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Bitcoin alla ricerca del prezzo giusto

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Tra picchi e crolli, dove arriverà il prezzo di Bitcoin e compagni? Difficile fare previsioni. Ma la concorrenza tra criptovalute ne abbassa il prezzo medio e permette a investitori e risparmiatori di capire quale sia il prezzo giusto di ciascuna.

Quotazione in discesa

Se si guarda di sfuggita il crollo nella quotazione dei Bitcoin e delle altre criptovalute avvenuta nell’ultimo anno è difficile dare ragione a chi spera nel loro utilizzo a breve termine come mezzo di scambio alternativo rispetto alle monete tradizionali. Tanto per intenderci: rispetto a un picco di quasi 17mila dollari per un Bitcoin – raggiunto nel dicembre del 2017 – in questi giorni la valutazione si aggira attorno ai 3.600 dollari, cioè quasi l’80 percento in meno. La scelta di detenere Bitcoin per acquistare qualcosa o per estinguere un debito di altro tipo si scontra dunque con livelli estremi di volatilità, ovvero i Bitcoin non riescono a funzionare come riserva di valore nel tempo. Il nesso tra riserva di valore e mezzo di scambio potrebbe peraltro funzionare nella direzione opposta: è il fatto che il Bitcoin non sia (ancora) un mezzo di pagamento standard che ne rende così volatile la quotazione, dato che gli manca un’utilità intrinseca come mezzo di scambio che in qualche modo faccia da “ancoraggio” al suo valore. A questo punto, i Bitcoin non svolgono nemmeno la terza funzione che definisce essenzialmente una moneta, cioè quella di unità di conto per misurare “quanto costano le cose”. Detto in soldoni: un’automobile di categoria medio/bassa costava un bitcoin a dicembre 2017, ma ora ne costa quasi cinque.

Tuttavia, uno sguardo storico e analitico alle vicende accadute quest’anno potrebbe spingerci ad avere una valutazione meno pessimistica sul ruolo futuro giocato dalle criptovalute, senza naturalmente tralasciare un prudente invito ai risparmiatori avversi al rischio di stare alla larga da questi strumenti a motivo della loro forte volatilità. Un elemento cruciale di evoluzione e instabilità nella storia dei Bitcoin è stata la nascita dei cosiddetti Bitcoin Cash come “spinoff” di quelli originali, avvenuta nell’agosto 2017, cioè appena prima dell’esponenziale crescita del prezzo di entrambi durante la seconda metà di quell’anno.

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Cosa significa l’arrivo del Bitcoin Cash

Nel gergo delle criptovalute la nascita dei Bitcoin Cash è una cosiddetta “forchetta dura” (hard fork), in quanto gli algoritmi alla base della versione precedente – cioè dei Bitcoin – sono incompatibili con la nuova versione, per cui non si tratta di un aggiornamento, ma di una criptovaluta nuova, che ancora una volta si basa sulla vigilanza decentrata da parte dei cosiddetti miner.

Come raccontavo in questo pezzo scritto nel 2014, i miner supervisionano in maniera decentrata l’emissione di una criptovaluta: devono verificare che le unità detenute dal singolo utente non vengano “contate due volte”, ovvero restino invariate sul conto del compratore e nel contempo accrescano il conto del venditore nel momento in cui il compratore acquisti un oggetto. I miner effettuano il lavoro di vigilanza decentrata usando la potenza dei loro computer per risolvere un rompicapo, e vengono ricompensati con unità della criptovaluta stessa quando ci riescono.

Il problema è che il Bitcoin originale aveva e ha dei limiti sul numero di transazioni che possono essere effettuate ogni secondo, così da renderlo largamente più lento di un sistema centralizzato come la carta di credito Visa (si veda questo bel pezzo di David Peterson, pubblicato su Forbes nello scorso dicembre): al contrario, il Bitcoin Cash permette di effettuare un numero molto maggiore di transazioni al secondo, ma i rompicapi che i miner devono risolvere sono molto più complicati, e soltanto computer più potenti possono farlo. All’interno della filosofia liberista e decentralizzata che sta alla base delle criptovalute, con i Bitcoin Cash ci si muove in una direzione maggiormente centralizzata, esattamente con il fine di renderli più simili a un mezzo di scambio, cioè a una moneta vera e propria.

La storia dei Bitcoin Cash è proseguita però in termini cruenti, con una guerra e un’ulteriore forchetta dura tra due diverse versioni degli stessi (Bitcoin Cash ABC e una nuova versione chiamata SV, che sta per “Satoshi’s Vision”) che risale allo scorso novembre: la suddivisione, che per ora sembra vedere come vincente in termini di diffusione la versione ABC, si è associata a un ulteriore crollo nel prezzo di tutte le criptovalute.

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Dove arriverà il prezzo dei Bitcoin, dei Bitcoin Cash e delle altre criptovalute nel corso di questo e negli anni futuri? Difficile fare previsioni, ma in termini generali risulta ancora più convincente il ragionamento fatto dall’economista Tyler Cowen alla fine del 2013, secondo cui la concorrenza stessa tra diverse criptovalute è intrinsecamente legata alla loro natura decentralizzata: non solo i miner sono soggetti decentrati, ma il meccanismo del controllo decentrato può essere ricreato da nuovi network di minatori-vigilanti, ex novo o come spinoff (forchetta dura) rispetto a criptovalute esistenti. A parte lo scoppio di bolle speculative, la nascita di nuove criptovalute potrebbe essere una cattiva notizia per i detentori di quelle precedenti, ma è nel contempo l’unico itinerario possibile attraverso cui il sistema nel suo complesso si stabilizza dal punto di vista delle quotazioni, così da avvicinarsi al funzionamento tradizionale di una moneta emessa dalla banca centrale. Sotto questo profilo, la concorrenza tra criptovalute non soltanto ne abbassa il prezzo medio, ma permette a investitori e risparmiatori di capire quale sia il prezzo giusto di ciascuna, attraverso un meccanismo accidentato di bolle che crescono e scoppiano, possibilmente con oscillazioni sempre più piccole, perlomeno per quelle principali, “più tradizionali” come i Bitcoin.

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  1. zipperle

    Non mi è chiaro il nesso tra competizione tra monete decentralizzate e prezzo delle stesse che si stabilizza, come accadrebbe per una moneta emessa da una banca centrale. Ciò premesso, si ricordi che per il bitcoin all’inizio del 2018 sono stati quotati i primi futures: per un asset la cui offerta è limitata e il prezzo dipendeva solo dalla dinamica della domanda, avere uno strumento che permette di andare corti forse è il miglior modo per permettere al mercato di stabilire quale sia il prezzo giusto (price discovery).

  2. Dunning Kruger

    Quante inesattezze in cosí poche battute:
    1. La traduzione piú giusta per “hard fork” é “divisione dura”, non “forchetta dura” (che veramente non si puó sentire)
    2. La tanto vituperata “sicurezza e decentralitá” delle criptomonete ormai é solo una balla per liberisti: il problema del controllo del 50%+1 rende insicura qualsiasi criptomoneta basata su blockchain (https://arstechnica.com/information-technology/2019/01/almost-500000-in-ethereum-coin-stolen-by-forking-its-blockchain/ ed é successo una settimana fa).
    3. Tutte le compagnie che continuano ad investire in blockchain (IBM e MAERSK per dirne due non certo piccole) ormai considerano business pool in condivisione tra partner certificati, cosí l’apertura verso l’esterno viene totalmente troncata.

    Seriamente a parlare di criptomonete nel 2019 son rimasti solo quelli del “diritto personale” ed i gonzi che si sono fatti convincere.

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