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L’Italia dei migranti: l’anno della Diciotti

Il rapporto 2018 di Amnesty International è una condanna delle politiche sull’immigrazione del governo Conte. L’elenco delle accuse è lungo: dal caso della Diciotti ai rapporti con la Libia, dal decreto sicurezza alle posizioni prese in ambito europeo.

Il rapporto 2018 di Amnesty

Amnesty International non è l’Alta corte di Strasburgo e nemmeno l’Onu, ma certamente rappresenta una voce autorevole quando si tratta di discutere della tutela dei diritti umani nel mondo.
L’ultimo rapporto annuale, appena uscito, oltre a una serie di capitoli dedicati a grandi temi, come la violenza sulle donne, il commercio delle armi, la libertà di stampa nel mondo, non manca di riservare un capitolo alle questioni dell’immigrazione e dell’asilo. Ancora più interessante è la nota che si occupa del nostro paese pubblicata sul sito dell’associazione.
Il testo contiene una serie di osservazioni molto puntuali e circostanziate. Definisce anzitutto il 2018 come “l’anno della Diciotti”, innalzando il caso della nave militare a emblema delle politiche adottate dal nuovo governo italiano in materia di immigrazione.

Il governo Conte con la vicenda della nave Diciotti ha infatti toccato il picco di una strategia volta ad “assicurare e spettacolarizzare” il blocco di nuovi arrivi dal mare, arrivando a impedire a una nave della Guardia costiera italiana di sbarcare sul suolo italiano 177 persone soccorse in mare: una forma di detenzione arbitraria, priva di una base legale o di un ordine della magistratura. Ed è una politica non deliberata formalmente, né comunicata alle autorità competenti e soprattutto incurante della salute e della sicurezza delle persone coinvolte.

In secondo luogo, il governo (andrebbe aggiunto con l’appoggio di alcune procure siciliane) ha sistematicamente delegittimato e infangato le Ong impegnate nel salvataggio di vite umane in mare, nonostante le norme internazionali vietino di sbarcare persone soccorse in luoghi non sicuri come la Libia. Malgrado le diverse azioni giudiziarie intentate non abbiano fin qui dimostrato alcun comportamento criminale e molte accuse siano rapidamente cadute, il governo ha continuato a criminalizzare le Ong e a ostacolarne le attività. Ha proibito alle loro navi di accedere ai porti italiani, ha spinto Panama a revocare la registrazione della nave Aquarius, ha collaborato con la Libia nel cacciarle dalle acque del Mediterraneo.

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I rapporti con la Libia

I rapporti con la Libia forniscono altro materiale all’atto di accusa di Amnesty. Anche se il coinvolgimento del paese nordafricano nella sorveglianza delle nostre frontiere non è un’invenzione recente (Amnesty ricorda la pesante condanna subita dall’Italia all’Alta corte di Strasburgo per i respingimenti in mare del governo Berlusconi-Maroni), prima il ministro Minniti e poi il governo Conte hanno messo in atto una politica di assistenza alle autorità e alle milizie locali che ha reso il nostro paese complice di gravi violazioni dei diritti umani. I migranti in transito sono infatti “trattenuti arbitrariamente e a tempo indefinito” e sistematicamente esposti “a condizioni agghiaccianti oltre che a torture, stupri, maltrattamenti e sfruttamenti di ogni tipo”. Il governo italiano, pur conoscendo la situazione, ha continuato a fornire aiuto materiale e non ha chiesto alle autorità libiche di porre fine agli abusi. Né è ancora avvenuta l’apertura da parte dell’Unhcr del centro di assistenza per rifugiati a Tripoli, che – secondo il ministro Salvini – avrebbe dovuto smontare “le menzogne e tutta la retorica in base alle quali in Libia si tortura e si ledono i diritti civili”.

Non manca nel rapporto un passaggio sul decreto sicurezza: la drastica riduzione della possibilità di offrire uno status legale a persone che non possono essere rimpatriate produrrà irregolarità, deprivazione materiale ed esclusione sociale: in altri termini, più persone allo sbando nelle nostre città. In parallelo, anche il linguaggio istituzionale si è incattivito, a partire dalle campagne del ministro degli Interni contro migranti e rifugiati via social networks. Forse non tutti ricordano le uscite contro “le crociere nel Mediterraneo”, “la pacchia finita” e altro ancora. Questo linguaggio, secondo Amnesty, ha contribuito a “creare condizioni propizie per la preoccupante serie di crimini d’odio contro persone di colore”.

Viene infine definito “incomprensibile” l’approccio adottato dal nuovo governo in ambito UE. Dopo anni di battaglia per la riforma delle convenzioni di Dublino, il governo Conte si è allineato con Ungheria e blocco di Visegrad, contribuendo ad affossare le proposte di revisione delle norme vigenti e qualunque forma di condivisione di responsabilità tra i paesi membri dell’UE.
Ci si potrebbe domandare di quante divisioni disponga Amnesty, come fece Stalin nei confronti del Vaticano. Amnesty non ha potere, né probabilmente sposterà molti voti, ma una simile condanna non giova certo all’immagine dell’Italia e al suo prestigio internazionale.

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In conclusione, Amnesty introduce un segno di speranza, rappresentato dai cittadini e dalle associazioni che si sono mobilitati per contrastare la crescente violenza xenofoba e offrire assistenza a rifugiati e migranti. Nel 2019 ci sarà più che mai bisogno di loro.

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  1. Pradelli Edo

    Amnesty International rappresenta una voce autorevole ?

    • Giustissimo. L’Italia si deve prendere tutti gli africani che arrivano e mantenerli a vita. Per finanziare il tutto, iniziamo a togliere le pensioni agli anziani, in favore dei giovani africani.

  2. Savino

    E’ stato l’anno della più grande arma di distrazione di massa per non far capire agli italiani la loro situazione economica.

  3. Luca Ba

    Ma AI non prova neppure a capire perché si è arrivati a questo? E poi perché solo la violenza xenofoba? La violenza dei migranti non conta? Eppure può riguardare anche altri migranti. Non ci siamo proprio qua si fa solo il gioco della destra peggiore.

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