e la gestione commissariale (2017-18)”). Alitalia registra nel triennio 2015-17 costi operativi stazionari, attorno ai 3,4 miliardi annui, apparentemente non comprimibili nonostante la caduta dei prezzi petroliferi e l’avvenuta riduzione della flotta, dell’offerta e dei passeggeri trasportati, scesi a 21,8 milioni nel 2017 dai 23,1 milioni dell’anno precedente (-5,8 per cento). Il calo dei passeggeri riflette la riduzione dei voli offerti: -6,6 per cento su base annua a marzo 2017, -4,2 per cento a giugno, -5,8 per cento a settembre e -6,2 per cento a dicembre mentre a marzo 2018 la riduzione dei voli rispetto a marzo 2016 è salita al 10,6 per cento.
Grafico 1 – Costi e ricavi industriali di Alitalia nel triennio 2015-17 (milioni di euro)
Fonte: elaborazioni su dati Alitalia.
Senza la cassa integrazione, attivata da metà 2017, i costi totali di Alitalia sarebbero peraltro risultati più elevati di almeno 50 milioni rispetto allo scorso anno, cifra destinata a salire a 80 milioni nel 2018. I ricavi operativi hanno invece subito una riduzione significativa: 158 milioni in meno nel 2016 (-4,9 per cento) e ulteriori 210 milioni circa nel 2017, per un totale di quasi 370 milioni (-11,3 per cento), secondo le rilevazioni dell’Institut für Flughafenwesen und Luftverkehr. Di conseguenza, la perdita industriale è più che raddoppiata nel 2016 e più che triplicata nel 2017 rispetto al 2015, pervenendo nell’ultimo anno al valore record di mezzo miliardo di euro. In sostanza Alitalia meno vola, meno trasporta, meno incassa e più perde, data la rigidità apparente dei suoi costi totali.
Grafico 2 – Costi e ricavi industriali di Air France-Klm nel triennio 2015-17 (miliardi di euro)
Fonte: elaborazioni su dati Air France-Klm.
Opposti appaiono invece i risultati industriali di Air France-Klm. I ricavi totali del gruppo sono diminuiti nel 2016, ma per effetto del calo dei prezzi del carburante che ha permesso prezzi più bassi. A differenza di Alitalia i costi industriali si sono tuttavia ridotti più che proporzionalmente, permettendo di migliorare il risultato operativo. Ancora meglio è andato il 2017, anno in cui i costi totali sono saliti di mezzo miliardo, ma i ricavi di un miliardo intero. Pertanto, il risultato industriale è salito a 1,5 miliardi dal miliardo dell’anno prima.
Non si può proprio sostenere che i due vettori rappresentino casi simili e letture meno superficiali da parte dei media italiani, sedotti ma nello stesso tempo tratti in inganno dall’identità di battute dei due ministri, sarebbero state auspicabili.
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