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Pensioni in modica quantità*

Qual è la giusta distanza tra pensione minima e massima? Per gli italiani il rapporto dovrebbe essere pari a 3,7 volte, con assegni tra 900 e 3.100 euro. Ma prima di tutto dovremmo decidere qual è il compito che il sistema previdenziale deve assolvere.

Cosa pensano gli italiani delle pensioni

All’arrivo di ogni nuovo governo si riaccende il dibattito su qualche dettaglio da rivedere o da aggiornare su scuola, lavoro, giustizia o pensioni.

Anche l’esecutivo Lega-Movimento 5 stelle pare voler affrontare il tema della previdenza da vari punti di vista: abolire vitalizi, rivedere la riforma Fornero, cancellare le pensioni d’oro. Intervenendo sui dettagli si perde di vista l’adeguatezza – non solo finanziaria – del sistema e progressivamente si trasforma l’istituzione in qualcos’altro. In più le continue correzioni creano posizioni concorrenti: anziani contro giovani, poveri verso ricchi, autonomi contro dipendenti. Dovremmo riconsiderare cosa vogliamo dalla previdenza prima di riformarla ulteriormente.

In fin dei conti, la questione si riduce a decidere se il sistema previdenziale assolva prioritariamente una funzione di assicurazione dal rischio povertà in tarda età (o di inabilità) o se è prevalente la funzione finanziaria, come un piano di risparmio oppure, verosimilmente, un ragionevole compromesso tra le due.

Perciò gli italiani cosa si aspettano dalla pensione? Una percezione della opinione popolare si può ricavare dall’indagine Plus 2016 che registra la domanda “qual è la pensione minima e massima netta mensile che ritiene corretta?”, definizione che riflette i valori costituzionali sulle retribuzioni “proporzionate alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Il valore della pensione minima (figura1) è sostanzialmente omogeneo intorno ai 900 euro, di poco sopra la soglia di povertà assoluta 760 euro (per over60, single, media città, Nord). La pensione massima varia intorno ai 3 mila euro. Gli importi maggiori sono associati ai livelli di età, di istruzione e di reddito più alti.

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Fonte: Indagine Plus 2016

I pensionati (figura 2), invece, percepiscono in media poco più di 1.300 euro di pensione e indicano un assegno massimo erogabile di poco oltre i 3.200 euro. In generale, i livelli sono maggiori per gli uomini e all’aumentare dell’istruzione e del reddito familiare. La qualità della salute sale al crescere dell’assegno pensionistico.

La regola di Adriano Olivetti

Si può definire la giusta misura come il rapporto tra la pensione massima e quella minima: è pari a 3,7 volte per la popolazione e a 2,5 volte per i pensionati. Se consideriamo al denominatore la pensione sociale (500 euro) si arriva a circa 7 volte, proprio il valore indicato da Tito Boeri e Tommaso Nannicini.

Questi rapporti sono utili a recuperare il dibattito sulla regola morale di Adriano Olivetti, che riteneva immorale guadagnare dieci volte più di chi guadagna meno. Sul trattamento previdenziale, il nostro campione indica un duplice limite: uno inferiore – che garantisca una vita dignitosa – e uno superiore – che riconosca una giusta premialità. Una visione molto socialdemocratica: si tratta di una silente domanda di giustizia sociale come reazione alle crescenti diseguaglianze?

Le evidenze confermano come il fine della previdenza rimanga quello di preservare dal rischio di indigenza la popolazione anziana o inabile. Sono quindi difficili da giustificare le pensioni alte, anche se sorrette da adeguata contribuzione, poiché la pensione dipende dal lavoro che a sua volta è influenzato dalla famiglia, in una spirale senza fine, che si ritrova nella mobilità sociale, nei percorsi scolastici, in tutte le ineguaglianze.

La sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico non è di per sé una buona notizia: lo diventa se è anche una condizione socialmente desiderabile nel lungo periodo. Il dibattito dovrebbe considerare la giusta misura della previdenza, ovvero prima di nuovi interventi dovremmo discutere di quando la previdenza travalica la sua funzione di assicurazione sociale e diventa perpetuazione della ricchezza.

* Le opinioni espresse dall’autore non impegnano l’Istituto d’appartenenza.

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16 commenti

  1. Savino

    Gli italiani senior devono comprendere, una volta per tutte, che la povertà di oggi è giovane d’età.
    Il limite che non si può oltrepassare, quindi, è quello di non arrivare a fare della previdenza l’oggetto dell’egoismo delle generazioni più anziane. Vivere una vecchiaia sicura e assicurata non può significare fare il parassita e l’ingordo alle spalle dei giovani e di chi lavora. Benessere e cura della persona sono gli obiettivi. Continuare, alla terza e alla quarta età, a fare incetta di appartamenti o a tesoreggiare è immorale.

    • Henri Schmit

      Ditemi come trattate i vostri vecchi e che cosa sognano i vostri giovani e vi dirò chi siete, anzi quanto valete.

      • Massimo Gandini

        Direi che i dati Istat certificano che , almeno dal punto di vista finanziario, i nostri vecchi li trattiamo benissimo, siamo i primi al mondo in questo. Dal 1995 a oggi gli over 65 hanno aumentato a dismisura i propri redditi mentre gli under 35 si sono impoveriti notevolmente.

        • Henri Schmit

          Non contano solo 1. le statistiche ma anche 2. i (numerosi) casi marginali e 3. il dibattito sul futuro e quindi sui principi. Ora sembra tutto governato dal contributivo, un concetto che va benissimo per limitare eccessi al rialzo, ma non come limite del minimo. Questo non vale solo per l’Italia, ma per tutti le democrazie liberal-sociali.

  2. LUCIANO PONTIROLI

    Fino ad un’epoca non lontana la pensione era correlata alla retribuzione percepita. Più di recente, si è introdotto il criterio contributivo, correlando la pensione ai contributi versati. L’idea di trattarla come un presidio contro la povertà, ponendo un tetto massimo, non sembra compatibile con l’obbligatorietà dell’iscrizione all’INPS (o enti similari): si abolisca tale obbligo, lasciando i lavoratori liberi di costruire la propria pensione, e finanziando la pensione sociale a carico della fiscalità generale.

  3. De Berardinis Michele

    L’autore scrive “In fin dei conti, la questione si riduce a decidere se il sistema previdenziale assolva prioritariamente una funzione di assicurazione dal rischio povertà in tarda età (o di inabilità) o se è prevalente la funzione finanziaria, come un piano di risparmio oppure, verosimilmente, un ragionevole compromesso tra le due”. E’ l’articolo più “intelligente” che ho letto sull’argomento. Secondo me, una società che possa legittimamente essere indicata con tale appellativo, deve assicurare, con il sistema pensionistico, innanzitutto dal rischio povertà o inabilità, giacché è necessario considerare che ognuno, nell’ambito delle sue capacità, possibilità, ambizioni, cioè in un contesto personale e ambientale straordinariamente eterogeneo, sul quale spesso può interferire ben poco, ha dato il suo contributo alla società. Ogni contributo è essenziale alla società. Il prestatore del lavoro, definiamolo, umile, già durante il suo periodo produttivo, deve scontare un “riconoscimento” inferiore, anche molto inferiore, rispetto a chi offre altra prestazione. Che almeno la società si riscatti, riconoscendo una pensione dignitosa a quel lavoratore che ha tanto penalizzato in età lavorativa.

  4. David Morante

    Estrema sorpresa per questo articolo, in un sito che fa del “fact-checking” una delle sue bandiere. Il paragrafo che comincia con “Le evidenze confermano ..” è singolare. Quali sono queste evidenze? Da almeno un secolo tutti i governi occidentali ritengono il contrario, e cioé che la pensione di base sia una sorta di risparmio “obbligatorio”, per evitare che i privati facciano le cicale e non pensino alla loro vecchiaia. Solo gli USA, in parte, si distaccano da questa che è considerata una grande conquista civile.

  5. Luciano MG Munari

    Il ragionamento può essere accettabile, ma è puramente teorico e può valere solo per il futuro. Dal punto di vista etico e pratico non si può applicare alle pensioni in corso: gli attuali pensionati, infatti, non hanno la possibilità di ricorrere alla costituzione di una pensione integrativa per compensare ciò che perderebbero con l’abbattimento del loro attuale assegno.

  6. Paolo Palazzi

    Non c’è un’analisi simile per i redditi?
    Se fatta solo per le pensione sembra giustificare che la pensione sia solo un privilegio da mitigare!

  7. Henri Schmit

    Giustissimo. Con il discorso della limitazione contributiva si è persa l’idea della pensione sociale minima, indipendente dalle contribuzioni, dipendente solo dall’età, sancita dalla costituzione oltre che dal buon senso e dall’ equità. Non riesco invece a capire la logica della regola d’oro di Adriano Olivetti; come limite superiore mi sembra più che giusto insistere sul concetto contributivo.

  8. svelto vito

    Sono in pensione dall’età di 75 anni; sono uno dei pochi che ha fatto causa allo stato per usufruire più tardi di tale stato pensionistico. Ho versato contributi per 40 anni all’INPS e per altri iniziali 15 anni all’Inpdap (complessivamente circa 55 anni). Sono cresciuto lavorando per le Università con l’informazione che andando in pensione avrei usufruito di una pensione non enormemente inferiore al mio stipendio finale. Non so quanto avrei preso con il puro contributivo. Non ho usufruito di stipendi artificialmente elevati negli ultimi anni. Perché ora si vuol ridiscutere dei miei proventi. Se non avessi avuto queste informazioni, avrei potuto predisporre una vita ed un risparmio diversi; non so se ciò si possano chiamare diritti acquisiti (ma somigliano in ogni caso)

  9. Franco

    Si parla tanto delle pensioni. nessuno ripeto nessuno, parlano delle famiglie pensionate MONOREDDITO, sono le più povere di tutti, esempio famiglia di cui moglie e marito pensionati con una pensione ciascuno di 800 € netti x 2 € 1600, hanno diritto tutti e due della 14° ed altro, una famiglia MONOREDDITO con una sola pensione con importo netto da € 1000/1500, non HA DIRITTO A NULLA .
    Le regole debbono essere uguali per tutte le prestazioni extra (REDDITI FAMILIARE non personale CHI DI DOVERE DEBBONO PENSARE ANCHE ALLE FAMIGLIE PENSIONATE MONOREDDITO,

  10. Giuseppe GB Cattaneo

    Concordo con i concetti espressi nell’articolo.

  11. Luigi Piero Ippolito

    L’articolo di Mandrone pone correttamente il tema della riforma del sistema pensionistico italiano, anche se lascerei da parte considerazioni di tipo etico che non mi sembrano appropriate al tema. Deve però essere chiaro che stiamo parlando di futuro, certamente ben oltre la Fornero, quota 100 ed altre cose simili che non cambiano in nulla la struttura di fondo del sistema pensionistico obbligatorio a ripartizione. Se entriamo nell’ottica di un sistema pensionistico sociale, il ruolo delle pensioni complementari assume un ben diverso rilievo. Si potrebbe anche arrivare ad una visione completamente privatistica della pensione, per cui ognuno potrebbe decidere autonomamente del proprio piano per la vecchiaia. Ciò che invece temo è che, con considerazioni morali si proceda semplicisticamente a tagliare le pensioni più alte ben oltre i versamenti contributivi obbligatori, che nel mio caso si sono protratti per ben 43 anni. Insomma, cambiare va bene; la solidarietà è necessaria, ma il nostro deve pur sempre restare uno stato di diritto.

  12. serlio

    Putroppo i 5s non affrontano la vera stortura in modo diretto e specifico; gli odiosi privilegi che i parlamentari (impossibile chiamarla onorevoli, parlando di questo tema) si sono autoassegnati. Trattandosi di attività temporanea non avrebbero avuto diritto a nessuna pensione, come ogni professionista, al massimo, se non fossero stati accecati dalla avidità e dalla presunzione (di essere meglio del resto del paese) avrebbero dovuto creare una loro cassa di previdenza. Abbiamo visto privilegi inauditi, da coloro che per un giorno di “lavoro” hanno un vitalizio sostanzioso sino a coloro che l’hanno solo dopo 3.5 anni di presenza in parlamento, quando agli italiani viene chiesto di lavorare fino a quasi 70 anni per avere molto, molto meno. Vanno colpiti i privilegi dei parlamentari, e non le pensioni alte, magari ottenute dopo anni e anni di lavoro ben retribuito. Per non parlare dei vitalizi che si sommano alle vere e proprie pensioni erogate da altri enti, dai quali erano in distacco, altro privilegio vergognoso, sempre a carico del contribuente. Il parlamentare è sempre stato un lavoro, come gli altri, e tutto il resto è solo retorica finalizzata alla appropriazione indebita di denaro pubblico.

  13. Sabrina

    Io sposo la tesi dell’autore rispetto alla scelta : da tempo ritengo che la pensione ha la funzione di salvaguardare dall’indigenza. Se un individuo può vivere agevolmente con quanto ha accumulato in vita, i contribuiti versati dovrebbero essere utilizzati per garantire un tenore di vita dignitoso a coloro che in età anziana non hanno di che sopravvivere. Chi è riuscito ad accumulare durante la vita lavorativa usi i propri risparmi. La pensione non può essere un ulteriore reddito da accumulare.

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