Le tracce lasciate sulla rete forniscono informazioni molto utili per valutare la rischiosità dei debitori, complementari a quelle socio-economiche usate tradizionalmente dalle società di credito al consumo. Possono così migliorare la qualità del credito e offrire migliori servizi.
Tracce nella rete
Benché sia opinione generale che la tutela della privacy sia un valore fondamentale per qualsiasi società civile, è altrettanto vero che le informazioni che lasciamo sulla rete, se usate correttamente, possano migliorare la qualità dei servizi che riceviamo nonché il funzionamento dei mercati. Un esempio illuminante è offerto da un recente lavoro empirico in cui si mostra come le semplici tracce lasciate dai computer possono migliorare la valutazione creditizia (scoring) degli utenti e per questa via ridurre i rischi e aumentare la platea dei soggetti finanziabili.
Gli autori analizzano un vasto campione di oltre 250mila transazioni effettuate da una società tedesca di e-commerce che opera del settore dell’arredamento. L’azienda incorre in un rischio di credito sia perché incassa dai propri clienti dopo che questi hanno ricevuto la merce, sia perché spesso offre loro ulteriori dilazioni di pagamento. Per valutare il merito creditizio dei clienti, sinora la società ha utilizzato i tradizionali strumenti di scoring basati su variabili socio-economiche e giudiziarie. Cosa sarebbe accaduto se invece avesse impiegato le tracce informatiche che i potenziali compratori lasciano quando si iscrivono al sito ed emettono un ordine? Non stiamo qui parlando di informazioni private, ma solo di dati oggettivi, come la tipologia dello strumento e del sistema operativo con il quale viene trasmesso l’ordine, il tipo di email utilizzato o l’ora alla quale viene trasmesso l’ordine. Le simulazioni effettuate, anche utilizzando informazioni così elementari, sono sorprendenti.
Innanzi tutto, i dati mostrano come il mezzo utilizzato sia un ottimo indicatore del tasso di insolvenza: in media gli ordini che arrivano attraverso un telefono cellulare sono tre volte più rischiosi di quelli trasmessi attraverso un desk-top e due volte più rischiosi rispetto a quelli inviati attraverso un tablet. In altre parole, se gli smartphone hanno messo in mano a milioni di utenti una sorta di computer poco costoso e facile da usare, è altrettanto vero che la clientela che li usa per acquistare un oggetto di arredamento risulta essere più rischiosa (vedi tavola 1).
Anche la tipologia del sistema operativo utilizzato pare un buon indicatore del grado di rischiosità di un cliente: i costosi computer Macintosh della Apple hanno i tassi di default più bassi in assoluto, seguiti dai prodotti Windows, dal sistema operativo iOS, in dotazione agli iPhone. I clienti che utilizzano Android, il popolarissimo sistema operativo sviluppato da Google, risultano, invece, tra i più rischiosi.
Se passiamo dal sistema operativo al tipo di email utilizzato, possiamo trarre altre informazioni utili. Non a caso i clienti, generalmente benestanti, che utilizzano T-online, gestito dall’operatore Telekom, hanno tassi di insolvenza pari a un quarto di quelli che si servono di Yahoo, un vecchio operatore gratuito. In posizione bassa nella classifica stanno anche Gmail e Hotmail, entrambi gratuiti, mentre i clienti che utilizzano Gmx e Web, che sono a pagamento, presentano tassi di default più bassi. Quando poi i clienti personalizzano a pagamento la loro email, utilizzando, per esempio, il loro nome o cognome dopo la chiocciola, la rischiosità osservata diminuisce in maniera significativa rispetto a quelli che non lo fanno.
Molti altri piccoli comportamenti degli utenti sembrano essere rilevanti. Fra questi ricordiamo la fascia oraria nella quale è stato trasmesso l’ordine (i nottambuli sono i più rischiosi), la presenza di errori di ortografia nella email (che denotano una maggiore rischiosità) e la strada seguita per arrivare al sito: chi passa attraverso un sito pubblicitario registra un tasso di default più alto, forse perché non aveva un vero bisogno di acquistare i beni, ma si è lasciato attirare dal messaggio promozionale.
Un nuovo indicatore digitale
Se mettiamo assieme tutte queste tracce lasciate sul web, è possibile stimare un indicatore che ha capacità discriminatorie superiori a quelle dei tradizionali modelli del merito di credito. Inoltre poiché il nuovo indicatore digitale non risulta correlato con quello tradizionale, è possibile migliorare ulteriormente le capacità di previsione combinando i due insiemi informativi. In più, con l’utilizzo dell’indicatore digitale possono finanziare molti clienti che con i modelli tradizionali non avrebbero ottenuto credito perché risultano non valutabili in quanto privi di una storia finanziaria sufficientemente robusta.
Gli intermediari finanziari hanno il compito di utilizzare e integrare nel modo migliore tutte le informazioni disponibili per ridurre al minimo le asimmetrie informative presenti nell’attività di erogazione del credito. La tecnologia offre da questo punto di vista ampie praterie da esplorare. Mai come in questo campo finanza tradizionale e fintech risultano sinergiche.
Mentre ancora riecheggiavano le scuse pronunciate da Mark Zuckerberg nelle aule del parlamento americano e di quello europeo dopo lo scandalo Cambridge Analytica, milioni di utenti ricevevano centinaia di mail con le quali i siti dai quali ottenevano regolarmente informazioni li informavano di come si erano adeguati al nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati, il cosiddetto Gdpr (General Data Protection Regulation). Così la preoccupazione per la propria privacy si è unita alla noia della lettura di ripetitive formule burocratiche, finite subito nel cestino dei computer. Tuttavia, avere una buona legge sulla privacy (e la legge europea è considerata un esempio da seguire) è la premessa essenziale per fare un uso corretto ed efficiente delle informazioni che oggi la tecnologia ci offre. Queste a loro volta si dimostrano sempre più importati per migliorare in maniera significativa la vita delle persone, obbiettivo a cui non possiamo rinunciare.
Tavola 1
Percentuale di utilizzo | Tasso di default | |
Device | ||
Desktop | 57% | 0.74% |
Tablet | 18% | 0.91% |
Telefono Cellulare | 11% | 2.14% |
Sistema Operativo | ||
Macintosh | 8% | 0.69% |
Windows | 49% | 0.74% |
iOS | 16% | 1.07% |
Android | 11% | 1.79% |
Email Host | ||
T-Online (clientele ricca) | 12% | 0.51% |
Gmx (parzialmente a pagamento) | 23% | 0.82% |
Web (parzialmente a pagamento) | 22% | 0.86% |
Gmail (gratuito) | 11% | 1.25% |
Hotmail (gratuito vecchio) | 4% | 1.45% |
Yahoo (gratuito vecchio) | 5% | 1.96% |
Name della Email | ||
No | 28% | 1.24% |
SI | 72% | 0.82% |
Canale | ||
Paid | 44% | 1.11% |
Direct | 18% | 0.84% |
Affiliate | 10% | 0.64% |
Organic | 7% | 0.86% |
Check-Out Time | ||
Evening (6pm-midnight) | 43% | 0.85% |
Afternoon (noon-6pm) | 36% | 0.89% |
Morning (6am-noon) | 18% | 1.09% |
Night (midnight-6am) | 3% | 1.97% |
Errore Email | ||
No | 99% | 0.88% |
Yes | 1% | 5.09% |
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Lorenzo
Perchè non introdurre un concorso a premi del tipo: Se paghi in anticipo puoi vincere il valore dell’acquisto?
Marco
Come può aumentare la platea dei soggetti finanziabili? Dipenderà dalla qualita dell algoritmo di scoring precedente piu che altro. In piu se la mail a pagamento da piu garanzie in quanto “a pagamento” allora la situazione economica dovrebbe fornire la stessa informazione… posso capire che siano dati utili in mancanza di certe informazioni ma poi diventa difficile dire a un cliente che non gli si approva il pagamento a rate perche utilizza windows