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Concessioni autostradali: il processo interrotto

Negli ultimi tempi, governo italiano e Commissione Ue avevano creato i presupposti per una revisione del vecchio e difettoso sistema delle concessioni autostradali, nel rispetto dei contratti ma con un piccolo passo verso un sistema più bilanciato. La tragedia di Genova lo ha interrotto.

La decisione della Commissione europea

Le polemiche e le accuse che si sono rincorse dopo il disastro di Genova sull’acquiescenza dei governi italiani del passato rispetto allo strapotere dei concessionari autostradali non tengono conto che in proposito c’è stata, pochi mesi fa, un’importante risoluzione di Bruxelles che ha avviato qualche parziale ma non banale cambiamento.

Fra il 2014 e il 2016, il ritardo in termini di crescita dell’economia italiana era grave e altrettanto grave era il ritardo nell’adeguamento infrastrutturale. Seguendo l’esempio della Francia, il governo italiano scelse di preparare un piano di rilancio delle infrastrutture autostradali, che avrebbe comportato una modifica degli strumenti contrattuali in vigore. Gli obiettivi erano, da un lato, di completare le infrastrutture già pianificate, adeguandole alle necessità emerse nel corso degli anni (alcuni progetti risalivano a oltre venti anni prima), di realizzarne anche di nuove e necessarie infrastrutture e di escludere quelle non più prioritarie. Dall’altro lato, si puntava a contenere l’incremento tariffario che, a convenzioni vigenti, sarebbe scattato automaticamente con la realizzazione delle opere.

Tutto ciò dava anche l’opportunità di cominciare a ri-regolare i rapporti di concessione: nella impossibilità di modificare i contratti in vigore senza il consenso dei concessionari, si provvedeva alla rideterminazione progettuale della rete e alla ridefinizione dei parametri di rendimento per le nuove opere. La decisione della Commissione europea dell’aprile 2018 (SA.49335 (2017/N) and SA.49336 (2017/N) Italy – Italian Motorways investment plan) è arrivata a conclusione di un serrato dialogo col governo italiano, cui gli scriventi, per trasparenza, dichiarano di aver partecipato attivamente in quanto componenti, allora, della Struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

I numeri

La proroga quadriennale delle concessioni è nata dall’esigenza di spalmare su un arco di tempo più lungo i costi di alcuni investimenti infrastrutturali non più rinviabili (soprattutto la Gronda di Genova per Autostrade per l’Italia e il completamento della Asti-Cuneo per il gruppo Sias), incluso il costo della remunerazione del capitale investito, senza introdurre elementi depressivi in una congiuntura di ripresa debole. In questo quadro, dopo aver effettuato un confronto con quanto previsto per altri settori regolamentati e per altri concessionari autostradali a livello europeo, la Commissione afferma che il tasso di remunerazione è determinato in un “intervallo ragionevole” (“reasonable range” – punto 152 della decisione).

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I valori riportati nella decisione sono i seguenti: a) per i cosiddetti “old investments”, ossia quelli già previsti nella Convenzione originaria, la Commissione europea ha confermato il tasso di remunerazione reale dell’investimento contrattualmente pattuito – e non poteva essere altrimenti, trattandosi, appunto, di un contratto tra le parti – pari a circa il 7 per cento dopo la tassazione non modificabile verso l’alto o il basso per l’intera durata della concessione; b) per gli altri investimenti pianificati (“other planned investments”), inclusi nella Convenzione unica, la Commissione ha previsto, oltre a un forte impegno sul cronoprogramma (l’investimento deve essere realizzato entro e non oltre il 2022), un tasso di remunerazione allineato alla delibera Cipe in vigore fino a luglio 2017, cioè del 5,6 per cento nominale prima delle tasse, e non, invece, il tasso più alto previsto dalla nuova delibera Cipe n. 68/2017, che sarebbe stato invece già possibile applicare; c) l’ultimo elemento per il quale la decisione della Commissione europea ha definito la remunerazione è il mancato introito per entrambi i concessionari dovuto al cosiddetto congelamento tariffario per i consumatori. Le variazioni tariffarie sono state limitate al tasso di inflazione + 0,5 per cento, invece che al precedente 0,7*tasso di inflazione+X+K, dove X e K sono componenti che servono a remunerare diverse categorie di investimenti e manutenzioni straordinarie, che avrebbe portato ad aumenti ben più consistenti. Ai mancati introiti è stato applicato un tasso nominale prima delle tasse che garantisce una media ponderata del rendimento complessivo in linea con quello garantito alle concessionarie francesi e comunque inferiore all’8 per cento per Aspi. Si tratta di un tasso dopo le tasse del 6 per cento, non modificabile per l’intera durata della concessione, inclusa l’eventuale proroga. È perciò di un tasso di rendimento calcolato tenendo conto di un arco temporale molto lungo, durante il quale possono maturare sia condizioni più vantaggiose che più svantaggiose rispetto a quanto concesso.

Visto il suo ruolo determinante in termini di contendibilità della concessione alla scadenza (quando comunque si dovrà fare una gara), è stata prevista una nuova valutazione anche per il valore di subentro. È stata individuata una forchetta tra l’1,3 e l’1,5 dell’Ebitda, perché il valore complessivo può variare a seguito di modifiche nel valore del Wacc (costo medio ponderato del capitale), del tasso di inflazione o del traffico (quindi della domanda).

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Più concorrenza in autostrada

Vale poi la pena ricordare che la decisione della Commissione ha disposto che l’80 per cento (e non il 60 per cento come previsto dal Cipe) dei lavori siano affidati, tramite gara, a soggetti terzi e ha accolto l’impegno del governo italiano che due concessioni in scadenza del gruppo Sias (Ativa e Satap A21) siano poste a gara entro il 2019, mentre la durata della concessione Asti-Cuneo dovrà essere ridotta per farla coincidere con la scadenza (post-gara) della nuova concessione di Ativa e Satap A21 e arrivare così a una seconda gara. Questo impegno segna l’avvio dell’introduzione di procedure competitive in un settore dove, finora, di competizione non si era mai vista l’ombra (salvo che per la vendita di Aspi nel 1999).

Tirando le fila, diversi sono gli elementi positivi della decisione, anche se va riconosciuto che si tratta solo di un primo passo verso un sistema regolatorio più solido e trasparente. Non è però giusto ignorarlo. L’orientamento del passato governo in materia di concessioni autostradali e la funzione di sorveglianza della Commissione europea stavano creando i presupposti per mettere in moto un processo di revisione dell’assetto del sistema delle concessioni autostradali, nell’ambito delle regole comunitarie. Alcuni ritengono che ci sia stato poco coraggio e che il passo avanti sia stato troppo piccolo. Comunque si pensi, sembra che la tragedia di Genova abbia interrotto questo processo agli albori, impedendo di verificarne gli effetti nel concreto: come abbiamo sostenuto in un recente intervento, adesso bisognerebbe andare avanti e accelerare, con serietà e fatti, per definire un quadro di regole certe e in linea con le buone prassi regolatorie, cogliendo questa occasione per migliorare significativamente il sistema.

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Il Punto

  1. Savino

    Il MIT ha ampia responsabilità nella tragedia di Genova e non si può far finta di non vederlo. Per prima cosa, non si può far ricostruire il ponte o far controllare sulla ricostruzione ai dirigenti e funzionari infedeli dello Stato. Il prossimo direttore dei lavori, il prossimo responsabile del procedimento, il prossimo collaudatore ed il prossimo a sottoscrivere una concessione (da cui non si può prescindere, al di là delle chiacchiere da bar di Toninelli e Di Maio) non può essere una delle solite vecchie volpi del Ministero. Va dato spazio ai giovani ed alla loro competetenza e sensibilità. Anche il progetto di Renzo Piano non è un dogma, perchè non è di archistar che abbiamo bisogno, ma di problem solving.

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