Durante la quarantena forzata il consumo di servizi di streaming video ha raggiunto livelli straordinari. Il successo continuerà. Perché tv tradizionale e pay pagheranno le conseguenze della crisi economica. Unico rischio è il blocco delle produzioni.
Tutti davanti al video
La crisi sanitaria globale, che ha costretto le persone a praticare il distanziamento sociale per ridurre al minimo la diffusione dell’epidemia, rischia di mettere in ginocchio l’economia mondiale. Ma alcuni settori industriali sembrano essersi addirittura avvantaggiati dalla situazione emergenziale.
In questo periodo, infatti, mai tanti individui hanno trascorso così tanto tempo confinati in casa e ciò ha portato il consumo di servizi di streaming video (Netflix & co) a raggiungere livelli straordinari. Nielsen riporta che il tempo di streaming a livello globale nella settimana del 13 aprile 2020 è stato il doppio della stessa settimana nel 2019.
Il fenomeno non riguarda solo i cosiddetti servizi di video on demand, ma anche la televisione in generale, con un aumento dei consumi di tv e video, nel mese di marzo, di oltre il 40 per cento in Austria e Spagna e del 32 per cento in Germania e Italia.
Se la televisione tradizionale rischia però di veder vanificati i positivi effetti dall’andamento macro-economico generale, che porterà a una forte riduzione degli investimenti pubblicitari (si parla in media di un calo del 30 per cento in marzo e aprile, con una previsione al momento ottimistica del -10 per cento a fine anno), per il video streaming le previsioni rimangono invece estremamente positive anche nella fase di post-lockdown.
Le sottoscrizioni sono una fonte di entrata più stabile e prevedibile che proviene direttamente dai consumatori e che rispetto ai tradizionali servizi di tv a pagamento (Sky) offrono l’ulteriore vantaggio di un costo quattro-cinque volte inferiore. Non a caso, Netflix, che è il leader indiscusso di questo segmento di mercato e che non fa affidamento sulla pubblicità, sta beneficiando più di tutti dell’impennata dello streaming online: ha raddoppiato gli abbonati nel primo trimestre 2020 rispetto alle previsioni degli analisti, vola in borsa e promette nuovi contenuti già pronti. Le azioni del gruppo hanno raggiunto livelli record all’inizio di maggio quando la sua capitalizzazione di mercato è salita a 192 miliardi di dollari, al di sopra di quella di mega-conglomerate come ExxonMobil e Cisco Systems.
In particolare, nel trimestre conclusosi a marzo, il numero di abbonati totali ha raggiunto i 183 milioni, con 16 milioni di nuovi abbonati. E in Italia, sempre a marzo, le installazioni dell’app Netflix sono aumentate del 57 per cento.
Anche Disney non ha rinunciato al lancio, alla fine di marzo, del suo nuovo servizio Disney+ in Italia e in altri paesi europei, nonostante il Covid-19 si fosse già manifestato a livello mondiale. E nei giorni scorsi ha annunciato di aver toccato 50 milioni di abbonati a fine aprile, in meno di sei mesi dall’avvio iniziale avvenuto a metà novembre, e di rappresentare in alcune reti di telecomunicazioni europee già l’8 per cento del traffico Svod (Subscription Video On Demand) totale e il 18 per cento di quello peering a esso correlato.
Perché anche il futuro è roseo
Tutto ciò lascia intravvedere un futuro assai incoraggiante per il settore anche per il post-Covid-19: già in un nostro intervento appena prima dello scoppio dell’epidemia riportavamo previsioni tratte da uno studio di fine 2019, secondo cui i servizi di video streaming in broadband avrebbero raggiunto 9,2 milioni di abitazioni in Italia nel 2021, affiancando la tradizionale tv terrestre come principale piattaforma di ricezione.
Almeno nel breve-medio termine, la tendenza pare destinata a consolidarsi e probabilmente ad accelerare, dal momento che il Covid-19 ha incoraggiato le persone a godersi l’intrattenimento domestico online, coinvolgendo in tale modalità di consumo anche una parte della popolazione meno incline all’uso delle tecnologie più evolute.
Al contempo ulteriori fattori legati all’emergenza Covid dovrebbero favorire in futuro la progressiva migrazione della tradizionale tv lineare verso i servizi di video streaming a banda larga. In particolare:
-la perdita della programmazione sportiva dal vivo sulle reti televisive tradizionali, che ha spinto molti abbonati ad abbandonare la tv a pagamento (cord cutting) verso le meno costose e al momento più attraenti offerte di video streaming;
-la crisi economica e la prevedibile riduzione del reddito disponibile delle famiglie potrebbe comportare la cancellazione dei loro abbonamenti tradizionali, più costosi, per spostarsi verso modalità più economiche come quelle di Netflix & co, come pure una crisi delle televisioni in chiaro, che dipendono più delle altre dalla congiuntura economica in termini di ricavi pubblicitari.
Nessun problema dunque per il video streaming? Molto dipenderà dalla durata dell’emergenza e da come l’industria cinematografica e quella sportiva reagiranno nel momento del ritorno alla normalità. Quel che è certo è che il blocco delle produzioni di film e serie tv rischia di aggiungere elementi di incertezza, anche in relazione al numero e alle modalità di produzioni future. Mentre lo sport, che stava cominciando ad affacciarsi nel mondo dell’online (Dazn), dovrà dimostrare di poter rinascere e tornare ai livelli del passato, dando nuova linfa al settore. Ma, in definitiva, mentre le ombre appaiono ancora lontane, le luci brillano intense all’orizzonte.
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giovanni
Dispiace che la RAI non abbia saputo approfitare dell’opportunità malgrado il lancio in tempi utili della rinnovata piataforma RAIPLAY ricca di contenuti ma di fruizione estremamente difficoltosa per la confusione del catalogo proposto e l’incapacità di risolvere le criticità del servizio download.