Lavoce.info

Programmi elettorali: la casa “sfrattata”

Davvero poco o nulla sulla casa nei programmi elettorali di partiti e coalizioni. Si oscilla tra la totale assenza di proposte sull’argomento, in particolare per soluzioni non di mercato, e la riproposizione di ipotesi di lavoro già avanzate in passato senza successo.
La casa è stata sostanzialmente “sfrattata” dai programmi elettorali per il voto del 24-25 febbraio prossimo. La scarsa attenzione per la ricerca di soluzioni non di mercato del problema della casa è diffusa tra tutti i partiti e tutte le coalizioni. Si oscilla tra la totale assenza di proposte sull’argomento e la riproposizione di ipotesi di lavoro in gran parte già avanzate senza successo.

IN ATTESA DELL’EDILIZIA SOCIALE

Nel manifesto elettorale del Movimento 5 Stelle le parole casa, abitazione, affitto, inquilino, edilizia (ricercate sia al singolare sia al plurale) non ricorrono neanche una volta; in quello di Rivoluzione civile si legge solo: “vogliamo il diritto alla casa e il recupero del patrimonio edilizio esistente”.
Anche nel succinto elenco di propositi elettorali dell’Udc di Pier Ferdinando Casini non si va oltre un: “vogliamo un grande piano casa che rilanci l’edilizia sociale per le famiglie meno abbienti, le giovani coppie e gli anziani”. Inutile pure cercare nell’Agenda Monti: non si trova più che un“va favorito l’accesso alla casa”
Sul tema è avaro anche il documento comune della coalizione di centrosinistra dal titolo “L’Italia giusta”. Non tanto più proficua l’indagine si rivela se svolta sui documenti che ognuno dei tre partiti della coalizione ha prodotto a corredo del manifesto d’intenti comune. L’argomento è totalmente assente dal lungo programma di Sinistra ecologia e libertà: unico accenno al “diritto alla casa” nel paragrafo sulla politica di cooperazione internazionale. Il Centro democratico propone la “deducibilità dall’imposta delle spese per interessi” sui mutui per l’acquisto della prima casa e il rifinanziamento del fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto per la prima casa ex legge 244/2007. Ma entrambe le richieste sono ridondanti: già ora è possibile detrarre dall’imposta una quota di quegli interessi, mentre, proprio in questi giorni, il Parlamento ha sbloccato l’incremento di 20 milioni di euro della dotazione del fondo in questione.
In un documento del febbraio 2011, sulle politiche sociali, inserito nel sito del partito nella cartella del programma, i democratici di sinistra auspicavano l’introduzione della cedolare secca (che avvenne il mese successivo con il decreto legislativo 23/2011). Per il resto si punta – senza alcun dettaglio – a “rilanciare un nuovo modello di edilizia residenziale pubblica ed efficientare il patrimonio esistente; reintegrare i fondi per il sostegno dei disagi più gravi, promuovere concretamente l’housing sociale e incentivare le iniziative degli enti locali volte a sostenere i cittadini colpiti da morosità incolpevole”.

Leggi anche:  Italia al bivio: intervista a Romano Prodi*

PIANI IN CERCA DI CASE

Se la coalizione Pdl-Lega dovesse vincere le elezioni, tornerebbe d’attualità la vendita delle case popolari, la cui disciplina è già stata definita nel dettaglio nel corso di questa legislatura durante gli anni del Governo Berlusconi. Proposta elettoralmente allettante per 700-800mila inquilini, ma che non fa i conti con Regioni ed enti locali, proprietari degli alloggi.
Un ritorno di Silvio Berlusconi al Governo comporterebbe anche il varo di un nuovo “piano casa”, composto di misure, già in opera con scarso successo, previste dai precedenti: quello della legge 133/2008, mai decollato. E quello incentrato sulle leggi che, a partire dalla seconda metà del 2009, le Regioni adottarono, su pressione del Governo, per concedere premi di superficie e di volumetria per gli interventi edilizi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione (leggi che resteranno in vigore per almeno tutto il 2013 nella totalità del territorio nazionale, con le sole eccezioni dell’Emilia-Romagna e della provincia di Trento). (1)
I piani incentrati sui premi non hanno incontrato il favore delle famiglie e delle imprese ai quali erano rivolti. Se avessero avuto successo, i loro effetti non avrebbero, comunque, contribuito ad accrescere le possibilità di risolvere il problema delle famiglie in cerca di un’abitazione, essendo gli incentivi rivolti a chi la la casa c’è l’ha già. Anche il condono edilizio (che dovrebbe accompagnare quello fiscale tombale) proposto da Berlusconi -ma rifiutato dalla Lega- non può di certo essere classificato come una misura di politica per la casa: semmai ne costituisce la negazione. Esso legittima i comportamenti di soggetti – non di rado malavitosi- che realizzano opere abusive solo per finalità speculative. Ma alle famiglie che si aspettano un sostegno per risolvere il loro problema della casa, con il condono viene implicitamente detto che il problema devono risolverselo da sole, anche violando le norme, e che questo è il solo aiuto che lo stato è disposto a dare loro.
La coalizione di centrodestra propone anche il “Ripristino delle condizioni di parità per i cittadini italiani nelle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”. Nel mirino sono i cittadini di paesi extra Unione Europea, ritenuti privilegiati nell’assegnazione delle case popolari. Una norma che attuasse questo proposito potrebbe, alla fine, rivelarsi un boomerang. Oggi, infatti, nell’assegnazione delle case popolari, oltre a considerare l’anzianità di residenza nel comune (cosa, quest’ultima, che avvantaggia i cittadini locali), spesso opera una condizione di disparità (ex art. 11 legge 133/2008) per gli extracomunitari, la quale subordina la loro partecipazione ai bandi al possesso della residenza “da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque nella medesima Regione”.

Leggi anche:  Il Patto che non c'è*

Una misura congiunturale può essere considerato il proposito di sospendere per due anni l’imposta di registro sulla vendita tra privati di immobili utilizzati come prima casa e di dimezzarla per gli altri immobili. Difficile prevederne l’impatto e trovare la ragione dell’esclusione dallo sconto fiscale delle vendite effettuate sul mercato primario, soprattutto considerando che imprese e cooperative sono appesantite da un grande numero di case invendute.
Anche il programma di Fratelli d’Italia accenna alla tematica dell’abitazione. Il proposito è di facilitare l’acquisto della prima casa e di renderla non assoggettabile a pignoramento o a ipoteca da parte dello Stato.

PROGRAMMI A PROVA DI SFRIDO

La cifra comune dei programmi esaminati è la estrema genericità delle proposte dedicate alla casa, condensate in qualche parola o in qualche riga. Gli elettori si attendono sempre un certo sfrido tra le promesse/propositi con i quali i partiti cercano di catturare i loro voti e il prodotto effettivo che risulterà dall’azione di governo. Alla fine della prossima legislatura, sulla “questione delle abitazioni” (e non solo) sarà difficile trarre un qualche bilancio sulla coerenza tra ciò che sarà stato fatto e ciò che era scritto nei programmi elettorali. È un esercizio per il quale manca il presupposto di base: pur senza pretendere numeri sui risultati attesi e cifre sulle risorse finanziarie necessarie, in nessuno dei programmi elettorali esaminati è illustrato, non già un programma, ma una ipotesi di lavoro con i contorni ben delineati.


(1) Per un esame delle politiche per la casa nella legislatura in corso rinvio a Lungarella R., I piani casa di madama Dorè, Clueb, Bologna, 2012.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Nel piano tante buone intenzioni, ma pochi numeri

Precedente

Chi ha paura della valutazione nelle scuole? *

Successivo

Come si sgonfiano le bolle

  1. Luigi Calabrone

    L’Italia è il paese d’Europa dove l’affitto è meno diffuso, con conseguenze negative sulla mobilità per lavoro e sulla possibilità per i giovani di rendersi autonomi dalla famiglia d’origine, eccetera. Gli italiani del dopoguerra sono stati costretti a divenire proprietari di case in misura percentualmente abnorme dalla politica demagogica che ha considerato i “padroni di casa” non come persone che offrono, a pagamento, un servizio, ma come dei delinquenti sociali, da reprimere. A ciò si è aggiunto il disservizio – voluto – del servizio della giustizia, che non permette ai proprietari di rientrare tempestivamente in possesso della casa affittata, al termine dell’affitto, o per morosità. Se fossimo un paese governato con razionalità, si dovrebbe svoltare pagina ed incoraggiare la crescita di uno stock di case da offrirre in affitto, in condizioni ragionevoli per entrambe la parti (affittante/affittuario).

  2. marco

    Per una volta tanto mi sento di dar ragione in parte ai partiti politici – In uno Stato disastrato che rischia il fallimento la priorità da risolvere è un’altra…Dove trovare le risorse da investire per rilanciare l’economia? Che senso ha fare un piano case dettagliato se non ci sono i soldi per comperare la carta igienica nelle scuole e la benzina per le volanti della polizia? Se anche si volesse puntare corettamente sull’innovazione e sul risparmio energetico, che si ripaga da solo, sarebbe sempre auspicabile avere una cifra iniziale da investire per rendere più efficaci gli incentivi e attivare il sistema delle ESCO- la tendenza invece adesso è quella di indebolire gli incentivi senza migliorare la didattica e la diffusione delle possibilità che offrono….Penso che lo Stato dovrebbe dar vita a un massiccio piano di ristrutturazione del patrimonio edile secondo i rpincipi dell’antisismica e del risparmio energetico e che per fare questo dovrebbe ritornare alla sua sovranità monetaria e poter spendere a deficit sul modello di quanto fatto dal Giappone dopo il maremoto.

  3. L’affitto non risolve la questione perché non garantisce che l’inquilina,l’inquilino ,non si trovi fuori per motivi che neanche un contratto d’affitto garantisce che non vengano addotti.Il che significa per le persone inquiline non potere programmare impegni di studio,di lavoro,di relazioni sociali con sicurezza.

  4. serlio

    non occorre molto per rilanciare il mercato dell’affitto, solamente una politica chiara in tale senso.
    1°: eliminare l’IMU, che diventa un ulteriore costo a carico dei proprietari che cercheranno di rifarsi con un affitto più alto
    2° eliminare le squallide imposte di registro annuali; il contratto è poliennale e quindi basta una sola registrazione
    3° reintrodurre la cedolare secca
    4° e fondamentale punto, mettere i proprietari in condizione di rientrare in possesso velocemente (1-2 mesi) dell’immobile quando non viene pagato l’affitto e basta considerare i proprietari di casa dei soggetti che surrogano lo stato assistenziale.
    Non è difficile, in effetti è impossibile, stante la enorme spesa pubblica che è più sacra ed inviolabile della costituzione e la marcata ideologia contro la proprietà privata che sta da tempo subentrando in questo paese ormai prossimo al socialismo reale.

  5. Noi stiamo vivendo una crisi economica epocale che sarà dura e lunga, una vera guerra economica che richiede interventi sia ordinari che straordinari, appunto da economia di guerra.Tali interventi, per evitare la rivolta sociale e per ragioni di equità dettati dalla nostra Costituzione, devono riguardare la crescita economica ed il welfare.Il reperimento delle risorse deve avvenire non per una sola via, ma attraverso un mix di misure che includano il patrimonio.Con risorse rivenienti necessariamente ANCHE da un’imposta patrimoniale si potrà finanziare: a) la crescita economica e l’occupazione, in particolare femminile e giovanile; b) ammortizzatori sociali universali e c) provvidenze per la casa (è la casa che fa la differenza tra la sostenibilità economica con un reddito anche minimo e la povertà).Negli ultimi 20 anni, si sono costruiti, a causa del predominio degli immobiliaristi e dei costruttori, 1/10 di alloggi pubblici rispetto agli altri Paesi europei più evoluti; una casa ad affitto sociale (vale a dire 100-150 € al mese) può invece fare la differenza tra una esistenza difficile ma economicamente sostenibile e la povertà; occorre perciò varare un Piano Nazionale Pluriennale di Edilizia Residenziale Pubblica di Qualità (almeno 25.000 alloggi all’anno). I soldi vanno presi dai ricchi, gli unici che ora li hanno.

  6. Silvio

    Concordo con Serlio totalmente. Tanta ideologia e mancanza di riconoscimento del ruolo sociale ed economico dei tanti privati che affittano con regolare contratto registrato.
    Sono capitali e risparmio investiti in settori dove lo stato ha fatto poco e male. la cosa principale e’ assicurare la restituzione Dell’ immobile in pochi mesi in caso di mancato pagamento. È non scaricare sul privato, sulle famiglie, assistenza e in molti caso la furberia di molti . È per la IMU almeno equipararla alla prima casa, visto che la si affitta e per uso primario e non la si tiene a disposizione per uso personale. Io sto pensando di vendere, anche se non è il momento, e mettere i risparmi in altre forme non così penalizzate.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén