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Dalla volatilità dei mercati l’annuncio di una crisi lunga*

Quanto durerà la crisi legata al coronavirus? La volatilità attesa sui mercati finanziari sembra suggerire che negli Stati Uniti la recessione andrà ben oltre il 2020, sollevando dubbi sulla rapida ripresa indicata nelle stime di organismi internazionali.

Una crisi a V o a U?

A causa della diffusione del Covid-19 e delle misure per contenerla, il Fondo monetario internazionale stima un calo del Pil mondiale nel 2020, ma un “rimbalzo” nel 2021. Altri previsori privati, come JPMorgan e Barclays, vedono una ripresa ancora più anticipata, che comincerebbe il prossimo trimestre e continuerebbe in quelli successivi. Tutto questo, unito alla risalita dei prezzi azionari nel mese di aprile, sembra suggerire una crisi a V. Tuttavia, lo scenario presuppone che l’emergenza sanitaria volga al termine e che i contagi non riprendano ad aumentare dopo l’estate (si veda, ad esempio, Francesco Daveri). In più, superata l’emergenza, potrebbero ancora essere necessarie misure di distanziamento sociale che, per quanto meno stringenti di quelle ora in vigore, rappresenterebbero un ostacolo alla ripresa di settori cruciali per l’economia quali il turismo, la ristorazione e i trasporti. Se così fosse, la crisi si prolungherebbe oltre il 2020, evidenziando un possibile contrasto tra l’opinione dei mercati – che riflette le aspettative di redditività delle imprese più grandi – e l’andamento dell’intero settore produttivo (Wall Street vs. Main street).

L’apparente divergenza può essere spiegata osservando l’andamento della volatilità dei mercati, che può fornire informazioni utili per prevedere la durata della crisi attuale. Lo scorso marzo, la volatilità dei mercati statunitensi, sia quella implicita nelle quotazioni dei derivati (indice VIX), sia quella realizzata sui mercati azionari, ha raggiunto il suo picco (figura 1) grazie a una dirompente caduta dell’indice S&P500. In aprile, nonostante l’inversione di tendenza registrata per i corsi azionari, l’indice VIX ha continuato a mantenersi molto al di sopra della sua media storica: la misura, che indica attese di ulteriore volatilità sull’orizzonte di un mese, riflette la necessità percepita dagli investitori in derivati di coprirsi da futuri sbalzi nei prezzi, segnalando una perdurante incertezza circa l’andamento futuro dell’economia. Nonostante la volatilità sia diminuita nell’ultimo mese, i mercati rimangono sensibili a un possibile peggioramento della situazione economico-sanitaria, come testimoniato dal forte calo dei prezzi azionari e dall’aumento del VIX osservati l’11 giugno.

Figura 1 – Indicatori di volatilità finanziaria a frequenza giornaliera (Stati Uniti).

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Un’analisi del legame tra volatilità e durata delle crisi

Storicamente, i momenti di maggiore disordine nei mercati finanziari, come quello di marzo 2020, sono avvenuti ben prima che le crisi volgessero al termine. In due delle tre crisi succedutesi dal 1990, ovvero da quando esiste, l’indice VIX ha toccato il suo picco almeno sette mesi prima che si raggiungesse un punto di svolta (tabella 1). Se si considerano i maggiori cali dei corsi azionari durante le crisi precedenti (a partire dalla grande depressione), si sono verificati molto prima della fine di tali periodi: in circa il 65 per cento (87 per cento) delle crisi osservate, i rendimenti giornalieri hanno raggiunto il loro minimo almeno sei (tre) mesi prima della fine della crisi (tabella 2). In sintesi, brusche contrazioni che hanno inaugurato fasi di alta volatilità sono avvenute ben prima di intravedere un punto di svolta.

La volatilità oggi e la durata attesa della crisi attuale

Tentiamo allora di utilizzare le informazioni contenute nell’indice VIX per prevedere la durata della recessione attuale. Per fare ciò, utilizziamo un semplice modello standard di previsione per le recessioni che si basa sulla pendenza della curva dei rendimenti e lo “aumentiamo” aggiungendo il VIX. Il modello è stimato con dati mensili da gennaio 1990 ad aprile 2020.

Sulla base del modello “aumentato”, si calcolano le probabilità che gli Stati Uniti saranno in recessione nei prossimi 24 mesi (linea rossa in figura 2). Le probabilità rimangono sopra il 40 per cento fino a giugno 2021. Il 40 per cento è una soglia sopra la quale, utilizzando il modello previsivo standard, le recessioni previste si sono effettivamente realizzate, almeno dagli anni Ottanta in poi.

Figura 2 – Previsione della probabilità di recessione da maggio 2020 ad aprile 2022, con bande di confidenza associate (al 68 e al 90 per cento).

Per confronto, le probabilità di recessione associate al modello standard, basato sulla sola pendenza dei rendimenti (linea blu della figura 2) non superano mai il 20 per cento per tutto il 2020. Il ruolo cruciale è quindi giocato dalla volatilità dei mercati, che indica che l’attuale recessione potrebbe andare ben oltre il 2020.

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Il nostro esercizio suggerisce che la crisi attuale potrebbe assomigliare più a una U che a una V. In effetti, l’euforica ripresa dei mercati in aprile, successiva al crollo di marzo, va interpretata con cautela in quanto associata a un’elevata incertezza sull’andamento futuro dei mercati e dell’economia, catturata dall’indice VIX. D’altra parte, dubbi su una rapida ripresa delle economie iniziano a emergere anche tra importanti esponenti del mondo politico ed economico, quali, ad esempio, il presidente della Federal Reserve e il ministro delle Finanze inglese.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire agli autori e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza. L’articolo propone una versione sintetica e aggiornata della nota pubblicata su Econbrowser.

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Il Punto

  1. Giovanni Millo

    Egregi, una domanda filosofica – forse ingenua, e che non vuole essere scortese – a margine del vostro articolo interessante e ben documentato. La volatilità dei mercati deriva dalle attese degli analisti, basate su previsioni economiche. In altre parole, è endogena al vostro modello. Che senso ha usarla per prevedere le variabili che, in realtà, la determinano? So che è pratica diffusa, ma non sono mai riuscito a farmene una ragione: se non, forse, come un modo informale di fare forecast pooling. Scusate l’ingenuità, non sono un esperto del settore ma sono curioso di sentire la vostra opinione.

    • Filippo Natoli e Valerio Ercolani

      Grazie per i commenti, rispondiamo brevemente per chiarire alcuni aspetti generali del nostro esercizio empirico. Tipicamente, ad un modello di forecasting (semplice o complesso che sia) viene chiesto di predire il meglio possibile la variabile di interesse. Non viene chiesto di stabilire nessi causali. Se si è interessati a ciò, allora devono essere utilizzati altri strumenti, come ad esempio modelli strutturali o esercizi empirici che identifichino shock (esogeni). La versione estesa di questo articolo, apparsa su Econbrowser, cita alcuni recenti studi che – pur usando modelli ben più complessi del nostro, che sono appunto strutturali – proiettano anch’essi una recessione che durerebbe oltre il 2020 (Baker at al. 2020) a causa di una elevata incertezza economica. In sintesi, tali modelli strutturali possono affermare che l’alta incertezza “causerebbe” una persistente recessione mentre il nostro semplice modello di forecasting può solo dire che la recente dinamica del VIX “anticiperebbe” che la recessione vada oltre il 2020.

      • Metio

        Risposta chiara e esaustiva. Viene a delucidare anche alcuni miei dubbi. Grazie!

  2. Firmin

    Queste elaborazioni mi ricordano una vecchia barzelletta. Il comandante di un forte manda un soldato dallo sciamano del vicino villaggio indiano per chiedergli come sarà il prossimo inverno. Lo sciamano lancia in aria dei legnetti, pronuncia delle parole magiche, poi scruta nella valle e dice “Farà freddo”. Il comandante manda un plotone a raccogliere legname e poi rimanda il soldato allo stregone per chiedergli quanto farà freddo. Lo sciamano ripete il rituale e risponde “Molto freddo”. Il comandante, per precauzione, manda un altro plotone a accogliere legna, poi manda il solito soldato a chiedere come fa a dire che farò così freddo e lo sciamano risponde “Io non lo so, ma tutta quella gente che taglia legna nella valle sembra saperlo”. Solo che il clima è (quasi) esogeno, mentre le crisi finanziarie dipendono dalle aspettative.

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