Il lockdown ha cambiato qualcosa nella divisione del lavoro all’interno delle famiglie? Un’indagine rappresentativa di tutte le donne occupate italiane ci restituisce un quadro poco confortante: sono sempre le donne a sostenere il carico maggiore.
Carichi familiari più pesanti nell’emergenza
Una conseguenza, di non poco rilievo, delle misure di contenimento dell’emergenza Covid-19 riguarda le differenze di genere sul mercato del lavoro e negli equilibri familiari.
Le misure di contenimento hanno disposto la chiusura di gran parte delle attività economiche e produttive dei settori non essenziali e la chiusura delle scuole. Mentre recessioni del passato (ad esempio, la crisi del 2008) avevano avuto un impatto negativo sull’occupazione maschile nella industria manifatturiera, ma meno pesante su quella femminile, impiegata in settori meno esposti al ciclo (per approfondire si veda qui), il periodo di lockdown ha prodotto conseguenze più simili tra donne e uomini (si veda qui e qui) .
In più, la chiusura delle scuole ha notevolmente aumentato il lavoro domestico e il lavoro di accudimento dei figli piccoli, nonché l’aiuto a quelli più grandi impegnati nell’apprendimento a distanza, creando potenzialmente nuovi equilibri all’interno della famiglia.
I nonni, prima ed essenziale risorsa per la cura dei nipoti, sono oggi più a rischio di contagio e quindi essi stessi bisognosi di aiuto. Il nuovo equilibrio dei più pesanti carichi familiari nell’emergenza dipende anche dal settore in cui uomini e donne sono (o erano) impiegati e dal contributo di ciascun componente al lavoro familiare (domestico e di cura dei figli).
L’indagine
Nelle ultime due settimane abbiamo svolto un follow-up di un’indagine lanciata nella primavera 2019 su un campione di 1.250 donne rappresentativo delle italiane occupate. Le intervistate hanno risposto fornendo anche informazioni riguardanti i partner. Ciò ci ha consentito di verificare se ci siano stati cambiamenti di comportamento all’interno delle famiglie durante l’emergenza.
Ci siamo chieste se lo shock imposto dalla fase emergenziale abbia potuto provocare uno scossone nei comportamenti consolidati delle famiglie italiane, dove la maggior parte del lavoro domestico è sempre stato svolto dalla donna. Talvolta, il disequilibrio è motivato da un maggiore tempo trascorso a casa dalla donna che non partecipa al mercato del lavoro (solo una su due è occupata), ma in tantissimi altri casi, nelle coppie dove entrambi lavorano, è ingiustificato e dunque determinato da uno stereotipo ben radicato nella nostra società. Come mostrano i nostri dati, infatti, prima dell’emergenza le donne lavoratrici dedicavano al lavoro domestico molte più ore rispetto ai loro partner (figura 1).
Nel periodo del lockdown le famiglie hanno dovuto confrontarsi con un nuovo equilibrio in cui entrambi i partner erano confinati nelle mura domestiche e questo ha messo in discussione, potenzialmente, i ruoli domestici precostituiti. In larga misura, uomini e donne hanno lavorato a distanza e sappiamo già che, in una situazione di normalità (quando riguarda un giorno alla settimana), lo smartworking ha la potenzialità di coinvolgere di più gli uomini nel lavoro domestico .
Cosa è successo, allora, durante il lockdown? La nostra indagine è rappresentativa di tutte le donne occupate italiane, dunque costituisce una preziosissima fonte di informazioni sulle abitudini e sugli equilibri familiari durante l’emergenza, che possono essere confrontate con quelli pre-emergenza. Analizzare come e se l’emergenza dovuta al Covid-19 stia modificando questi equilibri diventa quindi fondamentale per capire l’evoluzione della parità di genere nel nostro paese.
I nostri dati mostrano che il 68 per cento delle donne lavoratrici con partner ha dedicato più tempo al lavoro domestico durante il lockdown rispetto alla situazione precedente, il 29 per cento ha dedicato lo stesso tempo e solo il 3 per cento ve ne ha dedicato di meno (figura 2). Guardando invece ai partner, solo il 40 per cento ha dedicato più tempo al lavoro domestico, mentre la maggior parte (il 55 per cento) non ha modificato il proprio comportamento in casa (solo il 6 per cento lo ha diminuito).
Per le coppie con figli, se analizziamo il tempo dedicato dai genitori alla loro cura, vediamo che la maggior parte delle donne lavoratrici (61 per cento) lo ha aumentato. Solo il 34 per cento ha lasciato inalterato il proprio impegno (e appena il 5 per cento lo ha ridotto). Anche la maggioranza degli uomini ha aumentato il tempo dedicato alla cura dei bambini, ma la percentuale si ferma al 51 per cento. Ben il 45 per cento non ha modificato il proprio comportamento (e solo il 3 per cento ha ridotto il tempo di cura).
Nonostante siano le donne a farsi carico della maggior parte del lavoro extra (risultati simili si registrano negli Stati Uniti), anche gli uomini hanno aumentato il loro carico di lavoro, sia dedicato ai lavori domestici sia alla cura dei figli. Ma la condivisione è ancora lontana. Ed è interessante notare che, anche quando la condivisione del lavoro aggiuntivo è maggiore, gli uomini optano di preferenza per la cura dei figli piuttosto che per il lavoro domestico.
Poiché la condivisione tra i partner del lavoro domestico e di cura si associa a una maggiore partecipazione al mercato del lavoro delle madri, in modo particolare nel caso del lavoro domestico (si veda, tra gli altri, Ester Fanelli e Paola Profeta), questi risultati aggiungono serie preoccupazioni per le conseguenze del Covid-19 sul lavoro delle donne.
Indagine condotta da Episteme s.r.l. con interviste CAWI (computer-assisted web interviewing) effettuate in aprile e luglio 2019 e maggio 2020.
* Articolo pubblicato in contemporanea su inGenere e La 27esima ora.
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Laura Venturi
Così non va bene. Non va bene per niente. Dobbiamo ripensare il rapporto uomo-donna a partire da quello madre-figlio. Dobbiamo avere case che educhino alla parità con l’esempio. Dobbiamo avere scuole che educhino alla parità anche con un equilibrio di genere tra gli insegnanti a partire dalla primaria dove esiste ormai quasi solo “la maestra”. Dobbiamo avere imprese, ospedali e università che accolgano i generi mettendo in condizione di conciliare i ritmi casa-lavoro. E dobbiamo avere istituzioni che considerino la donna non “una quota” ma una parte fondamentale della società per capacità e competenze, non perché “brave come i maschi” ma perché BRAVE.
#DATECIVOCE
Piersilvio
Concordo rispetto ai maestri delle scuole primarie, ormai quasi tutti di sesso femminile. Occorrerebbero delle quote di genere.
Francesca M
Nel lavoro domestico è compreso andare a fare la spesa?