Più volte il governo ha annunciato di voler revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia. Intanto, con una decisione dell’Autorità dei trasporti è stato modificato il metodo di determinazione dei pedaggi. Ma il contenzioso sarà lungo e incerto.
Autore: Angela Bergantino
Angela Bergantino è professore ordinario di Economia applicata all’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dove insegna Economia dei mercati e della regolamentazione, Economia industriale ed Economia dei trasporti. Presidente della Società Italiana di Economia dei Trasporti e della Logistica (SIET), è stata consulente del Ministero delle Finanze, dell'Ocse e dell'Unctad. Dal 2016 al 2018 è stata esperta della Struttura Tecnica di Missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Negli ultimi tempi, governo italiano e Commissione Ue avevano creato i presupposti per una revisione del vecchio e difettoso sistema delle concessioni autostradali, nel rispetto dei contratti ma con un piccolo passo verso un sistema più bilanciato. La tragedia di Genova lo ha interrotto.
Invece di lanciarsi in annunci affrettati, i ministri farebbero bene a elaborare una revisione dell’assetto di regolazione delle concessioni stradali. E dovrebbero investire risorse e professionalità per rafforzare i controlli a garanzia dei cittadini.
L’Antitrust giudica negativemente la nuova regolamentazione del settore autostradale e indica possibili revisioni. Come il rinnovo delle concessioni mediante procedure a evidenza pubblica. O se possibile l’affidamento delle diverse tratte a una pluralità di gestori, per promuovere forme di concorrenza comparativa. E un sistema di adeguamento tariffario i cui benefici possano tradursi in pedaggi più bassi.
Il sistema regolatorio del settore autostradale consegnatoci dal decreto 59 segna la fine di ogni aspirazione a un sistema incentivante ed è un insieme caotico di diversi regimi. Andrebbe rivisto dalle fondamenta. Serve un sistema di regole certe e trasparenti, che siano di garanzia per lo Stato e i consumatori, oggi la parte più debole, e per gli investitori. Serve una cultura istituzionale che le metta al riparo dagli attacchi a colpi di decreto, secondo le pressioni del momento. E serve un organismo indipendente che le applichi e vigili sulla loro osservanza.
I vettori full service sembrano aggiustare le proprie strategie sul modello low cost. Le compagnie puntano a ridurre i costi per il personale, la manutenzione dei velivoli, i servizi accessori e le forniture. E semplificano il servizio, eliminando la business class, o ricorrendo alla disintermediazione e alle politiche di incentivazione della domanda low fare. L’esempio di Aerlingus dovrebbe essere istruttivo per Alitalia. Dimostra che non è necessario aspettare inerti i tempi lunghi della privatizzazione per varare efficaci piani di rilancio.