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Lo spread è una tassa occulta. Ma gli Italiani l’hanno capito?

Tutte le analisi economiche sostengono che un rialzo dello spread ha effetti estremamente negativi sulla crescita economica e sulla stabilità finanziaria di un paese. Eppure, gli italiani non sembrano preoccupati dal suo netto aumento nell’ultimo anno.

Effetti ritardati

Tutte le analisi economiche sostengono che un rialzo dello spread ha effetti estremamente negativi sia sulla crescita economica che sulla stabilità finanziaria di un paese. Eppure l’opinione pubblica italiana non pare per nulla preoccupata del fatto che, dall’insediamento del governo gialloverde, il differenziale tra i tassi dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi sia quasi raddoppiato e oggi sia vicino a quello sui titoli greci.

Certamente, una possibile ragione della distonia sta nel fatto che gli effetti del più elevato spread si manifestano con un certo ritardo. Scrive a questo proposito il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nella Considerazioni finali alla Relazione annuale del 31 maggio: “Si stima che a parità di altre condizioni, e senza tenere conto degli effetti negativi sulla fiducia di famiglie e imprese, rendimenti delle obbligazioni pubbliche di 100 punti base più alti determinino una riduzione del prodotto dello 0,7 per cento nell’arco di tre anni”.

Tre anni sono un orizzonte economico, e soprattutto politico, forse troppo lungo per un’opinione pubblica abituata a ragionare in tempo reale.

Il conto dello spread per famiglie e banche

Tuttavia, al di là del ritardo con il quale certe variabili esercitano i loro effetti, esistono altre possibili ragioni per le quali famiglie e imprese, ma anche banche italiane, non percepiscono a pieno gli effetti negativi di un maggiore spread.

Cominciamo dalle famiglie. Da una parte, investono una quota rilevate dei loro risparmi direttamente o indirettamente (attraverso fondi, polizze vita e altro) in titoli pubblici italiani e sono pertanto ben contente che i Btp rendano il 2,5 per cento, invece dello scarno 0,05 per cento dei titoli tedeschi. Anche quando devono indebitarsi, ad esempio per comprare una casa, finora non hanno risentito degli effetti negativi dello spread. Infatti, le banche italiane, forti dell’abbondante liquidità fornita sinora dalla Banca centrale europea a tassi negativi, hanno potuto praticare tassi d’interesse molto bassi, spesso inferiori a quelli delle altre banche europee.

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Anche le imprese italiane non hanno sinora sofferto molto dello spread poiché, in un sistema sostanzialmente bancocentrico, molto raramente sono andate sul mercato a raccogliere fondi emettendo obbligazioni; il più delle volte si sono rivolte al sistema bancario che, come per le famiglie, è stato finora in grado di fornirgli credito a tassi molto bassi, data l’abbondate provvista fornita dalla Bce.

Veniamo alle banche italiane. Da un lato, sono state straordinarie utilizzatrici dei fondi forniti dalla Bce, mentre fino a oggi sono riuscite a limitare la loro raccolta sul mercato, come invece hanno fatto gli altri istituti europei. Dall’altro, le banche italiane sono sempre state forti investitrici in titoli di stato italiani e quindi anch’esse hanno goduto degli alti tassi d’interesse. Certamente, un rialzo dello spread ha provocato una perdita in conto capitale (peraltro virtuale fino alla liquidazione delle posizioni) se i titoli sono stati contabilizzati nei portafogli di trading e quindi valorizzati al prezzo di mercato. Anche in questo caso, tuttavia, gli istituti italiani hanno trovato una soluzione spostando i titoli nei portafogli d’investimento, dove possono essere valorizzati in bilancio al valore d’acquisto, perché in linea di principio devono essere detenuti fino alla scadenza.

Rimane ovviamente lo stato italiano che ogni anno deve raccogliere sul mercato 400 miliardi (di cui 350 per il rinnovo del debito in scadenza e circa 50 per il nuovo deficit) a tassi ben più alti. Così il costo marginale del debito aumenta immediatamente, mentre quello medio molto più lentamente, dato che la vita media del debito pubblico italiano è di circa sette anni. Tuttavia, se lo spread rimane persistentemente più alto, diventa una tassa occulta pesantissima, che presto o tardi gli italiani dovranno pagare, ma di cui l’opinione pubblica ha una percezione molto affievolita.

Così, in definitiva, da un lato la struttura bancocentrica del paese e dall’altro le politiche accomodanti della Banca centrale hanno finora, per così dire, sedato gli operatori italiani.

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Attenzione, tuttavia: il risveglio potrebbe essere improvviso e molto spiacevole.

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21 commenti

  1. oskar blauman

    Certo che l’hanno capito, nessun paese con la sua sovranita’ monetaria e’ soggetto a questa tassa, cosa aspetta l’europa ad eliminarla?

    • Anna

      Tutti gli Stati che emettono titoli pagano interessi. La sovranità monetaria non c’entra nulla. La tassa a cui si riferisce l’articolo è che lo Stato italiano paga interessi più alti per finanziarsi rispetto alla Germania e da quando è in carica questo governo la differenza è raddoppiata. Quindi gli Italiani pagano ora di più di interessi e questo vuol dire una tassa implicita perchè sono soldi che non vengono usati per investimenti o una riduzione delle tasse già esistenti.

    • Anna

      Secondo me si dovrebbe smettere di parlare di spread ma solo di tassi di interesse italiani perchè sono quelli il vero indicatore di quanti soldi vengono usati per pagare gli interessi sul debito. Ricordo quando si notava con ottimismo la discesa dello spread, senza dire che era dovuta al rialzo dei tassi dei Bund e quindi non aveva cambiato la situazione per l’Italia. In ogni caso, il dramma all’origine dell’incomprensione è la bassa alfabetizzazione finanziaria della popolazione italiana.

    • Maurizio B.

      Si può eliminare lo spread solo con eurobond garantiti insieme da tutti i paesi dell’eurozona, impossibile finché alcuni paesi (Germania ecc.) non si fidano di altri (Italia ecc.). Puoi dimostrargli che si sbagliano?
      Finché l’Italia emette obbligazioni in nome proprio e ha una politica economica meno solida p. es. di quella tedesca, può venderle solo con un interesse più alto per compensare il rischio maggiore (spread). Altrimenti gli investitori non le comprano.
      È lo stesso meccanismo per cui qualsiasi banca concede un prestito a una ditta con un bilancio solidissimo a un interesse nettamente più basso di quello che chiede a me, ammesso che sia disposta a prestarmi dei soldi.
      Se vuoi la sovranità monetaria, poi, devi tornare alla lira. Però torni anche all’inflazione del 10-20% all’anno con interessi sui prestiti a livelli simili, per di più senza la scala mobile come ammortizzatore sociale per i dipendenti.

    • francesco daveri

      Ecco un elenco di paesi europei dotati della loro valuta quindi di sovranità monetaria, con il loro spread rispetto al bund indicato tra parentesi in punti base: Bulgaria (81), Repubblica Ceca (187), Ungheria (313), Norvegia (171), Islanda (428), Polonia (274), Romania (498).

    • shadok

      Urca!, i paesi che battono una moneta propria pagano interessi sul debito pubblico allineati a quelli più bassi presenti sui mercati finanziari? Non lo sapevo, ma è veramente interessante! (se fosse vero…)

  2. Paolo

    Si cita lo spread e invece si parla solo di tassi di interesse (giustamente), forse è per quello che, altrettanto giustamente, gli italiani guardano ai tassi di interesse e non allo spread, specialmente quando i tassi tedeschi sono abbondantemente negativi!

  3. MrcSpm

    Gli economisti non sono usi a distinguere nella società componenti e gruppi. Eppure è quasi banale dire che le società non sono composte da un unico modello di individuo o famiglia, ma di soggetti che fanno valutazioni differenti -a seconda della loro posizione relativa, della cultura locale (o professionale) che assumono, etc. Sono questi soggetti “pieni”, non ben rappresentati da un unico modello di individuo medio che votano o manifestano consensi/preoccupazioni. Trovo corretto considerare che paesi dove c’è alta propensione al risparmio, e molto risparmio diffuso, possono trovare conveniente una crescita della remunerazione privata del risparmio investito in titoli del debito pubblico, sottovalutandone gli effetti negativi. Ovviamente, il risparmio diffuso non è equi-distribuito, e così le percezioni di vantaggio vs costo. Su banche e mutui l’articolo dice già l’essenziale. Quello che mi immagino è che esista una componente di popolazione che vive di piccole attività economiche private o è in pensione, che possiede risparmi, che ha una bassa propensione al rischio, che risiede in prevalenza nel centro-nord, che vuole sopratutto meno tasse e calcola come più conveniente prestarli i soldi allo stato (ad alto interesse) invece che pagarli con il fisco. Questi soggetti possano essere “alleati”, attraverso l’intermediazione politica, con chi ha bisogni molto diversi, ma per altre ragioni (risparmio zero, redditi bassi) non fa calcoli e non teme spread.

  4. Savino

    Gli italiani non hanno capito nulla. Essi conoscono e sono affezionati solo ai modelli di spesa folle della prima Repubblica. Gli italiani, soprattutto adulti, non hanno interesse per la sorte dei loro figli e nipoti, ma puntano a non veder intaccate le proprie ricchezze. Gli italiani ignorano le pre-condizioni per costruire il benessere, poichè confondono il benessere con il colpo di fortuna. Ridurre la pressione fiscale, per gli italiani, non significa finalizzare per creare sviluppo e occupazione, ma significa non mettere imposte sui patrimoni, sulle case, sulle ville, sulle auto di lusso. Lo stesso concetto di sicurezza è finalizzato a non toccare la cassaforte, altrimenti sono disponibili a sparare. Insomma, a dir poco, una mentalità arretrata.

  5. Marcello

    Terrorismo mediatico un tanto al Kg.

    Non è importante lo spread, casomai il valore assoluto dei tassi di interesse, pesati sulle quantità di titoli che hanno quel tasso. Il tasso dei titoli a 10 anni USA è oggi del 2.17, quello italiano del 2.34. Quindi gli USA costituiscono un rischio circa come l’italia? Oppure abbiamo la Germania che, con pratiche anche discutibili come l’acquisto da parte della loro banca centrale del non venduto per tenere bassi i tassi di interesse, ha valori scandalosamente bassi che producono comunque anch’essi altri danni?

    Vorrei inoltre far presente che occorrerebbe far basta col dire che lo spread influenza i prestiti a famiglie e aziende perchè il tasso di interesse è denominato rispetto all’euribor che come sappiamo è stato ampiamente manipolato da alcune banche di grandi dimensioni. Cosa c’entra lo spread allora?….O sbaglio in qualcosa??

    • Massimo GIANNINI

      No non sbagli. Il fatto è che l’autore ha omesso di dire che lo spread potrebbe essere alto anche solo se sono i tassi tedeschi ad andare giù. Inoltre non c’è poca correlazione tra spread e altri tassi tipo quello sui mutui o prestiti alle imprese.

    • Aram Megighian

      Interessante. Resta il fatto che Lei dimentica che gli USA sono Stato federato. Prendiamo i titoli di uno dei 50 Stati americani e vediamo cosa succede se questo è fortemente differente dai titoli della banca centrale. Cosa farebbe la Banca centrale americana e il Presidente nei confronti del Governatore e dello Stato federato in questa situazione ?
      Deve ragionare così, non tanto al Kg.

  6. umberto

    Gli italiani capiscono solo una cosa :
    le mazzuolate in testa.
    Poi si inventano sempre un nemico e, se proprio non si può…mettono in campo la sfiga…
    Grazie comunque per i suoi appunti.

  7. Gabriele

    Gli italiani capiscono poco o nulla sia di finanza che di economia. Sono mediamente ignoranti , basta vedere il livello delle trasmissioni TV , sono di livello infimo ( Grande Fratello Isola famosi etc etc ) Il giornale piu’ letto e’ la Gazzetta dello sport !!! Grande sottocultura quindi .di La maggioranza non sa’ quanto sia il debito pubblico , ca 2.350 non sa’ che sulla testa di ogni italiano grava un debito di quasi euro 40.000 , non sa’ che questo debito genera interessi passivi annui di ca 65/70 md di euro ( tanto quanto lo stato spende per l’istruzione !!!, e circa l ‘ 8% di tutte le entrate statali !!!! ca 800 md annui ). Follia
    L’italiano medio non sa’ che ognuno di noi paga ca euro 1.100 di interessi passivi annui !. I soldi spesi per interessi lo stato li toglie ai servizi/scuole/sanita’ , dando quindi un servizio scadente E’ una tassa occulta che colpisce maggiormente i piu’ poveri. I benestanti investendo negli stessi BTP ottengono buone rendite finanziarie che possono utilizzare per pagare scuole private , sanita’ privata etc.
    Ma sono proprio le fasce di popolazione piu’ povera , piu’ sottoculturata che ama i partiti del fare piu’ debito !!!
    Dire che sono mediamente sciocchi e’ dir poco. Dovrebbero proprio i poveri andare in piazza e gridare BASTA FARE DEBITI !!!

  8. Michele

    Articolo contraddittorio. Si enuncia nel titolo e nell’attacco dell’articolo che lo spread è una tassa occulta. Poi però nel resto dell’articolo si spiega che non è vero o che in realtà è un vantaggio per privati e banche che in buona parte tale tassa la incassano. Però si dice che si tratta di sedazione con un possibile risveglio molto spiacevole. Forse bisognerebbe mettersi d’accordo con se stessi

  9. Davide

    Gli italiani hanno capito benissimo che cadere nella trappola del terrorismo mediatico ”dello spread” significa ritorno di Monti, Letta, PD, +Europa, Europeisti, globalisti etc. Mi pare che le elezioni degli ultimi due anni siano state chiare: gli italiani preferiscono chiunque piuttosto che dare un’altra opportunità a chi li disprezza e li vuole distruggere.

  10. Henri Schmit

    Analisi ineccepibile nonostant i soliti commenti anonimi fuorvianti! Sarebbe interessante studiare i rendimenti delle emissioni private, di banche, multiazionali, medie imprese e start up, di vari paesi prima dell’euro e dopo, per rendersi conto quanto prima un emittente privato pagavo uno spread sul rischio sovrano (quindi spread sullo spread), mentre oggi i grandi gruppi italiani se ne sono affrancati. Le medie imprese invece dipendono ancora molto delle condizioni domestiche (rischio di sistema e costo del finanziamento bancario) e dovrebbero quindi soffrire di uno spread nazionale alto. Mi sembra che nella realtà non sia così: le emissioni obbligazionarie di medie imprese in Italia hanno cedole del 5% circa (Il Politecnico di Mi monitora il mercato dei miniBond creato nel 2012 e agevolato fiscalmente nel 2014; file:///C:/Users/Utente/Downloads/reportminibond2019.pdf), mentre in Francia rendono fra il 6,5 e il 9%. Come spiegare? Se tutte sono emesse alla pari, significa che il rischio (ipotizzato similare) è prezzato con maggiore prudenza in Francia che non in Italia.

  11. Motta Enrico

    Tanti Italiani hanno sicuramente capito che cos’è lo spread e il suo costo. Il problema però non è se lo hanno capito i comuni cittadini come me, ma se lo hanno capito economisti di fama, cattedratici che hanno rischiato magari di diventare Presidente del Consiglio (Sapelli), e che auspicano un aumento del deficit di bilancio per rilanciare l’economia. Ed è noto che un deficit più alto determina aumento dei tassi di interesse da pagare, quindi dello spread. Ovviamente a questi economisti si aggiungono vari politici, che li ringraziano per la copertura “scentifica”. Altro che prendersela con “gli Italiani” !

    • Motta Enrico

      Tra gli economisti che non tengono conto dello spread si segnala il Prof. Paolo Savona, presidente CONSOB (anche lui già candidato alla Presidenza del Consiglio! ), che mentre ci rassicura che un eventuale debito/PIL al 200% è sostenibile, tace su una prevedibile conseguenza, anzi due: 1) a parità di tassi di interesse quel debito costerebbe allo Stato 30-40 mld./anno in più rispetto a quello attuale; 2)col debito /PIL al 200% i tassi probabilmente aumenterebbero , perciò il differenziale con titoli tedeschi di pari durata salirebbe.

  12. rosario nicoletti

    Quando si parla di spread si associa a questo l'”enorme “debito pubblico dell’Italia. Vediamo come stanno le cose. Nel 1999 la Francia aveva un DP del 60% circa, mentre l’Italia lera a circa il 110%. Oggi la Francia è a 100%, l’Italia a 133%. L’incremento è stato ben maggiore nel caso della Francia, che – a differenza dell’Italia – ha “sforato” sistematicamente i parametri negli ultimi anni. Poi, non esiste in alcun documento o trattato dove è scritto che il 133% di debito è “eccessivo”; si tratta di una opinione della Commissione. Nessuno osserva poi che la gazzarra organizzata da Moscovicì e soci fa crescere lo spread molto più che il rapporto debito/PIL: lo sanno anche i bambini che a forza di urlare “al lupo al lupo” tutti si sentono in pericolo. Infine non si capisce quale sia il punto dell’autore: cacciare questo governo e trovare un Monti che finisca di distruggere la domanda interna? Se si vuole la Grecia, NO grazie.

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