È stata finalmente pubblicata l’analisi costi benefici del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione. Soffre di gravi carenze metodologiche e risente di ipotesi arbitrarie. Particolarmente discutibili appaiono quelle su accise e pedaggi autostradali.
L’analisi costi-benefici è un modello economico
Dopo lunga attesa, è stato finalmente pubblicato il rapporto sull’analisi costi benefici del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, ovvero della Tav. Come facilmente intuibile dalle convinzioni espresse nel corso degli anni da alcuni dei componenti della Commissione, il progetto risulterebbe fortemente negativo, con un disvalore per la società pari a quasi 7 miliardi di euro. Anche in questo caso, come in quello del Terzo valico, oltre ai costi di investimento, giocano un ruolo fondamentale nell’alterare la valutazione la riduzione del gettito fiscale delle accise sui carburanti e i mancati ricavi da pedaggi autostradali, oltre alla sottovalutazione dell’impatto ambientale. Non sono però scelte neutrali, come invece asseriscono gli esperti, e sono tutt’altro che accettabili da un punto di vista teorico-metodologico.
L’analisi costi-benefici è un modello economico e non un metodo come spesso, erroneamente, si ritiene. In quanto tale si basa su alcune ipotesi, tra cui:
- i prezzi che vengono utilizzati (i “prezzi ombra”) non devono contenere imperfezioni, ovvero è necessario depurare quelli di mercato da tasse, sussidi e interessi perché il risultato finale possa avvicinarsi a prezzi che esprimono solo il costo (marginale) di produzione, ovvero il costo-opportunità sociale. In altri termini, l’analisi costi-benefici utilizza un sistema di prezzi alternativi rispetto a quanto comunemente osservato (di qui, la specificazione “ombra”) che contiene in sintesi il valore che la società attribuisce alle risorse consumate per costruire l’infrastruttura e ai benefici da questa prodotti, al di là della fiscalità che distorce la nostra percezione, oltre che il mercato.
- Il progetto deve essere marginale, ovvero tale da non modificare la produttività del sistema e anche le preferenze di consumatori e imprese (ipotesi tutt’altro che soddisfatta nel caso della Tav).
La questione delle accise
Per quanto riguarda il primo punto (tralasciamo qui per motivi di spazio la discussione del secondo), va da sé che, nel momento in cui si punta all’utilizzo di prezzi che si avvicinano al mondo ideale della concorrenza perfetta attraverso l’eliminazione delle distorsioni di mercato (tra cui, appunto, le tasse), è quantomeno bizzarro ritrovare i mancati introiti delle accise quale costo per la collettività. In sostanza, siamo davvero sicuri che ridurre il finanziamento della guerra in Abissinia (una delle ragioni per cui si introdussero quelle accise) sia un danno per la società?
La Commissione di esperti – che è stata istituita dal ministro delle Infrastrutture senza un bando pubblico – si è prodigata in una difesa di questa scelta (pagine 73-75), riportando affermazioni reperite in alcune linee guida che non si applicano al caso italiano (ad esempio, quelle della Banca Mondiale) o in un articolo di Yukihiro Kidokoro, che verteva su un tema diverso e che comunque è ritenuto tutt’altro che un faro metodologico nella letteratura specialistica. La difesa preventiva sostiene poi che le accise entrerebbero nell’analisi costi-benefici della Tav in due punti e con due segni opposti:
- con un segno “meno” sul versante dello stato a causa della riduzione del proprio surplus;
- con un segno “più” (ovvero come benefici) sul versante dei consumatori che, utilizzando la ferrovia, risparmierebbero sulle tasse.
Secondo gli esperti l’operazione sarebbe corretta e comunque neutrale perché le due voci si eliderebbero. Ma non è così.
Innanzitutto, non è chiaro cosa sia il “surplus del governo”, che nulla ha a che fare con il surplus di bilancio pubblico e che temiamo non esista nella teoria economica di riferimento. L’analisi costi-benefici è, infatti, invariante rispetto alle tecniche di finanziamento del progetto sottostante, per cui l’impatto sulla finanza pubblica, nell’approccio vigente in Europa, viene tralasciato ed eventualmente considerato nell’analisi finanziaria, tanto è vero che gli Esperti non hanno inserito nella valutazione i costi attesi da risarcimento dei danni cui il governo italiano andrà incontro qualora l’opera dovesse essere accantonata. Ci rendiamo conto che la tentazione di considerare “surplus del governo” ciò che accade nei conti pubblici sia forte, ma non è corretto in quanto in questa tipologia di analisi il settore pubblico si occupa solo di allocare risorse, cercando di aumentare il benessere dei cittadini. In altri termini, ancora, il “surplus di bilancio del Settore Pubblico” non coincide con il “surplus di benessere del governo” e quest’ultimo, in realtà, coinciderebbe con il benessere della società, ovvero proprio con ciò che vorremmo stimare con l’analisi costi-benefici.
In seconda istanza, i benefici sociali prodotti dai consumatori che si spostano dalla gomma al ferro valgono solo per metà (la cosiddetta “regola del mezzo”, ovvero la regola per cui, per ottenere l’incremento di benessere, si stima il triangolo al di sotto della curva di domanda dividendo per la metà il valore ottenuto dal prodotto tra i risparmi unitari e il traffico deviato). Questo implica che i minori introiti dello stato pesano il doppio rispetto ai risparmi dei consumatori. Dunque, una scelta tutt’altro che neutra.
Pedaggi e decarbonizzazione del trasporto
Un ragionamento simile e anzi potenzialmente più dannoso, data la dimensione della posta e le condizioni di monopolio naturale, riguarda i mancati ricavi da pedaggi autostradali.
Anche in questo caso, come in quello del Terzo valico, le licenze degli esperti rispetto al modello economico di riferimento producono enormi distorsioni nel risultato che viene comunicato alla politica. Sarebbe bastato applicare le semplici indicazioni delle linee guida comunitarie, che escludono il gettito fiscale e i ricavi tariffari dall’analisi, per ottenere un esito diametralmente opposto. Le linee guida comunitarie sono quelle ufficialmente adottate dal ministero delle Infrastrutture.
L’analisi soffre di altre carenze metodologiche e approssimazioni pericolose. La stampa ne ha già notate diverse. Ne ricordiamo un paio, per la loro rilevanza. I benefici in termini di miglioramento dell’inquinamento atmosferico, che tradizionalmente rappresentano una delle voci più importanti a favore dell’opera, sono stati calcolati sulla base dei soli inquinanti PM10 e NO2. Gli autori mostrano come i livelli di PM10 di una città come Chamonix siano al di sotto delle soglie limite. Si dimenticano però di includere nell’analisi inquinanti altrettanto pericolosi come PM2.5, ozono e benzopirene. Su tutti e tre l’Alta Savoia è oltre le soglie limite.
Gli autori del rapporto hanno anche opinioni molto chiare sul modo in cui il settore trasporto può ridurre le emissioni di gas serra: non tramite il cambio modale, ma esclusivamente tramite l’innovazione tecnologica dei veicoli verdi (pag. 69). Queste posizioni non sono per niente condivise dal mondo scientifico, che vede invece in ambedue le leve la chiave per decarbonizzare i trasporti, come si capisce ad esempio dall’ultimo rapporto quadro dell’Ipcc, che riassume la conoscenza scientifica sul tema. Inoltre, secondo l’approccio inedito della Commissione di esperti, la decarbonizzazione del trasporto su strada attraverso la diffusione di veicoli verdi avrebbe come costo proprio le minori entrate (se non il loro azzeramento) da accise su combustibili fossili, a meno di non andare a tassare anche il nikel-cadmio delle batterie, la produzione di energia elettrica o l’idrogeno. Un paradosso. Alla faccia della “neutralità” rivendicata dai membri della Commissione.
In definitiva, l’analisi proposta, benché utile alla discussione, soffre di gravi carenze metodologiche e risente di ipotesi arbitrarie che trovano poco riscontro nella letteratura di riferimento, ovvero quella dell’economia del benessere. E poco ha a che fare con il computo ingegneristico del valore di un’opera.
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Lorenzo
L’analisi costi-benefici ha il merito di aver rappresentato il sasso gettato nello stagno: negli ultimi anni si è discettato di TAV senza fare alcun avanzamento tecnico sull’opera, lasciando tutto così com’è, in modo da lasciare ad altri la rogna della decisione finale. Adesso quantomeno un’azione è stata intrapresa. Secondo me questa dissertazione sull’utilità o opportunità dell’analisi costi-benefici andava fatta molti anni fa, ai tempi dell’accordo Italia-Francia, e i governi di allora avrebbero dovuto procedere con i lavori.
Giuseppe GB Cattaneo
La costruzione della Tav Torino-Lione è economicamente indifendibile a prescidere della metodologia impiegata. La Torino-Lione non è il terzo valico, non è il Gottardo, non è il Brennero, è una scelta politica sbagliata che ha pesato e pesa sulla sconfitta del Pd e nessuno vuole ammetterlo.
Se il progetto è sbagliato si riveda e si ridimensioni il progetto. La via d’uscita è ancora e solo politica non economica.
Gertsen
Il sondaggio più recente dà il consenso alla TAV al 67% degli italianii, circa 80% in Piemonte: non vedo il nesso causale tra sostegno all’opera e sconfitta elettorale. Se mai si potrebbe argomentare il contrario, cioè che un sostegno troppo timido e ‘tecnico’ ha impedito di catalizzare un consenso diffuso
Giuseppe GB Cattaneo
Le grandi opere o si fanno subito e in modo efficiente o ingenerano il sospetto di essere strumenti di corruzione e manifestazione di incompetenza. Il Pd non è riuscito a dimostrare la volontà politica di fare la Tav, anche perché una parte della sua base non la voleva.
Federico Leva
Il documento della commissione Ponti si chiude con una simpatica proposta alternativa: un modo piú semplice per ridurre gli introiti fiscali dall’autotrasporto sarebbe detassare ulteriormente il carburante o ridurre i pedaggi (!).
Sergio Brenna
Mi risulta però che anche le precedenti valutazioni del Ministero Infrastrutture tenessero conto delle minori accise, nonstante gli asseriti criteri comunitari da usarsi. Inoltre forse bisognerebbe valutare i costi-benefici del potenziamento a costi più contenuti della linea ferroviaria attuale, considerati i limitati volumi di traffico esistenti a fronte di quelli un tempo stimati
Massimo GIANNINI
Per lo Stato che è investitore nell’opera il calo delle accise è un evidente costo. A maggior ragione se questo mancato introito dovrà essere compensato in bilancio. Inoltre alla fine le accise sono divenute una sorta di carbon tax ovvero una tassa sull’inquinamento da fossili che ingloba anche il principio del “polluter pays”. L’inquinamento da trasporto su strada si può ridurre anche a costo minore rendendo i mezzi di trasporto più verdi ed efficienti. Insomma fare il TAV per avere benefici ambientali, pochi e incerti, costa un po’ tantino…
Stefano
Aggiungerei che, per quanto ne so, i costi ambientali del ciclo di vita di un’infrastruttura non sono presi in considerazione nei modelli ACB
Riccardo
“siamo davvero sicuri che ridurre il finanziamento della guerra in Abissinia sia un danno per la società?” Ma veramente gli autori pensano che le accise servano per finanziare (oggi) una guerra in Abissinia?
oskar blauman
come rendere incomprensibili considerazioni semplici
Lucio Tamagno
Le osservazioni già fatte sono inequivocabili per dimostrare come si sia prodotta un’arrampicata sugli specchi per giustificare posizioni a priori, miopi e antistoriche (ma da chi sta con Maduro c’è da aspettarsi questo ed altro) … Voglio solo ricordare come è nato l’Eurotunnel che da 5 – 6 anni è finalmente in utile, ma ha cambiato la storia dei collegamenti fra Francia e UK. Opere di questo tipo non possono essere valutate con orizzonti temporali limitati e soprattutto va ricordato che saranno opportunità per nuovi business solo se esistono.
Henri Schmit
Ho firmato per una delle 50 banche il finanziamento dell’Eurotunnel, nel 1986/87 mi sembra. Abbiamo accettato credendo nella volontà degli attori politici, nel futuro dell’Europa unita, nel grande mercato unico …. Ci sono comunque stati pesanti problemi prima del completamento dei lavori e dell’apertura nel 1994 circa. I promotori hanno dovuto raccogliere ulteriori capitali. Solo dopo un quarto di secolo i conti quadrano per gli azionsiti; tempi troppo lunghi per investitori privati. Speriamo che l’infrastuttura rimanga in utile anche dopo la Brexit .. .e non solo come transit verso l’Irlanda !
Giuseppe Passoni
Su che basi puo’ affermare che Eurotunnel ha cambiato la storia dei collegamenti F-GB ? Quale e’ la scala (spaziale) di osservazione ? grazie gp
Henri Schmit
Sono d’accordo con gli autori, in particolare sulle accise, un punto contestato da me a commento di un articolo pubblicato su Lavoce.inf il 25 gennaio. Ma l’aspetto più grave e inquietante è l’uso abusivo ed arrogante (in particolare dal prof. Ponti in tv dopo l’audizione in Parlamento) della scienza, del metodo scientifico. Questo dovrebbe essere il nostro primo obiettivo, salvare il metodo scientifico critico, contro l’uso oscurantista degli “ipse dixit” molto diffuso in questo paese: giornalisti che pontificano sul populismo e sul sovranismo, economisti che occupano poltrone nel governo, giuristi che controllano le cattedre più remunerate, invece di ragionare per convincere loro procedono per citazioni sedicenti autorevoli. Questo è la negazione della scienza.
Giovanni Costantini
Due considerazioni molto veloci:
1. il vero scandalo è che si sia dovuto attendere anni prima di avere un’analisi costi benefici di un soggetto terzo e non finanziata dai diretti interessati
2. un treno ad alta velocità per le merci! Già così non suona molto bene soprattutto se difesa da chi si dice di sinistra
Henri Schmit
Ci sono stati (apparentemente ben cinque) studi cost-benefit prima, solo che a causa delle posizioni “ideologiche” (cioè pregiudiziali) non se n’è parlato a dovere. Quella ora promossa dal governo è tutto ma non ”terza” cioè indipendente. La velocità infine è relativa.
Mario Testa
salve,
una domanda per gli autori sull’utilizzo della “regola del mezzo” nell’analisi in questione:
Se l’applicazione fosse quella da voi descritta, dovremmo trovare nel “surplus utenti” (= surplus merci + surplus passeggeri) almeno la metà della somma tra riduzione accise e surplus concessionari autostradali. Il vantaggio conteggiato per gli utenti è invece addirittura inferiore (e non di poco) a tale metà (come si può verificare utilizzando ad esempio i dati della tabella 12.2 dell’ACB). Il criterio applicato sembrerebbe quindi ancora meno equo ed ancora più a svantaggio dell’opera.
In particolare è curiosa l’affermazione contenuta nella parte finale del paragrafo 8.2: “È utile ricordare che, per le componenti B e C, non va computato nessun effetto né di riduzione
del tempo di trasporto né di altri risparmi: la regola del mezzo ci dice che, non sapendo nulla di
quanto pagavano prima, quelli che cambiano ottengono al più il beneficio di risparmio dei costi
generalizzati sul solo segmento modificato”.
Potrebbe tutto ciò indicare (per quanto assurdo possa sembrare) che accise e concessioni vengano considerati solo come una perdita per stato e concessionari autostradali, ma venga considerato addirittura nullo il vantaggio che tali mancati costi comportano per i cittadini?
jerome
“Se l’applicazione fosse quella da voi descritta, dovremmo trovare nel “surplus utenti” (= surplus merci + surplus passeggeri) almeno la metà della somma tra riduzione accise e surplus concessionari autostradali. ”
Non è così perché dal segno delle altre componenti del surplus che puo essere negativo o positivo (ad esempio un utente potrebbe trasferirsi dalla strada alla ferrovia pur accetendo di perdere tempo per questo. Questo succede per un vantaggio di prezzo, per esempio.
“Potrebbe tutto ciò indicare (per quanto assurdo possa sembrare) che accise e concessioni vengano considerati solo come una perdita per stato e concessionari autostradali, ma venga considerato addirittura nullo il vantaggio che tali mancati costi comportano per i cittadini?”
Non è così : la riduzione delle accise pagate è contabilizzata una volta come beneficio degli utenti (nel surplus) e un’altra volta come perdita dello stato. La modalità utilizzata tratta la tassazione come un trasferimento, come deve essere.
FlavioS
Mi par di aver anche capito da alcuni interventi in TV che se i costi sono calcolati sull’intero progetto, i benefici sono calcolati sulla parte italiana, e già questo non è sintomo di imparzialità. Aggiungerei anche se non connesso all’analisi sulla quale da non esperto non posso giudicare, che l’Ing Ponti non risulta molto credibile anche quando fa apparizioni in TV.
jerome
“Mi par di aver anche capito da alcuni interventi in TV che se i costi sono calcolati sull’intero progetto, i benefici sono calcolati sulla parte italiana, e già questo non è sintomo di imparzialità.”
I benefici sono calcolati sull’insieme del progetto : Italia e Francia e anche alcuni paesi limitrofi.
Mario Testa
salve,
una domanda agli autori sulla non neutralità:
se fosse stata applicata come da voi descritto la “regola del mezzo”, dovremmo trovare nel “surplus utenti” (= surplus merci + surplus passeggeri) almeno la metà della somma tra riduzione accise e surplus concessionari autostradali. Il vantaggio conteggiato per gli utenti è invece addirittura inferiore (e non di poco) a tale metà (come si può verificare utilizzando ad esempio i dati della tabella 12.2 dell’ACB). Il criterio applicato sembrerebbe quindi ancora meno equo ed ancora più a svantaggio dell’opera.
In particolare è curiosa l’affermazione contenuta nella parte finale del paragrafo 8.2: “È utile ricordare che, per le componenti B e C, non va computato nessun effetto né di riduzione del tempo di trasporto né di altri risparmi: la regola del mezzo ci dice che, non sapendo nulla di quanto pagavano prima, quelli che cambiano ottengono al più il beneficio di risparmio dei costi
generalizzati sul solo segmento modificato”.
Potrebbe tutto ciò indicare che accise e concessioni vengano considerati solo come una perdita per stato e concessionari autostradali, ma venga considerato addirittura nullo il vantaggio che tali mancati costi comportano per i cittadini?
Silvio Riva
Mi sembrano affermazioni apodittiche le sue: è ovvio che la TAV non è nè il Gottardo, nè il Terzo Valico
So what?
Dice nulla che dei 40 Mt/anno di merci sulla direttrice Nord-Sud il 70% viaggi su treno e solo il 7 (sette) % su quella Est Ovest attraverso il vecchio Frejus di Cavour? (Sono circa 40 Mt/anno anche qui).
Aggiornare il vecchio Frejus è improponibile: fare arrampicare i treni fino 1300 m limita drasticamente le prestazioni del treno.
E lasciamo perdere i costi per l’ abbandiono dell’ opera.
Davide
Io trovo che le posizioni alternative su imposte ed accise non stiano minimamente in piedi. Infatti in questo articolo non si dà la minima spiegazione in merito, ma ci si riduce ad un irrilevante ipse dixit.
Il “semplice esempio” portato su questo sito dagli “esperti” in questione dice tutto: se una tecnologia costa 1, ed un’altra 10, non sono i 9 di imposte sulla prima a cambiare il rapporto di 1:10.
Negare questo è semplicemente folle.
Immaginate che domani si trovi un carburante alternativo per le nostre auto, che sia più costoso e che pareggi il prezzo alla pompa della benzina, ma senza accise.
Non sarebbe corretto dire che questo nuovo carburante rappresenti una perdita di efficienza economica?
O qualcuno crede che la mancanza della ricchezza trasferita da tali imposte non verrebbe avvertita dallo stato?
Non pensavo le posizioni pro Tav potessero essere tanto ideologizzate al punto da negare concetti economici sacrosanti.
Pessima figura, pessima.
Evidentemente che ci sia qualcuno che mostri come i trasporti collettivi siano drammaticamente costosi, inefficienti, e fallimentari, rispetto a quelli individuali, dà troppo fastidio.
Propaganda collettivista, nient’altro. Che mi fa capire da che parte sia giusto stare.
Luigi Andrea Vavassori
Cari professori, state discutendo di metodologia ma non dite che la metodologia di Ponti è errata ma solo che ci sono altre metodologie.
Mi sembra poi che dimenticate il dato essenziale che “uccide” la TAV ovvero il traffico.
Se da oltre 20 anni il traffico tra Italia Francia sta calando che motivo c’è di fare un opera “faraonica” per i costi se non c’è il traffico che la sostiene.
Vi ricordo che l’Eurotunnel tra Francia ed Inghilterra ad oltre 30 anni dall’attivazione senza i contributi dello stato francese è ancora in perdita !!
Jacopo Di Cocco
Per giudicare i benefici bisogna includere l’umento di produttività per operatori terzi grazie a economie esterne con aumento conseguente della produzione (output) e/o riduzione dei costi per gli utenti e i vaantaggi non immediatamente monetarizzabili (outcome). Questo non traspare dai resoconti dello studio che insiste sullo stimato scaso utilizzo dell’opera. Un’osservazione da bolognese in Italia le linee per l’alta velocità sono poco estese essenzialmente limitate alla dorsale Torino Salerno sulla quale le frecce i convergono da linee ordinarie eppure alla stazione di Bologna transitano duraante il giorno con frequenze molto alte treni da nord a sud e viceversa e sono tutti quasi pieni. Di notte mancano ancora treni cargo e navetta per veicoli. Sono stato componete dell’OTS GARR e ricordo.La rete telematica della ricerca GARR cominciò nel 1991 con un link a 2 Mbits tra CNAF a Bologna e CERN; diverse università erano collegate solo a 64 e 48 Kbits e la rete era utilizzata attorno al 10%, oggi la velocità tra KNAF e CERN è ri 200Gbits (200.000 Mbits) e molte case di docenti e studenti sono collegate a velocità decisamente superiori a 2Mbits e il traffico è significativo. I costi delle reti elettroniche si sono decisamente ridotti e molti servizi informativi sono diventati gratuiti. Nessuno pensa che questo sia un costo sociale. Le reti veloci ed economiche sono essenziali per il progresso.
Dave
M. Ponti ha sempre proposto, negli anni anche su questo blog, la sua personale visione pro-gomma e anti-treno. Le commissioni sono di nomina governativa non per caso.
Gertsen
La narrativa di un’analisi discutibile a cui dovrebbe seguire una scelta politica è una caricatura. L’elenco delle opere da fare (ad es. Terzo valico sì, Tav no) fu stilato nella trattativa tra Di Maio e Salvini prima che il governo nascesse. Il criterio (autonomia fiscale delle regioni del Nord in cambio di investimenti al Sud, nella migliore tradizione dei ministri democristiani avellinesi o veneti del tempo che fu) non ha nulla a che fare con una valutazione informata dei pro e dei contro, né con la scelta etico–politica di un modello di sviluppo, quale che sia. Il vero bilancio dei costi–benefici riguardava l’esigenza delle due forze politiche di mantenersi al governo fino alle elezioni europee per prosciugare i rispettivi concorrenti (Forza Italia, PD). La decisione fu presa prima di nominare la commissione e prima che si ripetesse pubblicamente fino alla noia di voler ‘aspettare i numeri’ per decidere. Le dichiarazioni recenti pro–TAV da parte di Salvini dipendono anch’esse da calcoli elettoralistici di cortissimo respiro (l’esito delle elezioni abruzzesi) e hanno ben scarsa relazione con la scelta di fare o non fare. Sarebbe interessante valutare il profilo di legittimità di simili atti (un’analisi costi/benefici è pur sempre pagata con i soldi dei contribuenti), ma da tutta questa vicenda escono screditate tanto la decisione politica, quanto la valutazione tecnica. Non è solo questione di questo o quel parametro numerico.
Marco Orani
Le accise sono un trasferimento dagli utenti alla Stato . sono quindi un maggior costo per gli utenti e un’entrata per lo Stato. Il loro effetto economico per l’insieme dei soggetti coinvolti é nullo.Quindi non dovrebbero essere considerate in un ‘analisi dei benefici economici . Il beneficio economico per la collettività é il minor costo del trasporto. che implica un minor uso di risorse scarse. Che questa riduzione di costi implichi una riduzione di entrate per lo Stato a legislazione invariata é ininfluente. La Stato potrebbe introdurre delle tasse sul trasporto ferroviario reso efficiente che compenserebbero le sue minori entrate. Per assurdo queste tasse potrebbero essere tanto dissuasive da non modificare la ripartizione tra i due modi di trasporto. Le entrate dello Stato aumenterebbero di tutte le nuove tasse sul trasporto ferroviario (cattura dei benefici).
Marco Orani
Le accise sono un trasferimento dagli utenti alla Stato . sono quindi un maggior costo per gli utenti e un’entrata per lo Stato. Il loro effetto economico per l’insieme dei soggetti coinvolti é nullo, visto che le spese degli uni sono compensate dai ricavi degli altri. Quindi non dovrebbero essere considerate in un ‘analisi dei benefici economici totali per la collettività (l’insieme dei stakeholders). Il beneficio economico per la collettività é il minor costo del trasporto. che implica un minor uso di risorse scarse. Che questa riduzione di costi implichi una riduzione di entrate per lo Stato a legislazione invariata é ininfluente. Ciò appare evidente se si considera il fatto che se lo Stato introducesse delle tasse sul trasporto ferroviario reso efficiente , queste tesse potrebbero compensare le sue minori entrate dovute alle ridotte accise sul trasporto per strada.. Per assurdo queste tasse potrebbero essere tanto elevate da dissuadere gli utenti dall’uso del treno e da non modificare la ripartizione tra i due modi di trasporto. Le entrate dello Stato aumenterebbero di tutte le nuove tasse sul trasporto ferroviario (in tal caso lo Stato catturerebbe tutti i benefici dell’investimento) .
FRANCO P.
bravo Massimo, ottimo articolo. I luoghi comuni sull’ACB nei giornali dell’ultimo periodo hanno svuotato una metodologia di analisi economica che è stata spesso usata in modo ottimo. Dopo queste pseudo analisi per la TAV ogni volta che si parlerà di ACB si verrà guardati con sospetto e lo strumento in sé sarà svuotato delle sue potenzialità, Un effetto collaterale non calcolato ma che va a detrimento del lavoro di tanti e di analisi che si sforzano di essere sempre rigorose e imparziali. Un cattivo segnale per il Paese e per i modelli economici.
In fin dei conti una ACB serve a mettere in luce costi e benefici di un’opera non a decidere a priori in base a un risultato che è comunque influenzabile. Quello che infastidisce è il politico che delega il tecnico e influenza il tecnico affinché il risultato indichi la decisione che a lui non piace prendere perché impopolare o per altri motivi.
Proposta, e se si valutassero le grandi opere con la teoria delle opzioni reali, alla fine si tratta di decisioni di budget in ambito incerto…
Alberto Heimler
Complimenti agli autori per un’analisi pacata e che consente finalmente di chiarire le diverse questioni. La critica a prendere in considerazione le accise è fondata in generale. Ma se interpretiamo le accise sui carburanti come un pagamento dell’inquinamento provocato che endogenizza l’esternalità ambientale dovrebbero certamente essere considerate. Non vorrei però che nell’analisi della Commissione Ponti ci fossero poi doppi conteggi. A prima vista non mi pare. Sbaglio?
Stefano
Una domanda (non retorica): esiste un modello di domanda passeggeri/merci credibile per questo progetto? E’ mai stato sviluppato? mi verrebbe da pensare che qualsiasi modello di valutazione si voglia utilzzzare manchi di sostanza a prescindere, in assenza di un modello di domanda all’altezza
Jacopo
Grazie per i punti, pero’ mi aspetterei un valore economico allegato a ciascun punto. nella sezione limitations di un articolo scientifico si include l’impatto di ciascuna limitation. cosi avrebbero dovuto fare gli autori.
Finche’ Percoco/Tavoni non danno un valore economico alle critiche, non sapremo mai se questi errori cambino la risposta fornita da Ponti & co (no) alla domanda di ricerca (fare la TAV giova alla societa’ o meno, una colta considerati i costi?)