Alla pandemia da Covid-19 rischia di accompagnarsi la diffusione di un altro virus: quello della disinformazione, dalle “semplici” fake news alle vere e proprie campagne pianificate da governi e partiti stranieri. L’allarme di Copasir, AgCom e Ue.

In questi giorni dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) è arrivato l’allarme: l’Italia è colpita da una campagna di disinformazione sul Covid-19. Sono emersi elementi sufficienti per poter parlare di interferenze da “entità statuali esterne all’Europa”, ha dichiarato il presidente Raffaele Volpi all’Ansa. Anche dai canali social del Parlamento europeo è arrivato un avvertimento preoccupante: “È come se in Europa si stesse propagando un altro virus”. 

Cos’è davvero la disinformazione?

La Commissione europea ha definito la disinformazione come “l’aggregato di informazioni false o ingannevoli che sono create, annunciate e divulgate, per trarre vantaggi economici o per plagiare intenzionalmente le persone, e che potrebbero causare un pericolo pubblico”. Di qui si ricava la differenza sostanziale tra campagne di disinformazione e semplici fake news: rispetto alle prime, le seconde mancano di intenti sovversivi così programmatici e di una pianificazione strategica così fine. 

Tuttavia, è chiaro che la disinformazione procede per gradi: non che l’influenza generata da canali social, blog e forum online sia un fenomeno trascurabile, soprattutto su alcuni temi. A tal proposito, l’Autorità garante delle comunicazioni (AgCom) svolge regolarmente analisi, indagini conoscitive e rapporti sulle varie componenti del sistema informativo ed è da questi documenti che è possibile conoscere la situazione italiana: il 57 per cento delle notizie fake riguarda la cronaca politica e la mistificazione spazia ampiamente dall’economia alla salute, dalla scienza alla religione (Figure 1 e 2).

Figura 1 – Distribuzione di contenuti fake per categoria nel 2018.

Fonte: Rapporto AgCom, News vs fake nel sistema di informazione, 2018.
Nota: la categoria “hard news” include le notizie di cronaca, politica e quelle di rilevanza internazionale.

Figura 2 – Principali tematiche di contenuti fake nel 2018. Nota: l’ampiezza dei cerchi indica la frequenza con cui sono stati riscontrati nella specifica tematica. L’asse orizzontale esprime il livello di attualità delle notizie, quello verticale la loro estensione soggettiva (se bassa si tratta di una disinformazione che va a scapito dei singoli soggetti, se alta arriva a coinvolgere istituzioni o paesi).

Altra cosa restano, però, le azioni di deliberata distorsione della verità perpetrate da media quali Russia Today o Sputnik, formalmente privati ma di fatto “indipendenti tanto quanto la Pravda durante il periodo sovietico” come scrive Atlantic Council, think tank americano, impegnato in materia di cooperazione internazionale. Perché “il successo di campagne di disinformazione può arrivare a ledere il processo elettorale democratico e alterare i confronti politici. […] Seminare disinformazione è il modo di fomentare sfiducia e malcontento nelle pratiche e norme vigenti (c.d. “occidentali”)”, nota l’Istituto europeo per gli studi di sicurezza, agenzia della Ue per le analisi su politica estera, sicurezza e difesa.

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La macchina della disinformazione

Sulla base di uno studio condotto dall’Oxford Internet Institute, nel 2019 sono stati 70 i paesi nei quali è stato registrato almeno un episodio di disinformazione, definita come computational propaganda. Particolare attenzione va riservata alla situazione dei 26 stati nei quali la disinformazione diviene strumento di controllo autoritario (Figura 3).

Figura 3 – Computational propaganda di stampo autoritario.Fonte: The Global Disinformation Order, Oxford Internet Institute.

Sono diverse le operazioni messe in atto: da un convenzionale condizionamento politico a un più subdolo tentativo di distrarre e dividere il pubblico su temi secondari, fino a condurre vere e proprie campagne denigratorie contro specifici soggetti (persone, organizzazioni o istituzioni). Ad agire sono agenzie governative, partiti politici e il settore privato; a subire sono i cittadini tutti.

Un fatto è estremamente rilevante: la disinformazione non è solo mezzo di propaganda interna entro i confini nazionali. Per alcuni paesi è strumento di influenza internazionale: si tratta di Cina, India, Iran, Pakistan, Russia, Arabia Saudita e Venezuela.

Come si spiega la disinformazione?

Ora, in che modo si configurerebbe come un tentativo di influenza estera e quindi una minaccia alla società occidentale democratica? 

Per chiarire la questione, illuminanti sono le considerazioni dell’Istituto europeo per gli studi di sicurezza (Euiss): “se uno stato volesse minare alla coesione e alla forza di una società democratica e aperta, allora attaccare la fiducia che i cittadini ripongono nelle loro istituzioni politiche e nei loro processi normativi rappresenterebbe un ovvio punto di partenza. Diffondere falsità […] è la via ideale per preparare i passi ulteriori in un contesto di minacce ibride”. 

E cos’è questo contesto di minacce ibride sullo sfondo? La comunità euro-atlantica si trova ad affrontare un quadro geopolitico profondamente cambiato. Gli avversari hanno abbandonato la strategia militare convenzionale, in favore di attacchi cyber e disinformazione, per puntare al controllo delle risorse strategiche e sovvertire l’ordine politico e sociale costituito. L’esortazione ad agire uniti, come comunità transatlantica, può risuonare ancora oggi nelle parole con cui Alcide De Gasperi nel 1952 intervenne in Senato a favore del Trattato di Parigi, quello che costituì la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca): “È il principio democratico che si difende in Europa. […] Questo è il nostro programma, questa la nostra lotta!”

* Articolo di Anna Gamba.

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