Le nuove, peggiori, stime del Fondo monetario internazionale sull’economia mondiale rendono ancora più urgente che i governi europei si mettano d’accordo sul Recovery Fund e che l’Italia faccia subito qualcosa per rilanciare i consumi.
Il Fondo Monetario è diventato molto più pessimista sul 2020
Se ce n’era bisogno l’aggiornamento delle stime del Fondo monetario internazionale sulla crescita mondiale mette ancora più in evidenza l’imperativo di fare di più e subito per la crescita senza rinviare iniziative alle calende greche.
Andiamo con ordine. Prima, i fatti. Il Fondo monetario ha predisposto il consueto aggiustamento estivo delle sue stime sull’andamento dell’economia mondiale sul 2020 e 2021. I dati del Fondo dicono che il Pil del mondo in volume si contrarrebbe quasi del 5 per cento nel 2020 per poi rimbalzare del 5,4 per cento nel 2021. Il dato peggiora nettamente le previsioni (per circa due punti percentuali) rispetto a quanto contenuto nello stesso report del mese di aprile quando il calo del Pil era previsto essere “solo” del 3 per cento per l’anno in corso. Il rimbalzo per il 2021 è invece sostanzialmente confermato simile a quello previsto in precedenza (+5,4 anziché + 5,8 per cento). Al netto delle oscillazioni del 2020 e del 2021, se le previsioni saranno verificate, vorrà dire che il Pil mondiale nel 2021 sarà ritornato al suo livello del 2019. Vorrà dire che il Covid-19 avrà fatto perdere all’economia mondiale due anni di crescita che normalmente si attesta sul 3,4 per cento annuo. Mancherà dunque all’appello un totale di 7 punti percentuali di Pil mondiale, pari a 6 mila miliardi di dollari. Come se tra il 2019 e il 2021 si dissolvessero Germania e Italia (i cui Pil nel 2019 assommavano appunto rispettivamente 4 e 2 mila miliardi di dollari).
Se poi si guarda ai singoli paesi, si vede che le previsioni 2020 peggiorano piuttosto uniformemente per tutti. Il Pil del gruppo dei paesi più ricchi era previsto in calo del 6 per cento nello scorso aprile? Ora quel numero da meno 6 diventa un meno 8 per cento, del tutto in linea con il dato previsto per Usa e Canada e simile a quanto previsto per la Germania. A fare peggio della media sono gli altri tre grandi paesi dell’area euro – Francia, Italia e Spagna – che, con il loro -12 per cento abbondante, spingono il dato complessivo dell’area euro al -10 per cento. E a meno 10 arriverebbe anche il Regno Unito. Stime molto più pessimistiche rispetto a tre mesi fa arrivano anche per i paesi emergenti diversi dalla Cina. Per il paese del Dragone si conferma il +1 per cento per il 2020 che era già contenuto nel rapporto di aprile, a conferma del fatto che la fine dell’emergenza nell’economia cinese ha per ora – e al netto delle notizie degli ultimi giorni – portato a una stabilizzazione nella crescita del Pil e al ritorno alla crescita della produzione industriale e del mercato immobiliare. Cattive notizie arrivano invece dall’India che vede trasformato il suo +2 per cento atteso ad aprile in un drammatico -4,5 per cento e dal Brasile che vede la sua crescita attesa peggiorare da un già deludente -5 per cento a un anche più drammatico -9 per cento. D’altronde proprio in questi paesi, così lontani l’uno dall’altro ma accomunati da una certa sottovalutazione politica dell’emergenza, l’evoluzione della situazione sanitaria continua ad essere lontana da una stabilizzazione o da un arresto dei contagi. Molto peggiori anche i dati di crescita previsti per Africa e Medio Oriente dove i grandi paesi come Arabia Saudita, Nigeria e Sud Africa farebbero registrare cali del Pil per 6,8, 5,4 e 8 punti percentuali.
Guardare alle stime con più cautela del solito
Sulle stime del Fondo vale la pena spendere una parola di cautela aggiuntiva. Stavolta infatti le previsioni estive sono state aggiornate rispetto a quelle prodotte lo scorso aprile con un anticipo di circa un mese rispetto al solito: sono uscite il 24 giugno, solitamente escono verso il 20 luglio. Fa differenza? Sì. Certo, c’è sete di dati autorevoli e quale fonte è migliore dell’istituto di Washington per produrre tali numeri? Ma la fretta ha un costo: come esplicitamente ammesso nel rapporto, far uscire le previsioni sull’anno in corso e sul 2021 il 24 giugno significa utilizzare solo in parte le informazioni relative al secondo trimestre dell’anno in corso. In particolare, vuol dire fare una proiezione di dati prendendo in considerazione i dati di aprile 2020 (il mese peggiore di sempre nella storia economica degli ultimi ottant’anni) e solo qualche dato preliminare di maggio, perlopiù ricavato da interviste, e rinunciando del tutto ad usare i dati di giugno. Se – come sembra – i dati di maggio e giugno stanno facendo registrare miglioramenti graduali o – a seconda dei paesi – sostanziali sul fronte dell’economia, un insieme di previsioni basate sui dati del mese di aprile presenta il rischio di offrire un quadro esageratamente negativo dell’economia e quindi in definitiva di produrre stime di peggiore qualità rispetto a quelle che si sarebbero ottenute usando la consueta pazienza e aspettando qualche settimana in più. Al momento, è difficile valutare questo rischio ma non lo si può escludere, data l’enorme volatilità, priva di precedenti, dei dati mensili del primo semestre.
Reagire alla recessione mondiale che non finisce è obbligatorio, anche per l’Italia
Il peggioramento delle stime del Fondo monetario ha però una forte implicazione politica: rende ancora più urgente la necessità che governi e banche centrali sparino tutte le loro cartucce per contrastare la crisi. Le banche centrali lo stanno già facendo. Alcuni governi – come quello degli Stati Uniti e in Europa quello tedesco – lo stanno facendo con piani di stimolo dell’economia senza precedenti. All’appello manca per ora l’Europa politica dei governi che sta facendo fatica ad approvare il Recovery Fund (per ora rinviato al 17-18 luglio). Sotto a queste indecisioni c’è la scarsa generosità e lungimiranza dei paesi del centro e nord Europa per ora meno colpiti dalla crisi e che continuano a temere un eccesso di condivisione di rischi – non delimitabili – per i loro bilanci. Ma non si può negare che, guardando dentro a casa nostra, anche il principale dei paesi destinatari (e cioè l’Italia) ci stia mettendo del suo, ritardando e rinviando nel tempo in modo poco comprensibile a chi ci osserva da fuori la predisposizione di piani di rilancio efficaci, le uniche condizioni che l’Europa porrebbe per dare il via libera all’erogazione di questi fondi.
È difficile da credere: con la prospettiva di una contrazione del Pil italiano del 12,8 per cento per il 2020 e un rimbalzo solo parziale di +6,3 per cento per il 2021 (dati Fondo monetario), è davvero così impossibile trovare un accordo politico per un decreto che riduca temporaneamente l’Iva (come ha fatto la Germania per 20 miliardi) in modo da ridurre la drammatica contrazione del 2020, anche a costo di attenuare il rimbalzo del 2021? Come è possibile che nella maggioranza (e alla Banca d’Italia) si discuta in punta di fioretto sul tipo di riforma fiscale da proporre nella legge di bilancio 2021 – quindi troppo tardi – e che non si faccia niente subito (dal 15 luglio!) per ridurre l’Iva (ad esempio, di tre punti, dal 22 al 19 per cento: costo 13,5 miliardi) ed evitare che i crolli visti finora di tessile e abbigliamento (-72 per cento di produzione industriale tra gennaio e aprile), dell’automotive (-76 per cento nello stesso periodo) e del turismo (-73 per cento nel primo semestre, secondo una stima di Cna) diventino una chiusura totale e permanente di interi settori dell’economia?
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Savino
Lo Stato ha il dovere di revisionare i mille rivoli degli sprechi della sua spesa. In attesa dei denari e dei prestiti UE, che non arriveranno prima della primavera 2021, anzichè continuare a raschiare il barile bisogna cominciare a fare il resoconto di ciò che non possiamo (e non potevamo già) più permetterci. Togliere ai soliti interessi particolari per dare ad una nuova vocazione pubblicistica, non c’è altra strada e nessuno è legittimato a lamentarsi perchè non esiste da nessuna parte dare ampie pensioni prive di piena contribuzione o premialità ai manager pubblici (soprattutto se sanitari) in questa situazione di difficoltà che nessuno può negare. Una patrimoniale per i ricchi che hanno fatto gli evasori e non si sono meritati e sudati quelle ricchezze è ampiamente da comprendere in questo discorso. Se si sente male un evasore fiscale io il 118 non lo chiamo.
Michele
I nodi vengono al pettine. L’Italia è arrivata all’appuntamento con la pandemia senza essere mai riuscita a riprendersi – unico tra i grandi paesi sviluppati – dalla crisi del 2008. Ma i problemi vengono da più lontano. Venticinque anni e più di precarizzazione del lavoro, privatizzazioni mal concepite e peggio realizzate, sistema fiscale di fatto regressivo (pex, rivalutazione, cedolari), condoni fiscali e tolleranza dell’illegalità hanno causato la peggiore dinamica del real GDP per capita in Europa (dal 2000, peggio anche della povera Grecia o della Bulgaria), produttività stagnante, denatalità, infrastrutture inadeguate, welfare caotico iniquo costoso e inefficace (vedi SSN in lombardia), debito pubblico a livelli senza precedenti neanche in tempi di guerra. Il tutto grazie a una classe dirigente inadeguata e a meccanismi di selezione clientelari/familistici, per non dire di peggio. In poche parole assistiamo da anni al declino economico e civile del paese. Per invertire la rotta ci vorranno anni e anni. Qualcuno dovrebbe dirlo agli italiani. Non basterà certo qualche bonus qua e la (come il famoso bonus bebè o l’industria 4.0…), ne regali alle imprese che licenziano come con il jobact. Forse davvero gli italiani devono trovarsi difronte al baratro per darsi una scossa di dignità.
Marcello Romagnoli
Misure migliori della diminuzione dell’iva.
1) smetterla di parlare di tagli alle pensioni. Tagliare le pensioni serve a ridurre i consumi dei pensionati e dei lavoratori attuali che per paura cercheranno se possono di risparmiare per il futuro
2) alzare le tasse in modo più progressivo e favorire gli investimenti dello stato. I molto ricchi sono un problema per l’economia e la democrazia.
4) lo stato spenda per infradtructure
Savino
Chi compra 4 mele al mercato cumula altrettante 4 pensioni per svariate migliaia di Euro al mese. Le giovani coppie fanno fatica a sfamare i figli, per questo ne fanno sempre meno e, per questo, per non riuscire ad accudire la prole e lavorare allo stesso tempo, migliaia di neo mamme si dimettono. Veda lei se non è arrivato il momento di tagliare le pensioni ingiustamente cumulate ed immeritate in proporzione ai pochi contributi realmente versati. Non si riparte pensando ancora agli anziani.
Marcello Romagnoli
La maggior parte delle pensioni hanno avuto adeguati versamenti. Gli stessi le hanno pagate ai loro genitori. Inoltre il pensionato spende.
Perché non facciamo pagare le tasse giuste alle multinazionali? O torniamo a moneta sovrana? Forse sarebbe meglio che tagliate le pensioni diminuendo così il PIL.
Controbastian
Buon segno, ne guadagna il pianeta.
Maurizio Sbrana
Scusi Professore,
Ma se qualcuno dovesse acquistare un condizionatore da 1.000 euro + Iva, potrebbero essere i 30 euro di risparmio (con l’Iva al 19%…) a far decidere l’acquisto?
Io non credo …
Fulvio Baldin
Da profano follower de lavoce.info concordo su tutto.
Henri Schmit
Sarei curioso vedere dati emprici di paesi (in recessine) che hanno ridotto l’IVA (temporaneamente) e altri che hanno ridotto – per la stessa cifra – (e in modo permamente) le imposte dirette sui redditi bassi, per capire quale economica ha reagit meglio (solo) in termini di crescita (ignoro l’elemento sociale). Non basta l’esempio della Germania si può permettere errori che in Italia sono più dannosi.
Henri Schmit
Ho letto anche l’articolo dei tre giovani studiosi che vantano i pregi di misure temporanee sull’IVA (annuncio di un aumento differito nel tempo o decisione di una riduzione provvisoria, magari senza scadenza fissa) che, ovviamente, incentivano il consumo di beni durevoli. Per spiegare questo non serviva alcuna ricerca. Riconosco anche l’effetto più immediato di tali misure, soprattutto se le finestre temporanee sono strette. Queste non sono però politiche macroeconomiche, ma operazioni di breve respiro, spesso motivate da calcoli elettorali. All’Italia manca una riflessione, un piano di riforma fiscale serio, a favore delle imprese, a favore del lavoro (cuneo) e a favore dei redditi bassi. Questa sarebbe una politica sana, utile e convergente con gli altri paesi dell’euro-sistema. Il momento per farlo sarebbe ideale, inimmaginabile quattro mesi fa. Invece si parla solo di flat tax e ora di abbassare l’IVA (che è flat per natura). I giocchetti con l’IVA sono più pericolosi che benefici. Penso alle polemiche future, ma anche all’occasione persa.
Roberto
Siamo sicuri che i vantaggi teorici di un aumento dei consumi che darebbe una riduzione temporanea (6 mesi) dell’iva siano superiori agli svantaggi che si avrebbero sugli stessi consumi l’anno prossimo? Sarebbe interessante un’analisi più approfondita a riguardo. Inoltre siamo sicuri che in Italia la riduzione temporanea dell’iva non diventi poi per esigenze politiche definitiva, con tutte le conseguenze economiche sul bilancio? A tal proposito considerato già l’elevato deficit (10% a fine 2020) per le misure stanziate, l’Italia può permettersi finanziariamente un ulteriore aumento per una misura dalla dubbia utilità? In attesa di una risposta a tutti questi dubbi dico che se proprio si vuole fare una riduzione temporanea dell’iva questa deve essere vista in ottica antievasione, quindi riguardare solamente acquisti con pagamenti tracciabili, e deve essere specifica per quei settori più colpiti dalla crisi.
Maurizio
Egregio professore, forse a molti non è chiaro che i danni della pandemia, specialmente in ITalia, non si distribuiscono fra tutte le categorie con egual peso. Ci sono state categorie per cui la pandemia è stata una opportunità vedi i dipendenti pubblici rimasti a casa o per chi bontà sua andava a lavorare un premio di 100 euro. Ci sono lavoratori pubblici che per 3 mesi non sono andati a lavorare senza arrivare al caso della Regione Sicilia dove ancora devono tornare in ufficio. Il sistema delle imprese è stato troppo scosso e ne uscirà a pezzi dalla pandemia e dunque non ha senso pensare a misure generaliste che alla fine agevolano chi il reddito lo ha già. Le poche risorse vanno spese su settori produttivi mirati se si vuole avere qualche effetto sul PIL. Ma in verità noncredo che questo avverrà assistiamo agli aumenti di stipendio di lavoratori che stanno a csa,
Mario Morino
Non capisco. Siamo in gara con gli extra-terrestri di Nettunlandia e di Uranialandia e perdere due anni di PIL ci fa perdere posizioni in classifica? Mi pare che il problema vero sia una più equa distribuzione del reddito, nel mondo ed all’interno dei singoli Paesi. Se poi il nostro reddito procapite torna indietro di due anni non mi sembra una tragedia per la storia dell’umanità.
Enrico
Purtroppo il reddito procapite ridotto non significa che ognuno guadagnera quanto due anni fa, ma che molti perderanno il posto di lavoro con un crollo del reddito a livello di sussistenza. In media sull´intero Paese risultera´ una riduzione di due annualita´. Che non sia una tragedia dipende dalla categoria in cui si trovera´
piero
Questa storia della riduzione delle tasse che aumenta i consumi e quindi il PIL non mi convince; personalmente non cambierei comportamenti per qualche euro in meno. Con gli stessi miliardi, lo Stato potrebbe fare tante opere rapide (tra le innumerevoli necessarie), che creerebbero lavoro e quindi PIL; inoltre ridurrebbero l’assistenza e quindi la spesa.