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Fridays for future, ultima chiamata per il pianeta

Con manifestazioni in tutto il mondo, i giovani (e i loro genitori) chiedono alla politica di attuare misure immediate e concrete contro il cambiamento climatico. Movimenti simili in passato non hanno ottenuto grandi risultati: questa sarà la volta buona?

Una manifestazione di livello mondiale

Si tiene oggi 15 marzo 2019 una delle più grandi manifestazioni mondiali, perlomeno nella storia recente, dedicata al cambiamento climatico e alla richiesta che la classe politica, in ogni paese, si occupi della questione. Il “Fridays for future” (#fff), questo il nome della manifestazione, si svolge in 123 stati diversi, e solo in Italia si prevedono 140 eventi (secondo paese al mondo dopo la Germania).

La peculiarità principale del #fff è di essere nato seguendo le orme di colei che possiamo definire l’attuale figura di riferimento sulla tematica: Greta Thunberg, sedicenne svedese che dalla scorsa estate ha avviato la tradizione degli scioperi per il clima ogni venerdì. Nonostante il tema non sia certo nuovo, la politica sembra ancora in ritardo e impreparata ad affrontarlo. Sarà la volta buona? Lo stato dell’arte nelle politiche ambientali dei vari paesi non ispira all’ottimismo, ma una prima verifica dell’impatto di #fff si avrà con le elezioni europee e con l’importanza che i partiti daranno alla tematica ambientale.

I costi dei cambiamenti climatici

Secondo l’ultimo report dell’Ipcc, il panel dell’Onu sui cambiamenti climatici, la temperatura media globale è aumentata di 1°C dal periodo preindustriale. Se vogliamo mantenerci entro la soglia di sicurezza del +1,5°C stabilita dall’Accordo di Parigi, le emissioni di gas serra dovranno ridursi del 45 per cento rispetto al 2010 entro il 2030 e raggiungere lo zero nel 2050 (al netto dei processi di riforestazione e di cattura e stoccaggio della CO2). Lo scenario più fattibile dei +2°C prevede comunque una riduzione del 25 per cento al 2030, ma con danni sensibili all’ecosistema. Del resto, le conseguenze negative da cambiamenti climatici sono già una realtà. Il database NatCatService dimostra che nel 2017 i danni economici dovuti a disastri naturali hanno raggiunto il livello record di 340 miliardi di dollari, con un trend in continua crescita. Il 7 per cento è dovuto a fenomeni geofisici come terremoti o eruzioni vulcaniche, mentre il restante 93 per cento è causato da eventi quali alluvioni, uragani, temperature e siccità estreme, che non sono per forza direttamente causati dai cambiamenti climatici ma ad essi sono legati in quanto ne aumentano l’intensità e la frequenza. Questo tipo di eventi si è triplicato negli ultimi 40 anni (figura 1).

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Figura 1 – Numero di eventi naturali catastrofici (1980-2017)

Fonte: MunichRe, NatCatService

Di fronte a questi numeri ci si aspetterebbero reazioni coraggiose, decise e lungimiranti da parte dei governanti. L’Europa ha già messo nero su bianco il proprio obiettivo di azzeramento delle emissioni al 2050, ma bisognerà passare dalle parole ai fatti, poiché ciò implica passaggi intermedi come l’addio (“phase out”) al carbone entro il 2030 e un parallelo massiccio sviluppo della mobilità elettrica. La Cina, che insieme ai paesi asiatici è responsabile oggi di più della metà delle emissioni globali, dipende ancora troppo dal carbone. Allo stesso tempo, però, è leader negli investimenti nelle energie rinnovabili e ha varato un ambizioso piano di riforestazione che ha contribuito a rendere il pianeta più verde rispetto a vent’anni fa. Nel Nord America il dibattito appare decisamente più politico che tecnico-scientifico: negli Usa i democratici propongono un “green new deal” come cavallo di battaglia per le elezioni presidenziali del 2020, in contrapposizione ai conservatori negazionisti climatici (meno diffusi nel panorama politico europeo). In Canada, il premier Trudeau scommette parte della sua rielezione sulla proposta di carbon tax a livello nazionale, con il gettito che verrà restituito ai cittadini sotto forma di sconti fiscali. Di fatto, molte parole e grande dibattito ma poche azioni, a parte rare eccezioni, come la bipartisan US Climate Alliance, che conta ben 23 governatori, e la RE100, che raggruppa imprese private come Apple e Facebook.

Politica perennemente in ritardo

La manifestazione del 15 marzo si preannuncia come un successo, perlomeno a livello di partecipazione: ai meno attenti, o semplicemente ai più giovani, potrebbe sembrare che il movimento ambientalista e la consapevolezza del riscaldamento globale non siano mai stati tanto forti e diffusi nel mondo. In realtà, non è così. Solo poco più di dieci anni, nel 2007, il premio Nobel per la pace venne assegnato all’Ipcc e ad Al Gore proprio per le loro posizioni e i loro lavori sul riscaldamento globale (peraltro, il documentario di Al Gore vinse pure l’Oscar di categoria nello stesso anno). Quelle di dieci anni fa erano forse posizioni d’avanguardia? Tutt’altro: erano posizioni già allora preoccupate dei ritardi della politica. Per questo, oggi, la situazione appare ancora più drammatica. La novità, fattore di speranza e maggiore ottimismo, è che ora la sensibilità non deriva più solo dalla voce di élite politiche o ricercatori scientifici bensì direttamente dalla popolazione e in particolare dai più giovani. Sarà quindi molto interessante vedere se e come i leader reagiranno a questi segnali, già a partire dalle piattaforme programmatiche che i partiti europei presenteranno alle elezioni di fine maggio.

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24 commenti

  1. Savino

    Gli adulti debbono darsi una regolata. Parole certe sulle questioni energetiche. Basta con gli abusi del suolo. E’ ora di cambiare questi progettisti pubblici e privati che speculano sull’ambiente per soldi. Vogliamo vedere persone giovani al loro posto. Basta con i pregiudizi nei confronti dei giovani, che hanno diritto a decidere della loro esistenza e non a subire le decisioni degli adulti.

  2. pier damiano taddeo

    Apprezzerei che i nostri giovani partecipanti oltre all’andare in piazza adottassero comportamenti consoni .C’entra poco con l’effetto serra ma per esempio privilegiare acquisto prodotti con minima confezione in plastica , avviare al riciclo quanto possibile e privilegiare lo smaltimento di quella non riciclabile in termvalorizzatore al posto della discarica credo aiuterebbe il ns amato ambiente.

    • Amegighi

      Sono daccordo. Ma credo che questi comportamenti dipendono spesso dai genitori che non glieli insegnano.
      Il dibattito è stato “furbamente” trasferito da un livello di dati e fatti scientifici ad un livello puramente politico. I dati scientifici erano chiari anche prima, ma non erano ancora sufficientemente forti per convincere i più scettici tra gli addetti ai lavori. Ora non più, e difatti si passa a discorsi lunghissimi per non decidere assolutamente niente, in una situazione dove la tecnologia c’è. La Norvegia produce quasi il 95% della propria energia da fonti rinnovabili (fonte: Governo Norvegese) eppure potrebbe farne a meno. Lo fa e basta nonostante il Governo sia conservatore.
      Un dato di cui non si parla mai (e che non è toccato nell’articolo) sono la diffusione delle malattie che determinerà la comparsa di patologie pesanti in zone dove non esistono. Malattie umane, con conseguenti problemi per la vita e la salute delle persone, per la vita sociale ed economica, ma anche malattie animali e vegetali con conseguente alterazioni a livello della catena agricola.

  3. Jo Lustro (Giovanni)

    Io penso che svegliarsi adesso sia troppo, troppo tardi, tenendo conto che tre quarti dell’umanità è disinteressata al problema. L’uomo è sulla terra da circa 300mila anni (una inezia) e la sta devastando. La natura si libererà della razza umana nel giro di qualche secolo. Purtroppo ma per fortuna.

  4. Sergio La Verghetta

    Credo che uno delle modalita’ di affrontare il problema sia la sensibilizzazione e la diffusione capillare della informazione, attraverso la “educazione ecologica” nelle scuole, con una rivoluzione bottom-up della gente e fra la gente ed una attivita’ top-down per le istanze da affrontare politicamente.

    • Davide

      Certo, la propaganda fatta rovinando le menti innocenti dei bambini è sempre stata in cima ai modi scelti per far passare messaggi sbagliati.
      Al contrario, servono persone intelligenti, formate, dotate di strumenti intellettuali avanzati e soprattutto senso critico, per valutare i fenomeni.
      Non analfabeti funzionali che credono a qualsiasi cosa venga insegnata a scuola, come se fossero dogmi religiosi incontestabili.
      Insomma l’esatto opposto della ragazzina usata per fare propaganda, nella peggiore tradizione totalitaria.

  5. ettore falconieri

    Prima dela cosiddetta piccola glaciazione avvenuta dopo il cinquecento, vi è stata per secoli una temperatura molto piu alta dell’attuale e l’uomo non ne era resposabile.
    http://www.libertates.com/il-riscaldamento-del-mondo-non-e-causato-dalluomo/

    • Lorenzo

      Vuol forse dire che non dobbiamo fare alcunché per tentare di ridurre il consumo di combustibili fossili (il nome stesso le potrebbe suggerire che tali combustibili non sono rinnovabili)?

  6. Giovanni Vergerio

    I dati relativi all’incremento di gas serra nell’atmosfera a partire dagli anni 60 sono inequivocabili nello stabilire la nostra responsabilità. Il nostro impegno dovrebbe essere in due direzioni 1) Ridurre concretamente la nostra produzione individuale misurabile di gas climalteranti di almeno l’80% al 2030 2) Sostenere quelle forze ( politiche e non) che dimostrano di operare fattivamente per un analogo obiettivo tendenziale a livello europeo e mondiale.

  7. Salve, grazie per l’articolo e per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica (ma soprattutto richiamare i politici alle proprie responsabilità). Sono geologo e avrei piacere se deste un’occhiata e esprimeste un parere su alcune proposte (che trovate qui https://www.rigenerazioneitalia.it/piu-tutele-contro-il-rischio-idrogeologico/) che ho delineato sul tema della prevenzione al Rischio idrogeologico in Italia. Grazie

  8. Luigi

    Oggi, la questione del cambiamento climatico sembra diventata un tema ideologico. Non solo ci si divide se sia l’uomo la causa di questo cambiamento, ma anche se sia in atto effettivamente un cambiamento epocale. Fermo restando la lotta a qualsiasi tipo di inquinamento, che minaccia la vita, il dubbio sovviene quando scienziati come Zichichi o Rubbia avvertano che che la questione sul del cambiamento climatico sembra campata in aria. Rubbia nel 2014 ha addirittura affermato al Senato che tra il 2000 e il 2014 la temperatura media è addirittura diminuita, che sicuramente deve essere ridotta l’anidride carbonica in atmosfera ma che comunque non potrebbe essere questa la causa di eventuali cambiamenti climatici. Nello stesso intervento, Rubbia, che non mi sembra l’ultimo arrivato, ha spiegato come ai tempi dei romani la temperatura media fosse di 1,5 gradi superiore all’attuale (Annibale attraversó le Alpi con gli elefanti. Impresa inimmaginabile oggi ), che inoltre negli ultimi 1000 anni almeno due volte, intorno al 1000 e al 1600, abbiamo avuto due piccole glaciazioni. Ed è inimmaginabile che sia ai tempi dei romani, sia nel 1000 sia nel 1600, è immaginabile che potesse c’entrare l’attuvità umana.

    • Lorenzo Sala

      Gentile Luigi, come può trovare scritto nel libro “Il Clima è già cambiato” del climatologo S.Caserini, circa 20.000 anni fa durante l’ultima era glaciale la temperatura media globale era di -5°C rispetto a oggi per poi gradualmente aumentare. Al termine dell’era glaciale siamo entrati nell’Olocene con 10.000 anni di temperature più o meno stabili in cui è fiorita la civiltà umana così come la conosciamo. Ci sono stati scostamenti contenuti (+/- 0.5 °C dalla media di tale periodo) dovuti a fari fattori come l’attività delle macchie solari. Tali scostamenti possono essere stati maggiori in determinate parti del globo (come oggi l’aumento verificatosi di +1°C non è uniforme ovunque) per cui si citano casi come quello dei Vichinghi che colonizzarono parte della Groenlandia ecc.. Tuttavia più del 98% dei climatologi è concorde nell’affermare che un cambiamento così repentino nella temperatura media globale, come avvenuto negli ultimi decenni, non si sia mai verificato durante l’Olocene e sia causa in buona parte dell’uomo. Nei primi anni 2000 si è verificato un rallentamento riscaldamento globale dovuto a variazioni temporanee di El Niño, ma il trend del riscaldamento globale è tuttora in atto come può verificare dai dati riportati dall’IPCC e dalla Nasa. In generale la invito a diffidare delle affermazioni in merito di persone come Rubbia che, pur essendo un Premio Nobel per la fisica, non è ahimè un climatologo.

    • Davide

      Infatti E’ un tema ideologico.
      La bufala del riscaldamento globale di origini antropiche non è altro che il riciclo delle idee sessantottine fallite, che cercano un’altra via per imporsi e distruggere libertà, sviluppo economico e capitalismo.
      Come tali vanno trattate.
      Peccato che la teoria non stia in piedi, come giustamente osservato da Luigi.
      Leggo nel commento qui sopra, dell’autore dell’articolo, di una variazione storica di temperatura di +-0.5 gradi.
      Questi non sono “dati”, sono ricostruzioni di temperatura fatte dai sacerdoti del riscaldamento globale, incompatibili però coi dati storici citati e noti (Annibale, Groenlandia, ecc.).
      Lo stesso periodo caldo medievale era presente nel primo rapporto IPCC, ma è successivamente sparito grazie alle “correzioni” fatte da queste persone, che si sono coordinate in tal senso, come dimostrato dalle email del climategate. Correzioni che hanno fatto di recente sparire anche il global cooling tra gli anni ’40 e ’70, a suo tempo usato dagli “scienziati” per strillare all’imminente era glaciale.
      L’autore dice anche che è aumentato il numero di eventi estremi, ma la realtà è che 1) gli stessi rapporti IPCC negano che ci sia evidenza in merito 2) fa cherry picking di studi e periodo temporale in merito.
      Siamo di fronte al più grande tentativo di truffa ideologica probabilmente mai visto.
      I prossimi anni lo scontro sarà duro ed inevitabile.
      E costringerà a ripensare molto di come la cd “scienza” si spaccia per tale.

      • Lorenzo Sala

        Lo scioglimento della calotta artica in atto è un fatto inconfutabile come può osservare da anni di immagini satellitari della NASA (https://climate.nasa.gov/vital-signs/arctic-sea-ice/). Anche il riscaldamento della temperatura media globale è un fatto inconfutabile come riportano i dati IPCC e NASA (https://climate.nasa.gov/interactives/climate-time-machine). Infine i dati storici usati dai climatologi si basano sullo studio delle calotte di ghiaccio che hanno permesso di stabilire come in molti luoghi il livello dei ghiacci non era mai stato così basso nella storia umana. Le teorie usate dai negazionisti climatici non hanno ahimè basi scientifiche solide e sono state più volte confutate (per un maggior approfondimento del celebre discorso di Rubbia: https://www.climalteranti.it/2019/03/21/anche-un-premio-nobel-puo-raccontare-cose-sbagliate-su-clima/#more-8914). Sebbene a livello scientifico non si possa provare che un singolo evento come un uragano sia dovuto ai cambiamenti climatici esistono database come quello citato che dimostrano come il numero di catastrofi naturali sia in aumento e soprattutto vi è un ampio filone di ricerca che spiega come i cambiamenti climatici pongono le basi fisiche e climatologiche per maggiori e/o più intense inondazioni, uragani, ondate di calore ecc. (e si sta arricchendo di evidenza statistica).

        • Davide

          Lo scioglimento dei ghiacci polari non avviene più da una dozzina d’anni, come può notare osservando i dati che ha linkato.
          Ed in ogni caso lo scioglimento dei ghiacci avviene anche senza riscaldamento, purchè ci sia una temperatura superiore a quando si sono formati.
          Quindi l’unica cosa che dimostra (insieme ai ghiacciai alpini) è che 200 anni fa faceva più freddo, cioè una ovvietà indipendente dal riscaldamento antropico, data la piccola era glaciale da cui siamo poi naturalmente usciti.
          Circa il periodo caldo medievale sparito, è sufficiente consultare il primo report IPCC a pag 202 (ma non è l’unico studio a riportarlo, prima della riscrittura della storia), oltre alle e-mail degli “scienziati” che tanto hanno penato per farlo sparire.
          Il punto è che era stimato di una certa grandezza, dagli scienziati, fino a pochi anni fa, poi è cominciata la “riscrittura”.
          La sua sparizione è incompatibile coi dati storici, che mostrano come non fosse affatto un fenomeno “locale”.
          Questo, solo a titolo esemplificativo, è uno studio relativo all’emisfero nord: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1111/j.1468-0459.2010.00399.x
          e mostra temperature ben superiori a quanto mostrato dall’hockey stick.
          Sul resto ho già risposto nell’altro commento, con riferimenti molto precisi.

      • Francesco

        Caro Davide,
        senza entrare nel merito delle sue teorie, mi saprebbe dire che titolo ha lei per essere più autorevole del 98% dei climatologi mondiali?

        • Davide

          La scienza non va avanti col principio di autorità. E’ precisamente la rivoluzione scientifica ad aver abolito l’ipse dixit.
          Il 97/98% è semplicemente uno studio politicizzato relativo a chi ha pubblicato sull’argomento, che viene selezionato proprio in base all’essere d’accordo.
          Ci sono altri studi che mostrano numeri più prudenti, come questo:
          http://journals.ametsoc.org/doi/pdf/10.1175/BAMS-D-13-00091.1
          Peraltro le ricordo che la scienza non va avanti, oltre che con l’ipse dixit, neanche per maggioranza.
          La scienza non è democratica.
          Io ho semplicemente le capacità e le competenze per valutare le incongruenze più palesi, specialmente da un punto di vista di capacità previsive dei modelli e di loro margini di incertezza.
          Perchè parliamo di qualcosa che, se fossimo in campo economico, avrebbe costretto anche uno studente di secondo anno a sbattere la testa sulla realtà, che non segue modelli pieni di overfitting e mostra difficoltà enormemente maggiori passando dallo spiegare i dati passati alla pretesa di prevedere il futuro.
          Ma soprattutto ho quello che ormai manca a troppi: il senso critico.
          Cosa che dovrebbe essere al primo posto, in un periodo in cui le pubblicazioni scientifiche attraversano una enorme crisi di replicabilità: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1182327/
          Normalmente il problema principale è “publish or perish”, con le sue aberrazioni, ma col gw il concetto è portato all’estremo.
          L’accademia non funziona più, se non per autoreferenziarsi.

  9. Michele

    Molti italiani devono cercare di mettersi d’accordo con se stessi. Da un lato si assiste a cori entusiastici per fff, ma poi non si vuole una legge che azzeri da domani il consumo di suolo, si vuole che ILVA. continui a produrre, si propugna l’inutile e inquinante TAV in val di susa, si osanna il TAP etc etc. Troppi ambientalisti con l’inquinamento degli altri.

  10. Davide

    Da un sito che pretende di trattare temi economici, mi aspetterei anche articoli di diversa impostazione, e cioè un confronto spassionato tra i costi della rivoluzione energetica proposta, ed un’analisi, seria e non fatta di pregiudizi, dei costi di adattamento ad un incremento di temperatura.
    Perchè, anche prendendo per buona (come non è) la teoria del riscaldamento per cause umane, non è affatto scontato che sia meglio avere un certo scenario invece che un altro, soprattutto dati i fortissimi costi di adattamento energetico.

    Lancio peraltro una sfida agli autori ed a tutta la redazione, nonchè a tutti i lettori: da un punto di vista empirico, quali fatti, quale dinamica di temperatura, o cos’altro, riterreste necessari e/o sufficienti per considerare falsificata e confutata tutta la teoria IPCC del riscaldamento globale causato dall’anidride carbonica emessa dall’uomo? Specialmente in tema di previsioni.
    Perchè la scienza, e non l’ideologia, si fa così: mettendo un modello alla prova dei fatti. Sappiamo tutti quanto una verifica out of sample sia molto più difficile ed importante di una in sample.
    Perchè, cari miei, la realtà è che il riscaldamento degli ultimi decenni non sta seguendo la traiettoria prevista dalle previsioni di 30 anni fa, che era stimata essere maggiore.
    Così come il ghiaccio al polo nord non sta affatto sparendo, come aveva previsto il citato Al Gore (dovrebbe essere già sparito da anni, stando alle sue dichiarazioni).

    • Lorenzo Sala

      Un’analisi costi/benefici completa a riguardo fu fatta da Stern stimando in 1% del Pil il costo annuale di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici nei prossimi 30 anni. Un costo ingente ma che compenserebbe un minor Pil nell’ordine del 5%-20% all’anno in futuro senza politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici. Il recente report IPCC invece propone 4 diversi scenari di mitigazione con un’azione più o meno forte subito e un maggior/minor uso della cattura del carbonio nella seconda metà del secolo (con ovviamente diverse probabilità di sforare o meno i +1.5°C). Nel periodo 2016-2050 stima investimenti addizionali relativi al settore energetico pari a 830 miliardi all’anno. Nonostante i margini di incertezza di tali stime, i rischi dell’inazione sono altissimi e in parte stiamo già iniziando a pagarli. L’ultimo report IPCC in realtà mostra proprio la diversa intensità dei danni all’ecosistema con un aumento di +1.5°C o +2°C, quindi è assolutamente falso affermare che l’IPCC neghi l’evidenza scientifica di tali danni. E ricordo che quando parliamo di IPCC si tratta di un panel di 1300 scienziati indipendenti, tra i più accreditati in materia a livello mondiale, che ha confermato anche nel suo ultimo report che vi è una probabilità maggiore al 95% che il riscaldamento globale avvenuto negli ultimi 50 anni sia in gran parte imputabile all’attività umana.

      • Davide

        Al contrario, come ho correttamente affermato il 5° rapporto IPCC, tra pag. 214 e pag. 220 del volume “The Physical Science Basis” (come riportato dal paper recentemente pubblicato sull’argomento da Francesco Ramella, disponibile sul sito dell’IBL), afferma in più punti come non ci sia evidenza di un aumento di eventi estremi.
        Pertanto, quando affermate che gli eventi estremi sono aumentati di frequenza ed intensità per via dei cambiamenti climatici, state affermando qualcosa senza evidenza scientifica a supporto.
        Cioè luoghi comuni, propaganda.
        Circa la valutazione dei “danni” di tali eventi, parlate di “livello record di 340 miliardi”, ma nello stesso report di Ramella si legge come, al contrario, i danni siano abbastanza stabili rispetto al Pil, con semmai un lieve trend di diminuzione.
        Con, cosa importante ma che ovviamente omettete, un drammatico miglioramento in termini di vite umane.
        Potete pertanto evitarmi la predica sul presunto consenso degli “scienziati”, perchè i dati pubblicati dagli stessi paiono dire cose molto diverse da quanto raccontate.
        5/20 punti di pil in meno all’anno (ogni anno 20 punti in meno? Sicuri sicuri?) appaiono, per essere generosi, numeri buoni forse da giocare al lotto.
        Ed è proprio su questo che un sito come questo dovrebbe fare stime in modo più sensato ed approfondito.

        • Lorenzo Sala

          Guardi, per capire la sua faziosità basta leggere il Report IPCC che lei cita. Si può vedere come affermi che non c’è un livello di evidenza scientifica sufficiente solo per alcune tipologie di eventi estremi, non quello che afferma lei. E comunque molti database riportano un trend di aumento nel numero dei disastri naturali negli ultimi decenni e dei danni economici connessi, non solo quello sopra citato ma anche qui (https://ourworldindata.org/natural-disasters#economic-costs). Quanto al numero dei morti ciò non vuol dire che i disastri naturali siano di entità minore: palesemente oggi ci sono tecnologie che permettono di ridurre i morti rispetto a un secolo fa (pensiamo ad esempio a quanto ha fatto il Giappone contro il rischio antisismico).

      • Davide

        Rinnovo inoltre la domanda scientifica BASE: di che eventi avete bisogno per confutare tutto l’impianto previsivo?
        Preso atto che il polo nord non si scioglie come prevedevano gli “scienziati” di Al Gore, che i ghiacci della Groenlandia neppure, che le previsioni degli “accreditati scienziati” degli anni ’70 sull’imminente glaciazione sono andate ovviamente mancate, e che la temperatura negli ultimi 30 anni è salita ad un ritmo inferiore a quanto previsto dal primo rapporto IPCC (ben che vada si può discutere se si salvano per un pelo dentro l’intervallo inferiore, oppure no).
        Pensate che sia una questione secondaria, e che la “scienza” si faccia senza mettere le previsioni alla prova dei fatti, come la filosofia della scienza insegna in modo inequivocabile?

        • Lorenzo Sala

          Senza entrare nel merito delle sue polemiche strampalate: la questione è che l’IPCC pubblica ricerche scientifiche che si basano su una peer review giungendo ha conclusioni che sono state avallate dal 98% dei climatolog mondialii. Proprio perchè l’IPCC fa uno scrupoloso lavoro di test delle proprie ricerche nei report per ogni affermazione riporta il livello di confidenza (low, medium, high). Quali sono invece le sue basi scientifiche scusi?

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