I cambiamenti demografici hanno effetti sull’andamento dell’occupazione. Il numero di occupati sale negli ultimi anni anche perché cresce quello degli ultracinquantenni. Nelle classi più giovani invece la dinamica della popolazione ha ricadute diverse.
Dieci anni nel mercato del lavoro
Tra il 2008 e il 2018 il mercato del lavoro italiano ha subito profonde modifiche. Nei primi cinque anni, la crisi economica ha causato una diminuzione di circa 900 mila occupati e solo nel 2018, grazie alla (lenta) ripresa iniziata nel 2014, l’occupazione ha raggiunto e superato i livelli del 2008.
Tra i principali fattori che determinano gli andamenti del numero di occupati ci sono le dinamiche macroeconomiche, le politiche sul lavoro, le riforme sulle pensioni, i flussi migratori e il processo di invecchiamento, che ha contribuito al cambiamento della struttura per età della popolazione. Ed è su quest’ultimo aspetto che ci soffermiamo qui.
I cambiamenti sociali degli ultimi decenni hanno prodotto mutamenti demografici che hanno contribuito a un progressivo invecchiamento della popolazione. In particolare, tra il 2008 e il 2018 c’è stato un calo della popolazione nella classe di età 15-49 anni (-7,5 per cento, pari a oltre 2 milioni di persone) determinato dalla differenza tra la fuoriuscita delle coorti del baby boom (circa 1 milione di persone all’anno) e l’ingresso di quelle dei millennial (poco più di mezzo milione di persone all’anno). Il calo è parzialmente attenuato dalla dinamica migratoria, positiva in questa classe di età. Cresce invece la popolazione nella classe 50-64 anni (+17,7 per cento, quasi 2 milioni di persone).
Figura 1 – Variazione tendenziale della popolazione per età tra il 2008 e il 2018
L’esercizio
In questo quadro, risulta interessante capire quanta parte della dinamica occupazionale sia legata alla componente demografica. L’esercizio intende quantificare, in un determinato spazio temporale, per classe d’età, le variazioni del numero di occupati depurate dagli andamenti demografici.
Per far ciò, attraverso tecniche di standardizzazione della composizione per età della popolazione, si sono definite due componenti: la prima misura l’effetto delle variazioni della popolazione a distanza di un determinato arco temporale, la seconda rappresenta l’effetto “atteso” sulla variazione dell’occupazione al netto della componente demografica, ossia nell’ipotesi di invarianza della popolazione nello stesso periodo. Quest’ultima componente è interpretabile come una misura della “performance occupazionale” delle diverse classi di età ed è attribuibile alla variazione osservata del tasso di occupazione. La scomposizione nelle due componenti è stata effettuata per le classi di età 15-34, 35-49 e 50-64 anni applicando tassi relativi a periodi diversi a popolazioni costanti.
La figura 2 mostra come nel quinquennio 2008-2013, ci sia stata una diminuzione dell’occupazione tra i 15-64enni superiore al 4 per cento (di poco inferiore al milione di unità), sintesi di una “performance occupazionale” fortemente negativa (-6 per cento) e dell’aumento della popolazione in età attiva (+1,9 per cento). Per tutte le classi d’età, le due componenti hanno lo stesso segno, con quella demografica che accentua l’andamento della variazione “attesa”. Solo tra i 35-49 anni l’aumento della popolazione contribuisce a contenere il calo occupazionale.
Figura 2 – Scomposizione della variazione quinquennale percentuale degli occupati per classi d’età, anni 2008-2013, 2013-2018
Al contrario, tra il 2013 e il 2018, l’effetto della “performance occupazionale” risulta positivo in tutte le classi d’età: per le persone di 15-34 anni si stima un aumento del 2,8 per cento (pari a +143 mila unità) e la variazione negativa tra gli occupati (-2,3 per cento) risulta interamente determinata dal calo della popolazione in questa classe di età. Anche tra i 35-49enni la forte diminuzione della popolazione (-7,9 per cento in 5 anni) influisce in modo decisivo sul calo dell’occupazione: la variazione osservata è infatti pari a -6,3 per cento (pari a -651 mila unità) a fronte di un effetto della “performance occupazionale” di +1,6 per cento. Tra i 50-64enni la crescita demografica contribuisce ad accentuare l’aumento degli occupati (dal +14,7 per cento “atteso” al netto degli effetti demografici si passa a +24,8 per cento osservato).
Per gli occupati in età attiva (15-64 anni), l’analisi dei contributi delle due componenti alle variazioni tendenziali dell’occupazione degli ultimi dieci anni (figura 3) evidenzia come l’andamento della popolazione per classi di età abbia sostanzialmente contenuto il calo dell’occupazione fino al 2013, per poi attenuarne la crescita nel periodo seguente. Negli ultimi quattro anni la variazione “attesa” è sempre stata superiore alle 200 mila unità, con il massimo nel 2016 (+380 mila) ed è stata sempre superiore al livello registrato sul numero di occupati. La differenza deriva dal contributo negativo di una dinamica demografica caratterizzata dal processo di invecchiamento della popolazione.
Figura 3 – Scomposizione della variazione tendenziale assoluta degli occupati 15-64 anni. Anni 2008 – 2018 (dati in migliaia)
Se si considerano le variazioni dell’occupazione delle diverse classi di età al netto della componente demografica (figura 4), prima del 2014, cioè negli anni in cui si sono sentiti maggiormente gli effetti della crisi economica sul mercato del lavoro, esclusivamente i 50-64enni hanno avuto aumenti tendenziali, mentre sia i 15-34enni sia i 35-49enni hanno registrato forti cali, che hanno reso negativa la variazione dei 15-64enni.
Figura 4 – Variazione tendenziale “attesa” degli occupati al netto dell’effetto demografico per classi di età. Anni 2008 – 2018 (dati in migliaia)
Negli ultimi quattro anni, con la ripresa del mercato del lavoro sostenuta da incentivi quali la decontribuzione e il “contratto a tutele crescenti”, tutte le classi d’età mostrano variazioni tendenziali “attese” positive, anche se in misura più contenuta per i minori di 50 anni rispetto ai 50-64enni. L’aumento dell’età pensionabile è l’elemento che spiega il dinamismo delle classi d’età più anziane in tutto il decennio e in particolare nei primi cinque anni, quando per tutte le altre si sono registrati forti cali dell’occupazione.
Questo esercizio consente di mettere in luce alcuni andamenti del numero di occupati in parte nascosti dai mutamenti demografici. Se, per esempio, tra gli ultracinquantenni l’aumento della numerosità di popolazione ha contribuito ad accentuare un andamento nettamente positivo dell’occupazione, tra i 35-49enni la dinamica della popolazione ha prima limitato il forte calo occupazionale e poi ha nascosto interamente la crescita degli ultimi quattro anni.
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U G-M Tamburibi
E’ inutile: non esiste -quasi- piu’ il mondo dei ‘metalbashers’ quindi la pensione a ‘quota 100’ est la definizione operativa dell’insipienza di Matteo Salvini. Quanto alla lotta al bisogno, est fuori luogo affidarla al ‘volontariato di stato’ o ad agenzie di fittizi competenti. Come per il catasto immobiliare, la priorita’ est contare i casi (dico contare, non fingere.)