Con la presentazione del Documento di economia e finanza 2019 va in onda di nuovo uno spettacolo già visto: annunci di obiettivi responsabili accoppiati a nuove promesse incoerenti e non credibili. Fino alla prossima ritirata o salita dello spread.
Ecco l’anticipo del Def 2019
Non c’è ancora un testo definitivo del Documento di economia e finanza 2019 approvato nel consiglio dei ministri del 9 aprile. Sul sito del ministero dell’Economia si legge però uno scarno ma efficace comunicato intitolato “Def 2019: per il ritorno alla crescita e all’inclusione sociale”. In fondo al comunicato si trovano due tabelle riassuntive, “le” due tabelle che contengono i numeri importanti del Def.
La prima tabella riguarda il “quadro macroeconomico programmatico”. Da cui si legge che il governo si aspetta che l’economia italiana cresca dello 0,2 per cento nel 2019 e dello 0,8 per cento nel 2020-22. Sono numeri rivisti nettamente al ribasso per il 2019 rispetto al precedente documento ufficiale del governo, che nel gennaio 2019 riportava un +1 per cento che era apparso già allora ottimistico alla maggior parte degli osservatori.
Con un Pil che cresce solo dello 0,2 per cento anche il valore del deficit deve essere rivisto al rialzo. Con meno crescita, infatti, aumentano automaticamente di meno le entrate fiscali e cresce automaticamente la spesa pubblica assistenziale, ad esempio per l’accresciuto numero di disoccupati (la disoccupazione è prevista in aumento all’11 per cento nel 2019 dopo quattro anni di calo). E così, nella tabella sotto, il deficit è rivisto al 2,4 per cento. La revisione è sensata perché la regola del pollice adottata in Europa e all’Ocse è che per ogni punto di Pil che viene a mancare si deve calcolare un aumento del deficit pari a 0,5 punti. Quindi siccome la revisione al ribasso della crescita del Pil è di 0,8 punti rispetto ai numeri di gennaio una revisione del deficit dal 2 per cento (2,04, veramente) al 2,4 è algebricamente sensata.
Deficit in calo con le salvaguardie
Nella stessa tabella si legge poi un altro dato volto a rassicurare chi – osservando i dati italiani – si preoccupa della sostenibilità del nostro debito. Il deficit è infatti dato in calo negli anni successivi a quelli in corso (al 2,1 nel 2020, 1,8 nel 2021 e 1,5 nel 2022), così come il deficit strutturale, in calo del minimo di sindacale di 0,1 punti percentuali nel 2020, è indicato in diminuzione più marcata, di qualche decimo di punto percentuale in più, negli anni successivi (che tanto sono di là da venire). Si noti tuttavia che tali numeri sono il risultato dell’entrata in vigore delle clausole di salvaguardia che tutta la politica (e l’economia) italiana dichiara di non voler far scattare. In assenza degli aumenti dell’Iva, però, il deficit 2020 sarebbe del 3,1 per cento circa. E senza aumenti dell’Iva negli stessi anni l’inflazione non potrebbe schizzare al 2 per cento (dato relativo al deflatore del Pil nella prima tabella) nel 2020. Con un’inflazione all’1 per cento (come nel 2019) e un deficit pubblico al 3,1 per cento, il rapporto tra debito pubblico e Pil – al netto di effetti contabili – non scenderebbe più di 1,3 punti (da 132,6 a 131,3 come indicato dal governo) ma aumenterebbe di 0,7 punti anche nel 2020. Ecco l’algebra: senza aumenti di Iva la variazione del debito è pari al deficit (pari a 3,1) meno il prodotto tra la crescita del Pil nominale (1,9 per cento anziché 2,8) e il rapporto debito-Pil 2019 (1,326). Il risultato è +0,7.
E poi c’è la cosiddetta flat tax
Se poi alla cancellazione dell’aumento nelle aliquote Iva si aggiunge la flat tax di cui si parla in termini piuttosto vaghi nel Def, il conto sale ancora. Con una cosiddetta flat tax a sei aliquote (un mostro giuridico tributario con una aliquota familiare al 15 per cento e le altre cinque a livello individuale per i redditi familiari sopra i 50 mila euro) a cui stanno lavorando i cosiddetti esperti economici della Lega, il deficit aumenta anche di più. Massimo Baldini e Leonzio Rizzo hanno stimato a 17 miliardi la perdita di entrate fiscali conseguente, il che farebbe salire il deficit 2020 dal 3,1 al 4,1 del Pil. Nel Def 2019 altre coperture credibili per tali riduzioni di imposta non sono indicate. Forse il disegno che la maggioranza non ci ha ancora spiegato è davvero quello di usare l’oro della Banca d’Italia o i proventi delle privatizzazioni dell’ingente patrimonio immobiliare dello stato in cui forse si intende inserire – per ottenere numeri confrontabili con gli impieghi da finanziare – a fianco delle solite caserme e litorali anche gli ospedali. La malsana idea di fondo è quella di usare un’entrata una tantum, un “finanziamento ponte” di un anno, per finanziare una corposa e permanente riduzione di imposte. Forse nella speranza che l’adozione dell’aliquota unica al 15 per cento faccia emergere dal 2021 la base imponibile oggi sommersa. È una scommessa rischiosa e anche in palese contraddizione con le frequenti schiacciate d’occhio – legislative e verbali – ai piccoli evasori che Matteo Salvini e gli altri leader della Lega hanno dispensato in abbondanza negli ultimi mesi. Quando nel 2001 Vladimir Putin adottò la sua flat tax al 13 per cento riuscendo – con una bella mano dall’aumento del prezzo del petrolio – a far salire le entrate fiscali, il leader russo non andava in televisione e nei convegni a spiegare agli evasori che non sarebbero stati vessati dal fisco, ma prendeva gli oligarchi e li metteva in carcere per evasione. Qui da noi invece chi propone la flat tax condona a destra e a manca. Gli effetti sulla base imponibile non tarderanno ad arrivare ma saranno negativi, non positivi.
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Asterix
La proposta di flat tax è un annuncio solo elettorale non avendo sostanza economica, fiscale e politica. Economica perché, al pari della proposta dell’istituto Bruno Leoni 25% mancano le coperture. Fiscale perché parlare di flat tax con 5 aliquote è osceno. Si tratta di una rimodulazione dell’irpef (necessaria posto che gli italiani subiscono l’imposta sul redditi delle persone fisiche più alta d’Europa). Tralasciando i dubbi di incostituzionalita sulla tassazione dei redditi familiari, segnalo che la proposte IBL si copriva con aumenti dell’Iva che ora sono già impegnati per la riduzione del deficit. Ma soprattutto mancano le coperture politiche a livello europeo per una riforma fiscale che sarebbe finanziata in buona parte in deficit. Il fatto è che questo governo, come i precedenti, non affronta il nodo principale. Non possiamo crescere nel rispetto dei vincoli europei con interessi passivi al 3%. Occorre fare avanzi primari almeno del 4% tagliando spesa corrente (ridurre la PA) e spesa capitale (investimenti pubblici) o aumentare le entrate tributarie. Dal 2000-2018 l’Italia è stata tra i Paesi che hanno più rispettato tali vincoli (rispetto a fra, spa, port), ma lo abbiamo pagato con meno crescita. La conferma della proprietà dell’oro dello Stato detenuto dalla BI è solo un segnale ai mercati per far scendere i tassi. Per abbattere il debito servirebbe una vera imposta patrimoniale (ma nell’era digitale finirebbe per colpire solo le 1case) con problemi di ordine pubblico
Beba
Il suo commento mi ricorda Padoa-Schioppa: “le tasse sono belle”! In Olanda la tassa patrimoniale e’ una realta’ da molti anni. I risparmi in banca sopra i 30K a persona (il doppio per I fiscal partners) sono tassati circa dell’1.4%. Stessa cosa per i proventi da transazioni (guadagni) su azioni e obbligazioni. Nonostante possa sembrare iniquo per un risparmiatore che ha gia’ pagato aliquote elevate sul suo income (sopra i 50K siamo attorno al 50%), alla fine la gente capisce che chi ha di piu’ deve anche contribuire di piu’. Sono tuttavia d’accordo con lei che in Italia potrebbe causare problemi di ordine pubblico.
Sundance
Con i rendimenti vicini allo zero una patrimoniale di quella misura sarebbe un vero e proprio esproprio.
Asterix
Infatti il mio discorso arriva alla ovvia conclusione che non potendo fare una patrimoniale dobbiamo andare in Europa serenamente a spiegare che l’Italia, al pari dei suoi vicini, non potrà rispettare i vincoli di bilancio per i prossimi 3 anni ( se vogliono aiutarci ad uscire dalla crisi).
Soprattutto far capire al resto dell’Europa che come PIL contiamo un pelino di più della Grecia e l’ipotesi di punirci con lo spread non può portare altro che a maggiori difficoltà per il nostro Paese a rispettare quei vincoli (e quindi maggiori tensioni sui mercati finanziari che investirebbero tutti i paesi dell’euro). Perché se si comincia a mettere in serio dubbio la capacità dell’Italia di restare nell’Euro non passerà molto che i Fondi USA, cinesi, arabi e russi pensino che la stessa sorte dell’italia potrebbe capitare alla Spagna, al Portogallo, all’Irlanda, ecc. e Draghi non avrebbe cartucce a sufficienza per salvare tutti (senza andare incontro ad una ribellione della Bundesbank nel direttivo BCE). Devono capire che se non ci danno ulteriori margini di flessibilità il danno non lo fanno solo all’Italia ma a tutto il progetto europeo. Se si fa un unione monetaria non si possono prendere solo i benefici (cambio svalutato rispetto al marco) senza pagare dazio (solidarietà nei debiti dei singoli paesi).
Savino
Il fallimento economico di questo Governo è il fallimento del popolo italiano, che, in stragrande maggioranza, lo ha voluto e, forse, ancora lo vuole. Questo non è un Governo frutto di un esperimento di laboratorio politico nelle segreterie dei partiti o al Quirinale. Non ce la si può cavare, da parte del popolo, dicendo “piove, Governo ladro”. Questo Paese deve assumersi le responsabilità di una generale arretratezza cultutrale e di un analfabetismo finanziario oltre ogni limite, che porta a confondere il benessere con la fortuna della ricchezza, per cui si ignorano tutte le pre-condizioni necessarie a creare benessere. La gente ha una concezione della politica da “do ut des”, si accontenta del piatto di lenticchie di quota 100 e del reddito di cittadinanza e la politica, che promette di mestiere, si adatta, aggiungendo miopia a miopia. Il solido patto di potere Salvini-Di Maio sta facendo il resto, tant’è che neanche una sconfitta alle elezioni europee li schioderà dalle poltrone. Solo la realtà, con un qualcosa di simile a quanto accaduto nel 2011, porterà popolo e politici sul pianeta Terra, ma sarà troppo tardi per scongiurare nuovi sacrifici per gli italiani di oggi, mentre il futuro dei nostri giovani lo abbiamo già ipotecato con l’egoismo ed il menefreghismo degli adulti, che pur di stasene a oziare sul divano, da quotacentisti o da redditisti di cittadinanza, hanno sacrificato sull’altare le generazioni a venire, compresi figli e nipoti.
Gabriele
Concordo pienamente col Sig Savino. Ormai buona parte degli attuali politci sono ostaggio tramite il voto degli elettori. Il motto e’ : io ti voto se tu mi dai … etc etc.
I responsabili di questa situazione , sono quindi i cittadini italiani , che in gran quantita’ hanno votato personaggi incapaci , inconsistenti , bravi solo a raccogliere la rabbia di un popolo che e’ capace solo di volere senza nulla dare in cambio. Il mio giudizio sul popolo italiano e’ quindi pessimo , siamo distanti anni luce dalla cultura civica morale etc dei popoli nordici.
A questo punto , cosi’ ha votato il popolo , cosi’ sara’ giusto che il popolo paghi sulla propria pelle promesse assurde ed irrealizzabili, incapacita’ ed avidita’ di potere dei novelli politici.
Forse dopo una bella crisi finanziaria , gia’ vista in Grecia , gli stolti elettori capiranno che il voto e’ una cosa preziosa. A tutti consiglio di portare legalmente , tutti i propri risparmi all’estero. Auguri
Maurizio
Perfetto. Bravo.
Virginio Zaffaroni
Completamente d’accordo, parola per parola. Attendiamo con serena preoccupazione (l’ossimoro è voluto, tenuto conto che è una preoccupazione senza alcuna via d’uscita) il nuovo 2011. Mi piacerebbe però che a fare il lavoro sporco non siano chiamati i soliti tecnici da sacrificare sull’altare dell’impopolarità e dell’odio popolare, con il duo Salvini-Di Maio ricordati con nostalgia come benefattori dell’umanità. Troppo comodo. Vorrei che siano costretti loro, e non altri incolpevoli, ad assumersi l’onere dei futuri, inevitabili provvedimenti impopolari. Ma non accadrà. Il duo saprà eclissarsi al momento opportuno. Tutto il peso cadrà sulle spalle di Mattarela, che Dio ce lo conservi.
Henri Schmit
Non sono d’accordo. Gli elettori italiani non sono così diversi da quelli degli altri paesi. Sicuramente non sono loro ad aver voluto questo governo, inimmaginabile solo 12 mesi fa. La formazione del governo e la scelta del suo programma è il risultato del comportamento dei vari attori politici (in particolare del PD) ed istituzionali fra marzo e maggio dello scorso anno, e del risultato elettorale quasi interamente causato dal PD attraverso la politica (economica, fiscale ed istituzionale cf referendum) e il discorso pubblico precedenti, e attraverso la redazione della nuova legge elettorale pensata come trappola per i 5stelle; ma è il cacciatore che vi è finito. Quello che è diverso in Italia è il cinismo della classe politica dirigente (bugie, inganno, breve termine, incoerenza, inaffidabilità) e la permeabilità dell’accademia alle idee marce di questa classe (esempio flat tax, abolizione imi 1a casa, 80€ etc). Per il resto sono d’accordo. Finirà come nel 2011 e peggio. L’unica salvezza sarà la Troïka. Ma saranno i residenti a pagare debito, spread e deficit. Emigri chi può!
Gaetano Proto
La tavola del DEF riportata all’inizio dell’articolo ci annuncia un importante novità: oltre a quello sul tasso d’interesse (rispetto alla Germania), ci avviamo ad avere un nuovo spread, quello sul tasso di disoccupazione (rispetto a prima del Reddito di cittadinanza). Infatti la tavola indica un differenziale imputabile al RdC pari a mezzo punto percentuale quest’anno e addirittura a un punto e mezzo abbondante nel triennio successivo. Questo probabilmente è il frutto dell’obbligo di sottoscrivere il “patto per il lavoro”, che riguarda non solo il titolare del reddito di cittadinanza ma anche tutti i componenti maggiorenni del nucleo familiare che non hanno un lavoro e non frequentano corsi di studio o di formazione: non a caso in alcune stime il numero di futuri beneficiari con qualifica “Casalinga o altro” supera quello dei beneficiari con qualifica “Disoccupato”. Sembra anche un’ammissione implicita che nella maggior parte dei casi il RdC non servirà a trovare un lavoro che in molte situazioni semplicemente non c’è, ma a ricevere un sussidio in cambio di una partecipazione virtuale al mercato del lavoro.
Roberto
Ho una domanda sul calcolo algebrico. La differenza tra il deficit (2,1) e il prodotto tra la crescita del pil nominale (2,8) e il debito/pil (1,326) mi da come risultato -1,6. Come mai il rapporto debito/pil si riduce solamente di 1,3? Sono previsti degli aggiustamenti sullo stock di debito? Ringrazio per la risposta.
francesco daveri
Sì, l’evoluzione nel tempo dello stock di debito dipende anche da aggiustamenti nella valutazione dello stock dei titoli di debito esistenti. Tale valutazione non è spiegata nel dettaglio.
bruno puricelli
Egr. prof Daveri, insisto sulla necessità di affrancarci dallo spread ricorrendo a strumenti di pagamento diversi dalla banconota euro. Lo Stato sarebbe coinvolto per l’utilizzo, in seconda battuta, di collaterale rappresentativo di un nostro bene reale e congruo. In tal modo non si peserebbe sul debito. Il minor finanziamento annuale del tesoro farà scendere lo spread in un primo tempo, farà salire il rating paese dopo non più di 2-3 anni! Il risparmio conseguente rafforzerebbe la convinzione sui mercati esteri della bontà del nuovo percorso. Mi rendo conto della diffidenza dell’idea di far circolare titoli ex novo (emessi su beni reali e quotati a garanzia) ma non vedo altri mezzi per sottrarci alla gogna dello spread che ci porterà alla fine economica, sociale e civile di un paese ancora democratico. In natura ogni essere vivente (anche una società) ha il diritto di cercare di sopravvivere con tutti gli escamotage possibili rispettando l’incolumità di altri (il mancato guadagno non lede l’incolumità di altri). Noi abbiamo risparmiato, potremmo mettere a disposizione parte del nostro valore risparmiato per recuperare, con conti e bilanci perfetti, il terreno perduto in questi 10 anni. Non si tratterebbe di seconda moneta, voglio sperare, in quanto i titoli ex novo rappresenterebbero un cespite reale privato consegnato temporaneamente allo Stato che ce lo girerebbe (x pensioni) e non peserebbero sul debito.
Lei escluderebbe categoricamente l’opzione? Si tratta di salvezz
Davide
Buongiorno, in merito alle battute finali dell’articolo, con riferimento alle azioni di Putin sugli oligarchi , mi permetto di consigliare la lettura di ” la mia lotta per la libertà” di M.Khodorkovsky, ovvero della visione del docu film “khodorkovsky” , dove si evince che l’ evasione fiscale e’ stata solo un pretesto e peraltro causato , voluto e indotto dallo stesso Putin con leggi retroattive per sbarazzarsi della presenza scomoda degli avversari piu’ o meno politici
francesco daveri
Ci sono tanti articoli che documentano come in Russia ci sia stato un documentato sforzo governativo di accrescere la tax compliance. Il più ricco e documentato è quello di Gorodnichenko, Martinez Vazquez e Peter sul Journal of Political Economy del 2009