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Quanto ci costa lo spread: amaro confronto con la Spagna

Il mercato dei titoli di stato italiani vive una fase positiva, con lo spread Btp-Bund in area 200 punti base. Ma avremmo potuto fare molto meglio. Come mostra il confronto con la Spagna, che pure ha problemi non molto diversi dai nostri.

Scende lo spread

Da qualche settimana, dopo le dichiarazioni di Mario Draghi sulla politica monetaria europea nel prossimo futuro, la designazione di Christine Lagarde alla sua successione, la sventata procedura d’infrazione per debito eccessivo, il mercato dei titoli di stato italiani vive una fase particolarmente positiva, con lo spread Btp-Bund tornato in area 200 punti base.

A causa del concomitante abbassamento generalizzato dei tassi, ciò si riflette in una significativa riduzione del costo del finanziamento. Ne è una lampante riprova l’esito della riapertura sindacata del Btp a 50 anni, nella quale il Tesoro, con un tempismo perfetto, ha emesso 3 miliardi a un rendimento del 2,877 per cento, quasi identico al 2,85 per cento conseguito al lancio di questo titolo nei primi giorni di ottobre del 2016, cioè in uno dei momenti di maggiore domanda per i titoli di stato italiani degli ultimi anni.

Tuttavia, l’evoluzione dello spread con la Germania mostra con chiarezza che il beneficio avrebbe potuto essere ben più consistente se si fossero mantenuti i livelli del biennio 2015-2016, in cui Italia e Spagna, con alcune fluttuazioni a favore ora dell’uno ora dell’altro paese, hanno collocato i loro titoli ai medesimi tassi.

Figura 1

Entrambi i paesi hanno vissuto notevoli vicissitudini politico-istituzionali, con avvicendamenti di governo e controversie di varia natura, ma il mercato vi ha attribuito una diversa percezione di rischio, non necessariamente legata né al divario nel livello del debito pubblico, sostanzialmente analogo all’attuale nel 2015-2016 in Italia e solo marginalmente più alto in Spagna, né al differenziale di crescita economica, ancora più ampio in quegli anni a favore di Madrid. Proprio per questo, però, l’allargarsi dello spread tra Italia e Spagna, che ha superato i 195 punti base sia a novembre 2018 che nel maggio 2019 (ora, fortunatamente, si è contratto al di sotto dei 130 punti base), lascia l’amaro in bocca delle occasioni perdute.

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Il confronto Italia-Spagna

Anche senza disporre dei sofisticati modelli necessari per un’analisi esaustiva di lungo periodo, è possibile calcolare quanto sarebbe stato il risparmio, limitandosi a un orizzonte di 12 mesi, sulle emissioni effettuate dal Tesoro italiano nel 2017, 2018 e nei primi cinque mesi del 2019.

Calcolando quanto è stato il costo effettivo (in termini compatibili con la metodologia europea per competenza economica) delle nostre emissioni di titoli di stato e applicando a queste i rendimenti medi ponderati delle emissioni spagnole sullo stesso segmento di scadenze nel medesimo periodo, si ottengono questi risultati: nel 2017, su 413.684 milioni di euro emessi dal Tesoro italiano, una maggiore spesa per interessi di 1.209 milioni; nel 2018, su 389.845 milioni emessi, una maggiore spesa di 2.935 milioni; nel periodo gennaio-maggio 2019, su 192.464 milioni emessi, una maggiore spesa di 1.506 milioni di euro.

In questa elaborazione si è tenuto conto del fatto che la Spagna non emette né i Ctz biennali, né i Ccteu. Su di loro, i relativi “tassi spagnoli” sono stati attribuiti con questi criteri: per i Ctz è stata applicata la media semplice tra il rendimento del Bot annuale e quello del Btp triennale; per i titoli a tasso variabile, si è rilevato, in ogni periodo, quale scadenza di Btp aveva meglio approssimato il tasso di aggiudicazione dei Ccteu ed è stato applicato il rendimento medio dei titoli spagnoli della medesima scadenza. Per i titoli indicizzati all’inflazione, infine, si è tenuto conto, sia per i rendimenti dei titoli italiani che di quelli spagnoli, dell’inflazione attesa implicita nei tassi nominali di pari scadenza.

I mancati risparmi in circa due anni e mezzo sono comunque superiori ai 5.650 milioni che si ottengono dalla somma dei valori sopra riportati, perché il costo dei titoli con vita superiore all’anno si protrae anche in quelli successivi, però in maniera differenziata scadenza per scadenza, e non è possibile fare un rapido calcolo con un minimo di accuratezza senza un adeguato modello.

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Questo semplice esercizio dimostra, però, quanto sia importante trasmettere fiducia ai mercati. Il confronto assume una valenza significativa proprio perché non è stato fatto con un paese senza problemi, ma con un altro stato membro dell’Ue che affronta difficoltà di analoga natura e portata rispetto a quelle italiane, anche se in parte diverse nello specifico.

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La sbornia che mina le banche centrali

  1. Savino

    Parlando di barconi a Lampedusa e di ONG H24 si eludono i problemi reali e non si trasmette la fiducia. Idem con le bugie sulle presunta inutilità delle infrastrutture, delle aperture domenicali dei centri commerciali e sulla presunta abolizione della povertà.

    • Catullo

      L’immigrazione irregolare è un problema reale e quindi è giusto che se ne parli.

  2. bruno puricelli

    Gent. Dott.ssa Cannata,
    tempo addietro Le inviai una idea su come affrancarci dallo spread sfruttando in forma di cartolarizzazione del nostro patrimonio privato attraverso l’emissione di titoli ex novo su una tassazione anticipata di 30 anni che ci riserveremmo di pagare materialmente alla fine dei 30 anni nel caso lo Stato fosse incapace ad osservare quanto previsto nella proposta. La proposta è lunga 3-4 pag e la sintetizzo così: emissione di para liquidità per 50 mlds/a per 8 anni in modo da raggiungere un “regime” di autoalimentazione in grado di disporre, rispetto al momento di iniziale emissione dei titoli ex novo, di 50 mlds/a grazie ad IVA aggiuntiva e maggiori entrate (tasse, imposte) nonché forte riduzione dello spread che dovrebbe scendere a livello Francia o oltre. Ci sarebbe stata la ciliegina finale, dopo 30 anni, pari a circa 6,6 mlds/a derivante dal risparmio per mancata attualizzazione del valore delle emissioni (50×8=400 mlds) al termine dei 30 anni coincidenti con la revoca dei suddetti titoli. Non si tratta di moneta parallela. Vorrebbe riconsiderarla p.p.?
    Grazie per l’attenzione

  3. Gustavo Baratta

    Grazie dott.ssa Cannata.
    Trovo che i numeri a cui arriva la sua analisi siano abbastanza conservativi per due motivi:
    1) la curva spagnola ha risentito in parte dello shock su quella italiana (per cui lo spread non riflette appieno il danno assoluto di credibilità subito dallo Stato)
    2) il suo approccio calcola la maggior spesa in interessi solo sull’anno di emissione (volendo approssimare l’effetto sulla vita dei titoli si potrebbe moltiplicare per la vita media ponderata del debito, circa 7 anni).
    In passato ho trovato utile guardare alle ultime emissioni prima dello shock di fine maggio 2018, ed applicare quei tassi alle nuove emissioni per calcolare quanto l’emittente avrebbe incassato in più, a parità di impegni (cedole) futuri: il numero risultante è un multiplo di quello calcolato da Lei.
    Essere percepiti come seri ed affidabili dovrebbe essere una delle priorità, per un paese nella nostre condizioni.

  4. Lorenzo

    Tutto ha a che fare con due personaggi e dell’evocazione che hanno fatto dell’euro in patria.
    Il conservatore José María Aznar nel periodo a cavallo dell’euro in cui governò tracciò la strada per la rinascita spagnola e alla prima bugia fu dimesso; il conservatore Silvio Berlusconi nel periodo a cavallo dell’euro in cui governò tracciò la strada per la disfatta italiana e alla ennesima bugia fu osannato; La mia è un’ipotesi ma avallata in [www_investireoggi_it/economia/perche-lo-spread-in-spagna-non-e-esploso-come-in-italia-con-la-crisi-politica/]

  5. Fabrizio

    Questi argomenti dovrebbero essere nelle prime pagine di tutti i quotidiani, e invece sono solo su una rivista specialistica che pochi leggono. E’ compito dei media informare “il popolo”, se no la democrazia si indebolisce.

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