L’epidemia di Covid-19 ha imposto il passaggio allo smart working in molti settori. Istruzione e pubblica amministrazione sono quelli che hanno risposto meglio e sarebbe un errore tornare indietro quando finirà l’emergenza. Cosa succede nelle fabbriche.
Cambiamenti indotti dall’epidemia
Le conseguenze economiche dell’epidemia Covid-19 e degli interventi governativi presi in modo in parte confusionario nelle ultime settimane sono sostanzialmente due. La prima riguarda gli effetti del decreto “Cura Italia” sul Pil nazionale. La seconda è legata ai cambiamenti nel modo di lavorare. Vorrei ragionare su quest’ultima. Mentre l’inevitabile recessione dovuta all’epidemia può essere transitoria, i mutamenti nel modo di lavorare sono permanenti e forse anche positivi.
L’adozione di nuove tecnologie è ben studiata dall’analisi economica. Un’impresa o un lavoratore iniziano a utilizzare una nuova tecnologia quando gli incrementi di produttività e di ricavo superano il costo legato al passaggio dal vecchio al nuovo. Nel mercato del lavoro italiano, nelle ultime settimane, avviene un’impressionante adozione di tecnologie legate al lavoro a distanza o smart working.
Lezioni online e non solo
Partiamo dall’istruzione. Nella definizione più ampia, include le attività formative che partono dalle scuole elementari e di infanzia e arrivano alle università.
In questi giorni, le lezioni universitarie e scolastiche avvengono grazie a strumenti di hardware e software che sfruttano la diffusione della banda larga e la disponibilità di piattaforme audiovisive online. Personalmente, più o meno dal 23 febbraio, ho completamente cambiato la tecnologia di trasmissione dei miei corsi. Oggi non solo interagisco con gli studenti grazie alla video camera del computer, faccio molto di più. Riesco a condividere anche lo schermo del tablet su cui scrivo – grazie a una smart pencil – formule matematiche ed economiche. La registrazione audio video della lezione viene poi caricata sul portale di ateneo. Certamente manca il contatto con gli studenti, ma la possibilità di scaricare le lezioni permetterà agli studenti di avere più tempo e varie modalità per apprendere. La scorsa settimana, abbiamo poi tenuto un consiglio di dipartimento con quarantadue colleghi collegati da casa. All’inizio vi è stata un po’ di confusione, ma alla fine abbiamo approvato tutte le delibere all’ordine del giorno.
Viene spontaneo ragionare sul dopo. Siamo certi che abbia senso tornare indietro al vecchio modello in cui il professore entra in aula e “pontifica”, mentre gli studenti prendono appunti? Penso che sarebbe un errore, anche perché ormai queste tecnologie sono state “adottate”. Forse, in futuro, il tempo “fisico” tra studenti e professori dovrà essere dedicato in più larga parte a ricevimento studenti, a fugare dubbi e a seguire tesi. Ripensandoci, le tecnologie audiovisive che trasmettono da distanza erano già disponibili da tempo, ma non venivano utilizzate da docenti e atenei per inerzia e pigrizia. Serviva uno shock di produttività che ne giustificasse “il costo” di adozione, che non era solo economico ma anche psicologico. L’epidemia Covid-19 ha rappresentato esattamente questo shock esterno, e il vantaggio di adottare le tecnologie è aumentato considerevolmente.
Cosa succede a scuola
Il comportamento delle scuole superiori è eccezionale. La sensazione è che i docenti stiano rispondendo con tutte le loro forze per proseguire con il programma didattico e le interrogazioni, seppure a distanza. Il problema della verifica delle conoscenze è serio. I compiti in classe non si possono fare completamente a distanza. Se ragioniamo sul dopo epidemia, forse è necessario che le scuole del futuro alternino lezioni a casa e lezioni in classe, attraverso una didattica parzialmente smart. Certamente migliorerebbe la vita e la gestione del tempo dei giovani, contemporaneamente diminuendo traffico e congestione urbani.
Il discorso delle elementari e medie è più complicato. Per quel tipo di didattica il sistema tradizionale è ancora apprezzabile. I ragazzini hanno troppo bisogno del contatto diretto e mantenere l’attenzione a distanza per un bambino di sette o otto anni è difficile. Vi è poi il problema del divario digitale e del rischio che scuole e famiglie dei quartieri più disagiati non abbiano accesso alla banda larga.
Dalla pubblica amministrazione alle fabbriche
I cambiamenti in atto non riguardano solo l’istruzione. La pubblica amministrazione risponde bene, in modo forse inaspettato. In questi giorni tutti parlano di cassa integrazione, ma pochi riflettono che le sedi dell’Inps – la più grande amministrazione dello stato – sono in realtà deserte. Nessuno si è lamentato di pensioni non erogate o sussidi e prestazioni non ricevute. Sembra davvero che in un carrozzone come l’Inps il lavoro a distanza stia funzionando.
Un settore particolarmente esposto all’epidemia è quello delle professioni. Avvocati e commercialisti sono senza protezione sociale e non vedono più i loro clienti. Molti professionisti hanno un orizzonte di liquidità di pochi mesi. L’unico consiglio che mi sento di dare loro è quello di utilizzare questo periodo per adottare le tecnologie di smart working. Si applicano alla perfezione alle loro professioni, e quando l’emergenza sarà superata, i professionisti che riceveranno i clienti online – a parità di competenze – godranno di un vantaggio competitivo non indifferente.
L’Italia è la seconda economia europea nell’industria manifatturiera. Solo la Germania ci supera. Nelle fabbriche moderne – anche se sono 4.0 – esistono ancora gli operai. Per quelle professioni lo smart working è impossibile e il contatto sociale tra diversi lavoratori rimane significativo, nonostante le regole inserite nel protocollo tra governo e parti sociali. Molte fabbriche in questi giorni sono state chiuse, ma gli stabilimenti industriali delle attività essenziali sono ancora aperti. Oltre ai medici, forse dovremmo ringraziare anche i lavoratori diretti dell’industria che continuano a svolgere le loro mansioni. È soprattutto grazie al loro lavoro – che è spesso molto poco smart – se la maggior parte dei lavoratori può adottare le tecnologie smart.
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mauro zannarini
E’ un ottima opportunità di modernizzarci tutti.
Grazie
Sabrina Visentini
Un settore dimenticato è quello dei Servizi Demografici, in particolare lo Stato Civile.
L’Ufficiale di Stato Civile redige gli atti di morte, rilascia il permesso di seppellimento, autorizza la cremazione. Affinchè il neonato sia riconosciuto dai genitori e diventi titolare di diritti deve accogliere la dichiarazione di nascita.
Il governo è andato incontro ai servizi anagrafici attraverso la proroga della scadenza dei documenti di identità al 31 agosto, è andato obbligatoriamente incontro ai servizi elettorali fermando il referendum, è andato incontro allo stato civile limitando i matrimoni. Le prefetture solo su sollecitazione degli USC hanno accettato che limitassimo la presenza almeno dei dichiaranti la volontà alla cremazione utilizzando l’autodichiarazione.
Gli argomenti trattati dai servizi demografici sono molti e sconosciuti ai più ma hanno ripercussioni anche economiche tipo lo svincolo del conto corrente in favore del coniuge superstite. Scrivo con poca linearità per cui riassumo: ci sono servizi della PA di derivazione statale che si stanno organizzando al meglio in modo da assicurare al cittadino almeno l’essenziale. Eppure di questi servizi mai se ne parla.