Il ministero dell’Economia prepara un pacchetto investimenti che potenzia misure già esistenti. Meglio sarebbe stato vararlo in estate, quando però le due componenti del governo erano impegnate sulle leggi-simbolo. Ora speriamo almeno in una rapida messa a punto e approvazione.
Aspettando il decreto per la crescita
Stando alle anticipazioni di stampa, scaduti i suoi primi 300 giorni di attività, il governo potrebbe dare una sterzata alle sue azioni di sostegno all’economia verso l’adozione di alcune misure di buonsenso che sostengano gli investimenti.
Come riportato dal Sole-24Ore e dal Corriere della Sera, al ministero dell’Economia è in preparazione un “pacchetto investimenti” inclusivo di un “rafforzamento del bonus sisma e delle detrazioni per l’efficienza energetica delle abitazioni, tasse ridotte per l’acquisto di edifici da demolire e ricostruire, ma anche il ritorno delle cartolarizzazioni per la cessione del patrimonio pubblico e la dismissione degli immobili degli enti locali”. Il piano di supporto alla crescita dovrebbe accompagnare il Documento di economia e finanza (Def) di metà aprile. Rappresenterebbe un’alternativa alle ipotesi di manovra correttiva sui conti pubblici di cui si è molto parlato nelle scorse settimane e che non avevano trovato sostenitori né all’interno della coalizione né tra gli operatori. In effetti nessuno – neanche a Bruxelles – è arrivato a ipotizzare di imporre una manovra restrittiva a un’economia entrata in una lieve recessione nel secondo semestre 2018.
Tra le misure del pacchetto, che scommette sull’attivazione degli investimenti pubblici già finanziati, c’è anche un nuovo intervento per accorciare i tempi di pagamento delle imprese da parte della pubblica amministrazione, insieme a un’ulteriore riduzione dei premi Inail (parte del cuneo fiscale), già diminuiti quest’anno. Nel piano, si legge sul Corriere, ci sarebbero anche nuovi incentivi fiscali per le imprese che investono nei macchinari (cioè un rafforzamento della neo-legge Sabatini) e la riapertura del regime del super ammortamento, che scadrebbe a giugno, oltre a un nuovo credito di imposta per le spese di ricerca e sviluppo.
Il pacchetto investimenti si poteva fare otto mesi fa
Nel complesso sono tutti provvedimenti che irrobustiscono misure esistenti. Vedremo le caratteristiche definitive del pacchetto quando sarà approvato. Per intanto si può dire che sarebbe meglio valutare le misure esistenti nei loro effetti prima di potenziarle. Ad esempio, ci si potrebbe chiedere se il super ammortamento ha funzionato e quanto. Lo stesso vale per gli altri bonus. Ma durante una recessione – o per evitare che una recessione peggiori – non si va tanto per il sottile e così anziché avventurarsi in iniziative nuove, meglio rafforzare l’esistente. Rimane però un secondo punto: proprio per la loro relativa semplicità di attuazione, è giusto chiedersi perché queste misure non siano state adottate l’estate scorsa, cioè quando hanno cominciato a manifestarsi i primi sintomi di rallentamento. Purtroppo, a questa domanda i ministri del governo gialloverde non possono fornire una risposta dignitosa. Quella dignitosa (e vera) sarebbe che le due componenti della coalizione erano impegnate in attività di propaganda per marcare la discontinuità con il governo precedente. E la discontinuità richiedeva per il M5s l’attuazione del (cosiddetto) reddito di cittadinanza e per la Lega la (cosiddetta) abolizione della legge Fornero. Tutte e due le misure identitarie – per quanto purgate e condizionate per renderle compatibili con i vincoli di bilancio – sono poi entrate nella legge di bilancio 2019. La quale però si approva a fine anno (quest’anno, lo si è fatto di corsa, dopo Natale, essenzialmente spossessando il Parlamento del potere di verifica del contenuto della legge più importante dell’anno). Per definizione, dunque, l’aiuto all’economia non è arrivato quando serviva, cioè nel secondo semestre 2018. Ora per l’attuazione delle misure e per vederne qualche effetto sull’economia bisognerà attendere la seconda metà dell’anno. Viceversa, l’adozione del pacchetto investimenti del ministro Tria già nell’estate scorsa forse non ci avrebbe risparmiato la recessione, ma almeno avrebbe attenuato la gelata improvvisa che ha colpito l’economia italiana nell’autunno 2018 e che potrebbe avere qualche strascico anche nei primi mesi del 2019.
Comunque, a questo punto, c’è solo da augurarsi una rapida approvazione di un decreto che aiuti l’economia, in modo da accorciare la durata della recessione e da impostare con maggiore serenità una finanziaria 2020 che non sia un altro avventuroso libro dei sogni. E, dopo l’esperienza del 2019, se potessimo risparmiarci un nuovo ciclo politico elettorale fatto di piani fantasiosi (con aumento dello spread) e revisione dei piani fantasiosi (con discesa dello spread), in fondo a beneficiarne sarebbero “prima di tutto gli italiani”.
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Massimo GIANNINI
Daveri ha sempre problemi con i giorni e le cifre. I giorni del cambiamento sono ad oggi 290 e non 300… Poi finiamola con questa storia del “si poteva fare 8 mesi fa” perchè non è che appena arrivati al governo d’estate si possono immediatamente prendere certe misure di politica economica. Alcune hanno degli ovvi ritardi cosi detti “interni” di approvazione e messa a punto. Se ne faccia una ragione Daveri…le priorità del governo non sono le sue… P.S. Riguardo alla spread i fatti vi hanno smentito e lo spread è ora a livelli più bassi di maggio 2018 ovvero di prima che il governo si insediasse.
Henri Schmit
Con il precedente governo lo spread era sotto 150, verso 125, comunque scandalosamente alto! Ora è il doppio dopo essere stato il triplo. Colpa di chi? Non bastano conti da bottegai e parole da avvocatacci per cambiare la realtà! Ci sarà un giugno rovente! L’Italia chiacchiererà di elezioni e di nuovo governo di destra, a farneticare di flat tax per famiglie e partite iva, i conti saranno quelli che sappiamo già, l’economia sarà ferma, il deficit tenderà verso il 2,5%, il debito verso 2,4K miliardi, l’UE protesterà tardivamente e mollemente contro le inadempienze e lo spread tornerà verso i 350 punti, fino a quando non si sa chi dirà come finanziare i 40 miliardi che mancheranno, cioè chi li pagherà. Non l’UE, non gli altri paesi dell’eurozona, già abbastanza danneggiati dalle inefficienze italiane!
toninoc
@@ Massimo Giannini. Riguardando il grafico dello spread riportato oggi sul sito Teleborsa risulta evidente che nel marzo 2018 lo spread si è attestato a 129,70 scendendo al minimo il 25 aprile con quota 113,63. Poi si evidenzia una repentina e continua impennata fino alla fine di maggio raggiungendo quota 268 ed un massimo raggiunto a novembre 2018 con quota 325. Oggi la quota è pari 234 punti base che sono più del doppio rispetto al minimo del 25 aprile 2018. Lei può avere ovviamente opinioni diverse sulle cause che hanno provocato l’impennata dello spread, che io attribuisco alle proposte economiche poco credibili dichiarate dal nuovo governo, ma i numeri del grafico di cui sopra non sono opinabili e dimostrano con freddezza matematica che oggi lo spread è il doppio del 25 aprile 2018 quando ancora il nuovo governo non si era insediato ed i futuri governanti sparavano cifre e proposte illusorie nell’euforia della vittoria elettorale. Cifre alle quali i MERCATI non hanno creduto e sono costate all’Italia ed ai suoi cittadini un bel pacchetto di miliardi di euro. La saluto molto cordialmente.
toninoc
Vediamo se i prossimi giorni il richiamo della flat tax da parte di Salvini farà diminuire o aumentare lo spread. Le elezioni europee sono in arrivo e gli elettori, anche i lavoratori dipendenti, devono essere infinocchiati un pò per una nuova messe elettorale . Tutto a debito naturalmente.
Michele
Caro Prof. Daveri, di “decreti che aiutano l’economia” ma che in realtà sono solo regalie alle imprese ne abbiamo avuto abbastanza. Di manovre redistributive a favore dei più ricchi e furbi non se ne può più. Con la scusa – ormai frusta – che occorre “stimolare” gli investimenti si sono da decenni adebitate ai contribuenti italiani trasferimenti alle imprese che sono stati in gran parte tesaurizzati e pagati come dividendi / capital gain detassati (vedi pex, rivalutazione delle partecipazioni etc). In realtà gli investimenti PRIVATI ancora nel 2018 sono stati del 30% inferiori a quelli del 2008 (parola di Visco) . Il deficit cumulato di investimenti privati nell’ultimo decennio si avvicina ai 500 mld. Grazie a ciò ci troviamo con una TPF piatta da 10 e più anni (diversamente dai paesi competitors), GDP che decresce più rapidamente quando EU rallenta e cresce della metà quando EU cresce, 5 milioni di poveri, più di 130% di debito pubblico. Il tutto grazie ai governi degli “esperti “ che hanno preceduto l’attuale. I commenti non sono mai neutri. Neanche il suo lo è. Invocare le vecchie, obsolete ricette può aiutare il P&L dei soliti noti, ma non aiuta il paese. Un cordiale saluto
francesco daveri
Caro Michele, lei snocciola certezze che andrebbero verificate. Ad esempio se l’aumento del debito pubblico sia da attribuire ai “governi degli esperti” (che peraltro quando erano al potere ho SEMPRE criticato come è giusto che facciano gli osservatori). Altre sue certezze poi sono semplicemente inesatte. Come quella sul livello degli investimenti privati che oggi sono NON sono del 30 per cento più bassi del 2008 (si guardi i dati Istat dell’ultimo trimestre 2008, non posso riprodurglieli qui). Il calo c’è ma è del 20 per cento. Ovviamente non c’è da gloriarsi di un -20 per cento. Ma il -20 di oggi è meglio del -30 a cui lei si riferisce e che era il livello raggiunto nel 2014 prima della ripresa del 2015-2018 e in particolare delle cosiddette politiche di incentivazione di cui non sono un fan in assoluto (l’incentivo produce un boom oggi e rischia uno sboom domani). ma in assenza di politiche migliori sembra abbiano prodotto qualche risultato (investimenti aumentati del 16 per cento tra il 2014 il 2018, si guardi i dati). Infine uno che snocciola certezze (inesatte) peraltro di solito non viene assalito dai dubbi. E così non si chiede neanche se magari oggi – proprio a causa della digitalizzazione – non ci sia più bisogno dello stesso ammontare di investimenti che servivano nel 2008 per produrre lo stesso ammontare di Pil (si chiama “aumento della produttività del capitale). Non so se è vero, è però un tema su cui chi guarda i dati deve riflettere
Michele
Grande Prof. Daveri, questa me la segno! Oggi in Italia grazie alla digitalizzazione non abbiamo più bisogno dello stesso ammontare di investimenti di un tempo per ottenere lo stesso GDP perché è aumentata la produttività del capitale!!! Alla faccia della matematica, di David Ricardo e Larry Summers tutti messi insieme. Mitico! Si vede che fa bene stare con i giovani studenti, notoriamente fantasiosi nelle scuse più astruse per non aver fatto i compiti. Non resta che informare i nostri paesi competitors, che – certamente ignari della digitalizzazione, – hanno ripreso ad investire come e più del passato ante crisi e si ritrovano – gli stolti – con GDP e produttività totale dei fattori in crescita. Che imparino dall’Italia, che con GDP ancora 5/6% sotto il livello del 2007 e produttività stagnante è notoriamente front runner mondiale nei processi di digitalizzazione!
francesco daveri
L’uso dell’iperbole è una raffinata arma retorica. Rimane che lei ha fatto riferimento a dati sbagliati (mica poco: di 10 punti percentuali!) e di grosso sull’Italia. E rimane che forte delle sue certezze malferme (e dell’ipse dixit delle sue citazioni) non si pone neanche il quesito che le ho posto. E mi prende pure in giro. Ma il fatto che le banche e i negozi chiudano filiali e punti vendita a decine potrebbe suggerirle che le aziende stanno “risparmiando” capitale rispetto al passato. E che le nuove attività produttive richiedano lo stesso investimento di prima rimane da vedere. Quindi forse in futuro produrremo lo stesso pil con meno investimento. Non so se sarà così ma qualche domanda al riguardo è giusto farsela. Se uno non ha le sue granitiche certezze, beninteso.
Francesco Daveri
lasciando perdere la peculiare ossessione di Massimo Giannini sulla contabilità dei giorni, sottolineo che il mio primo pezzo in cui parlo di rallentamento dell’economia è del 17 luglio. poi ne ho fatti altri. A Palazzo Chigi e dintorni non vedevano il rallentamento? E se lo vedevano perché non hanno fatto qualcosa? Solo questo. Sulla discesa dello spread mi sembra che i fatti dicano che il governo ha poi dovuto formulare una legge di bilancio molto diversa da quella che aveva in mente con la quale ha ottenuto un risicato via libera dall’Europa. I mercati hanno apprezzato. per ora. Intanto l’economia sta pagando il conto delle stupidaggini autunnali.