La povertà ha molte cause diverse e non basta un solo strumento per combatterla. Per questo il piano Macron prevede ventuno azioni, una delle quali è il reddito universale di attivazione. Un approccio che potrebbe essere utile anche in Italia.
Misure contro la povertà
Il piano contro la povertà che il presidente della repubblica francese, Emmanuel Macron, ha presentato il 13 settembre 2018 ha suscitato molto interesse anche in Italia. In particolare, i media si sono concentrati sull’assonanza tra il reddito universale di attivazione (Rua) proposto da Macron e il reddito di cittadinanza (Rdc) che il Movimento 5 stelle sta cercando di inserire nella legge di bilancio 2019.
Mentre ancora non è chiaro se il reddito di cittadinanza sia un sostegno al reddito in caso di perdita di lavoro (una Naspi allargata) o un reddito minimo (un Rei potenziato) contro la povertà, lo strumento di Macron si chiama universale non perché verrà distribuito a tutti, ma perché intende raggruppare in un unico strumento varie prestazioni (per ora non si sa ancora esattamente quali, però si pensa al reddito di solidarietà attiva, gli aiuti per la casa, i bonus per la ripresa dell’occupazione).
In Francia (ma succede anche negli altri paesi) ogni strategia contro la povertà si scontra con una realtà che non è ancora compresa fino in fondo, neanche dagli esperti in materia: tra un quinto e un terzo degli aventi diritto non fa ricorso al principale sussidio contro la povertà. Perché? In parte perché è difficile orientarsi tra i vari strumenti, in parte perché le procedure amministrative sono lunghe e complicate e in parte perché i potenziali beneficiari non vogliono subire la stigmatizzazione connessa a ricevere prestazioni sociali, in una società che tende sempre più a vivere la povertà come una “colpa”. In più, la molteplicità degli strumenti non incoraggia la ripresa di un’attività perché la complessità delle regole rende arduo sapere se ritornare a lavorare migliorerà effettivamente la propria situazione finanziaria (la cosiddetta “trappola di povertà”).
La seconda constatazione che ha portato il governo francese a intervenire (oltre che per ribilanciare “a sinistra” la presidenza Macron) è che l’aumento delle spese sociali non è bastato a contrastare la povertà. In uno dei paesi più ricchi al mondo e con il sistema di welfare più generoso, i poveri (definiti come le persone che vivono con meno del 60 per cento del reddito mediano, 1.015 euro per una persona sola nel 2015 nel caso francese) sono 8,9 milioni (14,2 per cento del totale della popolazione), di cui 3 milioni in una situazione di privazione materiale grave. E la povertà passa dai genitori ai figli con una mobilità sociale perfino inferiore a quella italiana, secondo i dati Ocse dello scorso giugno.
Un piano di ventuno azioni
Al di là delle traduzioni tirate per i capelli, però, il piano francese, che per il momento è una lista di intenti e non ancora un preciso articolato di leggi, può essere un’utile fonte di ispirazione anche per il dibattito italiano, per l’approccio adottato. La povertà è multidimensionale e le cause sono diverse e quindi non basta un solo strumento. Il reddito universale di attivazione, infatti, è “solo” una delle 21 azioni proposte.
In particolare, un capitolo importante del piano riguarda la povertà dei bambini, un fenomeno spesso sottovalutato, ma il più dannoso per i suoi effetti indelebili nel tempo. I primi punti del piano, infatti, prevedono investimenti negli asili, nell’accesso a un’alimentazione equilibrata per tutti i bambini (con pranzi a 1 euro per i figli di chi non si può permettere il prezzo pieno), un percorso di formazione garantito, un piano contro la dispersione scolastica.
Il governo francese ha stimato in 8,5 miliardi di euro (0,4 per cento del Pil) il costo totale del piano, di cui, però, diverse già pianificate. Funzionerà? Il progetto è ambizioso e diversi tentativi precedenti non hanno dato i risultati sperati, in parte per errori di progettazione degli strumenti, in parte perché l’attuazione sul terreno è sempre più complicata del previsto e in parte perché le persone non si comportano necessariamente da homines economici rispondendo agli incentivi immaginati a tavolino.
Tuttavia, ed è un altro elemento utile per il dibattito italiano, il governo darà mandato a un consiglio scientifico di seguire la messa in opera delle 21 proposte e valutarne l’effetto. Seguire l’attuazione delle proposte e valutarne gli effetti per eventualmente correggerne il funzionamento è più importante che avere fin dall’inizio un piano “perfetto”. Lanciare la proposta e dimenticare di assicurarsi che gli strumenti immaginati diventino realtà, nel passaggio legislativo prima e in quello operativo poi, è uno degli errori più diffusi nella produzione di politiche pubbliche di molti paesi.
* Le opinioni espresse non coinvolgono l’istituzione di appartenenza.
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Savino
Bisogna andare alla radice del disagio sociale e non continuare ad inventarsi elemosine e mancette stile Achille Lauro.
Lo Stato deve porsi obiettivi di prospettiva per le generazioni future e di tutela per le vere fragilità. Almeno un milione di bambini italiani è in difficoltà, non riceve l’alimentazione adeguata e le cure mediche adeguate. Mancano piani di educazione e formazione primaria. C’è totale abbandono dei minori e degli adolescenti ed incuria dei posti, come la scuola, dove essi vivono le prime esperienze di vita e didattiche. Nessuna forma di collaborazione effettiva per chi vuole mettere su famiglia e conciliare i tempi di lavoro: una neo-mamma è al bivio se decidere di non lavorare più o lavorare solo per pagare il nido. Se hai in casa un familiare disabile o gravemente malato il disagio è triplicato. Se hai bisogno di un tetto e sei onesto vai a finire davvero sotto i ponti, perdendo ogni dignità. In Italia abbiamo solo fatto il welfare degli scrocconi. Piuttosto che continuare nell’argomento di distrazione di massa degli stranieri, vorrei che gli italiani davvero bisognosi di aiuto cominciassero ad indignarsi di altri italiani che utilizzano lo Stato sociale solo per mangiare a sbafo e che, con il reddito di cittadinanza, vivranno l’apoteosi. L’Italia è campione del mondo del vivere a scrocco, sulle spalle della comunità e di tutte le categorie più deboli.
LUCIANO PONTIROLI
Dott. Garnero, il plurale di homo è homines …
Henri Schmit
Una piccola correzione: il RUA francese è universale perché vale per tutti: un reddito “universel car chacun pourra y prétendre dès que ses revenus passeront en dessous d’un certain seuil […] Nous allons fusionner le plus grand nombre des prestations sociales pour enfin apporter une réponse unique pour s’assurer que des gens vivent dignement.” Sono le parole del presidente di 5 giorni fa. La scelta del nome non potrebbe essere più in contrasto con il progetto grillino, intenzionalmente d’impronta nazional-socialista, cioè di protezione sociale riservata ai cittadini. L’idea è ovviamente in contrasto con i diritti dei residenti europei protetti dai Trattati e dalla Corte di giustizia, ma anche con la Costituzione nonostante l’uso maldestro del termine cittadino all’art. 38. Il M5s gioca su questo equivoco sfruttando uno dei rancori xenofobi più profondi nelle società europee, probabilmente la causa profonda del successo del leave al referendum britannico del 2016. Macron invece gioca a carta scoperte, senza inganno. Questa l’importanza della parola ‘universale’ che ha una storia più che bicentenaria precisa.
Asterix
Caro Schmit ma Lei si è reso conto che ha appena dato del nazionalsocialista = nazista ad una proposta sul reddito di cittadinanza fatta dai 5 stelle?? Io capisco che possa non piacere nel merito ma la critica non deve scadere nella delegittimazione dell’avversario. La proposta dei 5 stelle si riferisce a soggetti fiscalmente residenti in Italia che presentano una ISEE per accedere ai servizi sociali cui spetta il beneficio ed è vincolato alla disponibilità ad accettare qualsiasi lavoro offerto dai centri di impiego. Alla seconda rinuncia si perde il diritto al beneficio monetario. Molto probabilmente in sede di applicazione della misura verrebbe specificato che il beneficio non è cumulabile con le NASPI o altri sostegni sociali al reddito (come peraltro già avviene in altri Paesi). Tale schema è simile a quello esistente in Germania, c.d. HARTZ IV (peraltro molto discusso per i controlli rigidi fatti sui beneficiari e sull’eccessivo potere discrezionale dato ai centri dell’impiego). La invito a leggere alcuni articoli sulla stampa tedesca sul blog “Voci dalla Germania” che critica talune modalità applicative. Sicuramente si applica anche a tutte le persone fisiche residenti (fiscalmente) in Italia, quindi anche agli immigrati regolari già iscritti nelle liste di disoccupazione visto che non sarebbe possibile a livello costituzionale prevedere esclusioni.
Quindi tutte queste differenze sinceramente non le vedo con la proposta Macron.. cordialmente
Henri Schmit
Mi riferisco solo alle parole. Prima il progetto m5s; sostengo che è intenzionalmente ingannevole; che gioca sul rancore degli Italiani (veri) contro gli immigranti che vengono per godere dei generosi vantaggi del sistema sociale. L’idea implicita è quella del popolo omogeneo che merita protezione contro le nuove minacce: globalizzazione, mercati, grandi capitali, grandi aziende i loro servitori nello Stato. Nonostante i tempi diversi, c’era la radio e il cinegiornale, oggi internet e le tv, c’è un parallelismo angosciante, ancora con violenza solo verbale e contro-verità di propaganda, accompagnate da sintomi di paura. Il nazional-socialismo all’inizio era esattamente questo: Chiusura nazionale, poi degenerata nell’ideologia razzista, rancore sociale, promesse di protezione. Al di là delle parole il regime nazista è stato ovviamente molto di più, ma gradualmente. Infine non sono contro il m5s a prescindere; riconosco rivendicazioni legittime o proposte valide (la pensione minima di vecchiaia, un approfondimento del REI, uno sviluppo dei CPI …), o di altri, senza escludere nessuno. Quindi confermo quello che ho scritto. Non bisogna giocare con il fuoco.
Henri Schmit
Proprio oggi è riesploso il dibattito sui beneficiari del RdC (cf. stampa). Il Contratto di governo parla solo di cittadini; Salvini di conseguenza insiste pubblicamente su un’interpretazione restrittiva, ma si fa subito correggere dal MEF Tria. Se prevale Tria e le leggi, la maggior parte dei beneficiari rischia di essere immigrati e figli di immigrati. Il fatto che si abusi fino ad oggi in questo modo dell’equivoco creato (intenzionalmente) dal nome del progetto, sembra dare ragione alla mia interpretazione, a prescindere dal contenuto effettivo e dalla formulazione definitiva della legge, necessariamente universale, e non di cittadinanza.
Henri Schmit
Il fatto è talmente clamoroso che va evidenziato: Di Maio dalla Cina fa eco a Salvini, “il reddito di cittadinanza sarà solo per i cittadini.” Da un lato abbiamo quindi il nome del progetto e le declamazioni dei massimi esponenti del governo, dall’altro abbiamo gli obblighi di legge e il confronto internazionale descritto da ‘Asterix’. Due mondi diversi.
Asterix
Interessante articolo che disegna i profili comuni e le differenze tra il modello francese ed il RC. Segnalo che, come descritto dalla Corte dei Conti nel 2018, in Francia esistono diverse tipologie di sostegno alla mancanza di redditi in favore degli individui che non ricadono nell’assicurazione contro la disoccupazione valida per tutti i dipendenti (la nostra NASPI). Tra queste misure è interessante la RSA (revenue de solidariete active) che eroga fino a 524 euro mensili al povero senza lavoro o lavoratore povero (realtà dei nostri tempi). Inoltre sono previsti obblighi di formazione per accedere al contributo pubblico. Sarebbe utile sapere se la proposta Macron riguarda la RSA o altre misure e quale sarebbe l’importo mensile. Inoltre vorrei capire se si hanno informazioni sui soggetti che effettuano l’attività di formazione obbligatoria. Deve essere fatta da centri dell’impiego pubblici oppure potrebbe essere data in appalto a società private convenzionate (eventualmente soggette a precisi controlli pubblici e controllate da una autorità del settore) ?
Il ricorso al soggetto privato potrebbe ridurre i costi per la realizzazione del RC anche in Italia.
Alessandro
In Italia parlare di “reddito di cittadinanza” o di misure a sostegno dei poveri è considerata una bestemmia (soprattutto se poi a parlarne è il governo Conte che – a seconda degli oppositori – viene considerato di destra, comunista o addirittura, nazional-socialista!). Abbiamo i vitalizi, ma i poveri devono arrangiarsi. Se invece lo fa la Francia di Macron, tutto bene! Qualcuno sta continuando a sfidare la pazienza degli Italiani…
Stefano Monni
sino ad ora, l’unico elemento che consente di valutare il reddito di cittadinanza è il contratto di governo (un po’ poco) per esprimere un giudizio. Dai diversi commenti che si succedono, questa misura sembra un mix di misure già esistenti promosse da altri governi. Ciò che posso dire quindi è che non sono particolarmente propenso per misure di lotta alla povertà che siano incentrate principalmente sulla corresponsione di denaro peraltro con cifre discretamente alte. Le ragioni sono quelle che parecchi anni fa il nostro Ernesto Rossi spiegava molto bene e che qui non credo sia opportuno riportare puntualmente. A fronte delle misure in denaro ritengo più appropriate misure in servizi che invece potrebbero essere sacrificate proprio per finanziarie le misure in denaro. Inoltre, credo che la misure in denaro abbiano un effetto sulla crescita e l’occupazione minore rispetto a politiche volte a finanziarie spese di investimento in infrastrutture, in formazione, ecc.……..