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Immigrazione: la svolta possibile del nuovo governo

Un eventuale nuovo governo M5s-Pd ha due strade in fatto di immigrazione: può presentare in Parlamento un’ampia riforma su migranti economici e cittadinanza. O può limitarsi ad adottare misure amministrative. Con risultati positivi in entrambi i casi.

Due strade per il possibile nuovo governo

Sul tema immigrazione, il possibile governo Movimento 5 stelle – Partito democratico ha due possibilità: sfidare il “salvinismo” in Parlamento con una riforma legislativa che mostri agli italiani come il benessere degli stranieri nel nostro paese e quello dei cittadini non siano tra loro alternativi; o limitarsi, più modestamente, ad adottare misure di carattere amministrativo che non mettano a repentaglio la sopravvivenza della maggioranza chiamata a sostenerlo.

Nel primo caso, oltre all’abrogazione di tutte le norme restrittive introdotte con i decreti sicurezza varati dal precedente esecutivo, gli elementi qualificanti di una riforma dovrebbero riguardare l’immigrazione economica e l’accesso alla cittadinanza.

Sulla prima questione, il modello non dovrebbe discostarsi troppo da quello vigente per l’immigrazione comunitaria: dovrebbe quindi essere consentita la possibilità di ingresso per cercare lavoro, sia pure entro quote fissate dal governo e previo deposito, da parte dello straniero, di una cauzione che incentivi il mantenimento di condizioni di soggiorno legale (come proposto, anni fa, da Tito Boeri e Pietro Garibaldi). Entro le stesse quote, il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro dovrebbe essere consentito anche a stranieri legalmente presenti ad altro titolo (in particolare, per turismo). La richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno dovrebbe poi trovare accoglimento automatico quando non risultino, in capo all’immigrato, situazioni di pericolosità né di abnorme ricorso all’assistenza pubblica.

Quanto alla cittadinanza, dovrebbe essere sancito lo ius culturae: il diritto, cioè, di acquistarla per lo straniero, anche minorenne, che in Italia completi un ciclo scolastico o consegua un titolo di istruzione universitaria. Nei casi, poi, di naturalizzazione o di acquisto della cittadinanza per matrimonio dovrebbero rilevare gli anni di soggiorno legale, invece che di residenza legale, e dovrebbero essere drasticamente ridotti i tempi previsti per il procedimento, provvedendo, a questo fine, a un adeguato collegamento tra le banche dati delle diverse amministrazioni.

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Le misure amministrative

Nel secondo caso, con le sole misure amministrative, possono essere ottenuti risultati di minore portata, ma non trascurabili. A correzione dello scempio del diritto d’asilo fatto dai decreti sicurezza (in particolare, con le sanzioni che ostacolano i soccorsi in mare e con l’abolizione della protezione umanitaria), il governo dovrebbe ricordare a sé e all’amministrazione che non è punibile chi violi i divieti di ingresso nei porti italiani, quando questo sia richiesto da cause di forza maggiore (tra queste, il rispetto dei trattati internazionali). Dovrebbe inoltre richiamare il fatto che l’articolo 10 della Costituzione sancisce il diritto d’asilo sulla base di presupposti di portata assai più ampia di quanto non faccia la normativa dell’Unione europea: quando risulti, anche senza un riconoscimento giudiziale, che tali presupposti ricorrono, il combinato disposto di articolo 5 del decreto legislativo 286/1998 e dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 394/1999 impongono il rilascio di un permesso di soggiorno per asilo.

Sul fronte dell’immigrazione economica, il governo dovrebbe riprendere una politica di programmazione dei flussi per lavoro, lasciando che i datori di lavoro presentino domande di nulla-osta all’ingresso di lavoratori stranieri in qualunque data, e tenendo conto dello stock di domande giacenti nel momento in cui si deve adottare il decreto flussi. Si svuoterebbe così il bacino di “irregolarità di fatto inserita”, senza bisogno di un voto parlamentare.

La capacità di attrazione d’immigrazione qualificata potrebbe essere incrementata dando finalmente attuazione alla norma di legge che assegna al permesso per studio una durata pari a quella dell’intero corso e fissando ogni anno quote sufficientemente ampie per la conversione del permesso per studio in permesso per lavoro allo scopo di favorire l’inserimento lavorativo di stranieri che abbiano conseguito in Italia laurea o dottorato.

Il semplice astenersi da un intervento legislativo potrebbe migliorare la condizione dei cittadini stranieri sotto il profilo del rapporto con la pubblica amministrazione: bisognerebbe lasciar trascorrere il termine del 31 dicembre 2019 senza imporre ulteriori rinvii all’entrata in vigore della sostanziale parificazione tra straniero e italiano ai fini dell’autocertificazione (articolo 17 comma 4-quater decreto-legge 5/2012).

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Quanto alla cittadinanza, sarebbe opportuno escludere il requisito di reddito minimo dal novero di quelli richiesti per la naturalizzazione: chi mette al primo posto il sostegno al reddito degli italiani poveri non può, allo stesso tempo, considerare la scarsezza di mezzi come un fattore di esclusione dall’accesso alla cittadinanza.

Per quanto riguarda invece la seconda generazione, soprattutto quella giunta in Italia in età non tenerissima e catapultata nel percorso scolastico senza una previa maturazione di competenze linguistiche, il governo dovrebbe utilizzare ogni possibile incentivo per premiare gli insegnanti nelle cui classi si registrano i più marcati miglioramenti relativi ai risultati degli alunni stranieri (o, comunque, in situazione di fragilità sociale) e i dirigenti che istituiscono adeguate forme di tempo prolungato per questi studenti.

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15 commenti

  1. Deluso

    Insomma un’Italia invasa da migliaia di barconi come ai tempi di Renzi ed Alfano con costi sociali ed economici altissimi per gli italiani poveri delle periferie…un esercito di schiavi e sbandati…complimenti!!!

    • Alessio

      100% d’accordo..
      articolo ridicolo e senza senso

    • dariap

      Ma noo….tranquillo….i compagni Macron e Sanchez sicuramente si prenderanno e manterranno tutti i giovanotti africani “superqualificati” che sbarcheranno d’ora in poi.

  2. Savino

    Occorre passare dalla situazione emergenziale a quella strutturale, con uno Stato che si doti di un sistema di accoglienza ed integrazione, senza passare per sporadiche e talora discutibili iniziative di singoli Comuni o singole associazioni di volontariato. All’Europa si deve chiedere chiaramente di farsi carico sul piano finanziario di tutto ciò.

    • Vincenzo LEONORO

      Creare le condizioni politiche per una direttiva europea che permetta la libera circolazione degli immigrati e rifugiati, per molti il nostro paese è solo di passaggio e si eviterebbe di incrementare le fila della criminalità organizzata

  3. Catullo

    Quindi si propone di riaprire i porti e ricominciare come prima? Ma è ovvio che se ci sono Ong che trasportano immigrati clandestini verso l’Italia ci saranno trafficanti che li lasciano in mezzo al mare senza peraltro rischiare niente visto che la parte finale è fatta da cosiddetti soccorritori. Se così sarà fatto il governo farà solo un favore alla destra sempre più estrema. Direi quindi di non toccare i decreti sicurezza (che peraltro non parlano solo d’immigrazione, sono stati letti troppo poco) e continuare con la chiusura verso le Ong cercando nel contempo di lavorare molto per l’integrazione ed il controllo di chi è sul territorio.

  4. Monti

    Si dovrebbe privilegiare il principio per cui lo straniero non deve essere un peso nella societá che lo ospita. Ergo si devono accettare solo stranieri il cui bilancio tra cio che danno allo stato e cio che ricevono é positivo per la nazione. Il diritto di asilo va modificato rendendolo piú stringente. Lo straniero che non consegue l’asilo deve rimborsare lo stato per il danno erariale prima di essere espulso.

  5. Stefano Matteucci

    Entrambe le soluzioni lasciano perplessi, perché il rischio è di finire in una nebbia di pezzi di carta come nel passato, con la creazione di fatto di una specie di “ufficio collocamento” per i paesi il Nord Europa, che si sceglierebbero “i migliori”. Pensiamo ad esempio ad un esodo biblico come quello dei 750.000 circa degli scorsi anni. Che fare in una circostanza così? Mettere una ricevitoria di cauzioni a Lampedusa? Un distributore automatico di pezzi di carta con generalità ottenute con sorteggio di nomi e cognomi casuali a seconda delle fattezze di chi si presenta? Alla fine la spinta per aprire a tutti con l’idea di avere manodopera o servitù a costo zero e di calmierare i salari italiani prevarrebbe ancora una volta. Chiudere per un certo periodo potrebbe essere una misura che consentirebbe di pensare al guazzabuglio combinato negli ultimi 25 anni ma, soprattutto, di recuperare sul fronte dell’integrazione, lasciata da decenni come onere allo spontaneismo degli abitanti delle estreme periferie, coi risultati elettorali che abbiamo visto. Indubbiamente questi ultimi sanciscono il fallimento di un’idea lavacoscienze di “multiculturalismo” che è stato in realtà molto più simile al “multipezzentismo”

  6. Marcomassimo

    Si effettivamente con il tassi di disoccupazione che abbiamo e con i tassi di occupazione che abbiamo; con le periferie già abbastanza piene di gente che si mantiene alla meglio spesso nell’illegalità; con l’economia ed il salario che ristagna; con tutte queste belle e risapute cose, siamo tutti ansiosi che ci vengano salvare dall’Africa o dal Bangla Desh con tutti gli ingegneri, tecnici qualificati ed i professori di informatica, biotecnologie, meccatronica, che arrivano notoriamente da lì.

  7. Mahmoud

    Speriamo invece questo nuovo esecutivo non faccia troppi danni nel campo dell’immigrazione, dove maggiori chiusure, invece che nuove aperture, andrebbero perseguite nei confronti di chi non può garantire requisiti economico-reddituali ed economico-patrimoniali sufficienti a che non sia un peso per chi fatica a garantire l’attuale sistema di welfare già per sé stesso.

    P.S. Fisico nel campo della fusione termonucleare anche esperto di politica dell’immigrazione. Temo ora sia per l’uno che per l’altro ambito.

    • Sergio Briguglio

      Le critiche relative alle opinioni sono sempre legittime. Quelle personali andrebbero espresse senza nascondersi dietro uno pseudonimo. Quanto ai Suoi riferimenti sulle mie competenze in materia di fusione nucleare, Lei non offre alcun motivo a fondamento dei Suoi timori. Si tratta quindi di allusioni del tutto gratuite e diffamatorie. Una persona educata si scuserebbe.

      • Mahmoud

        Capisco lei abbia passione (come legittimo) sia per il campo della fusione termonucleare che per il campo immigrazione ma, sebbene nel primo possa presentare (a dispetto che nel secondo) titoli e lavoro qualificato in grosse realtà, anche per quanto riguarda quello ora dubito, ribadisco. Il motivo mi sembra chiaro e spero esprimere i propri timori sia ancora legittimo. Quando Lavoce degnerà anche me di un articolo invece che di un post mi firmerò oltre che col mio nome di battesimo con tutte le mie credenziali, non capisco di cosa io mi dovrei scusare. Buon lavoro. In qualunque dei dissimili campi lei sia impegnato.

  8. dariap

    Vogliamo superare il record delle 184mila risorse sbarcate del 2016. Diamoci da fare.

  9. Sergio Briguglio

    Provo a rispondere collettivamente ai commenti di segno chiaramente negativo, ritenendo che quelli più articolati non abbiano bisogno di replica. Alcune delle ragioni per cui ritengo che i flussi migratori siano utili all’Italia sono le seguenti:
    – la popolazione italiana decresce ed invecchia, nonostante gli sbarchi degli ultimi anni;
    – ogni misura protezionistica (inclusa la chiusura delle frontiere) riduce la capacità della nostra economia di sostenere la sfida della concorrenza;
    – l’immigrato a bassa qualificazione gioca un ruolo complementare a quello dei lavoratori italiani (in particolare, delle donne) perché può svolgere mansioni di cura alle persone che liberano risorse lavorative degli autoctoni;
    – i lavoratori stranieri ad alta qualificazione esigono, per decidere di migrare verso il nostro paese, un contesto favorevole; norme o politiche restrittive nei confronti dell’immigrazione inducono quei lavoratori a scegliere paesi più amichevoli;
    – quando società diverse e relativamente vicine sono caratterizzate da un forte squilibrio economico, i flussi migratori (e le rimesse cui essi danno luogo) costituiscono uno strumento per abbassare la tensione e raggiungere una situazione di equilibrio in modo non traumatico.
    Nel mio articolo cerco di proporre misure coerenti con queste premesse. Non mi illudo certo di convincere chi ritenga l’immigrazione un fenomeno radicalmente negativo; come non mi illuderei di convincere Captain Ludd dell’utilità di un telaio meccanico.

  10. Henri Schmit

    Ci tengo ad esprimere il mio pieno accordo con le idee precise e lungimiranti espresse nell’articolo. Se potessi opterei per la prima strada. Aggiungerei che il paese dovrebbe in qualsiasi ipotesi (opzione 0, 1 o 2) gestire correttamente i centri per immigrati in attesa di risposta ad una richiesta o di un altro atto amministrativo. Un paese serio non può lasciare persone con meno diritti (è di quello che si tratta) alla mercé di gestori incapaci, sfruttatori senza scrupoli o altri delinquenti. Ci va dell’onore di un intero paese. Dopo i centri di accoglienza ci sono o ci dovrebbero essere centro di formazione (lingua, educazione civica, insegnamento del diritto) e di integrazione (ricerca di lavoro e casa). Negli altri paesi funziona così, non sempre perfettamente, ma almeno per coloro che si sottopongono di buon grado a questi processi che sono sempre un po’ di informazione e un po’ di orientamento e di costrizione. Solo con le carte in regola l’Italia diviene un partner credibile per una politica davvero europea dell’immigrazione.

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