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Grandi annunci di rilancio della Pa, ma le risorse sono poche

La manovra di bilancio destina poche risorse al grande piano di rilancio della pubblica amministrazione annunciato dal governo Conte. Peraltro, il progetto si concentra sulle assunzioni e non prevede investimenti in formazione, programmazione e valutazione.

Le risorse per le assunzioni

Il grande piano di rilancio della pubblica amministrazione annunciato dal governo Conte ha a disposizione poche risorse e dimentica la leva della formazione e della valutazione per l’incremento dell’efficienza.

Come si rileva dall’esame della manovra di bilancio e dal testo del disegno di legge “concretezza” di riforma della pubblica amministrazione, nella sostanza la linea strategica pare impostata prevalentemente sulla copertura del totale delle cessazioni dal lavoro, con un’attenzione limitata e formale all’innovazione.

Nel documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles, il governo prevede una spesa di circa 500 milioni nel 2019 “per un grande piano di assunzioni per poliziotti, magistrati e personale amministrativo, in modo da assicurare ai cittadini maggiore sicurezza, processi civili e penali più rapidi e una pubblica amministrazione più efficiente”, come si legge dal comunicato stampa di Palazzo Chigi. Il documento programmatico aggiunge altri 700 milioni per gli anni 2020 e 2021 da finalizzare anche alle code del rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici.

Un totale di 1,9 miliardi in tre anni. Uno sforzo certamente non di poco conto, che tuttavia appare lontano dal cogliere l’obiettivo, più volte proclamato dal governo, di garantire il 100 per cento del turn over dei dipendenti. Proprio nel prossimo triennio, infatti, andranno in pensione tra i 450 mila e i 500 mila dipendenti pubblici. Peraltro, l’approvazione della “quota cento” per le pensioni potrebbe finire per accelerare il processo.

Uno stanziamento di 1,9 miliardi appare sufficiente solo per i rinnovi contrattuali e per poche assunzioni, molto mirate, come appunto i magistrati (che sono solo alcune migliaia) o selezionate nuove figure professionali dell’informatica e della digitalizzazione dei processi.

Il costo medio dei dipendenti pubblici, comprensivo del lordo, si aggira intorno ai 40 mila euro. Con 500 milioni per il 2019, significa poter avviare al massimo 12.500-13 mila assunzioni. Utilizzando anche tutto il restante stanziamento previsto per gli anni 2020 e 221 (1,4 miliardi), nei ruoli della Pa si potrebbero inserire complessivamente altri 35 mila dipendenti circa. Con questi volumi, non si garantisce di certo la copertura totale del turn over. Inglobare circa 45 mila nuovi dipendenti (ai quali se ne dovrebbero aggiungere altri 20 mila per i centri per l’impiego, se si attiverà quanto previsto per il reddito di cittadinanza) può certo aiutare, ma coprire il 100 per cento del turn over è tutt’altra cosa. Specie per i costi, che si aggirerebbero tra i 15 e i 17 miliardi.

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D’altra parte, però, la Nota di aggiornamento al Def, recentemente approvata dal governo, lascia il costo complessivo del personale pubblico tutto sommato costante negli anni (tabella 1).

Tabella 1

Fonte: Nota di aggiornamento al Def

Il che starebbe a dimostrare che il governo pensa davvero a un tasso di copertura del turn-over vicino al 100 per cento. Occorre quindi verificare quanta coerenza vi sia tra le indicazioni programmatiche della Nadef e gli stanziamenti della manovra di bilancio.

Mancano programmazione e valutazione

Non va poi dimenticato che la maggiore efficienza della Pa non dipende solo dal numero di dipendenti, per quanto il ricambio possa orientarsi verso nuove e qualificate professionalità, come indicato nel disegno di legge “concretezza”.

Il Ddl, però, non agisce sulla leva – decisiva ma sempre trascurata – di efficaci sistemi di programmazione e valutazione delle attività, capaci di responsabilizzare i vertici (dirigenti e manager) per i risultati conseguiti, sulla base di obiettivi precisi, misurabili, collegati a scadenze temporali ben determinate e ripetibili nel tempo e a “prodotti” finali identificabili e utili per la popolazione amministrata.

Non sono poi esplicitamente indicati gli investimenti necessari per la digitalizzazione delle procedure, un’azione dal doppio beneficio: porta, infatti, a una più semplice fruizione dei servizi e al contempo a un’analisi operativa necessariamente orientata a sfoltire passaggi inutili e costosi. Né la manovra contiene traccia significativa di investimenti in infrastrutture telematiche, indispensabili per mettere davvero in rete banche dati e conoscenze.

In ogni caso, nessun rafforzamento della Pa sarà completo ed efficace se non si accompagnano i piani di assunzione e di ammodernamento tecnologico agli investimenti in attività di formazione. Sotto questo profilo, è incoerente mantenere in vita una norma del 2010 che taglia del 50 per cento le risorse che gli enti destinavano alla formazione e all’aggiornamento continuo dei propri dipendenti. Si tratta dell’articolo 6, comma 13, del decreto legislativo 78/2010, convertito in legge 122/2010, la prima delle troppe norme emergenziali della stagione di più profonda crisi finanziaria, che per molti aspetti deve essere superata se si vuole puntare davvero sull’efficienza della pubblica amministrazione.

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  1. Savino

    Ai furbetti del cartellino per 35 anni stanno facendo il grande piacere di farli andare in pensione giovani. Non solo se la sono spassata in età lavorativa, ma continueranno a fare la pacchia anche da pensionati. Non si sono degnati di togliere di mezzo dalla P.A. neanche i dirigenti e funzionari del MIT veri responsabili del crollo del ponte di Genova. Non si stanno degnando nemmeno di prendere provvedimenti seri sulla degradata Arma dei Carabinieri, così le prossime assunzione nelle forze dell’ordine riguarderanno ancora i soliti raccomandati che fanno quello che vogliono, perchè si sentono protetti. Governo che si definisce del cambiamento, ma che, anche su questi argomenti, è privo di attributi e tale e quale agli altri.

    • Giulio

      1) I 500 mln di euro sono per un piano straordinario di assunzioni, di alcune categorie di dipendenti in particolar modo del settore sicurezza.
      2) Non è previsto alcun taglio di risorse nei bilanci delle amm. pubbliche ed inoltre quest’ ultime potranno effettuare assunzioni al 100% del turnover.
      Ergo nessun nesso logico-contabile può portare ad affermare che le risorse stanziate al più sposteranno “12.500-13 mila assunzioni” riferite alla generalità del pubblici dipendenti. Al limite si può affermare che tali risorse incrementeranno i dipendenti del settore sicurezza di 12.500-13 mila unità.

  2. Marina

    Già la formazione. Fatta da chi? Per quanto ne so si sono sperimentate in Italia molte alternative (FORMEZ, Scuola superiore PA ecc..) non mi pare che i loro costi siano stati in linea con i risultati.
    Allargando il discorso trovo che troppo spesso si intenda far ricorso alla formazione come panacea. Per il “Reddito di cittadinanza” si presume che “nessuno rimarrà sul divano” perché impegnato in attività formative Ma ci rendiamo conto di come sta messo il paese su questo versante? Molto peggio che per i Servizi per l’impiego , il che è tutto dire….

  3. Giovanni Rossi

    Il taglio alla formazione nella PA è stato sicuramente un boomerang, a cominciare dall ‘istruzione , per proseguire nella sanità, e finire ai servizi per il cittadino, ma detto ciò, il tema vero è la qualità della formazione, che è mancata perché inquinata dalle clientele di interessi elettoralistici tra le centrali sindacali, i burocrati e la politica a cui però non sono estranei gli stessi italiani, sempre pronti a dar la colpa agli altri senza assumersi le responsabilità e spesso dimenticando o facendo finta di non ricordare, ciò che è accaduto. La mancanza di memoria storica e di etica ci condanna a reiterare gli sbagli a danno di tutta la collettività. La produttività nella PA non sarà mai possibile se non si premieranno le migliori pratiche amministrative, che pure a macchia di leopardo ci sono in questo paese : basta vedere i servizi TV di Report e di presa diretta, dove si evidenzia sia il lassismo ed il malaffare, sia la dignità e la dedizione ad un lavoro che poi però è sottopagato, in un confronto che vede il Diavolo, assai numeroso e l’acqua santa

  4. Giovanni

    Il vero problema è che la cosiddetta legge Madia ha consentito la sanatoria di tutte le forme di precariato creando l’assurda situazione di persone stabilizzate senza aver mai superato concorsi….che senso ha parlare di professionalita o meritocrazia se di fatto si è consentito di bypassare la comparazione tramite concorso?? Risultato si è infarcita la P.A. dei soliti che grazie al santo in paradiso di turno hanno il posticino….

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