Non è detto che la flat tax avvantaggi sempre i redditi più alti. Si possono costruire combinazioni di aliquota unica e deduzione che lasciano invariata la pressione fiscale complessiva, ma la diminuiscono nettamente per le classi di reddito medio-basse.
Tutto dipende dall’aliquota
Il dibattito della campagna elettorale sulle proposte di flat tax ha finito per consolidare negli elettori l’idea che questo sistema, nelle sue varie declinazioni presentate da Lega e Forza Italia fino a quella contenuto nel contratto di governo, ha comunque un effetto sicuro: oltre a essere più semplice, riduce la pressione fiscale rispetto all’Irpef attuale, cioè rispetto a un’imposta che colpisce il reddito con aliquote diverse su diversi scaglioni, e avvantaggia i redditi alti.
In effetti, è vero che la flat tax, inizialmente proposta dalla Lega al 15 per cento, poi trasformata in un sistema “quasi flat” a due aliquote, abbassa la pressione fiscale, ma non perché diminuisce il numero di aliquote, bensì semplicemente perché quelle proposte sono molto basse: nella prima versione vi era il 15 per cento per tutti, nella seconda versione 15 per cento fino a 80mila euro di reddito familiare, 20 per cento oltre. Ma con questo schema, che in effetti è a favore dei ricchi, si perderebbe circa un terzo del gettito Irpef.
L’importanza della parità di gettito
Se si vuole ragionare con serietà sull’introduzione di una flat tax bisognerebbe farlo a parità di gettito, considerando che, se emersione di base imponibile vi sarà, non potrà recuperare tutte le entrate perdute, mettendo a rischio la tenuta dei conti dello stato.
Proviamo quindi a simulare diverse ipotesi di flat tax, tutte a parità di gettito con l’Irpef attuale.
Cominciamo con un caso che ha una distribuzione dell’incidenza molto simile a quella dell’Irpef di oggi. Nello schema imposta= aliquota * (reddito – deduzione), se l’aliquota è al 30 per cento, e la deduzione familiare è 8.200 euro per una persona sola, che viene poi moltiplicata per la scala di equivalenza Ocse per famiglie di diversa composizione (quindi, ad esempio, 12.300 per una coppia, 16.400 per tre adulti e così via), si ottiene la figura 1, che mostra l’incidenza dell’imposta sul reddito delle famiglie, distinte per decili di reddito complessivo equivalente.
Rispetto all’Irpef attuale, con la flat tax a uguale gettito guadagnerebbero sia i redditi più bassi che quelli più alti, mentre per i redditi intermedi vi sarebbe una perdita. Le differenze sono comunque molto contenute, tanto da rendere le due curve dell’incidenza quasi sovrapposte.
Figura 1 – Incidenza sul reddito familiare di Irpef e flat tax al 30 per cento, a parità di gettito
È interessante notare come sia possibile costruire una flat tax che, rispetto al sistema attuale e sempre a parità di gettito, produca una distribuzione del reddito meno disuguale. Se ad esempio l’aliquota unica è posta al 35 per cento e la deduzione a 10.500 equivalenti, l’indice di disuguaglianza di Gini del reddito netto equivalente diminuisce rispetto a quello prodotto dall’Irpef di oggi. La sua incidenza è mostrata in figura 2.
Figura 2 – Incidenza sul reddito familiare di Irpef e flat tax al 35 per cento, a parità di gettito
Fino al quinto decile c’è un calo dell’incidenza, mentre dal settimo in poi il carico fiscale aumenta, per poi essere di nuovo simile a quello attuale per il 10 per cento più ricco delle famiglie. Ancora una volta, in questo sistema sono le classi medie a rimetterci, anche se di poco.
Non è quindi corretto far coincidere l’idea della flat tax con una redistribuzione del carico fiscale a favore dei ricchi. Infatti, ciò avviene solo se l’aliquota è molto bassa e in genere senza garantire la parità di gettito. Esistono invece combinazioni di aliquota unica e deduzione in grado di consentire una distribuzione del reddito netto simile o meno disuguale di quella prodotta dall’Irpef di oggi.
È perciò possibile introdurre una flat tax che lasci invariata la pressione fiscale complessiva, ma che la diminuisca nettamente sulle classi di reddito medio-basse, innalzandola leggermente su quelle medio-alte.
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Savino
Vorrei ricordare a tutti gli italiani che l’anno prossimo le detrazioni e deduzioni non ci saranno quasi più.
Inutile che le cerchiate con la prossima dichiarazione dei redditi.
Giuseppe G B Cattaneo
Assolutamente corretto. Sono d’accordo. Credo sia la prima volta che convengo con Massimo Baldini, ne sono lieto. Il problema della progressività fiscale non è l’aliquota unica, ma il suo valore – che nelle attuali condizioni italiane non può essere in nessun caso inferiore al 30% – e la combinazione con una deduzione ad un livello vitale minimo decente ed un’imposta negativa equivalente.
Per rimanere nell’esempio citato ad un’aliquota del 30% ed una deduzione individuale di 8200 euri corrisponde un’imposta negativa di 2460 euri a persona. che non è molto ma è certo un inizio.
Solo se ci fosse anche una tassazione del capitale l’aliquota sui redditi potrebbe essere ridotta. Il tutto è una questione esclusivamente tecnica.
amadeus
La flat tax favorisce sicuramente i ricchi, su questo non vi è dubbio visto che l’aliquota media sarà sempre minore o tuttalpiù uguale a quella stabilita. quindi, a parità di gettito deve necessariamente sfavorire tutti gli altri. Se poi, come ipotizzato, si vuole costruire un sistema di deduzioni tale da favorire anche i redditi bassi, significa che, sempre a parità di gettito, l’intero peso della riforma verrà scaricato sui redditi intermedi. Col risultato di polarizzare ancor di più la società tra ricchi e poveri. Proprio un bel risultato…
Giuseppe G B Cattaneo
Mi permettto di farti notare che se la figura 2 è calcolata correttamente c’è uno spostamento del carico fiscale dai primi cinque decili ai secondi, con uno spostamento dell’indice di Gini verso l’uguaglianza. Per il resto sono d’accordo che un’imposta progressiva sarebbe più equa, ma un’imposta correttamente progressiva è tecnicamente un casino. In Italia la fiscalità è la caricatura dell’imposta progressiva.
Henri Schmit
Semplice, perfetto. Se leggevo prima, mi risparmiavo il mio commento.
Ugo Colombino
In effetti: http://www.ingenere.it/articoli/prezzo-promesse-elettorali-reddito-cittadinanza-flat-tax
GiorgioIV
Che la flat tax, con qualunque salsa la si voglia condire, sia un obbrobrio che in ogni caso penalizza i redditi o medi o bassi, mai quelli ricchi, è un dato di fatto certo. Resta il fatto di capire come mai le critiche a una tassazione a imposta unica (o quasi unica) vengano fatte solo ora dalla sinistra e dal sindacato (ovviamente non possono venire dalla destra i cui ceti di riferimento se ne avvantaggerebbero) quando si può facilmente osservare che, tolta l’irpef che rappresenta 1/3 delle entrate fiscali totali, tutte le altre imposte o tasse esistenti sono già sotto forma di flat tax, vedi IMU, Tasi, IVA, Tari,addizionali locali, altre imposte immobiliari fino alle sanzioni varie. Sono sì proporzionali, ma non progressive (slegate come sono dal reddito). Lì niente da dire in questi anni? Per queste non vale il dettato costituzionale?
Ugo Colombino
Ottengo risultati simili con un pacchetto Minimo Garantito = (290, 860) + Flat Tax=36% (Ingenere, 31-05-2018).
Giuseppe G B Cattaneo
Anche questo è un calcolo ragionevole e dimostra come sia possibile migliorare la situazione dei meno favoriti a parità di entrate. Ricordo di aver scritto cinque anni fa una email al gruppo parlamentare M5S per invitarli a formare un gruppo di studio sul così detto reddito di cittadinanza, poiché la formulazione che ne danno è irragionevole e contraria al principio di uguaglianza.
Michele
Di flat tax ne abbiamo già fin troppe: 26% per le le rendite finanziarie e il carried interest del private equity, 21% per gli affitti, 8% per la rivalutazioni delle partecipazioni, 1,25% per la pex etc.etc. La complicazione del sistema tributario non sta negli scaglioni Irpef, ma in tutte le sue eccezioni. Il paradosso è che un partito a favore della evasione fiscale come la Lega sia stato votato dai più poveri
Henri Schmit
Contesto formalmente 2 affermazioni presentate l’una come “un effetto sicuro”, cioè che rispetto al sistema attuale una flat tax ridurrebbe per definizione la pressione fiscale; gli autori stessi ammettono che tutto dipende dall’aliquota; l’altra che “Non è quindi corretto far coincidere l’idea della flat tax con una redistribuzione (rispetto alla tassazione progressiva) del carico fiscale a favore dei ricchi”; è infatti proprio questa la caratteristica della flat tax (=proporzionale in opposizione alle tasse capitarie), indipendentemente dall’aliquota; non aumenta più che proporzionalmente con l’aumento del reddito – salvo ovviamente l’incidenza di eventuali deduzioni che non sono altro che un cap marginale alla proporzionalità: le deduzioni introducono una progressività marginale). E vero, alzando insieme l’aliquota della flat tax e il tetto delle deduzioni si può creare un modello sempre più “progressivo”, ma non ho sentito nessuno finora proporre una flat tax al 45%; vi ci avviciniamo con il 35%, comunque meno progressivo PER I REDDITI ALTI che l’attuale sistema.By the way: negli USA di Trump gli scaglioni sono rimasti 7 con il 37% per i redditi molto alti. In F e D i redditi medio-alti sono tassati con un’aliquota del 45% circa. Quel che conta è DOVE la curva è o non è progressiva!
Stefano
Credo si debba estendere il ragionamento a tutti i possibili effetti positivi che l’introduzione di una flat tax potrebbe portare. Il sistema proposto nell’articolo rimane uno schema appetibile dal punto di vista dell’emersione dell’evasione fiscale e nell’incrementare l’offerta di lavoro individuale? A mio avviso, è difficile immaginare uno schema flat tax che consenta di ottenere una distribuzione del reddito meno diseguale di quella attuale e allo stesso tempo sfruttare i probabili effetti positivi che la letteratura ha associato con l’introduzione di questo sistema fiscale (emersione evasione e incremento offerta). In sintesi, all’avvicinarsi alla parità di gettito è sì possibile ottenere una distribuzione del reddito meno diseguale ma verrebbero meno gli effetti dirompenti su emersione/offerta, se ci allontaniamo dalla parità di gettito complessiva (quindi un gettito più basso) è più probabile ottenere questi effetti positivi a scapito di una distribuzione dei redditi più diseguale.
gmn
mi sembra che si giochi con le parole
non nell’articolo ma nella comunicazione politica
qui si tratta di aliquota unica con deduzioni regressive
che, i grafici lo dimostrano, è sostanzialmente lo stesso di aliquote progressive e deduzioni “uniche”
di cosa stiamo parlando?
di semplificare il calcolo dell’imposta?
di renderla più equa?
di liberare reddito dei ricchi?
di sostenere i poveri?
di lasciare tutto come sta?
di ridurre il perimetro del pubblico?
di tutto insieme tanto per raccattare voti?
Michele
La flat tax convince (la parola giusta sarebbe circuisce) tanti elettori perché è intesa come sinonimo di riduzione delle imposte per tutti. In una situazione dove nessuno crede nello stato e dove si privilegia “i pochi maledetti ma subito” la flat tax vince. I più ricchi pagano molto meno? Cosa mi importa se un poco risparmio anche io. Le conseguenze sullo stato, sui servizi pubblici, sul debito pubblico? Ma chi li conosce questi qui? Chi l’ha mai visto il debito pubblico? Dichiarare il “nero” perché c’è la flat tax? Non ci pensa nessuno! Meglio essere prudenti per quando cambierà di nuovo tutto. Una volta appalesati i redditi chi li nasconde più? Insomma la fat tax è perfetta per raccogliere voti dal lumpenproletariat.
Marco
L’articolo è molto bello.
Mi stavo chiedendo però se per pareggiare il gettito lasciando le aliquote come sono state proposte (15% fino a 80000, poi 20%) non fosse sufficiente che lo Stato rilasciasse un “buono” pari alla
differenza tra il precedente sistema fiscale e quello nuovo, che il cittadino sarebbe tenuto a spendere in Italia.
In questo modo aumenterebbe il PIL e dunque la base su cui calcolare le tasse.
In sostanza la parità di gettito sarebbe garantita da un aumento della base su cui viene calcolato, non dall’innalzamento delle aliquote.
Chiaramente bisognerebbe fare dei calcoli, ma in questo modo la parità di gettito sarebbe assolutamente garantita.
E a quel punto sarebbe più semplice trovare la giusta formula in modo che ci guadagni chiunque.
Tra l’altro aumenterebbe il PIL e dunque migliorerebbe il rapporto con il debito pubblico.
Corrado
Forse che il “buono” di cui si parla non sarebbe deficit quest’anno (e debito il prossimo)? poi, porti pazienza, ma QUANTO di questi buoni servirebbe? a occhio, se il gettito fiscale Irpef (per il 2017 sono 166 miliardi cala di un terzo, il 33%, per racimolarlo aumentando il Pil (nell’ipotesi più favorevole, quella dell’aliquota al 20%), con complesso calcolo matematico si ottiene che il Pil dovrebbe aumentare di 276 miliardi. Con altra complessa inferenza statistica (e un moltiplicatore di 1,5 ottenuto senza maliziare sugli effetti di sostituzione, che pure ci sarebbero per certo), stiamo parlando di emettere “buoni” (chiamiamoli col loro nome: debiti) per 184 miliardi. In un Paese che è in difficoltà a sterilizzare le clausole di salvaguardia per un quindicesimo di quella somma. In un Paese che è in crisi “a causa delle spese per i migranti” (4,1 miliardi). In un Paese che sta per abolire, dicono, gli studi di settore e ripristinare l’uso del contante, dovremmo emettere nuovo debito aggiuntivo per 184 miliardi così, per far contenti quelli delle formulette e degli slogan? Io non ce l’ho con lei, ma con quelli che fanno sti discorsi a casaccio, senza metterci dentro i numeri…
Marco
Non sarebbe un debito: basterebbe imporre la scadenza del “buono” entro l’anno di emissione.
Certamente con le percentuali usate nell’esempio non sarebbe praticabile, però sicuramente potrebbe essere un ulteriore parametro sul quale agire per trovare la giusta quadra.
Se nell’articolo si dice che ci sarebbe parità di gettito con l’aliquota del 35%, introducendo questo ulteriore elemento l’aliquota si potrebbe abbassare di qualche altro punto percentuale e fosse anche solo il 2% non mi sembra un cattivo risultato
Marco
I suoi calcoli dimostrano che una copertura totale non può venire dal sistema da me proposto se le aliquote scelte fossero quelle attuali (15 e 20%).
D’altra parte rimane il fatto che:
1\ questo sistema potrebbe dare una copertura PARZIALE al costo della flat tax perché se oggi costa un terzo del gettito IRPEF, lasciando le aliquote invariate e emettendo “buoni” per la differenza tra il precedente sistema fiscale e quello nuovo, la flat tax costerebbe il 20% in meno di oggi perché ci sarebbe un aumento garantito della base su cui calcolare l’IRPEF pari a un terzo del gettito IRPEF e anche su quella parte si recupererebbe il 20%.
Faccio notare inoltre che più alta è l’aliquota scelta più soldi vengono recuperati per le coperture
2\ se è vero che ci sarebbe parità di gettito con flat tax al 35%, introducendo il sistema dei “buoni” da me proposto la parità di gettito si otterrebbe con una percentuale sicuramente più bassa
In entrambi i casi non mi sembra tanto male
Maurizio Cocucci
Mi spiegate che differenza c’è tra una (pseudo) flat tax che includa detrazioni e un sistema ad aliquote crescenti? La flat tax è un sistema univoco di tassazione che comporta il far pagare una aliquota costante ai contribuenti. Ogni meccanismo che alteri questo principio comporta che non si può più parlare di flat tax. Se attraverso detrazioni pago inizialmente una aliquota e poi in assenza o anche modifiche di tali detrazioni pago aliquote diverse è lo stesso che il sistema ad aliquote crescenti.
Personalmente propendo convintamente per un sistema a tassazione progressiva ed in particolare quella in vigore in Germania dove, a decorrere dalla soglia di esenzione per tutti (9000 euro quest’anno), i primi due scaglioni prevedono una progressività lineare, ovvero l’aliquota marginale all’interno del medesimo scaglione è crescente per poi divenire costante per gli ultimi 2 scaglioni che riguardano un imponibile decorrente da poco meno di 55 mila euro. Questo sistema di progressività relativo ai primi due scaglioni consente di abbassare il livello di aliquota sia marginale che alla fine media per i redditi più bassi e disincentiva forme di alterazione dell’imponibile al fine di non incorrere in un aumento sensibile dell’aliquota marginale stessa. Per chi conosce la lingua tedesca e possiede una adeguata competenza matematica può avere maggiori dettagli alle pagine di Wikipedia alla voce “Einkommensteuer” e “Steuerprogression”.
Giuseppe G B Cattaneo
Il sistema tedesco è migliore di quello italiano, ma non è del tutto progressivo. è un’approssimazione più equa
Maurizio Cocucci
Come sarebbe “non è del tutto progressivo”? Più progressivo di quello che prevede una progressività della stessa aliquota marginale, sebbene limitata entro un determinato livello di imponibile (54.950 euro). Qui non è possibile includere grafici ma basta eseguire un confronto per vedere come sia uno dei sistemi di tassazione sui redditi delle persone fisiche più progressivi al mondo.
Henri Schmit
Perché una progressività “equivalente” può essere ottenuta attraverso un’aliquota fissa abbinata a deduzioni? Perché la progressività vigente prevede una soglia massima! Il concetto teorico di progressività (perfetta, lineare e infinita) sarebbe una formula che fa crescere la percentuale effettiva su tutto l’asse dei redditi. In tutti i paesi la progressività è invece limitata perché oltre il reddito dal quale si applica l’aliquota più alta, la tassazione diviene regressiva, cioè favorisce marginalmente i super-redditi. Le varie proposte di flat tax accentuano questa regressività marginale, ovviamente meno se la tassa è alta, vicino all’aliquota più alta vigente.