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Diamo forza ai libri delle donne

La Giornata mondiale del libro e il “Maggio dei libri”, così come l’isolamento per Covid-19, spronano alla lettura. Ma quanti volumi o giornali sono opera di donne? Nell’editoria c’è un evidente gap di genere. Arginarlo dipende anche da chi legge.

Due iniziative per la lettura

Il 23 aprile, in concomitanza con la Giornata mondiale del libro, si è avviata anche la decima edizione del “maggio dei libri”, la campagna nazionale per introdurre la lettura in contesti anche non tradizionali e intercettare i non-lettori (www.ilmaggiodeilibri.it). Si tratta un’iniziativa necessaria, se si pensa al numero di analfabeti funzionali e ai livelli raggiunti dalla “desertificazione letteraria” in Italia, dove nel 60 per cento del territorio non vi è neppure una libreria e quella più vicina dista almeno mezz’ora in auto; dove un lettore su due (46,5 per cento) si identifica come “debole” (chi in un anno legge meno di tre libri) e dove il 47 per cento della popolazione è incapace di utilizzare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana (Report Istat sulla produzione e lettura di libri in; Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia dell’Associazione italiana editori).

Il mese del libro è però anche un’occasione per riflettere sulla situazione delle donne nell’editoria e ragionare su come sia possibile intervenire a riguardo, anche da lettori.

Donne & editoria: l’ennesimo gap di genere

Sulla questione emergono subito le forti differenze sia nella distribuzione dei ruoli che nell’assegnazione di riconoscimenti alle scrittrici, nonostante le donne raggiungano migliori risultati nell’istruzione e nella formazione e frequentino le librerie e le biblioteche con più assiduità degli uomini.

Scorrendo le percentuali relative alla lettura e alla frequentazione di luoghi deputati alla cultura, difatti, risulta che sono le donne a essere più presenti: rispettivamente il 48,9 per cento e il 17,2 per cento contro un equivalente maschile pari al 35,9 per cento e al 12,9 per cento. Il genere femminile, tuttavia, è spesso escluso dai ruoli strategici della editoria. Se dieci anni fa la percentuale di donne ai vertici era pari al 16,6 per cento, oggi solo il 22,3 per cento raggiunge ruoli apicali (contro dunque il 77,7 per cento dei maschi). In più, per quanto il trend occupazionale femminile sia in crescita (il 64,9 per cento dei nuovi ingressi sono donne), le occupate risultano impiegate perlopiù nella “cucina editoriale” e adibite a ruoli accessori di traduzione o correzione testi.

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Il divario di genere si ritrova anche nei cataloghi e nella critica: solo il 38,4 per cento degli autori che pubblicano narrativa per adulti sono donne, le scrittrici recensite sono il 24 per cento in meno degli scrittori e le giornaliste culturali sono il 30 per cento in meno dei colleghi maschi. La situazione di squilibrio trova conferma anche rispetto ai riconoscimenti: in oltre 70 edizioni, il premio Strega è stato attribuito solo dieci volte a scrittrici e nel corso del Salone internazionale del libro di Torino, le autrici presenti nelle sale a maggior capienza sono state pari solo al 28 per cento del totale.

L’importanza di punti di vista alternativi

Passando dai libri ai giornali, la situazione non cambia: in Italia, ad esempio, il 63 per cento degli articoli sono firmati da giornalisti uomini. D’altra parte, la disparità di genere nel settore editoriale non stupisce in un mercato del lavoro che è notoriamente impari nelle condizioni di accesso, nei livelli retributivi e nei profili di carriera. Ma è impari anche nella qualità del lavoro e nella percezione comune: secondo un’indagine Istat, per il 16,1 per cento del campione rilevato, “in condizioni di scarsità di lavoro i datori dovrebbero dare al precedenza agli uomini rispetto alle donne”, per il 32,5 per cento, “per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro” e per il 27,9 per cento degli intervistati “è soprattutto l’uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia”. Tuttavia, rinfranca sapere che nonostante tutti i limiti, esistono numerosi esempi editoriali di competenza, perseveranza e successo femminile come le redazioni, le case editrici e i festival dedicati al genere, ad esempio Erbacce, Somara!Edizioni e Feminism. Fiera dell’editoria delle donne  – che rendono possibile veicolare un punto di vista alternativo alla narrazione maschile e, dunque, un contenuto di conoscenze complessivamente superiore, a vantaggio dei lettori.

Come e perché si può intervenire

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Conoscendo le diseguaglianze che tuttora permangono nel settore editoriale, è possibile agire e provare responsabilmente a sostenere la compressione del divario di genere e, così, a corroborare fattivamente un cambiamento culturale verso la definitiva parità di genere. Ad esempio, si può intervenire sulle proprie abitudini di lettura e sostenere il genere meno rappresentato, ricordando che assicurare la pluralità in ambito editoriale non è un obiettivo speculativo, ma piuttosto uno strumento necessario per evitare che resoconti e racconti – anche importanti – non vengano raccontati e diffusi: si pensi a questioni come il difficile accesso femminile al mondo del lavoro o al divario retributivo o alla violenza sessista nelle relazioni. Dunque, serve per fare in modo che tutte le possibili informazioni rilevanti siano rese disponibili, arricchendo così il dibattito politico e culturale.

Un ottimo modo per celebrare la Giornata mondiale del libro e poi il “Maggio dei libri” potrebbe essere quindi quello di diventare lettori attivi, che ricercano e rielaborano criticamente i contenuti, che non si fermano alla superficie delle informazioni e che sono esigenti di prodotti culturali di qualità e di tutti i “generi” – non solo intesi in senso letterario.

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  1. Fabrizio Razzo

    Quindi introduciamo le “quote rosa” anche nell’ editoria? O come nelle liste elettorali? A me pare il solito lamento “chiagni e fotti” sempre di maggiore attualità visti i risultati che si ottengono nella cronaca quotidiana….

  2. Eleonora

    Io in genere cerco di leggere libri belli, senza curarmi del genere di chi li ha scritti. Ma magari sbaglio.

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