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Marcia indietro sull’alternanza scuola-lavoro

Il passo indietro del governo sull’alternanza scuola lavoro è un brutto segnale verso le esperienze positive che erano emerse fra la pur tante difficoltà. È anche indizio dell’assenza di una visione chiara di scuola alla quale ispirare le politiche.

Il taglio nella legge di bilancio

Con la legge di bilancio 2019, il governo vuole ridurre significativamente le ore di alternanza scuola-lavoro (Asl) nelle superiori, che era stata rafforzata e resa obbligatoria dalla Buona scuola del governo Renzi nel 2015. Una parte dei docenti non l’ha mai amata, ma la decisione di ridimensionarla e, chissà, in futuro di chiuderla è stata presa senza alcuna analisi sistematica del suo funzionamento.

L’alternanza scuola-lavoro nasce per portare in Italia un pezzo del sistema “duale” tedesco, nel quale gli studenti di ogni indirizzo trascorrono periodi presso imprese, enti pubblici o del terzo settore, entrando in contatto con il mondo del lavoro. Nel dibattito italiano spesso si è confusa la parte con il tutto: la forza del modello tedesco non sono tanto gli stage, quanto una formazione professionale molto efficace, condivisa fra scuola e impresa. Da noi, invece, la formazione professionale di stato o regionale funziona solo al Nord e con difficoltà. Senza la controparte formativa, l’alternanza non può ambire a far apprendere un mestiere o a orientare le scelte lavorative. Ma è comunque utile perché apre le porte della scuola al mondo esterno, mostrando che il lavoro oggi richiede non solo conoscenze disciplinari, ma anche competenze trasversali, le quali quasi per definizione presuppongono sempre un processo di trasferimento al di fuori del contesto scolastico: ad esempio, per comunicare,  orientarsi concretamente alla soluzione dei problemi o  continuare a imparare.

Dopo avere abolito la prevista discussione dell’esperienza di alternanza scuola-lavoro all’esame di stato, ora il governo prevede un taglio delle ore minime: 90 ai licei (erano 200), 150 ai tecnici e 180 ai professionali (erano 400 per entrambi). Il calo del 58 per cento del monte-ore si applica anche ai fondi stanziati, con una riduzione pari a 56,5 milioni di euro dal 2019.

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Bilancio di tre anni

Che cosa sappiamo del funzionamento dell’alternanza scuola lavoro nei suoi primi tre anni? Vi ha preso parte il 90 per cento degli studenti dell’ultimo triennio delle scuole statali e il 76 per cento delle paritarie. Le imprese hanno ospitato il 43 per cento degli studenti in Asl (si va dal 34 per cento per i licei al 61 per cento per i professionali), seguite da enti del terzo settore (11 per cento) e università (7 per cento). Ci sono state esperienze nelle stesse scuole (10 per cento), ma spesso si riducono a simulazioni di imprese virtuali: un foglio Excel con numeri inventati. L’opposizione dei docenti si è registrata soprattutto nei licei, dove lamentano il minor tempo per le materie tradizionali (anche se nulla vieterebbe di effettuare l’alternanza a giugno e luglio). Alcuni casi di sfruttamento lavorativo degli studenti hanno avuto molta eco sui media: per fortuna il numero, secondo il Miur, sarebbe molto limitato.

La sensazione è che finora l’applicazione dell’Asl sia avvenuta in modo molto disomogeneo, dipendendo dalla capacità del dirigente scolastico di individuare opportunità interessanti e dalla ricchezza del contesto territoriale di riferimento. Dopo l’anno scolastico 2017-18 era previsto un bilancio del primo triennio, da cui ricavare dati oggettivi per migliorare un’esperienza che ha già coinvolto circa 1.400.000 studenti e molti loro docenti. Per farlo il Miur aveva creato un Osservatorio nazionale dell’Asl, guidato da Antonio Schizzerotto: il nuovo governo lo ha ignorato. Invece di completare i monitoraggi, incoraggiare le migliori esperienze, isolare quelle che si limitano ai meri adempimenti formali, si è ingranata la retromarcia, cancellando pure l’espressione “alternanza scuola-lavoro”; d’ora in poi si parlerà di “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”.

La scelta lascia perplessi, non solo per il metodo. Così si premia chi ha ignorato le norme, mortificando invece l’impegno di chi si è dato da fare per rispettarle. Studi parziali – come quelli di Fondazione Di Vittorio, Sodalitas e Ires Piemonte – mostrano come da un insieme frammentario siano emersi numerosi casi di buone pratiche. Con ogni probabilità, lo scarso apprezzamento e il taglio di risorse finiranno per deprimere proprio queste ultime. Che messaggio si sta dando agli studenti impegnati in quei percorsi?

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Se vogliamo potenziare le competenze trasversali, guai a banalizzarle: la loro maturazione ha tempi lunghi e chiama in causa l’intera struttura curricolare. Non è con l’elemosina di meno di un’ora alla settimana ai licei che si vince la sfida oggi più complessa per i sistemi educativi. A questo punto avrebbe più senso eliminare del tutto l’alternanza, se la si ritiene inutile.

In conclusione, il passo indietro del governo sull’Asl sembra non solo un brutto segnale per gli studenti e i docenti che avevano provato, con i limiti propri delle fasi di rodaggio, ad alzare lo sguardo oltre le mura scolastiche e a dialogare con oltre 208 mila strutture ospitanti. È un indizio dell’assenza di una visione chiara di scuola del futuro alla quale ispirare le politiche.

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10 commenti

  1. Michele

    Profondamente in disaccordo. In primo luogo mi sembra un grave errore considerare la scuola solo come un luogo di formazione dei lavoratori e dei consumatori di domani, una concezione economicistica che causa danni enormi. In secondo luogo la ASL organizzata cosi male come in Italia diventa solo un problema, una perdita di tempo per tutti e fonte di disillusione. Scimmiottare la Germania senza averne le capacità organizzative (che non si improvvisano) è patetico.

    • vincenzo mascolo

      1.In base a quali informazioni asserisce che che la ASL e’ organizzata male ? Per poterlo dire occorrerebbe avere una analisi dettagliata .
      2. Concezione economicistica ?
      3. Per quello che ho visto gli studenti che hanno avuto modo di avere una esperienza ASL strutturata sono poi capaci di scegliere meglio il post diploma / maturita’ . Purtroppo e’ vero che non e’ facile organizzare ASL valide se non c’e’ un tessuto di supporto (esterno al mondo scolastico) ricettivo.

      • Michele

        Sui punti 1 e 3 basta parlare con chi ha figli a scuola e leggere i giornali. Non sarà una indagine statistica, ma da una idea. Almeno del percepito. Vorrei tornare invece sulla concezione economicistica della scuola. Che la scuola serva principalmente o esclusivamente a fornire un accesso al mondo del lavoro è una idea profondamente sbagliata che si tenta in tutti i modi di inculcare – in modo interessato – nelle famiglie. La scuola – anche quella professionale – dovrebbe formare innanzitutto cittadini e individui consapevoli e dodati di autonomo spirito critico e capacità di apprendimento. La formazione professionale (sempre in una evoluzione tale che la scuola non potrà mai seguire) è compito delle aziende, ciascuna in modo magari diverso in modo da fare del capitale umano in azienda un fattore competitivo. Pretendere di risparmiare sui costi di formazione professionale in azienda e porlo a carico della scuola è un modo per trasferire risorse dalla comunità dei cittadini alle imprese, un sussidio a breve, oltre che un modo per compromettere le prospettive future delle imprese. In italia i risultati di tali politiche li stiamo vivendo da decenni in un lento declino del paese

      • Markus Cirone

        Insegno in un liceo scientifico della provincia di Palermo. Abbiamo fatto i salti mortali in questi 3 anni, con risultati deludenti, a sentire gli studenti (600 circa). Le ricordo che la legge è stata approvata a metà luglio e a settembre abbiamo dovuto inventarci una attività per la quale 1) non eravamo stati formati 2) non eravamo stati assunti, in un territorio con un tasso di disoccupazione altissimo. Secondo lei poteva funzionare?

  2. Savino

    Così come è stata tolta dignità al lavoro con il reddito di cittadinanza, allo stesso modo si toglie dignità a quelle azioni ed iniziative che aiutano a imparare un’arte o un mestiere e che sono la base per crearsi delle opportunità. C’è molto di illiberale, di asociale, di villano e di rancoroso in questa visione miope, molto comune in ambienti della maggioranza governativa. Hanno deciso che non bisogna nè vivere per lavorare nè lavorare per vivere, ma bisogna essere definitivamente schiavi della politica e del consumismo per apparire. Questo è bullismo di Stato.

  3. Giuseppe

    Ho due figli, uno ha fatto il liceo scientifico (anche se non negli ultimi tre anni), l’altra l’alberghiero.
    L’esperienza del primo è stata desolante e concordo pienamente con i professori dei licei. Gli stage della seconda sono stati, invece, assai importanti.
    D’altra parte un tempo non avevamo assolutamente bisogno di scimmiottare né la Germania, né nessun altro. Negli anni ’60 mio padre insegnava in un istituto professionale ed i tedeschi venivano a prendere gli studenti per assumerli prima ancora che si diplomassero. Ma l’alternanza scuola lavoro era limitata agli istituti tecnici e professionali ed era costituita da due mesi estivi di lavoro nell’industria ed un solo mese di vacanza. Non abbiamo bisogno di scimmiottare nessuno, solo di tornare sui nostri passi riconoscendo gli errori commessi.

  4. Giovanni

    Non si tratta di scimmiottare la Germania, si tratta di incominciare un percorso culturale in cui conoscenze disciplinari e competenze trasversali entrino in sinergia e non in competizione. Che senso ha educare un giovane in modo che conosca la storia del novecento, i principi delle biotecnologie, le basi della meccanica quantistica, la capacità di risolvere gli integrali, se poi non sa collaborare in gruppo, interagire positivamente con persone a lui estranee, risolvere oltre ai problemi scolastici anche quelli reali.
    Nei licei queste competenze non si imparano perché le conoscenze la fanno da padrone.

  5. Luca

    Insegno in un liceo scientifico statale, pensato principalmente per fornire ai futuri universitari le basi per lo studio universitario. Nonostante ciò (o forse proprio per questo), ritengo essenziale il rapporto con il mondo del lavoro, eventualmente anche con una buona esperienza di alternanza tra scuola e lavoro. Detto questo, l’ASL della sé dicente “Buona scuola” soffre del medesimo peccato di tutta quella riforma: velleitarismo. Qualche buona idea buttata in un sistema complesso, probabilmente poco conosciuto dai riformatori, senza tener conto né del contesto, né dei mezzi, né dei passi necessari per ottenere i nobili fini dichiarati (i milioni stanziati indicano una buona volontà dei precedenti governi, vanificata però da quanto detto: velleitarismo, forse anche dilettantismo). Sarebbe stata opportuna una presa di posizione netta e coraggiosa: se così non può funzionare ce ne saremmo dovuti liberare, eliminandola o riformandola completamente. Gli alleati al governo hanno invece scelto il “ni”: la togliamo, ma solo un po’. (Così contenti tutti?)

    • Giunio Luzzatto

      Anche al di là di giudizi di merito sull’Alternanza Scuola/Lavoro, l’intervento va condiviso perché sottolinea un fondamentale tema di metodo: ancora una volta (il vizio non è solo del Governo attuale) una esperienza attivata nel sistema pubblico viene cancellata o ridimensionata per mere scelte aprioristiche, senza basarsi invece sull’ esame del funzionamento di quanto era stato iniziato. Il MIUR (Ministro Fedeli) aveva addirittura costituito un Osservatorio atto a monitorare l’attuazione dell’Alternanza; ma dopo il cambio di governo l’Osservatorio è stato bloccato e pertanto non si è potuto (anzi, voluto) avere una analisi sistematica di quanto le scuole hanno fatto.
      Nel merito, si può rilevare che il termine “Alternanza” era infelice, e ha contribuito a creare dissensi. Il progetto insiste infatti, giustamente, sullo stretto rapporto da instaurare tra i momenti di attività extra-scolastica e lo svolgimento delle “materie”, sicché sarebbe meglio parlare di “Alleanza”: lo svolgimento del curricolo deve determinare una efficace interazione tra lo studio svolto in classe e l’attività formativa esterna. Dove “esterno” non sono solo le aziende produttive: per i Licei classici, le più coerenti esperienze si sono attuate in biblioteche, archivi e musei, e hanno consentito agli studenti di comprendere quali sono alcune delle attività nelle quali potranno proficuamente utilizzare quanto acquisito nello studio degli autori letterari, degli eventi storici, delle opere d’arte.

  6. Markus Cirone

    Il solito mondo dei sogni sganciato da quello reale.
    ASL a giugno e luglio: lo sa che noi docenti siamo impegnati con gli esami di stato fino a metà luglio? E poi, giugno e luglio se la controparte (l’azienda o ente) è disponibile.
    Ridurre la ASL nei licei è sacrosanto, eliminarla del tutto sarebbe anche meglio rispetto a quella simulazione di ASL che abbiamo fatto in questi 3 anni, senza preparazione, senza formazione, e sempre con 4 soldi.

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