Lavoce.info

Cosa accomuna M5s e gilet gialli?

Resta alta l’attenzione sul movimento dei gilet gialli in Francia. Luigi Di Maio e, più in generale, il Movimento 5 stelle si sentono molto vicini ai manifestanti. Effettivamente, ci sono diverse similitudini nei programmi, ma anche differenze non da poco.

Un conveniente alleato

Non si fermano in Francia le proteste del movimento dei gilet gialli. Nonostante i (pochi) punti su cui ha ceduto il governo di Emmanuel Macron, le rivendicazioni continuano a infervorare le piazze, che chiedono a gran voce le dimissioni del presidente. Pochi giorni fa è andato in scena il cosiddetto atto VIII della protesta, quando migliaia di manifestanti hanno assediato alcune città francesi. Così, una protesta nata contro l’aumento delle tasse sul carburante è ormai diventata un vero e proprio movimento politico, con rappresentanti, punti programmatici e ambizioni elettorali. L’ala più moderata del movimento, secondo alcuni commentatori, starebbe persino lanciando un partito chiamato Les Emergents.

Ed è proprio in questi giorni che il Movimento 5 stelle ha fiutato l’affare in vista delle Europee. Così il leader Luigi Di Maio, tramite il Blog delle Stelle, ha espresso sostegno e solidarietà ai gilet gialli. Offrendo loro, tra l’altro, la piattaforma Rousseau come sostegno operativo, oltre che un’implicita proposta di alleanza. Tuttavia, mentre il Movimento 5 stelle avrebbe bisogno del legame per contare maggiormente in Europa, i gilet gialli sono ancora un fenomeno giovane e prevalentemente nazionale. In più, essendo nati dal basso, hanno al proprio interno varie correnti: c’è chi si è dichiarato aperto al confronto con Di Maio, ma c’è anche chi considera le parole del nostro vicepresidente del Consiglio un’ingerenza indesiderata, come Jaclin Mouraud, esponente di spicco dell’ala più moderata.

Un confronto sui temi

È tuttavia interessante chiedersi quali siano concretamente i punti di contatto tra le due entità politiche. La natura non gerarchica, la rottura con la politica del passato e la dirompenza che caratterizzano il movimento dei gilet gialli possono effettivamente essere paragonate alla prima fase politica pentastellata. Ma la frattura sociale di cui si fanno portatori, ossia la forte divisione economico-sociale tra il centro e le periferie, tra la città e le campagne, è un’istanza tipicamente francese.

Per quanto riguarda i temi posti al centro del dibattito va innanzitutto chiarito, come abbiamo già scritto, che il movimento è ancora eterogeneo e tra i programmi girati in rete possiamo trovare obiettivi diversi tra di loro, seppur con una matrice comune. Qui consideriamo il programma in 42 punti ufficialmente inviato ai deputati francesi alla fine di novembre 2018. Di questi, tolti alcuni punti specificatamente rivolti alla situazione d’Oltralpe e alcune rivendicazioni troppo vaghe (vedi la “lotta alla disoccupazione”), possiamo individuare i dieci temi più rilevanti da confrontare con il programma del Movimento 5 stelle.

Figura 1

I punti in comune sono tanti, a partire dai temi più cari ai 5 stelle, come l’abbattimento dei costi della politica e la realizzazione della democrazia diretta. Sul primo punto, l’obiettivo per i gilet gialli è quello del salario mediano (circa 1.700 euro), mentre le cifre pentastellate sono meno chiare (si è spesso parlato di un dimezzamento dello stipendio, che comunque sarebbe molto superiore a quello mediano italiano). Per quanto riguarda la democrazia diretta, la proposta francese è di introdurre il referendum d’iniziativa popolare in Costituzione (con 700 mila firme). Molto simile alla proposta di legge 5 stelle, che addirittura prevede il raggiungimento delle 500 mila firme, senza quorum. C’è poi la lotta al precariato. Gli strumenti messi in atto con il decreto dignità sono in linea con la richiesta dei gilet gialli di limitare l’uso dei contratti a tempo determinato per incentivare il lavoro stabile. Il taglio delle tasse sul carburante, specificatamente richiesto in Francia, è già previsto nel contratto di governo, nel quale si afferma di voler eliminare tutte le componenti anacronistiche dell’imposta. Infine, sia l’opposizione alle politiche di austerità fiscale (seppur in Francia sia condita con il rifiuto del debito illegittimo) sia la politica industriale sono di impostazione simile. La lotta alle delocalizzazioni è già stata affrontata con il decreto dignità, mentre l’occhio favorevole verso l’intervento statale in economia (e contro le privatizzazioni) è un elemento che accumuna i due movimenti. Dal punto di vista delle misure di copertura delle spese, a parte la dirimente della progressività delle imposte (affrontata qui sotto), i due movimenti condividono alcuni obiettivi. Ad esempio, la volontà di far pagare i colossi del web/tech. Tassarne i ricavi è proprio quello che il Movimento 5 stelle auspica, andando persino oltre alla prossima introduzione della web tax e imponendo un’imposta anche sulla sola presenza digitale.

Le divergenze

Ci sono però anche alcune divergenze, sia di obiettivi sia d’impostazione politica. Per quanto riguarda salario e pensioni minime, le proposte francesi sono chiare: rispettivamente 1.200 e 1.300 euro. La proposta 5 stelle, come da programma, consiste nell’introduzione di un salario minimo che sia il 20/30 per cento superiore alla soglia di povertà, calcolata in 780 euro (stessa soglia prevista, almeno in teoria, per la concessione della pensione di cittadinanza). Sulle pensioni, i gilet gialli chiedono i 60 anni di età pensionabile (55 per i lavori usuranti), mentre i 5 stelle, almeno inizialmente, proponevano la messa a regime di quota 41 e quota 100.

L’altro tema su cui sembrano esserci alcuni coni d’ombra è l’immigrazione. Mentre sulla velocizzazione dei rimpatri e il contrasto delle cause dell’immigrazione il contatto c’è, nel programma pentastellato non è menzionato il miglioramento del sistema d’accoglienza, né la realizzazione di una forte politica d’integrazione. Tuttavia, il grande punto di discordia è il fisco. I gilet gialli chiedono un aumento sostanziale della progressività fiscale, mentre i 5 stelle (oltre all’introduzione della flat tax, da contratto di governo) proponevano una sostanziale diminuzione lineare delle aliquote con un aumento della no tax area. Insomma, una divergenza non da poco per due forze politiche che potrebbero unirsi in vista delle prossime elezioni europee.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Precedente

Di Maio confuso sui soldi alle banche

Successivo

Bitcoin alla ricerca del prezzo giusto

  1. Ulrico Reali

    Grossa differenza :

    – in Francia i cittadini sono usi, da decenni, ad essere serviti con professionalità, dallo stato, CAPACE di eccellenza nella gestione. Inoltre i delitti sono PUNITI !

    – In Italia i cittadini sono usi ad essere abusati, da cosi lungo tempo, che sono divenuti incapace di reagire con forza, come i gilets gialli…

  2. Buona analisi.
    Aggiungo che un nodo di spicco per il gilet gialli è costituito dai grossi mutamenti del fisco iniziati prima da Sarkozy. Moltiplicazione delle nicchie fiscali (o “scudi fiscali” in francese), riforma di Macron per cancellare la patrimoniale, e credito CICE per cui sono state versate ingenti somme di denaro pubblico ai big (BNP, Carrefour etc) senza alcuna controparte (addirittura Carrefour ha attuato 20.000 licenziamenti nel biennio di attuazione). Una potente spinta neoliberale che stupisce per quanto si discosta dal “modello francese” e in Italia non sarebbe immaginabile per via della minore potenza e centralizzazione dell’esecutivo.

  3. Henri Schmit

    Commento un solo punto del raffronto, la così detta democrazia diretta; detto così una fesserria; fatta sotto la spinta dei 5s o dei GJ probabilmente peggio ancora. Il problema è che i politici seri (quali?) non hanno capito che serve in referendem d’inziativa cittadina (RIC), in tutte le materie, ma a condizioni molto esigenti: firme, dibattito, confronto con il parlamento, quorum, maggioranza. In altre parole il RIC non risolve nulla, tranne una cosa: pone un freno agli abusi della maggioranza di turno. Prendiamo la legge elettorale, fatta già male nel 1994, poi peggio nel 2005 e confemrata nel 2015 e nel 2017 , inque normative diverse in un quarto di secolo, tutte abusive, non conforme, a vantaggio delle cricche di potere, sempre più strette, coperte dalla Corte costituzionale, approvate da gran parte dei troppo numerosi costituzionalisti, anche sulle pagine di Lavoce.info, dove mi sono fatto insultare da uno di loro, senza che qualcuno abbia preso la mia difesa. Alla fine avremo quello che meritiamo. Speriamo che almeno la Francia si salvi di questo virus.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén