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Dai disastri naturali un conto salato in rapida crescita

I costi dei danni causati da fenomeni naturali sempre più estremi aumentano vertiginosamente. E lo fanno proprio nei paesi che un tempo erano considerati meno esposti: Europa e Stati Uniti. Anche in Italia è tempo di pensare a politiche di adattamento.

Il calcolo dei danni causati dagli eventi climatici

Le immagini degli eventi climatici estremi di quest’estate hanno fatto il giro del mondo: gli incendi in Amazzonia e Siberia, le temperature superiori ai 50 gradi in Australia e India, le devastazioni lasciate dall’uragano Dorian nei Caraibi e dal tifone Hagibis in Giappone. Sembra che i fenomeni estremi stiano diventando sempre più frequenti e potenti, causando disagi anche in parti del mondo che finora avevano goduto di condizioni climatiche miti. L’escalation non dovrebbe sorprendere: la comunità scientifica ha ormai da tempo indicato il riscaldamento globale come il principale responsabile di questi stravolgimenti. Da un punto di vista termodinamico, è come alzare il gas sotto una pentola d’acqua prossima all’ebollizione. Le conseguenze non si limitano solo alle ondate di calore o a una maggiore variabilità della temperatura, ma comportano anche alluvioni e uragani più violenti.

Tuttavia, benché la frequenza e dell’intensità degli eventi catastrofici si intensifichi, non è certo che stiano crescendo i costi economici a essi associati. Per esempio, il rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) del 1995 sosteneva che il cambiamento climatico avrebbe danneggiato i paesi tropicali, mentre gli Stati Uniti e il Nord Europa ne avrebbero tratto vantaggio. Inoltre, anche con eventi sempre più severi, i danni potrebbero comunque diminuire: le nostre società tendono infatti ad adattarsi, cambiando per esempio il modo di costruire e proteggere edifici e infrastrutture.

I risultati empirici del nostro studio, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, forniscono una risposta chiara, mostrando che i costi economici dovuti ai disastri naturali associati al cambiamento climatico (uragani, incendi, temperature estreme, alluvioni) stanno aumentando globalmente. In linea con i risultati precedenti, troviamo che i danni economici medi provocati dagli eventi naturali crescono debolmente e in maniera non statisticamente significativa. Quando però ci concentriamo solo sull’analisi dei danni causati dagli eventi più catastrofici, scopriamo una tendenza di crescita netta e forte.

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Figura 1

Più l’evento è estremo, più aumenta il costo

Perché i danni da eventi naturali “ordinari” non aumentano (o lo fanno in maniera impercettibile), mentre quelli dovuti a fenomeni estremi crescono in maniera sostanziale? Una possibile spiegazione è che all’aumentare dell’intensità fisica degli eventi climatici, i danni collegati aumentino in modo più che proporzionale. Per esempio, se un uragano i cui venti soffiano a 100 chilometri l’ora comporta un danno di 1 miliardo di dollari, uno con venti doppiamente potenti provocherà danni molto superiori a 2 miliardi di dollari.

I nostri risultati empirici confermano questa ipotesi: come mostra la figura 1, i danni mediani annuali a livello mondiale (le barrette nere orizzontali) mostrano una crescita quasi impercettibile. Tuttavia, per l’1 per cento dei disastri più gravi (la linea rossa), la crescita è evidente ed estremamente marcata. Un evento di questa rarità causava nel 1970 danni per circa 500 milioni di dollari, mentre nel 2010 i costi ammontano a 10 miliardi, venti volte in più.

Anche quando si considerano i fattori che potrebbero avere fatto lievitare l’ammontare dei danni economici, come l’aumento dei prezzi, della ricchezza potenzialmente distruttibile e della popolazione nelle aree colpite, l’incremento che registriamo risulta comunque molto serio e tanto più marcato tanto più estremo è l’evento (figura 2).

Stimiamo per esempio che ogni singolo evento naturale che rientra nel 5 per cento dei più dannosi causi ogni anno 5 milioni di dollari in più rispetto all’anno precedente. Se si guarda all’1 per cento dei disastri più dannosi, la crescita annua sale a 26 milioni di dollari.

Figura 2

Per chi suona la campana?

La tendenza all’aumento nei danni non è omogeneamente distribuita nel globo. Contrariamente a quanto ci si attendeva fino a qualche anno fa, l’incremento risulta più marcato nelle zone climatiche temperate, come l’Europa e gli Stati Uniti, rispetto a quelle tropicali. Il risultato inaspettato può indicare sia un preoccupante aumento di fenomeni estremi anche in zone tradizionalmente meno esposte (come l’Italia), sia che le strategie di adattamento adottate nelle zone storicamente più colpite (come i tropici) abbiano quantomeno rallentato la crescita delle perdite economiche.

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Anche se il nostro studio non ne considera esplicitamente l’effetto, i risultati sono compatibili con il cambiamento climatico. Per gli eventi climatici stiamo dunque già pagando un conto salato, e crescente, che potrebbe arrivare a livelli smisurati se il riscaldamento globale continuasse a progredire ai ritmi attuali. Anche l’Italia, che finora è stata meno esposta di altri paesi a eventi naturali estremi, deve sviluppare strategie di adattamento che consentano di fronteggiare il maggior rischio. Si tratta però di iniziative particolarmente difficili da intraprendere proprio per l’intensificazione dei disastri naturali. Dati questi rischi, un principio di cautela suggerirebbe di contenere l’aumento del riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi, come indicato dalla conferenza Cop21 di Parigi e dal recente rapporto dell’Ipcc, attraverso adeguate politiche di mitigazione che portino le economie verso una crescita sostenibile a zero emissioni entro il 2050.

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  1. Savino

    Abbiamo bisogno, nei pubblici uffici, di tecnici più preparati e non corrotti, che non permettano di costruire ovunque e comunque. I tecnici nelle p.a. si sono arrogati (per tutelare interessi propri e non sempre leciti) un peso decisionale eccessivo rispetto a chi ha competenze giuridiche, economiche, programmatiche e statistiche.

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