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Carlo Dell’Aringa, una vita per il lavoro

È improvvisamente scomparso Carlo Dell’Aringa. È stato protagonista delle trasformazioni del mondo del lavoro degli ultimi quarant’anni: un economista politico attento alle relazioni industriali e alle implicazioni sociali dei fenomeni economici.

Il benessere collettivo come guida

Carlo Dell’Aringa è stato sempre impegnato, fino all’ultimo, nel perseguimento di alcune idee a cui ha dedicato la sua lunga carriera. Ora ci ha improvvisamente lasciati. Pochi giorni fa aveva partecipato assieme a Enrico Letta alla “summer school” della “Scuola di politiche”, a Cesenatico, per insegnare e trasmettere l’impegno politico ai giovani. La politica era stata la sua ultima passione, prima come sottosegretario al ministero del Lavoro, poi come membro di commissioni parlamentari (Lavoro e Bilancio). Passione vissuta con un certo distacco, da studioso, da professore e da economista sempre impegnato nello studio del mercato del lavoro e nel disegno delle politiche. Il lavoro è sempre stato al centro della sua attenzione. Lo appassionavano i grandi temi: la disoccupazione, i salari, la produttività, le disuguaglianze, con un’attenzione profonda ai dettagli istituzionali che regolano il funzionamento dei mercati.

Il filo conduttore che più di tutto ha caratterizzato la sua attività accademica è senza dubbio da ricercare nel ruolo delle relazioni industriali: in quel complesso intreccio di rappresentanza e azione sindacale, di regole e struttura della contrattazione collettiva, della dinamica del costo del lavoro per la competitività delle imprese. Questi temi, per i loro risvolti politici e ideologici, hanno spesso diviso l’opinione pubblica, creando barriere ed elevando il conflitto sociale. Al contrario, il contributo di Carlo Dell’Aringa è sempre stato orientato a unire, mai a dividere, fornendo soluzioni e compromessi che avevano come guida solo il benessere collettivo.

La sfida per la modernizzazione del mercato del lavoro italiano l’ha accompagnato durante tutta la sua carriera: dalla riforma della scala mobile per la lotta all’inflazione, all’introduzione di flessibilità nei contratti di lavoro per favorire la creazione di occupazione, dal riordino dei meccanismi di contrattazione nel pubblico impiego, fino al potenziamento della contrattazione aziendale per rispondere alle esigenze di produttività delle imprese dopo la “grande crisi”.

Un percorso di riforma, quello del mercato del lavoro, che Dell’Aringa ha seguito, commentato e indirizzato, prima come studioso, poi come consulente di istituzioni nazionali ed europee e infine come politico avendo come scopo non solo quello di tutelare i lavoratori e le lavoratrici, ma anche categorie spesso non sufficientemente rappresentate nel confronto politico, come i giovani e i disoccupati.

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Dall’accademia all’impegno politico

A testimonianza del suo percorso c’è una intensa e variegata attività accademica, il suo impegno intellettuale e il suo rigore morale.

Si laurea nel 1963 alla Cattolica di Milano in scienze politiche, poi consegue il D.Phil in Economics al Linacre College dell’Università di Oxford con una tesi su “Wages, Prices and Employment in Italy” in cui veniva stimata una delle prime curve di Phillips per l’Italia. Diventa professore ordinario nel 1981, titolare della cattedra di economia politica alla Cattolica, che manterrà fino alla fine della carriera, poi coronata con l’attribuzione del titolo di professore emerito nel 2015.

Una caratteristica distintiva di Carlo Dell’Aringa è sempre stata la capacità di avviare nuove iniziative, raccogliendo studiosi in centri di ricerca, associazioni scientifiche, think-tank per creare occasioni di confronto e favorire la crescita delle discipline economiche e sociali. Negli anni Settanta è stato tra i fondatori dell’Irs e successivamente di Ref-Ricerche, due centri di ricerca economica e sociale di interesse nazionale, di cui ha anche ricoperto la carica di presidente. Nella seconda metà degli anni Ottanta è stato uno dei fondatori dell’Associazione italiana degli economisti del lavoro e successivamente della European Association of Labour Economists che raccoglie attualmente più di 450 studiosi in venti paesi diversi. Ha fatto parte del direttivo dell’Associazione italiana di studio delle relazioni industriali e dell’International Industrial Relations Association.

Negli ultimi anni, assieme a Enrico Letta e Tiziano Treu ha collaborato attivamente alla direzione scientifica dell’Arel, associazione fondata da Nino Andreatta. Tra i volumi da lui curati recentemente nella collana Il Mulino-Arel ci sono: Giovani, senza futuro? Proposte per una nuova politica (2011), Salari, produttività, disuguaglianze. Verso un nuovo modello contrattuale? (2017) e l’ultimo sforzo, ancora in cantiere, Produttività, crescita e inclusione sociale, a cui stanno ancora collaborando numerosi economisti ai quali è stato chiesto di individuare proposte e soluzioni per fare ripartire il paese e rendere la nostra società meno diseguale.

Nella ricerca scientifica il suo impegno di studioso è stato condotto su vari fronti. Quello accademico tradizionale, contribuendo alla pubblicazione di articoli e manuali universitari; quello relativo alla cura di rapporti di ricerca a sostegno dell’attività di politica economica e, non ultimo, collaborando con i principali quotidiani nazionali, di cui è stato spesso editorialista, trattando temi del lavoro e delle relazioni industriali.

Era un appassionato collaboratore de lavoce.info, i suoi ultimi articoli toccano temi attuali e scottanti come la valutazione degli insegnanti [link], di cui si era a lungo occupato durante la presidenza dell’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale nel pubblico impiego), e la riorganizzazione dei centri per l’impiego [link] – tema centrale, assieme alla valutazione delle politiche del lavoro, a cui aveva dedicato molte energie durante la presidenza dell’Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori).

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Da un certo punto in poi, l’impegno istituzionale e l’attività di ricerca a supporto dei decisori pubblici si sono intensificati. Durante la presidenza di Romano Prodi alla Commissione europea ha fatto parte della task force per la definizione della “Strategia europea per l’occupazione”, e successivamente ha collaborato con Marco Biagi alla stesura del “Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia”, che ha dettato le linee guida per la riforma dei contratti di lavoro dei successivi decenni. In tutte queste esperienze ha interpretando il suo mandato da studioso, avviando studi e ricerche, raccogliendo il parere di esperti prima di prendere decisioni.

Per i suoi allievi è stato un vero maestro, creando, forse anche senza averne l’intenzione, una scuola di economisti del lavoro ai quali ha insegnato a unire rigore metodologico e attenzione agli aspetti istituzionali del mercato del lavoro, sottolineando sempre l’importanza di tradurre i risultati in prescrizioni di politica economica per il miglioramento del benessere sociale. Ha contribuito a trasformare la tradizione italiana di studi sul lavoro, nella moderna economia del lavoro, sviluppando l’analisi econometrica applicata a dati microeconomici per l’analisi del funzionamento dell’economia del lavoro e la valutazione delle politiche.

Carlo Dell’Aringa è stato un intellettuale, un testimone e un protagonista delle trasformazioni del mondo del lavoro degli ultimi quarant’anni. Ma in primo luogo è stato l’economista politico che sa essere attento alle relazioni industriali e alle implicazioni sociali dei fenomeni economici.

La sua improvvisa scomparsa lascia un vuoto incolmabile.

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  1. enzo maria tripodi

    Avendo lavorato a lungo – come si dice “gomito a gomito” – prima con IRS e poi con Ref., ho potuto apprezzare le qualità umane, prima che scientifiche, di Carlo Dell’Aringa. I suoi collaboratori – cresciuti sotto la sua tutela – ne porteranno avanti l’insegnamento. Ne sono certo. Come sono certo che mancherà a molti.

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