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Analisi costi benefici: il vantaggio del metodo standard

Seguire la metodologia standard nelle analisi costi benefici consente di evitare le manipolazioni. Il “beneficio sociale” va dunque calcolato senza distinguere tra quello del consumatore e quello del produttore, analizzato nell’analisi finanziaria.

Prezzi come indicatori dell’utilità: la gestione delle accise

La pubblicazione dell’analisi costi benefici relativa alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione, svolta dal gruppo di esperti guidato dal professor Marco Ponti, offre l’occasione di approfondire alcuni aspetti metodologici che sono stati al centro del dibattito in questi giorni.
L’utilizzo di analisi costi benefici è un valido strumento per accompagnare le scelte di investimento pubblico. Come abbiamo scritto in un nostro precedente articolo, per stimare i vantaggi di un’opera siamo costretti a utilizzare delle approssimazioni, delle “spie”, in grado di fornire un’approssimazione di qualcosa di così vago come “il beneficio che un viaggiatore riceve” da un servizio di trasporto. La più consolidata di queste “spie” è il cosiddetto “costo generalizzato del viaggio” (e le sue variazioni, per essere precisi): il prezzo, il tempo e la fatica (spesso si dimentica questo aspetto essenziale) spesi indicano che il beneficio tratto deve essere almeno pari alla loro somma.

La distinzione tra analisi finanziaria ed economica aiuta a comprendere che, all’interno di quest’ultima, la variazione di un prezzo o di una tassa (per esempio, un’accisa) non è una risorsa consumata, e quindi un “costo”, ma viene considerata nel totale del “costo percepito” quale “spia” per “stimare un beneficio”; un indizio, cioè, che, misurando la disponibilità a pagare, ci suggerisce quanto quel viaggio valga per l’utente. Non ha quindi senso “compensare” questa posta con una corrispondente, ma di segno opposto, variazione del “beneficio dello stato”.

Ovviamente, nessuno è insensibile agli effetti che il progetto può produrre sul bilancio dello stato: nell’analisi finanziaria si disporrà del corretto spazio per analizzarlo e una eventuale variazione positiva del surplus sociale indicherà la presenza di risorse, create dal progetto, sulle quali applicare, eventualmente, una specifica tassazione.

Tariffe: indicatori di costo o trasferimenti di moneta?

Un discorso analogo può essere fatto per le tariffe. Se il progetto ha come effetto spostare parte del traffico da un modo all’altro, produrrà variazioni nella entità dei ricavi tariffari: occorre tenerne conto? Anche le tariffe, nell’impostazione standard, sono trasferimenti e non vanno considerate nell’analisi economica.

Mentre nell’analisi finanziaria è doveroso analizzare l’impatto che il progetto avrà sui bilanci dei diversi gestori, nell’analisi economica ci si dovrà limitare a valutare il differenziale di costo operativo legato all’utilizzo dell’infrastruttura e l’eventuale sottoutilizzazione del capitale fisso impiegato (qualora la riduzione di traffico lasci inutilizzata una parte dell’investimento già fatto). Possiamo utilizzare la tariffa come proxy di queste voci? A nostro parere no: i bilanci dei concessionari autostradali indicano con evidenza che le tariffe coprono i costi di investimento (tramite gli ammortamenti), i costi operativi (con uno squilibrio per cui parte del costo di usura determinato dal traffico pesante è pagato dal traffico leggero), ma comprendono anche gli oneri finanziari e una consistente remunerazione del capitale investito. Queste ultime voci, interessi e utili, non vanno considerate nell’analisi economica. Inoltre, l’ammortamento degli investimenti in regime di concessione è calcolato con il metodo finanziario e non tecnico, mentre, osservando il fenomeno dal punto di vista economico, si deve far riferimento a quest’ultimo valore: per questo le tariffe non possono essere utilizzate come approssimazione del costo.

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Due esempi di variazione del valore edonico

Il tema delle preferenze rivelate, desunte cioè dai comportamenti osservati, assume particolare importanza con l’utilizzo della cosiddetta “regola della metà”. La quale dovrebbe essere usata come semplificazione per stimare il beneficio di coloro che cambiano comportamento: prima non si muovevano e dopo si muovono; prima si muovevano con un modo e dopo con un altro. In parole semplici, si suppone che alcuni colgano tutto il beneficio rappresentato dalla variazione del costo generalizzato del trasporto e altri solo in minima parte: in assenza di altre indicazioni, si calcola la media dividendo l’intera variazione per la metà.

A parte la supposizione che la distribuzione di utilità sia lineare, il problema è che si valuta il differenziale di utilità facendo solo riferimento alla variazione di Cgt.  Ciò è vero se il progetto modifica solo il costo e non anche l’utilità che si trae dal viaggio, indicata come “valore edonico del viaggio”. Ciò può avvenire per piccole variazioni di tempo o prezzo, per esempio in ambito di trasporto urbano, ma non avviene con l’introduzione di sistemi di trasporto molto innovativi, come l’alta velocità ferroviaria, i treni merci a standard europeo ma neppure introducendo la metropolitana al posto di un servizio di superficie. Significative sono le indicazioni metodologiche internazionali a questo proposito.

Facciamo un esempio: lo sviluppo dell’alta velocità ferroviaria ha spostato molte persone che viaggiavano in auto o in aereo sul treno. Valutare il “beneficio” che ne hanno tratto facendo la metà del costo generalizzato del trasporto ferroviario tra prima e dopo è troppo riduttivo: non solo si risparmia tempo, ma si viaggia più comodi, si può telefonare e lavorare, andare e tornare in giornata senza dover pernottare fuori. Tutti elementi che modificano in modo rilevante il valore edonico del viaggio e che l’applicazione della regola della metà erroneamente trascura. L’anno scorso abbiamo realizzato oltre 5.500 interviste a viaggiatori a bordo dei treni alta velocità e le risposte hanno dimostrato che il beneficio dichiarato è molto più alto di quello calcolato con la regola della metà e la distribuzione dell’utilità percepita non è affatto lineare. Purtroppo, non abbiamo visto utilizzare questi dati, a disposizione del ministero, per migliorare le stime nel caso della costruzione della linea del Terzo valico.

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Facciamo un altro esempio: la realizzazione di una galleria di base non riduce solo i tempi di trasporto delle merci su ferro, ma ne modifica radicalmente le caratteristiche: maggiore portata dei treni e quindi minore costo per unità trasportata, ma anche maggiore capacità e, soprattutto, maggiore affidabilità della linea. Riportare tutto questo a una leggera variazione del “costo del tempo” è molto riduttivo: ci sono linee, come quelle svizzere, dove la trasformazione è già avvenuta. Si dovrebbe quindi chiedere agli operatori che già le utilizzano quali benefici traggono dal nuovo contesto operativo e basare l’analisi su parametri meno ipotetici e più solidi.

C’è infine un ultimo punto che deve essere indagato: il metodo utilizzato per l’analisi costi benefici del Terzo Valico e della Torino Lione stima il surplus del consumatore conteggiando le accise e i pedaggi pagati, ma divide per due il valore ottenuto, per una generalizzata quanto acritica applicazione della regola delle metà. Il valore delle accise e dei pedaggi, conteggiato a metà tra i benefici, sembra (usiamo questa cautela perché nessuna tabella esplicativa è stata pubblicata) essere compensato sottraendo per intero il loro valore come costo: se così fosse, ci troveremmo di fronte a una strutturale e immotivata penalizzazione di ogni cambio modale. Ovviamente, se ciò invece non fosse, ci aspettiamo un calcolo trasparente che mostri l’invarianza tra il risultato ottenuto mettendo e togliendo le accise e quello che, invece, si ottiene evitando di coinvolgerle nel conteggio.

In conclusione, dunque, è meglio seguire la metodologia standard e calcolare il “beneficio sociale” al netto degli effetti monetari, senza distinguere tra beneficio del consumatore e del produttore, già ben analizzato nella parte finanziaria. Non si comprende, quindi, l’insistenza a utilizzare una metodologia diversa da quella standard, definita proprio per evitare manipolazioni e controversie.

*Gli autori svolgono abitualmente analisi costi benefici nell’ambito dell’assistenza tecnica fornita per la richiesta di finanziamenti europei, in particolare sul programma Cef, principalmente per porti, centri intermodali, ferrovie e vie d’acqua interne. Roberto Zucchetti ha collaborato con il Commissario straordinario per la Torino-Lione dal 2015 al 2018.

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  1. Alessandro Pambianchi

    Salve a tutti, sono Alessandro pambianchi uno studente di Economia aziendale.
    Non capisco se i dati alla mano li abbiamo oppure no. Il ministro Toninelli ha confermato di aver analizzato costi/benefici ed il risultato è insufficiente. Salvini ha riferito di non “fidarsi” di questi dati, passatemi il termine. Ma in tutto, chi potrebbe avere ragione?
    Riguardo l’articolo in questione sopra, si dovrebbe analizzare il beneficio sociale. Si perfetto, ma loro (Toninelli e vari ingegneri e analisti ) cos’hanno analizzato?
    Grazie a tutti per le eventuali risposte.

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