La storia lo insegna: le grandi epidemie si diffondono lungo le rotte commerciali. Accadeva ai tempi della peste nera e accade ai nostri giorni. E la soluzione migliore è sempre la quarantena. Anche a costo di gravi sacrifici per l’economia.
Epidemie nella storia
Epidemie e pandemie sono parte della storia dell’umanità. Dalla fine dell’impero romano, è stata spesso la diffusione dei virus a determinare svolte radicali nell’evoluzione economica e culturale di molte società. E il Covid-19 ci ricorda quanto i virus siano ancora oggi una delle più importanti cause di mortalità.
Gli effetti delle epidemie nel breve e lungo periodo sono stati studiati in modo approfondito, ma, come sostiene Jared Diamond in Armi, acciaio e malattie, la conoscenza della diffusione nello spazio e nel tempo delle malattie è ancora molto limitata. È raro che l’origine della trasmissione da animale a uomo (ossia individuare gli eventi legati al paziente zero) sia localizzata geograficamente. In più, specialmente a partire dall’epoca moderna, l’estesa rete degli scambi commerciali e l’elevata mobilità delle persone, anche su lunghe distanze, rendono molto difficile (se non impossibile) disegnare in maniera precisa la mappa della trasmissione dell’infezione da una città all’altra.
La peste di Giustiniano e la peste nera
Può essere d’aiuto allora lo studio di eventi del passato. Nei periodi in cui la tecnologia di trasporto è ai primi stadi, infatti, la diffusione virale è molto più lenta e – come la moviola nel calcio – ci permette di cogliere aspetti che altrimenti sfuggirebbero.
In alcuni nostri lavori abbiamo studiato due delle più importanti epidemie della storia: la peste di Giustiniano (541-547 D.C.), che ha segnato il passaggio dal mondo antico al Medioevo; e la peste nera (1346-1351), che uccise dal 30 al 60 per cento della popolazione europea di allora.
Attraverso le fonti storiche abbiamo ricavato le date dell’arrivo della peste in diverse città europee e abbiamo incrociato il dato con le rotte commerciali del tempo e le caratteristiche geografiche e istituzionali delle città colpite. Le figure 1 e 2 mostrano, rispettivamente, la dispersione geografica e temporale della peste di Giustiniano e della peste nera. Utilizzando vari modelli statistici e tenendo conto delle caratteristiche delle città, troviamo che la trasmissione delle due epidemie dipende dalle interazioni economiche e sociali e, soprattutto, dal commercio tra centri urbani e dalla tecnologia di trasporto. Più le città erano legate da traffici commerciali intensi, più è stata veloce la propagazione dell’epidemia. Durante la peste di Giustiniano, il bacillo viaggiava nelle stive delle navi che portavano merci esotiche molto richieste nei più importanti centri dell’impero romano. Nel caso della peste nera l’effetto è ancora più evidente.
Particolarmente interessante è il confronto tra Genova e Venezia. Entrambe le città furono contemporaneamente il fulcro sia del commercio medievale tra Europa orientale e occidentale sia della diffusione dell’epidemia. Tuttavia, la peste bubbonica colpì molto più velocemente i centri abitati che commerciavano con la città ligure rispetto a quelli di influenza veneta. Lo si può spiegare con il fatto che Genova fosse non solo un importante importatore di merci provenienti dai paesi del Mediterraneo orientale ma anche un rilevante esportatore verso l’Europa occidentale, specialmente verso la Francia e la Spagna. Il ruolo di Venezia quale esportatore era, invece, molto più limitato e legato alle più lente rotte commerciali della pianura Padana e dei mercati a Nord delle Alpi.
Figura 1 – La dispersione della peste di Giustiniano
Figura 2 – La dispersione della peste nera
Paralleli con il coronavirus
Quali insegnamenti possiamo trarre da questi eventi storici per la pandemia da coronavirus?
La prima lezione è che il commercio è un forte propulsore di epidemie. I mercati dove è richiesta una presenza fisica sono luoghi ideali per il contagio. Lo sono perché attraggono un elevato numero di persone che provengono da vari luoghi, anche lontani, ma anche per un’altra ragione: come traspare spesso dai resoconti storici, i mercanti medievali erano più propensi al rischio rispetto al resto della popolazione e quindi erano pronti a sfidare anche situazioni pericolose pur di non compromettere i loro affari.
La seconda lezione è l’effetto positivo delle quarantene. Per esempio, ai tempi della peste nera, quando le pratiche sanitarie contro virus e bacilli erano quasi sconosciute, Agnolo Tura del Grasso nelle sue Cronache senesi ci racconta che i Visconti – i signori di Milano – decisero di chiudere le porte della città a beni e persone che provenivano dall’esterno per un lungo periodo: fu uno dei primi esperimenti di quarantena mai tentati e salvò gran parte della città.
La storia ci insegna dunque che nei periodi di pandemie ed epidemie il commercio diventa un prezioso alleato dei virus. Politiche come quelle prefigurate di recente dal governo britannico possono rivelarsi ininfluenti, se non addirittura pericolose. Chi governa dovrebbe invece adottare misure drastiche e molto sfavorevoli dal punto di vista economico e sociale, cercando contemporaneamente di alleviarne le ricadute con aiuti a chi è più colpito.
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Lantan
Il commercio è alleato dei virus, e siamo d’accordo. Lavoce.info è un sito di economisti dove si trattano giustamente tematiche sociali, economiche e giuridiche. Ma sarebbe interessante analizzare e capire – laddove la ricerca epidemiologica c’è riuscita – le motivazioni per le quali questi corona virus (ma anche Ebola, MERS e SARS) si sono originati. Sono virus prodotti dalle attività umane nel momento in cui queste attività hanno disarticolato delicati equilibri ecologici. A tal proposito vi segnalo questa interessante intervista al prof. Còntini (UNIFE – Dip.to di Medicina) che descrive bene tali meccanismi con rigore scientifico: https://www.youtube.com/watch?v=ts9OHDLWmnE
Lorenzo
Sono d’accordo con la tesi dell’articolo, ma occorrerebbe anche dire che le conseguenze economiche durarono decenni. Noi contemporanei riusciamo a reggere queta idea?