L’analisi costi benefici rischia di rimanere vittima del dibattito sulla Tav. Invece è una tecnica da rafforzare perché cruciale nel valutare un progetto. Nel primo di due articoli alcune considerazioni di carattere generale sui fattori da considerare.
Un’analisi da rafforzare
Siamo professionisti che utilizzano l’analisi costi benefici. Per questo siamo preoccupati che possa uscire totalmente squalificata dalle vicende legate alla Tav: una tecnica con la quale chiunque può dimostrare una cosa e il suo contrario.
Che impostazioni metodologiche diverse e parametri diversi portino a risultati diversi è cosa nota: fin dal 2008, perciò, la Commissione europea ha elaborato linee guida, divenute più articolate e obbligatorie nel 2014. Anche il ministero delle Infrastrutture, per gli stessi motivi, ne ha emesse di proprie, coerenti con quelle europee. Seguire queste indicazioni ha vari vantaggi: rende comparabili i risultati e riduce le possibilità di manipolare lo strumento; dunque nella nostra pratica professionale ci atteniamo strettamente a esse.
Le nostre riflessioni vogliono essere un contributo per rafforzare questo genere di analisi e le abbiamo organizzate in due contributi: il primo sugli aspetti più generali e il secondo su alcune questioni più specifiche quali il trattamento delle accise, dei pedaggi e l’applicazione della regola della metà.
Analisi costi benefici è analisi finanziaria più analisi economica
L’analisi costi benefici si compone di due parti e non solo di una. L’analisi finanziaria, che analizza i flussi di cassa, cioè gli spostamenti di denaro, e che guarda il progetto da un’ottica particolare, in genere quella del promotore, ma che può anche essere quella dei diversi stakeholder, tra cui lo stato. È in questa parte di analisi che devono trovare adeguata rappresentazione e valutazione fenomeni come le variazioni del fatturato delle imprese (per esempio, autostrade o ferrovie) o del gettito fiscale.
Una seconda parte è l’analisi economica, che prescinde dai flussi monetari e contabilizza i “costi” e i “benefici”: guarda il progetto nell’ottica dell’intera comunità di riferimento, trascurando gli effetti di redistribuzione prodotti dal progetto, già messi in evidenza nell’analisi finanziaria.
I “costi” non sono le “spese”
I “costi” non sono le “spese”: sono il consumo di risorse scarse sottratte a un uso alternativo. C’è una complessa metodologia per valutare i costi a partire dalle spese: queste vanno depurate da ciò che non è consumo di risorsa, come le tariffe o le imposte (che semplicemente trasferiscono una somma tra due soggetti della comunità), ma anche dagli effetti distorsivi che le imperfezioni del mercato possono causare nel sistema dei prezzi. Se il progetto trasferisce una parte di traffico da un modo all’altro, sarà necessario contabilizzare con cura le variazioni di consumo di risorse che avvengono in entrambi i modi.
La valutazione dei benefici
Ben più complessa è la valutazione dei “benefici”, cioè dell’utilità che i vari soggetti della comunità complessivamente ottengono dalla realizzazione del progetto. Poiché l’analisi usa come metrica la moneta, tutti gli effetti devono essere espressi in valuta: ciò è più facile per i beni e servizi trattati nel mercato, che hanno un prezzo rilevabile; più difficile per gli effetti non di mercato, come molte esternalità. Si usa quindi la “disponibilità a pagare” quale indicatore indiretto del beneficio (per valutare quanto sia fastidioso il rumore, utilizziamo la spesa che viene affrontata per ridurlo). Il passaggio comporta innanzitutto una grave semplificazione: presuppone infatti che tutti i soggetti della comunità abbiamo la stessa capacità di spesa. Ciò però non è ovviamente vero. Nel dibattito sull’analisi costi benefici della Tav, si è detto che i sussidi pubblici portano a scelte inefficienti. Può essere vero, se sono assegnati in modo errato, tuttavia la loro motivazione corretta è proprio “compensare” la diseguale capacità di spesa, rendendo accessibili servizi essenziali o utili, come il trasporto, a chi non ha sufficiente disponibilità economica.
Preferenze rivelate e comunicate
Accettata la semplificazione di usare la disponibilità a pagare come indicatore dell’utilità, ci troviamo di fronte al problema di come misurarla. Qui le vie, chiaramente indicate dalla metodologia, sono due: le “preferenze rivelate” (revealed preference) e le “preferenze comunicate” (stated preference). Nel primo caso, deduciamo dal comportamento di un soggetto il valore che esso attribuisce all’azione: spende 100 per muoversi, l’utilità che ne ricava è maggiore di 100, ma potrebbe essere 200 o 1.000. Se vogliamo saperlo, dobbiamo andare a chiederglielo, con indagini dirette che sottopongono all’intervistato diverse alternative e gli chiedono di scegliere (“preferenze comunicate”).
Le preferenze rivelate si possono usare con una certa affidabilità nelle indagini a posteriori: il progetto modifica i comportamenti e questi rivelano l’utilità che gli attori ne ricavano. Ben più aleatorio è il loro impiego nelle indagini a priori: qui la “rivelazione” non deriva da una osservazione (il fenomeno non è ancora avvenuto), ma dalla previsione di comportamento fatta da un modello di simulazione, il quale, tuttavia, funziona secondo le regole definite dal valutatore. Si tratta quindi di un processo più semplice da realizzare, ma anche più manipolabile e aleatorio. Se, quindi, l’analisi ha uno scopo limitato, come ad esempio scegliere tra un certo numero di progetti simili che chiedono un finanziamento, la semplificazione può essere accettata. In casi più complessi, come ad esempio decidere se aprire un contenzioso miliardario con la Francia e l’Unione europea, la “semplificazione”, a nostro avviso, non può essere accettata e occorre svolgere indagini dirette sul campo.
In generale, un approccio economico richiede di non affidarsi unicamente ai modelli di assegnazione del traffico. Per fare un esempio, in questi modelli il tempo di viaggio è sempre un “costo”, mentre sappiamo che, soprattutto negli spostamenti che hanno motivi diversi dal lavoro, il viaggio stesso può essere lo scopo e quindi fonte del “piacere”: non si spiegherebbe altrimenti il comportamento di chi percorre a piedi il cammino di Compostela.
*Gli autori svolgono abitualmente analisi costi benefici nell’ambito dell’assistenza tecnica fornita per la richiesta di finanziamenti europei, in particolare sul programma Cef, principalmente per porti, centri intermodali, ferrovie e vie d’acqua interne. Roberto Zucchetti ha collaborato con il Commissario straordinario per la Torino-Lione dal 2015 al 2018.
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Savino
Aggiungo una terza componente di benefici, di medio-lungo periodo, in termini di modernizzazione del Paese, ed una quarta componente di benefici, di breve periodo, dovuta al giro economico per l’apertura dei cantieri.
Renzo
A prescindere dalle varie considerazioni che si possono fare in positivo o in negativo, finalmente su questo sito vengono accolte voci diverse dalle solite (o meglio, dalla solita, quella del Prof. Marco Ponti)
Carlo Maria Ferraris
L’autore sembra voler mettere a confronto costi e benefici riducendo tutto in termini monetari, ma nel caso del TAV Torino-Lione come in altri casi di infrastrutture i benefici mi sembrano difficilmente quantificabili, perché riguardano modifiche al sistema di trasporti e servizi a medio e lungo termine. La scelta politica deve avvenire tra diverse infrastrutture o interventi in altri campi, poiché le risorse non sono illimitate.
Riccardo
Mi piacerebbe che gli autori facessero, nel prossimo articolo, alcune riflessioni su questi punti:
(1) la “ABC” di Ponti et al. non considera la TAV un “major barrier crossing”, in questo modo non vengono calcolati i benefici economici per aziende e sistema produttivo del nord-Italia. E’ corretto?
(2) l’arci-nota scelta di Ponti et al. di contabilizzare come costi i mancati extra-profitti per il monopolista autostradale
(3) Similmente a (2) ma per le accise su gasolio
(4) l’orizzonte temporale di 30 anni
(5) il tasso di sconto corretto da usare per analisi di questo tipo
(6) l’opportunità di non considerare come sunk le somme già spese e quelle che comunque andrebbero spese in caso di cancellazione dell’opera
Grazie.
Pier Giacinto Galli
Occorre chiaramente dire:
1) il rapporto Benefici/Costi esprime la Convenienza;
2) i Benefici sono stimabili e i Costi computabili;
3) ogni progetto (di massima) ha una calcolabile Convenienza che può assumere valori minori o maggiori di zero o uguali a zero;
4) la Convenienza si calcola con un algoritmo che esegue il confronto, di ogni proposta progettuale, con il progetto dell’oggetto preesistente di riferimento (nella fattispecie un’infrastruttura di trasporto);
5) il progetto di maggior convenienza esprime la soluzione ottimale;
6) tutti i progetti sono “fattibili”, sia quelli plausibili (a convenienza maggiore di zero, dei quali, solo quello di Convenienza massima è sostenibile), sia quelli non¬_plausibili (Convenienza zero e/o minore di zero) che nessuno si sognerebbe di proporre per palesi quanto preannunciate controindicazioni superabili/superate soltanto sotto la pressione d’interessi corruttelari.
Interessi che si mimetizzano nelle perbenistiche quanto ipocrite pieghe della società a tutti i livelli/ramificazioni delle istituzioni e delle fonti d’informazione.
Sommosse noTAV non si sarebbero verificate se i suesposti 5 punti dei 6 fossero stati compiuti prima di dare inizio all’opera ottimale, altrimenti contestabile perché “non di pubblica utilità”. Ai Costi di costruzione si sommano i Costi di riproduzione delle perdite di valore ambientale e i Danni erariali non riproducibili …
gianmario nava
Gentile Galli, la genesi del fenomeno No TAV è nella politica locale valsusina e nei movimenti antagonisti torinesi di molti anni fa. A partire dal Supephoenix e dalle bombe che giravano in valle. Ha poi messo radici con motivazioni eminentemente ambientali (territorio sventrato e polverino di amianto soffiato a tonnellate dal foen su Torino, senza scampo, ci sono stati articoli sui giornali in quel senso), superate quelle per palese incosistenza e rivisto il progetto (inizialmente fatto male nella tratta nazionale da FS riottose), sono uscite le motivazioni trasportistiche ed economiche. Ma ormai il dibattito era tra finire nelle fauci di un mostro orrendo e investire per cambiare la geografia e la storia. Si sa chi vince in questi casi. La corruzione non c’era, non c’è e non ci sarà, finio a prova contraria in tribunale. Ora la partita è tutta sul consenso spicciolo con buona pace dei fatti e delle strategie. Io continuo a pensare che più ci leghiamo mani e piedi alle società, culture ed economie dei nostri vicini e lontani amici europei, più si abbassa il rischio di guerre future. Dia un valore a questo. Del resto lei paga la assicurazione per niente, visto che non fa incidenti.
Stefano Cianchi
Molto interessante. Forse anche il metodo di lavoro é rilevante.
• Come é stato evidenziato, anche l’interesse (piacere/dispiacere) dei Cittadini deve esser rilevato.
• Se l’ABC fosse uno strumento di trasparenza e partecipazione avrebbe dovuto essere in qualche modo reso pubblico nel corso dei lavori. Forse ci sono elementi che richiedono riservatezza, ma si puó rimediare calibrando l’informazione.
• Se l’ABC é uno strumento di decisione ex-ante deve essere il piú trasparente possibile verso i Cittadini; a maggior ragione deve essere trasparente se si intende usarlo come strumento di valutazione dell’operato dei governi.
• Poiché non siamo in nessuno di questi casi, mi interesserebbe conoscere le ragioni di tanta riservatezza dato che certamente, per questo studio estemporaneo, non è necessario eseguire procedure nazionali, internazionali o europee che obbligano a tanta o poca riservatezza.
In conclusione, noi Cittadini nulla potremo dire finché non vedremo lo studio e come sará stato usato.
In tutti i casi la credibilitá dell’ABC ne uscirá un pó ammaccata. Non é un bene per chi si appoggia al metodo (es. i protocolli medici) come strumento standard che aiuta sia una maggiore prevedibilitá nell’esecuzione sia la ridurre le incertezze dei processi decisionali. In quest’ultima fattispecie, lo standard rende confrontabili le soluzioni alternative. In quale di questi casi di utilizzo siamo? Temo che non siamo in nessuno di questi casi e non riusciremo ad utilizzare l’ABC pe
Roberto S.
Ma perbacco, un metodo scientifico davvero! Con una esatta valutazione, millimetrica e pesata con una bilancia elettronica. Proiettando e guardando verso il futuro, previo accurato esame del fegato della pecora. E, naturalmente, con una controprova “dopo”: se si è sbagliato, in più o in meno (e sempre sulla base della bilancia elettronica), pubblica fustigazione in piazza.
Apprezzabile lo sforzo, ma per gli investimenti aziendali si usano altri criteri, terra terra. Per quelli pubblici, evidentemente, sono ammessi – e si sa bene, e si capisce perché – anche criteri “poetici”.
Luigi Segale
Va dato atto a “La Voce” di dare un apporto importante in articoli e commenti alla materia ed all’impostazione e all’utilizzo il più corretto possibile. E molto dipende dalla competenza e correttezza dei Professionisti incaricati.
Michele
Apprezzo e condivido lo sforzo degli autori. Però mi sembra una utopia. Ormai il TAV in Val di Susa è diventata una questione ideologica mista a forti interessi politici e finanziari. L’opportunità di spendere qualche miliardo (sempre molto più del previsto, nelle opere pubbliche) fa gola a molti. Visto lo stato dei servizi pubblici di trasporto dei pendolari in molte regioni, il banale buon senso direbbe che altre sono le priorità. Ma la battaglia ideologica travalica ogni analisi tecnica, ogni considerazione razionale e anche il buon senso.
Nicola Castello
Nella quantificazione dei benefici, come si conta la maggior sicurezza delle strade ed il minor numero di vittme e danni grazie al fatto di spostare 1.000.000 di camion ogni anno dalle strade alla ferrovia?
Giuseppe Passoni
I risultati di una analisi costi-benefici dovrebbero essere accompagnati dalla misura della loro incertezza. Puo’ accadere che la deviazione standard sia maggiore del valore atteso.
Julien Bollati
Condivido appieno la preoccupazione degli autori che la tecnica dell’Analisi Costi Benefici per valutare progetti infrastrutturali in Italia possa rimanere vittima del dibattito sulla TAV.
Invece è una tecnica da rafforzare i cui principi andrebbero applicati il più presto possibile in un processo continuo di rielaborazione in parallelo con le altre analisi tecniche e ambientali. Questo è fondamentale per identificare la migliore opzione di progetto e per coinvolgere appropriatamente tutti i soggetti interessati. A tal proposito la recente introduzione dell’obbligo normativo di un dibattito pubblico sembra particolarmente utile.
Affinché tale dibattito pubblico possa beneficiare delle conclusioni dell’Analisi Costi e Benefici è necessario che essa sia “credibile” affidandosi ad approcci teorici e metodologie, riconosciute come quelli suggeriti nella guida della Commissione Europea, “verificabile” per merito di una granularità sufficiente dei dati e dei calcoli intermedi ma soprattutto “trasparente”.
La trasparenza nelle ipotesi, nei parametri e coefficienti usati nell’esercizio di previsione è fondamentale per avere un dibattito costruttivo e più oggettivo degli scenari futuri e del possibile impatto del progetto. Infatti, il quadro dell’Analisi Costi Benefici impone i soggetti con diverse visioni di proporre valori alternativi che vanno a loro volta motivati e giustificati.
Julien Bollati
Gli articoli e commenti apparsi su queste pagine riguardo le ACB commissionate di recente dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ne sono un ottimo esempio.
è fondamentale quindi che il grande pubblico non confonda il contradditorio riguardo le ipotesi dovute a diverse aspettative (ad esempio riguardo il traffico futuro di una particolare tratta ferroviaria o sulla bontà dell’aggiunta di un certo surplus nell’analisi) con critiche alla metodologia dell’Analisi Costi Benefici. Al contrario è proprio l’utilizzo di quest’ultima che permette di arricchire le discussioni sull’argomento.
Henri Schmit
L’intera vicenda è spaventosa. Chi ha anche solo un po’ di cervello non si fa impressionare da presunti modelli scientifici corroborati nei solito nei paesi “anglo-sassoni”. Il miglior standard di categoria dato in mano ad imbecilli non vale più nienete. Chiede bene Nicola Castello: come si conta la sicurezza? Il punto più assurdo è l’argomento delle accise, dei danni erariali. Ma siamo schiavi (o deficienti)? Decidiamo noi le accise! Il trasporto su gomma, una delle lobbies più forti non solo in Italia, è drogato, gode di troppi privilegi fiscali. I pendolari (cioè il presunto “popolo”) perdono il posto di lavoro se l’Italia si taglia fuori dal resto dell’Europa, non solo con la politica dei trasporti; non serviranno nemmeno i treni regionali e locali; i supermercati saranno di vicinanza, il consumo sarà garantito dall’assistenza sociale, al resto ci penseranno gli stranieri! L’unico argomento valido è quello delle risorse non illimitate. Ma il TAV, opera utile, benché non si sappia quanto, è stato deciso tempo fa, i lavori sono partiti (nonostante la violenza dei NO-TAV). Fermarlo ora è follia. Alla fine anche il popolo capirà che per decidere senza sprecare troppe risorse (=IL problema dell’Italia) serve un esecutivo autorevole. Chi chiamerà allora per tirare fuori il carro dal fango? un M o un N?
a.rocchi
Secondo il prof. Ponti e i coautori della ACB Tav, la struttura attuale dei costi “accise e pedaggi” è l’80% superiore alla somma del costo d’uso dell’infrastruttura e delle esternalità generate. Quindi, tale surplus di prezzo pagato dagli operatori stradali in eccesso al costo, non giustifica l’investimento pubblico diretto a perseguire il cambio gomma-ferro. In altre parole, dicono: si abbia il coraggio di spendere risorse pubbliche in minori ricavi da pedaggi e da accise, anziché in ciò che non rende (la Tav). E, dunque, si riducano i pedaggi su Fréjus e Bianco. Vaste programme; la benzina italiana è troppo cara; d’accordo. Ma dire che “il trasporto merci stradale è ipertariffato e che quindi è inverosimile che la riduzione del costo del trasporto ipotizzata da Tav basterà a spostare rilevanti quantità di Domanda di trasporto da gomma a ferro” è, al meglio, una mezza verità, che non fa far molta strada. Se la Domanda di trasporto è rigida al prezzo (questo è il messaggio degli Autori), c’è un perché? Gli autori non elaborano. Neppure tentano di spiegare come mai i vettori internazionali su gomma paghino tanto poco i dipendenti. E neanche si propongono di capire (o di farci capire) come è cambiato il trasporto, e il modo di produzione nel 2020 (ad es. le piattaforme logistiche, Amazon, il pesce e le arance che vengono dall’Atlantico e dalla Spagna), e cosa facciamo (o non facciamo più) in Italia.
Vuoi vedere che anche qua c’entra il perfido Soros?
Alberto Bernstein
l’ABC è estremamente utile per: 1. conforntare due o più progetti ai quali verranno applicati gli stessi crieti di valutazione (ABC relativa). i riusltati dell’ABC assoluta sono incejnti come gli strumenti e le stime che si fanni. 2 l’ABC permette di approfondire e discurte i costi e i benefici per poi scegliere, naturalmente senza fidarsi solo dell’aritmetica. Grazie agli aautori.
Claudio Mazzantini
Stiamo discutendo del sesso degli angeli.Analisi costi,chi è a favore chi è contro.Fumo solo fumo.Vogliamo partire dall’inizio e stendere un velo pietoso sull’opera progettata 30 anni fa e calcolata sul raddoppio del traffico merci,cosa non avvenuta e che non avverrà. Qu non si tratta di schierarsi o meno,si tratta di spendere i soldi dando le priorità necessarie alle opere che veramente servono.