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Dagli scenari sul clima di domani una spinta all’azione

Il World Energy Outlook descrive alcuni scenari sull’evoluzione del consumo di energia da qui al 2040. Gli fa eco l’Emissions Gap Report. Per entrambi solo perseguendo obiettivi ambiziosi si può limitare l’aumento della temperatura a livelli accettabili.

Il World Energy Outlook 2019

Il 13 novembre l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) ha pubblicato il World Energy Outlook (Weo) 2019, annuale rapporto di più di 800 pagine che suscita sempre grande attesa tra gli addetti ai lavori. Si tratta della “bibbia” per chi ha a che fare con questo mondo e la sua versione elettronica viene consultata attraverso milioni di computer in giro per il mondo.

Oltre a un’analisi della situazione attuale, il Weo propone l’evoluzione delle variabili energetiche lungo alcuni scenari che hanno come orizzonte il 2040. Gli scenari forniscono una visione di come si prospetta l’evoluzione sia “a politiche invariate” sia secondo determinate ipotesi alternative.

Quest’anno, il rapporto introduce un nuovo scenario, lo “Stated Policies Scenario” (Sps) (in sostituzione del precedente “New Policies Scenario”) che mira a rispecchiare l’esito delle politiche già stabilite dai governi. In questo quadro, il fabbisogno mondiale di energia continuerà a crescere dell’1 per cento all’anno fino al 2040, aggiungendo una domanda equivalente a quella odierna della Cina. Circa il 49 per cento della crescita sarebbe soddisfatta dalle energie rinnovabili, mentre il consumo di gas aumenterà rapidamente, superando il carbone per diventare la seconda fonte di energia dopo il petrolio e soddisfare un terzo dell’aumento della domanda complessiva.

Si avrebbe dunque un’impennata delle fonti rinnovabili eolica e solare che andrebbero a soddisfare la maggior parte dell’aumento della domanda globale di energia (figura 1). Ma una base persistente di consumo di carbone, insieme alla crescente domanda di petrolio e gas, implicano che le emissioni globali continueranno a salire per tutto il periodo di previsione fino al 2040. Al contrario dei rapidi guadagni di gas naturale e fonti rinnovabili, l’Aie mostra che la domanda globale di carbone avrebbe raggiunto il picco nel 2014. Il consumo di petrolio inizierà a stabilizzarsi entro gli anni Trenta a seguito dei guadagni di efficienza del carburante dei veicoli e dell’aumento di quelli elettrici. Circa due terzi dell’aumento della domanda globale di energia provengono dalla regione asiatica del Pacifico, mentre si assisterà alla crescita del ruolo del continente africano (figura 2).

Lo scenario alternativo, il Sustainable Development Scenario (Sds, introdotto con il rapporto dello scorso anno) definisce invece ciò che sarebbe necessario per avere una probabilità del 50 per cento di limitare il riscaldamento a 1,65°C, “pienamente in linea con l’accordo di Parigi” secondo l’Aie (anche se alcuni esperti di clima contestano questa affermazione). In questo caso, entro il 2030 gli investimenti in combustibili fossili senza cattura del carbonio si dimezzerebbero rispetto alla media nel periodo 2014-2018. Allo stesso tempo, verrebbero quasi raddoppiati gli investimenti nelle energie rinnovabili, nelle reti elettriche e nel nucleare e la spesa per l’efficienza energetica quasi quadruplicata.

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Su questo fronte, l’Agenzia esprime forte preoccupazione perché l’efficienza energetica ha un grande potenziale di mitigazione, ma i progressi si stanno esaurendo, al punto che nel 2018 si è registrato il tasso di aumento più lento a partire 2010, per la relativa mancanza di nuove politiche in questo ambito e di sforzi per rafforzare le misure esistenti.

Senza nuovi interventi si avrebbe dunque una situazione in cui le emissioni globali di CO2 dall’energia continuerebbero a salire dal livello record raggiunto nel 2018, mettendo il mondo sulla buona strada per un riscaldamento di 2,7°C a fine secolo (figura 3). Di contro, nello scenario Sds la CO2 diminuisce rapidamente rispetto ai livelli del 2010: del 17 per cento entro il 2030, del 48 per cento entro il 2040 e del 68 per cento entro il 2050, una prospettiva coerente con emissioni nette zero entro il 2070. La traiettoria è meno ambiziosa di quella del Rapporto speciale dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul riscaldamento di +1,5°C e l’orizzonte di emissione nette zero al 2050 della recente Roadmap della Commissione europea.

L’Emissions Gap Report

A questo “viatico” per la conferenza sul clima dell’Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change) in corso a Madrid, la Cop25, che si concluderà il 13 dicembre, se n’è aggiunto pochi giorni fa un altro, l’Emissions Gap Report (Egr) del Programma ambientale dell’Onu (Unep), giunto alla sua decima edizione.

Il rapporto avverte che se le emissioni mondiali di gas serra non diminuiranno del 7,6 per cento all’anno tra il 2020 e il 2030, il mondo mancherà l’obiettivo di limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C, previsto dall’accordo di Parigi. Le emissioni di gas a effetto serra infatti continuano ad aumentare, nonostante gli avvertimenti della scienza e gli impegni della politica. Nell’ultimo decennio sono salite dell’1,5 per cento all’anno, stabilizzandosi solo brevemente tra il 2014 e il 2016. Non vi è evidenza di un picco delle emissioni nei prossimi anni e ogni anno di picco posticipato significa che saranno richiesti tagli più profondi e rapidi. Entro il 2030, le emissioni dovrebbero essere inferiori del 25 e del 55 per cento rispetto al 2018 per mettere il mondo sulla via del minor costo per limitare il riscaldamento globale sotto 2°C e 1,5°C, rispettivamente. Ciò significa che il divario delle emissioni è ampio e i piani volontari di mitigazione presentati secondo l’accordo di Parigi (gli Ndc, Nationally Determined Contributions) devono essere nettamente rafforzati nel 2020, con la prima revisione in occasione di Cop26. I paesi devono perciò aumentare di tre volte le proprie ambizioni di riduzione per restare al di sotto di +2°C e più di cinque volte nel caso di +1,5°C.

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Sebbene il numero di paesi che hanno annunciato obiettivi netti di emissioni zero per il 2050 sia in aumento, solo pochi hanno finora formalmente presentato strategie di lungo periodo all’Unfccc.

L’Emissions Gap Report si concentra poi sui paesi del G20, dato che i membri di questo gruppo rappresentano il 78 per cento delle emissioni globali di gas serra. Collettivamente, sono sulla buona strada per rispettare i loro impegni per il 2020 assunti a Cancun (la Cop16 del 2010), ma sette di loro sono indietro per ciò che riguarda il rispetto degli impegni previsti dai propri Ndc al 2030 (Canada, Indonesia, Messico, Repubblica di Corea, Sudafrica, Stati Uniti d’America). Il rapporto osserva che un’azione rafforzata da parte dei membri del G20 sarà essenziale per lo sforzo globale di mitigazione.

Alla luce di tutti questi dati, non resta che aspettare per vedere cosa la Conferenza sul clima di Madrid produrrà. Ma per scaramanzia preferiamo non utilizzare il recente passato per fare previsioni.

Figura 1

Figura 2

Figura 3

Figura 4

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  1. Faleschini

    In questo articolo come in altri interventi non sento mai parlare di energia nucleare da fissione. Eppure si leggono articoli che lasciano intendere che intorno alla metà del secolo si dovrebbe avere a disposizione il primo reattore a fusione. Forse un maggior investimento non in Europa potrebbe consentire qualche riduzione dei tempi che sarebbe decisiva per il futuro. Stiamo parlando del futuro dell’umanità.

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