Le imprese manifatturiere meridionali registrano un ampio divario di produttività rispetto a quelle settentrionali. A partire dal 2008 il differenziale si è ridotto di circa un terzo. Ma ciò è dovuto all’uscita dal mercato delle aziende meno efficienti.
Il ritardo di produttività del Mezzogiorno
La stagnazione della produttività ha frenato la crescita dell’economia italiana per oltre un ventennio (come sottolineato in diversi articoli recentemente pubblicati anche su lavoce.info) contribuendo ad ampliare il divario tra il prodotto italiano e quello dei principali paesi europei, in particolare la Germania.
Un’analisi della produttività delle società di capitali manifatturiere (pubblicata nel recente Rapporto “L’economia delle regioni italiane” della Banca d’Italia) si è concentrata sull’ampia eterogeneità che si osserva tra le macroaree del paese. Il lavoro si focalizza sulla produttività totale dei fattori (Ptf), ossia sulla capacità delle imprese di combinare in maniera efficiente gli input di lavoro e capitale di cui dispongono.
I livelli di produttività, stimati sulla base dei dati di bilancio, risultano in media molto inferiori tra le imprese delle regioni meridionali: nel 2015 il differenziale rispetto a quelle del Nord Ovest era pari al 13 per cento circa, a parità di composizione settoriale (la produttività nel Nord Ovest era superiore del 7 per cento circa rispetto a quella del Centro e simile a quella del Nord Est). Il divario dipende in parte dalla diversa struttura del sistema produttivo per classe dimensionale e dalla dotazione relativa di capitale umano: le imprese localizzate nel Mezzogiorno sono infatti generalmente più piccole e con meno occupati a più alta qualifica.
L’evoluzione recente
L’analisi ha coperto gli anni tra il 1995 e il 2015. Nella prima parte del periodo, la dinamica della produttività è risultata piuttosto omogenea sul territorio nazionale e i differenziali tra macro aree si sono mantenuti per lo più invariati (figura 1). A partire dal 2008, con l’insorgere della crisi economica, la dinamica della produttività delle imprese meridionali è risultata complessivamente più favorevole rispetto a quella delle imprese settentrionali. Ne è derivata una riduzione di circa un terzo del ritardo di produttività relativo tra i due territori.
Figura 1 – Divari percentuali di Ptf tra macro aree e Nord Ovest a parità di composizione settoriale
Nella figura 2 si mostra l’evoluzione della produttività totale dei fattori nel confronto tra Mezzogiorno e Nord Ovest relativo a tre punti della distribuzione delle produttività (10° percentile, mediana e 90° percentile): il miglioramento relativo del Mezzogiorno è principalmente imputabile alle imprese collocate nei percentili più bassi. Il divario per le imprese del 90° percentile è invece restato pressoché invariato.
Figura 2 – Divari percentuali di Ptf tra Mezzogiorno e Nord Ovest a parità di composizione settoriale, a diversi punti della distribuzione.
Produttività e demografia
Il recupero di produttività delle imprese meridionali è per lo più una conseguenza della recessione, che ha comportato l’uscita dal mercato delle imprese meno efficienti (l’effetto è stato meno forte nel resto d’Italia). Le imprese sopravvissute alla crisi hanno invece segnato una dinamica della produttività mediamente negativa (al Sud come nel resto delle macro aree). Infine le imprese entranti, generalmente caratterizzate da una minore Ptf (in quanto più piccole e inizialmente meno produttive), hanno fornito un apporto negativo, più accentuato nel Mezzogiorno. La figura 3 evidenza per le imprese meridionali il contributo di queste tre categorie di imprese all’evoluzione della Ptf negli anni.
Figura 3 – Contributi della demografia d’impresa alla variazione della Ptf media nel Mezzogiorno (valori percentuali)
* Le opinioni espresse nell’articolo non coinvolgono l’Istituzione di appartenenza.
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Henri Schmit
Interessante. Non capisco perché nel commento dell’ultima figura dice che il contributo delle imprese sopravvissute è stato negativo. Senza uscite né entrate, se leggo bene, ci sarebbe stato nel Mezzogiorno comunque un leggero miglioramento della ptf nel 2015, mentre Lei commenta: “Le imprese sopravvissute alla crisi hanno invece segnato una dinamica della produttività mediamente negativa (al Sud come nel resto delle macro aree).” Se la ptf migliora a causa delle uscite, il dato rimane positivo tanto che il PIL non decresce (cioè se la produzione rimane nel territorio ma assicurata da imprese più sane. Alla fine è importante che un’impresa con una produttività che compromette la viabilità sparisca rapidamente e sia sostituita da un’altra più produttiva. Questo, la lentezza e l’onere delle operazioni straordinarie, ingresso, crescita, descrescita e uscita, è – intuitivamente – un fattore negativo anche per la produttività, significativo (sfavorevole) in Italia.
bob
In economia puoi produrre ciò che vuoi ma un processo economico matura solo se hai un mercato altrimenti fai poesia. Prova a chiedere al produttore di prosciutti di Langhirano dove ha mercato e dove spedisce prosciutti, una semplice forse banale domanda che vale molto più di dati e tabelle statistiche. Nel 2019 ancora per illudersi di sopravvivere parliamo di Nord e Sud. Quanto tempo ancora possiamo pensare di crogiolarsi con questa favola?
Michele
Ma la flessibilità (meglio la precarizzazione) del lavoro non doveva risolvere tutti i mali della produttività italiana? Come mai non è cambiato nulla e la produttività ristagna da più di 20 (direi 30) anni?