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Se le buone ragioni di Trump scardinano il Wto

L’accesso limitato al mercato interno garantito dalla Cina era probabilmente giustificato nel 2001 quando Pechino ha aderito al Wto. Ora, però, la situazione è completamente cambiata. E per l’amministrazione Trump le alternative ai dazi erano ben poche.

L’evoluzione della strategia di Trump

Perché l’amministrazione Trump ha incrementato i dazi all’importazione di numerosi prodotti originari dalla Cina? Perché la Cina è uno dei principali sostenitori del Wto (World Trade Organization), mentre gli Stati Uniti hanno promosso numerose politiche (dazi) e decisioni (il veto alla nomina dei giudici dell’Organo di appello del Wto) che hanno minato le basi della stessa esistenza dell’organizzazione?
All’inizio del 2018, i dazi aggiuntivi applicati dagli Stati Uniti miravano prevalentemente a difendere l’industria nazionale di determinati settori ed erano applicati (salvo esenzioni mirate) nei confronti della generalità delle importazioni. È il caso dei dazi all’importazione di alluminio e acciaio, giustificati in base alla Section 232 (pericolo per la sicurezza nazionale).

Successivamente, l’obiettivo si è concentrato sulle importazioni cinesi, tramite l’utilizzo della Section 301, che consente al presidente di applicare misure per ottenere la rimozione di politiche e pratiche di altri stati, illegittime o ingiustificate, dannose per il commercio statunitense. Questi dazi hanno funzione più sanzionatoria che protettiva e miravano a convincere il governo cinese ad aprire negoziati (come in effetti è accaduto) per promuovere la rimozione delle misure dannose (il trasferimento “forzato” della tecnologia a partner cinesi da parte di investitori statunitensi in Cina e l’insufficiente protezione della proprietà intellettuale) e aumentare l’import dagli Stati Uniti. La Section 301 è stata usata, pertanto, come un grimaldello per forzare l’apertura di un mercato ancora chiuso e poco trasparente. Peraltro, molte misure cinesi non violano regole del Wto: per esempio, la realizzazione di joint venture quale condizione per investire in determinati settori (causa del trasferimento di tecnologia) è in linea con gli impegni della Cina.

Il sistema Wto

Gli impegni degli stati membri del Wto si possono infatti dividere, semplificando, in due parti. Quelli applicabili in modo uniforme a tutti i membri (ad esempio, il principio di non discriminazione fiscale tra prodotti nazionali e importati) e quelli che, invece, dipendono dai risultati del negoziato di adesione di ogni paese, come l’accesso al mercato offerto a prodotti e servizi importati dai paesi terzi.
In generale, ai paesi in via di sviluppo viene riconosciuta la necessità di mantenere livelli di protezione del mercato nazionale mediamente più elevati. Per esempio, i dazi medi applicati all’importazione di beni negli Stati Uniti e in altri paesi industrializzati sono inferiori rispetto a quelli di un qualsiasi paese in via di sviluppo.
Le statistiche riportate sotto illustrano le conseguenze, nei rapporti fra Cina e Stati Uniti, delle asimmetrie rispetto agli impegni di accesso al mercato sottoscritti con il Wto.

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C’erano alternative?

L’accesso al mercato garantito dalla Cina al momento della sua adesione, nel 2001, era probabilmente in linea con le aspettative degli Stati Uniti e degli altri membri nei confronti di un paese ancora in via di sviluppo. Ora, però, la situazione è completamente cambiata. La Cina è una delle tre principali potenze economiche e commerciali e, seppur legittimamente, garantisce un accesso al mercato limitato rispetto a quello offerto dai principali membri del Wto. In più, molte barriere all’ingresso dei prodotti (come i tempi di sdoganamento) sono ancora parzialmente al di fuori del controllo dell’Organizzazione mondiale del commercio. Si aggiungano, poi, le accuse di scarsa tutela della proprietà intellettuale e delle innovazioni tecnologiche degli investitori e, in generale, quelle di scarsa trasparenza del sistema giuridico cinese.

Senza dubbio, le azioni messe in atto da Donald Trump, che molto probabilmente non sono in linea con gli impegni Wto, rischiano di mettere in pericolo l’intero sistema multilaterale (non solo il Wto) che ha garantito un livello di sicurezza e di benessere mai conosciuto in passato. Ma quali alternative, meno divisive, avrebbe potuto mettere in pratica il presidente degli Stati Uniti, anche alla luce del ciclo elettorale, per forzare l’apertura e la maggiore trasparenza del mercato cinese? Rafforzare il Wto, estendendo le sue competenze (ad esempio, a concorrenza, imprese di Stato, rispetto della proprietà intellettuale) e migliorando il sistema di soluzione delle controversie, e aprire un “China Round” per rinegoziare i termini di adesione della Cina sono azioni che comporterebbero lunghi anni di negoziati. Politicamente, poi, gli Stati Uniti (vedi il caso alluminio e acciaio) sono attenti a proteggere i mercati nazionali per guadagnare consenso interno, mentre dal canto loro le altre potenze mondiali preferiscono negoziare accordi di libero scambio bilaterali o regionali invece di promuovere negoziati a livello multilaterale per aprire mercati ancora (in gran parte, legittimamente) chiusi come quello cinese e creare un effettivo “level playing field” multilaterale. Peraltro, i membri del Wto sono incentivati ad adottare posizioni attendiste, perché eventuali aperture del mercato cinese accordate bilateralmente da Pechino agli Stati Uniti sarebbero automaticamente estese agli esportatori di qualsiasi paese membro del Wto, grazie al principio di non discriminazione.

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  1. Giorgio Sacerdoti

    Ottimo e illuminante l’articolo del prof. Dordi.
    Io dubito però che i vantaggi commerciali (per gli USA e gli altri paesi) di questa grave violazione dei principi cardini del sistema multilaterale WTO – imposizione di dazi WTO-inconsistant per forzare l’altra parte a fare concessioni unilaterali – porterà ai benefici attesi. Gli USA di Trump non paiono mossi principalmente dalla richiesta che la Cina abbassi i suoi dazi all’import, bensì mirano alla protezione del mercato USA ( così per i ventilati dazi sulle auto anche nei confronti dell’Europa invece di chiedere caso mai all’Europa di allineare i propri dazi al livello più basso degli USA) e ad un ri-bilanciamento mercantilistico del deficit bilaterale: per es. ottenendo dalla Cina impegni all’acquisto di soia USA, un impegno che solo una (pur criticata) economia non di mercato può assumere.
    Staremo a vedere…

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