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Gender gap nell’ansia da pandemia

Le donne sembrano soffrire più degli uomini gli effetti della pandemia. Sono più preoccupate per il rischio contagio e per le ricadute economiche, tanto che ne risente il loro benessere psicofisico. Ma sono anche più pronte a rispettare le regole.

Le donne soffrono di più la crisi

Il dibattito sugli effetti asimmetrici della pandemia sta diventando sempre più fervido. Da una parte, si analizzano effetti eterogenei tra paesi con diverso livello dei fondamentali dell’economia, dall’altro le ricadute differenziate rispetto alle condizioni economiche di partenza degli individui. Un argomento molto discusso riguarda le differenze di genere. Di recente, alcuni studi hanno evidenziato come le misure di lockdown stiano producendo effetti sproporzionati tra uomini e donne. Al fatto che i settori con più alta partecipazione femminile risultino investiti maggiormente dalla distruzione di posti di lavoro, si aggiunge che le donne sono più impegnate nella cura dei bambini e nella gestione della casa. Le donne soffrono di più questa crisi sia perché subiscono conseguenze peggiori dal punto di vista lavorativo sia perché la chiusura degli asili e delle scuole aggiunge sulle loro spalle un considerevole carico di lavoro.

Da un’indagine svolta su un campione di studenti universitari del Sud Italia (circa 2 mila) sembrerebbe però che le donne soffrano maggiormente l’attuale emergenza a prescindere dalla condizione occupazionale e dalla presenza di figli. Tra le domande poste agli studenti ve ne sono alcune volte a capire il loro stato d’animo rispetto all’emergenza sanitaria. Non desta sorpresa scoprire che il 63 per cento degli studenti dica di sentirsi nervoso, il 54 per cento di essere preoccupato per la propria salute e il 91 per cento di esserlo per quella dei suoi cari. Come si può vedere dal grafico 1, le donne mostrano maggiore preoccupazione e nervosismo rispetto agli uomini. Mentre non vi è grande differenza riguardo alla preoccupazione per la salute dei propri cari, ce n’è una sostanziale nello stato di nervosismo e di preoccupazione per la propria salute.

Grafico 1

La misura del malessere

Una differenza di genere a sfavore delle donne si riscontra anche quando si esaminano le risposte fornite dagli studenti ad alcune domande che cercano di comprendere il loro stato di benessere psico-fisico nel periodo di lockdown. Circa il 30 per cento di quelli che ha partecipato all’indagine dice di sperimentare problemi di concentrazione, il 35 per cento disturbi alimentari, il 38 per cento disturbi del sonno, il 30 per cento di avere scarso interesse e di non provare piacere nelle cose che fa. Come si può vedere dal grafico 2, il disagio espresso dalle donne è anche in questo caso maggiore. Ad esempio, il 50 per cento di loro dice di soffrire di disturbi del sonno, contro il 30 per cento degli uomini. Il 42 per cento afferma di avere scarsa energia, contro il 30 per cento circa degli uomini.

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Per avere un quadro sintetico, abbiamo utilizzato queste misure di malessere per creare un indicatore complessivo (attraverso una analisi delle componenti principali). Le regressioni che abbiamo stimato prendendo come variabile dipendente l’indicatore confermano che, a parità di altre caratteristiche individuali come età, area disciplinare di studio e altro, le donne stanno vivendo un disagio maggiore rispetto agli uomini. Poiché non si tratta di una indagine longitudinale, è difficile dire quanta parte di questi disturbi siano associabili all’attuale situazione di emergenza e se la differenza riscontrata tra uomini e donne stia a indicare un effetto peggiore della crisi su queste ultime. Tuttavia, i nostri risultati sono in linea con quelli mostrati nel grafico 1, in cui si faceva esplicito riferimento alla pandemia. Inoltre, sono coerenti con quanto riscontrato da altri studi, che mostrano un maggior disagio da parte delle donne, non solo in Italia ma anche in altri paesi. È quindi abbastanza ragionevole pensare che le donne subiscano maggiormente i costi anche psicologici della situazione attuale. La maggiore sofferenza potrebbe dipendere, ad esempio, dal fatto che le giovani donne intervistate, costrette a vivere in famiglia, siano più coinvolte in lavori domestici e di cura rispetto ai loro colleghi maschi.

Grafico 2

Più ligie alle regole

Per quanto riguarda i comportamenti futuri, abbiamo chiesto agli studenti in che misura intendono attenersi alle norme di distanziamento sociale e di protezione individuale. Si tratta di una questione di grande importanza poiché il successo della fase 2 dipende soprattutto dal rispetto di queste norme e i giovani, pur avendo la stessa probabilità di contrarre l’infezione, in caso di contagio subiscono conseguenze molto meno gravi. Questo, unito all’alta socialità che li caratterizza, rende i loro comportamenti un elemento cruciale al fine di controllare la diffusione della pandemia.

I dati mostrano l’intenzione di attenersi abbastanza strettamente alle regole. In una scala da 0 a 100, la media è sempre sopra a 80. Anche in questo caso, però, si riscontra una differenza di genere, con le donne più propense degli uomini a osservare tutte le norme di distanziamento sociale (restare a casa il più possibile, mantenere distanza di almeno due metri, evitare eventi sociali, evitare abbracci e strette di mano) e più inclini a indossare le mascherine e a lavarsi spesso le mani. La differenza permane anche quando controlliamo per gli indicatori di benessere psico-fisico a nostra disposizione e per il grado di preoccupazione per la propria salute.

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Dalla nostra analisi sembrerebbe dunque che le donne, più degli uomini, risentano delle difficoltà derivanti dall’attuale crisi e che loro, più degli uomini, sarebbero disposte ad attenersi alle norme necessarie per contenere il contagio. Nonostante ciò, come discusso da Alessandra Casarico e Salvatore Lattanzio su questo sito, dal 4 maggio sono soprattutto gli uomini a tornare a lavorare, così quel disagio già forte che le donne percepiscono potrebbe ulteriormente ampliarsi.

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  1. Luca Neri

    Esiste un gender gap in questa pandemia, ed è a svantaggio degli uomini. Gli uomini sono costretti a lavorare di più e in settori con minore possibilità di ricorrere allo smart working.nel corso di questa pandemia. Lavorare in condizioni in cui il rischio di contagio è concreto non è affatto un privilegio come questo articolo e quello di Casarico vogliono sostenere. Infatti in questa pandemia gli uomini muoiono di più e sono maggiormente colpiti dal virus; non vi è alcuna evidenza che questo accada per ragioni biologiche, tutt’altro: il differenziale di mortalità si annulla sotto nelle fasce di età più giovani, quando il gap occupazionale tra uomini e donne è particolarmente piccolo (soprattutto nelle regioni del nord che contribuiscono maggiormente alla casistica). La vostra conclusione è abbastanza incomprensibile. Le donne sono preoccupate per la propria salute per la possibilità di contrarre la malattia. In che modo il disagio psicologico dovuto alla preoccupazione di ammalarsi (notare che la preoccupazione per i propri cari è identica tra i sessi), dovrebbe essere aggravato dalla possibilità di starsene a casa senza dover uscire?.In che modo il fatto che siano gli uomini ad esporsi maggiormente al pericolo di contagio perchè costretti a tornare al lavoro in condizioni che non garantiscono affatto la sicurezza danneggerebbe le donne?

  2. Pippo Calogero

    State forse dicendo che esiste una differenza genetica tra uomini e donne? Ma non mi dite…
    La differenza genetica è possibile? Sì o no?
    Perché a quel punto parliamo anche di ruoli definiti dalla biologia evolutiva, parliamo di differenze cognitive codificate a livello genetico, parliamo dell’origine genetica della differenza statistica nelle scelte delle carriere…
    Davvero volete percorrere questa strada?

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