Per stimolare l’economia europea nel breve termine è stata proposta un’espansione temporanea degli investimenti pubblici nei paesi con un rapporto debito-Pil sotto il 3 per cento. È però indispensabile una accurata preparazione dei singoli progetti.

84 miliardi di nuovi investimenti una tantum

Di recente è stata proposta una espansione temporanea degli investimenti pubblici in Europa per gli anni 2017-2018 attraverso un’interpretazione intelligente del Patto di stabilità e crescita, pur mantenendone il braccio correttivo. In altre parole, gli investimenti aggiuntivi sarebbero consentiti solo ai paesi con un deficit in rapporto al Pil al di sotto del 3 per cento. In pratica, verrebbero concessi aumenti una tantum degli investimenti per un valore pari allo 0,5 per cento del Pil nel primo anno e un ulteriore 0,5 per cento nel secondo anno se alla fine del primo il rapporto deficit/Pil del paese è ancora al di sotto del 3 per cento. L’approccio dovrebbe stimolare l’economia a breve termine in un periodo di finanziamenti a basso costo, favorire il raggiungimento degli obiettivi di inflazione e rappresentare una misura complementare al piano Juncker. In quanto misura una tantum, inoltre, non dovrebbe comportare l’abbandono dei vincoli di bilancio e del raggiungimento dell’obiettivo di medio termine (pareggio di bilancio). L’effetto cumulativo (sul biennio) dell’incremento degli investimenti pubblici è stato stimato nell’ordine di 84 miliardi per l’insieme dei paesi UE e di 16,7 miliardi per l’Italia.

Regole di programmazione

Una manovra sugli investimenti pubblici presuppone però una accurata preparazione del programma e dei singoli progetti. Occorrono regole per la fase programmatoria e attuativa nonché una attenta programmazione pluriennale di bilancio. L’efficienza e la qualità degli investimenti presuppongono precise “regole” di programmazione, tra cui l’uso della valutazione economica di programmi e progetti e procedure decisionali trasparenti anche per la selezione degli interventi. La capacità di spesa dipende spesso dalla qualità degli investimenti. Ossia, la qualità influenza la quantità. La scarsa qualità corrisponde infatti a una programmazione disordinata, all’azione diffusa di lobbying, a spinte multiple localistiche, alla difficoltà di scelta dei progetti. E quindi si formano ritardi nella spesa oltre che un incremento dei costi previsti.
Una espansione temporanea della spesa per investimenti pubblici dovrebbe presupporre quindi:

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a) la costruzione di un programma o il ricorso alla “programmazione per progetti” sulla base di fabbisogni effettivi, evitando influenze politiche o azioni di lobbying che comportino scelte preordinate;
b) la diffusione e l’uso di metodi di valutazione economica riconosciuti a livello internazionale, nonché la trasparenza dei dati utilizzati per consentire la replicabilità dei risultati ottenuti;
c)lo stretto legame tra il processo di selezione dei progetti e il processo di bilancio;
d)la previsione realistica della fase attuativa e degli eventuali aggiustamenti e revisioni in corso d’opera.

In assenza di questi capisaldi è inutile o controproducente qualsiasi richiesta di attivazione di una maggiore spesa per investimenti. Come insegnano tutte le esperienze passate, infatti, i tentativi di accelerazione della spesa per investimenti pubblici si scontrano puntualmente contro una gran quantità di fattori inerziali tra cui la “capacità di spesa” di una amministrazione in un dato momento. Come esempio si può indicare proprio l’attuazione finanziaria dei programmi relativi ai fondi strutturali. Il modo in cui sono stati costruiti e congegnati rende vano qualsiasi tentativo di accelerazione della spesa. I programmi rappresentano una mera cornice strategica priva di qualsiasi carattere operativo. È evidente quindi che intercorre un periodo molto lungo tra la “programmazione strategica” e la programmazione operativa effettiva, solo in parte attribuibile alle procedure comunitarie. In realtà, la lentezza della trasformazione dei programmi in progetti selezionati è in massima parte dovuta alla incapacità gestionale, alla scarsa qualità della programmazione di molte amministrazioni nonché alla carenza di regole programmatorie e procedurali a livello nazionale. Tutto il lavoro di “costruzione” dei progetti e la loro attuazione finanziaria è comunque demandata a una fase successiva con evidenti ritardi sui flussi di spesa. In conclusione, può essere utile prevedere un incremento una tantum degli investimenti pubblici, ma occorre un lungo lavoro di preparazione che lo renda realistico e fattibile.

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