Non è vero che con la vittoria del “sì” l’Italia avrebbe il minor numero di parlamentari per abitante fra i paesi europei. E se il loro numero diminuisce è più facile monitorarne attività e partecipazione alla vita della camera cui appartengono.
Una statistica fuorviante
Un recente dossier del servizio studi di Camera e Senato viene spesso citato dai sostenitori del “no” al referendum sul taglio dei parlamentari per mostrare che, dopo la riforma, l’Italia avrebbe il minor numero di deputati per abitante fra i paesi europei. Ma questa statistica è fuorviante per due motivi.
Primo, indipendentemente dalla grandezza di un paese, c’è una dimensione minima sotto cui non è possibile scendere senza pregiudicare il funzionamento di un organo che deve legiferare sull’insieme delle politiche nazionali. Per questo motivo, i paesi piccoli (la grande maggioranza dei paesi europei) hanno meccanicamente un numero di parlamentari per abitante più alto di quelli grandi. Lo si vede molto chiaramente dal grafico qui sotto, che mostra come il numero di parlamentari per abitante scenda in modo quasi esattamente monotonico con il crescere della popolazione. Per esempio, il Lussemburgo ha una camera bassa di soli 60 deputati, ma con una popolazione di 600 mila abitanti ha un rapporto deputati per abitante pari a 10, dieci volte quello del Regno Unito. Per questo, in ciò che segue, ci concentreremo sui cinque paesi europei più popolosi e comparabili all’Italia: Germania, Regno Unito, Francia, Italia, e Spagna (in ordine di popolazione).
Secondo, non è corretto concentrarsi su una sola camera: tutti questi paesi hanno un sistema bicamerale, quindi un modo più corretto – e intuitivo – di rispondere alla domanda “quanto è rappresentativo il Parlamento” è calcolare il numero di parlamentari totali (senatori più deputati) eletti dalla popolazione. Ma attenzione: non tutte le camere alte (l’equivalente del nostro Senato) hanno poteri paragonabili a quelli delle camere basse, e non tutte sono elette direttamente dalla popolazione. Anzi, l’Italia è l’unico paese in cui un senatore è identico a un deputato. Negli altri paesi i senatori hanno poteri inferiori a quelli dei deputati, con varie gradazioni; solo in Spagna sono eletti direttamente dal popolo (e neanche tutti); in Germania e Francia sono eletti indirettamente, cioè da vari altri rappresentanti a loro volta eletti dal popolo. Per entrambi i motivi (minori poteri e minore “rappresentatività”), in questi paesi un senatore “conta meno” di un senatore o un deputato italiano; ma per stare larghi, calcoliamo il numero di parlamentari totali sommando senatori e deputati, come in Italia. Nel Regno Unito i Lord hanno poteri minimi, e non sono elettivi, ma ereditari o di nomina regia; quindi in questo paese il confronto corretto è solo con la House of Commons, l’equivalente della nostra Camera dei deputati. Inoltre, è interessante notare che in Francia è attualmente in discussione una proposta di riforma costituzionale di iniziativa governativa che ridurrebbe il numero sia dei deputati che dei senatori del 25 per cento.
Il confronto con i soli maggiorenni
Con queste premesse, nella tabella qui sotto mostriamo, nell’ultima colonna, il numero di parlamentari totali per 100.000 abitanti maggiorenni, eccetto come detto nel Regno Unito, dove al numeratore abbiamo solo i membri della House of Commons. L’unica differenza metodologica rispetto al documento di Camera e Senato citato sopra è che anziché la popolazione totale utilizziamo la popolazione maggiorenne, una misura più corretta dell’elettorato. Si noti che l’uso di questa misura più restrittiva della popolazione tende a ridurre il rapporto tra parlamentari e abitanti in Italia più che negli altri paesi, perché l’Italia è il paese più vecchio del gruppo, quindi con una percentuale di maggiorenni più alta rispetto alla popolazione totale (rispetto alla misura usata nel dossier di Camera e Senato, il denominatore del rapporto aumenta più che negli altri paesi). Un secondo elemento che “riduce” il rapporto italiano è che anche fuori d’Italia contiamo i senatori al pari dei deputati, sebbene come abbiamo visto in quei paesi vi siano due motivi per cui un senatore è “meno rappresentativo” di un deputato.
Allo stato attuale, l’Italia ha un rapporto tra parlamentari e popolazione maggiorenne nettamente superiore agli altri paesi. Dopo il referendum, il rapporto scenderebbe a 1,2 parlamentare per 100.000 elettori: sarebbe ancora superiore alla Germania, pari al Regno Unito, e di poco inferiore alla Francia se passasse la riforma costituzionale di iniziativa governativa. Ovviamente non è detto che la riforma francese sarà approvata, ma il punto è che un rapporto simile a quello italiano non sembra essere impensabile neanche in Francia, anzi è contemplato anche in un progetto di riforma di iniziativa governativa – non dei gilets jaunes. Ovviamente, questo apre la vexata questio del bicameralismo perfetto, un unicum in Europa. Come hanno sottolineato in molti, la riduzione del numero dei parlamentari sarebbe più razionale se accompagnata dalla eliminazione del bicameralismo perfetto. La nostra opinione è che rimanga razionale anche in assenza di questa seconda riforma.
Chi lavora in Parlamento
Si sostiene spesso anche che dopo il referendum le due Camere sarebbero troppo piccole per funzionare bene. Per esempio, Luciano Violante su La Repubblica del 26 agosto sostiene che un Senato di 200 persone non può svolgere bene il lavoro di 14 commissioni e 6 commissioni di controllo e vigilanza (come Rai o Copasir). Ma il Senato Usa ha 24 commissioni e solo 100 membri, e nessuno in quel paese ha mai sollevato un problema. Inoltre, nella passata legislatura il 30 per cento dei senatori italiani ha disertato più di un terzo delle votazioni, l’attività legislativa si è concentrata su poco più del 10 per cento dei parlamentari che hanno sommato tra loro più di un incarico, lasciando due terzi dei nostri rappresentanti senza alcun ruolo. Molti di loro in cinque anni non sono mai stati né promotori né relatori di un singolo provvedimento. Quindi basterebbe avere senatori più presenti e più produttivi per assolvere pienamente queste funzioni.
E qui veniamo a un argomento secondo noi cruciale in favore di una riduzione del numero dei parlamentari (ben più dei risparmi di spesa, che come tutti sanno sarebbero molto limitati, anche se simbolicamente rilevanti). È un argomento che si applica ancor più alla Camera dei deputati che al Senato: diminuendo il numero dei parlamentari è più facile monitorarne l’attività e assicurarsi che abbiano gli incentivi per partecipare alla vita dell’organo cui appartengono. Il problema delle assemblee troppo grandi è proprio che il singolo parlamentare si sente troppo insignificante per incidere, perde interesse a partecipare e riesce anche più facilmente a nascondersi e ad approfittare del lavoro degli altri.
* Gli argomenti che sviluppati in questo articolo sono in parte simili a quelli di un pezzo di Giacomo Salvini sul Fatto Quotidiano del 29 agosto 2020 (scritto con la collaborazione di Stefano Ceccanti, Francesco Clementi e Carlo Fusaro), di cui gli autori di questa nota sono venuti a conoscenza solo a stesura ultimata.
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Polito Giovanni
In meito a quanto affermato relativamente alla presenza in aula dei parlamentari,sarebbe tecnicamente fattibile vincolare il mantenimento della carica a un minimo di presenze e votazioni, tipo 80 90 %, a meno che non si ricoprano contemporaneamente incarichi di governo? D’altronde, in qualsiasi attività non è concepibile e tollerabile non presentarsi al lavoro, se non per motivi seri e/O di salute.
Savino
Senza parlamentari di qualità, competenti nel metodo e nel merito della legiferazione, e senza una classe dirigente cooptata con criterio e profondamente preparata non può funzionare nessun Parlamento. Oggi i parlamentari vengono di fatto raccattati in mezzo alla strada e tra i chiacchieroni da bar e da social network. Una cosa sono le chiacchiere da bar, altro è legiferare e fare il bene del Paese coi galloni di classe dirigente rappresentativa del popolo e della nazione. Concludo dicendo che è arrivato il tempo di tirare le somme dell’effetto populismo ed antipolitica sul benessere della società e sul portafoglio di ciascuno di noi, soprattutto dei ceti medi e bassi; ne esce fuori che il populismo non sta giovando al popolo e al bene comune.
michele zazzeroni
“Oggi i parlamentari vengono di fatto raccattati in mezzo alla strada e tra i chiacchieroni da bar e da social network.”. Bellissima! Una descrizione intrigante del declino della classe politica. Magari non riguarda tutti gli eletti, Ma a molti calza a pennello.
Marco La Colla
Non solo i parlamentari, molti dei quali non sono nemmeno in grado di fare danni, ma purtroppo anche molti ministri e sottosegretari che invece di danni ne hanno fattii e ne stanno continuando a fare! Gente che senza nessuna esperienza è stata messa a gestire situazioni da far tremare i polsi a manager di altissimo livello. Ben venga quindi la riduzione dei parlamentari, ma accompagnata subito dopo da una riforma che preveda per candidarsi, oltre ad un titolo di studio adeguato, un’esperienza lavorativa di un certo numero di anni che ne dimostri le capacità e le competenze maturate.
bob
Il problema è l’eccesso dei livelli di governo e i conflitti di competenza tra le istituzioni.
Soprattutto il primo. Leggi concorrenti Stato-Regioni mi dite che cosa vuole dire?
Rimango allibito che due intellettuali come voi che seguo e stimo possono sostenere” Perché un Parlamento più piccolo funziona meglio*”
Francesco Zucchini
Gli autori non considerano due questioni centrali: 1) sebbene la diminuzione prevista dei parlamentari sia nella stessa proporzione alla Camera e al Senato (1/3)l’esistenza del bicameralismo paritario potrebbe avere effetti ancora più gravi di quelli attuali sull’efficienza decisionale. Il numero di provvedimenti approvati solo in una camera potrebbe “ceteris paribus” aumentare. Un Senato di 200 parlamentari non avrebbe rappresentati le stesse forze politiche e gli stessi territori della Camera ma questo non frenerebbe i deputati da presentare e approvare progetti di legge senza speranza per puro position taking (leggere qui https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/13572334.2020.1787014 . 2) Proprio perché il peso del singolo parlamentare aumenterebbe, in particolare al Senato, in una condizione di estrema fluidità elettorale e scarsa disciplina di gruppo il potere di veto dei singoli parlamentari provvisoriamente “di maggioranza” aumenterebbe rendendo la vita dei governi ancora più dipendente da interessi particolaristici poco trasparenti in assenza per altro di una legge elettorale che colleghi meglio dell’attuale i rappresentanti al territorio di elezione.
Henri Schmit
Commento azzeccatissimo!
Pietro Taylor
Sottoscrivo quanto riportato da Zucchini, aggiungo solo un paio di domande all’ affermazione degli autori che riporto testualmente: “diminuendo il numero dei parlamentari è più facile monitorarne l’attività e assicurarsi che abbiano gli incentivi per partecipare alla vita dell’organo cui appartengono”, senza alcuna modifica, già adesso abbiamo un Senato che ha la metà dei membri della camera: vi risulta più facile il monitoraggio dell’attività dei senatori rispetto ai deputati? Vi risulta che siano più efficienti dei deputati ? Sono più incentivati alla partecipazione rispetto ai colleghi deputati ? Mah…
Nicola
Ottima analisi.
Mi permetto di aggiungere che nel 1963 (quando é stata deciso il numero di parlamentari), il Parlamento era l’unico organo legislatore. Invece oggi il potere legislativo é condiviso con l’UE e le Regioni in un processo di cd. Multi-level Governance, non sempre facile e lineare ma di costante dialogo fra livelli legiferanti. Pertanto, nel conteggio potremmo/dovremmo aggiungere anche loro in quanto eletti legiferanti.
La riduzione del numero di parlamentari puo’ essere un modo per rinforzare questi altri livelli invece di avere molteplici organi assembleari.
Andy McTREDO
Basterebbe diminuire il numero delle regioni … Abolire definitivamente le Province, Accorpare i comuni che facevano parte delle ex Comunità Montane, Ridurre le c.d. Città Metropolitane ( bellissima espressione pseudo-colta che non significa altro che Città Cittadine…) ed accorpare pure i singoli comuni che ne rimarranno a far parte. Già che ci siamo concedere finalmente l’indipendenza a Sardegna e Sicilia, cedere previo referendum (da svolgersi sul territorio oggetto di trasferibilità e nello stato di futura accoglienza) Valle d’Aosta e Sud Tirol. Accorpare il Friuli e il Trentino al Veneto. Fantapolitica, direi …
Savino
In molti commenti c’è una concentrazione eccessiva e fuorviante sui livelli di legiferazione, che è una questione inerente le fonti del diritto ed il loro coordinamento. Possono ben coesistere più fonti; il livello degli indirizzi comunitari può ben essere parificato a quello dei principi costituzionali, così come le leggi regionali integrano, nelle materie di competenza, la cornice statale. La questione del numero dei parlamentari è piuttosto un problema di rappresentatività territoriale e di interessi, nonchè di controllo e contrappesi con l’Esecutivo (modello Westminster).
Alice
Dove si trovano i senatori piu’ presenti e piu’ produttivi?
Alice
(intesi come individui e intesi come collettivita’ ?)
Mich
”L’unica differenza metodologica rispetto al documento di Camera e Senato citato sopra è che anziché la popolazione totale utilizziamo la popolazione maggiorenne, una misura più corretta dell’elettorato”.
Un minorenne non ha diritto di voto, ma i parlamentari rappresentano TUTTO il popolo italiano, anche chi non vota per scelta e chinon ne ha diritto. Ritengo che un tale ragionamento sia davvero poco democratico.
Poi si dice che ”molti di loro (i parlamentari) in cinque anni non sono mai stati né promotori né relatori di un singolo provvedimento. Quindi basterebbe avere senatori più presenti e più produttivi per assolvere pienamente queste funzioni.” Questo ragionamento è qualitativo, mentre il taglio dei parlamentari è quantitativo: perchè al diminuire dei parlamentari dovrebbe conseguire automaticamente un miglioramento dei lavori? Sono due ragionamenti totalmente slegati tra loro che non hanno alcuna automatica correlazione. Anzi se per assurdo rimanessero fuori dal Parlamento proprio quelli che lavorano e ci entrassero gli amici dei vari segretari di partito (cosa che con questa legge elettorale senza preferenze non è esclusa), la ”produttività” andrebbe a farsi benedire ed il Parlamento sarebbe ancora più bloccato di oggi. Questa riforma costituzionale è un pastrocchio demagogico che mette a rischio la rappresentatività della popolazione, spero che vinca il No al referendum.
Marco Chiodini
Poco convincente:
1) Ci sono importanti differenze istituzionali tra paesi: la Germania e (in parte) la Spagna sono stati federali, in Francia i cittadini (e non il parlamento) eleggono il presidente.
2) Confrontare soltanto i deputati ha senso perché ci dice quanto le minoranze saranno rappresentate, quale sarà la massima scala di rappresentazione dell’opinione pubblica (il senato è una fotografia a scala ridotta delle minoranze). Dal confronto emerge come dopo la riforma l’Italia avrà la fotografia a scala più ridotta d’Europa (0.8).
3) Si dice che l’efficienza aumenterà perché oggi molti parlamentari delegano le proprie funzioni ad un piccolo nucleo di colleghi. Ma se è vero che questo presunto atteggiamento lavativo danneggia l’efficienza, la soluzione non è ridurre il numero di parlamentari “istituzionalizzando” questa concentrazione di potere nelle mani di pochi. Non si capisce proprio come mutilando un terzo dei parlamentari e mantenendo invariati tutti gli aspetti della funzione legislativa magicamente l’efficienza aumenti (si fa forse confusione tra efficienza individuale e efficienza collettiva, che è quella che realmente conta?)
Henri Schmit
Gli autori non tengono conto a sufficienza del bicameralismo paritario: 945 parlamentari divisi in due camere rese quasi perfettamente omogenee, in modo rampante, da varie revisioni. La CH ha due camere elette con gli stessi poteri, ma non sono per niente omogenee, l’assemblea federale (200) e il Consiglio degli stati (46, 2 per cantone). La D non ha una seconda camera, ma un parlamento monocamerale. Il Bundesrat è solo un nome, una sala di compensazione dei voti espressi dai governi dei Länder. Il Sénat francese può sempre essere scavalcato dall’Assemblée nationale, eccetto per questioni costituzionali. Il vero (e unico) argomento teorico decisivo per il SI è il fatto che le due camere italiane sono state rese omogenee, quindi la seconda (così) palesemente non serve più (andrebbe eliminata o sostituita) e quindi il numero dei 945 parlamentari è eccessivo non tanto paragonato (in modo zoppo) con altre realtà costituzionali, ma rispetto alle istituzioni originali che ritenevano sufficienti 600 deputati e 300 senatori con un profilo e un mandato assai diverso. Sul fondo della questione è giusto votare si, per votare no si mettono legittimamente avanti ragioni politiche: che cosa combineranno dopo?
Savino
Si è persa ogni buona abitudine di discutere approfonditamente i provvedimenti che riguardano la sorte di tutti i cittadini, sulla base dei vari interessi in gioco. A questo servivano le Assemblee fin dai tempi dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese e a questa ponderatezza fungeva il bicameralismo, diversificato dall’età dell’elettorato attivo e passivo e, all’inizio, diversificato dalle durate dei mandati (i Padri Costituenti vollero una Camera che durasse 5 anni, un Senato che durasse 6 anni ed un Capo dello Stato che durasse 7 anni, poi, dalla seconda Legislatura, c’è stata omogeneità di mandato nella sua durata tra Camera e Senato). Come stanno le cose, di fatto, con lo schiacciamento sull’Esecutivo e la posizione della questione di fiducia su tutto, entrambe le Camere vengono sminuite. Una vera riforma dovrebbe tener conto di questo dato di fatto, con l’introduzione di un cancellierato ed un miglioramento delle modalità di controllo parlamentare, a partire dall’istituzionalizzare i gruppi parlamentari, anche per evitare forme di trasformismo che realizzino gruppi diversi dalle liste presentatesi alle elezioni. La legge elettorale, per coerenza al comune sentire, non importa se maggioritaria o proporzionale, dovrebbe prevedere la presenza di blocchi di coalizione predefiniti, in modo tale da non disorientare e sorprendere in un secondo momento l’elettore.
Henri Schmit
Bravissimo! Concordo su tutto, a parte l’ultima frase; penso che valga di più il libero mandato dell’articolo 67, in Italia da tempo ignorati e svuotato.
Michele Lalla
L’efficienza (decisionista) incarna il dilemma governabilità versus democraticità,a favore della prima e in opposizione alla seconda. L’efficienza è sempre a scapito della democrazia … Come succede spesso, anche in Parlamento, dopo tante sagaci e perspicaci osservazioni nella parte “destruens”, si arriva alla parte “construens” con ipotesi che rendono ancora piú interessante, vitale, e idoneo per l’italia il sistema attuale, magari riportato alle origini, come Savino insiste nel ricordarcelo e si indebolisce con la proposta. Si fa notare che è in corso (?) la proposta di rendere ancora piú simili le due Camere, estendendo il voto del Senato a tutto l’elettorato; allora, sí, si avrebbe una vera fotocopia. Perché? Perché chi governa non vuole avere problemi e/o sostenere sforzi compromissori con l’opposizione, quando questo è proprio l’essenza, la forza, e l’arte nobile della democrazia e della politica. Mi fermo qui: a buoni intenditori, poche parole.
Marco La Colla
Aggiungerei a favore della riduzione, che il confronto con gli altri paesi europei andrebbe fatto addirittura sul numero medio degli effettivi votanti! Chi non vota più da anni, perché dovrebbe essere rappresentato? Sarebbe interessante confrontare anche questo dato con quello dei maggiorenni per valutare la nostra posizione nell’ambito europeo. A naso, considerato il nostro astensionismo, penso torneremo di nuovo in testa!
bob
il non voto è espressione di dissenso con uguale valore del votare. A meno che non di adotti il consiglio becero ” turarsi il naso e votare”. Invece le dico che questo Paese dovrebbe fare proprio un significativo ” sciopero elettorale”. Mettere a nudo il Re
Rainbow
Il Referendum ha molti aspetti e implicazioni diverse. Secondo me,pur tenendo conto delle giuste perplessita’sollevate sulla rappresentanza,e’meglio votare si per le seguenti ragioni. 1) la vittoria del No affosserebbe definitivamente ogni velleita’di riforma istituzionale in quanto questa sarebbe la terza volta che una riforma varata dal Parlamento verrebbe bocciata dal voto popolare;2) la vittoria del si potrebbe invece,sull’onda della necessita’,innescare un processo di riforma che riguardi sia l’Istituto del Parlamentare in se (fosse per me metterei la Laurea come requisito di accesso per migliorare il livello di competenza dei Parlamentari),sia l’assetto complessivo dei rapporti Governo-Parlamento ; 2) La riduzione del numero potrebbe migliorare,come sostiene l’articolo,il controllo ed il monitoraggio dell’attivita’dei Parlamentari; 3) L’assetto attuale e’indifendibile sotto ogni profilo(della rappresentanza,della competenza,della qualita’dei Parlamentari,etc),il taglio dei Parlamentari puo’essere fatto solo in questo modo,con un quesito specifico,perche’,se venisse inserito in un disegno complessivo di riforme,come e’gia’accaduto,non passerebbe mai in quanto il quesito sarebbe troppo lungo,articolato,confuso,per cui la gente,nel dubbio,voterebbe sempre No. Meglio fare un quesito semplice da sottoporre a voto,e procedere a piccoli passi per tutte le altre riforme istituzionali necessarie!
Firmin
Pare che in Italia siano in vigore circa 190.000 leggi, compresi parecchi regi decreti. 110.000 sarebbero le sole norme nazionali prodotte dal parlamento. Se un parlamento inefficiente e pletorico è riuscito a fare questo disastro, quante altre norme avrebbe prodotto un parlamento snello e veloce come quello prefigurato dai sostenitori del si? Forse per migliorare e sfoltire la produzione legislativa si dovrebbe pensare a rendere il parlamento ancora più pletorico e barocco invece di ridimensionarlo. Mi chiedo anche se la riduzione di un terzo dei parlamentari sarà anche accompagnato da un corrispondente taglio dei dipendenti delle camere, che produrrebbe risparmi forse superiori a quelli del taglio di deputati e senatori.
Marta
Buongiorno, chiederei cortesemente agli autori di specificare quali sono gli incentivi che il parlamentare avrebbe ad essere attivo in un parlamento più piccolo; al di là del fatto che potrebbe meno camuffare un’eventuale inedia. Trovo infatti sia un punto interessante da considerare. Grazie mille, Marta
Francesco M.
L’obiettivo dichiarato dai proponenti, se non ricordo male, era di tagliare i costi del parlamento. E basta. Il resto sono nostre interpretazioni volte a nobilitare o sminuire il gesto. Credo che l’obiettivo verrà raggiunto ma non so se basterà a coprire il bonus bici.
Savino
Anche tanti proponenti sono diventati parlamentari e la poltrona non la mollano. La furia cieca dell’ invidia sociale si è trasformata in opportunismo per chi ha vinto la lotteria della piattaforma Rousseau. Ora la casta è a 5 stelle e della povera gente, cui aveva promesso l’inverosimile, se ne infischia.
Enrico D'Elia
Credo che il rapporto tra parlamentari e popolazione (comunque definita) sia poco significativa. A nessuno verrebbe in mente di giudicare l’efficienza e la rappresentatività di un CDA in base al rapporto tra consiglieri e addetti o azionisti. La questione centrale posta da vari commenti è la qualità degli eletti. Se questi continuano ad essere cooptati dai gruppi dirigenti dei partiti in base a fedeltà e docilità, il loro numero è irrilevante: 1000 o 600 yesmen/women incompetenti danno esattamente lo stesso risultato.
carmelo cali
Sarebbe utile conoscere il rapporto in modo disaggregato per collegi regionali. Uno dei problemi posti dal NO riguarda la proporzionalità nella rappresentatività per regioni. Altra questione poi è il guadagno di “efficienza” per parlamentare in meno. Credo che il fattore cruciale è la preservazione delle procedure. Quindi temo che la tesi “piccolo funziona meglio” è troppo generale.
Giulio Colecchia
Il cuore del problema, che giustifica a mio avviso, il voto per il NO, è – lo affermano del resto gli stessi autori dell’articolo – nella parzialità di questa modifica che, non essendo una pur necessaria riforma più complessiva del bicameralismo perfetto, si limita ad una amputazione dell’organo legislativo, rinviandone il completamento ad un ipotetico futuro.
Allo stato attuale la scarsa produttività e la demotivazione dei deputati, più che dalla pletoricità di ogni singola Camera, è determinata proprio dalla ferraginosità del doppio passaggio tra le Camere per l’approvazione delle leggi.
A ciò va aggiunto il fenomeno, oramai diventata prassi ricorrente e non solo a causa del periodo di pandemia, dell’assunzione da parte del Governo di un improprio ruolo legislativo, abusando della decretazione e DPCM e soprattutto del voto di fiducia che, di fatto, impedisce un proficuo dibattito ed una evidente e qualificante assunzione di responsabilità dei deputati.
Giudicare massivamente un organismo che si vuole non funzionante e non rispondente, nell’esercizio delle sue autonome prerogative costituzionali, ai propri compiti è, quanto meno, ingiusto e diventa strumentale quando viene sostenuto da forze politiche che hanno da sempre nei propri programmi modelli di democrazia diversi da quello rappresentativo attuale.
Antonio Carbone
Possibile che abbiate dimenticato il complessivo progetto di riforma “in-costituzionale” dei 5stelle per arrivare alla loro “democrazia diretta”!? È basato su 3 cardini:
1 riduzione dei parlamentari
2 introduzione del vincolo di mandato
3 introduzione del referendum propositivo!
Cioè la distruzione della democrazia rappresentativa, la creazione di una democrazia plebiscitaria con l’avvento di una dittatura della maggioranza, di stampo oligarchico.
Solo per i Casaleggio e company il prossimo referendum è un “primo passo”! Si avvererebbe, infatti, il primo pezzo del loro delirio.
Ps. Solo un esempio per quelli che credono alla favola del primo passo a cui seguirà una cornice di riforme più organiche:
dopo il taglio che si avrebbe con il SI al referendum, come si farà ad introdurre il monocameralismo da tutti invocato!? Se 600, come pare, è il numero giusto di parlamentari, che facciamo? Si abolisce o si cambia funzione al Senato e si riporta di nuovo a 600 il numero dei deputati alla Camera?
Certo, si può fare….. ma é roba da far ridere i polli.
Antonio Carbone
Titolo: uno slogan travestito da riforma.
Articolo “quasi” esaustivo (gli autori, per la verità ci avevano abituato meglio) ma che non coglie l’aspetto manipolativo della “riforma”! Per certi versi viene fatto proprio anche dagli autori (questo mi stupisce, avendo apprezzato da sempre, e non solo su queste pagine, il rigore delle loro analisi).
Sanno bene, come tutti oramai, che il numero dei parlamentari italiani non è eccessivo in se, ma solo a causa dei “doppioni” Camera e Senato.
Quasi nessuno ha mai messo e mette in dubbio la necessità di ridurre il numero dei parlamentari. Infatti tutte le precedenti proposte andavano nella direzione giusta di eliminare l’inutilità delle due camere fotocopia. Questo è il solo motivo del loro numero eccessivo!
Sbagliano quindi gli autori quando negano anche il carattere populista della “riforma” che non riforma un bel niente, lascia tutto com’è, ma permette solo al Di Maio di turno di appuntarsi al petto la medaglia del tagliatore di teste parlamentari. Una bella uscita dal balcone, un po’ di demagogia a buon prezzo e via. In perfetto stile 5stelle non hanno proposto alcun nuovo assetto parlamentare, ma solo una sforbiciata.
Questa pseudoriforma sarà il pretesto per non farne altre. Soprattutto quella dell’abolizione del bicameralismo perfetto.
Rimane invece propedeutica all’originario progetto dei 5Stelle: l’ntroduzione della fantomatica democrazia diretta. Lo specifico nell’altro mio commento. Se qualcuno avrà la pazienza di leggerlo
Michele Lalla
Si pensa sempre alle grandi riforme, forse perché non si sa come realizzare quelle giuste per farlo funzionare davvero questo paese, ossia come organizzare BENE la pubblica amministrazione, la scuola, la sanità, eccetera. Il paese ha bisogno di queste riforme precise e adatte a farlo marciare con efficacia e efficienza. Si pensa all’architettura costituzionale e ogni architettura vira sull’accentramento dei poteri e la riduzione degli apparati … Bene ha detto Savino. Aggiungo che il criterio dell’elezione diretta non è un buon motivo di distinzione e non comparabilità, come anche la distinzione delle funzioni. Oltretutto, se ripensate bene a questi anni, proprio la duplicità delle funzioni delle due Camere ha salvato questo paese da tante derive e provvedimenti precipitosi … Sull’ultima affermazione: “diminuendo il numero dei parlamentari è più facile monitorarne l’attività e assicurarsi che abbiano gli incentivi per partecipare alla vita dell’organo cui appartengono” si può osservare che è inconsistente giacché con tutte le tecnologie odierne utilizzabili si può controllare una pletora maggiore di quella corrente; pertanto, si può ragionevolmente sospettare che si vuole una oligarchia ristretta perché diventa piú facile da controllare per vie traverse …
Marco Casale-Rossi
Gentilissimi, avrei un’obiezione : già oggi il governo e la legislatura sono ostaggio di un piccolo numero di parlamentari che, cambiando schieramento, possono causare la caduta del governo e la fine della legislatura.
Un parlamento più piccolo, in assenza di altri cambiamenti, sarà fatalmente ancora più difficile da mantenere in equilibrio…
Per questa ragione, a malincuore – perché anch’io sono convinto che un Parlamento più piccolo funzioni meglio – voterò NO.
enzo de biasi
Analisi condivisa. La riduzione dei parlamentari è opportuna , attesa dai tempi della Commissione Bozzi (1983) dicasi 37 anni or sono e dopo il diniego del popolo votante ad accogliere le due riforme organiche in materia: Centrodestra 2001 e Centro Sinistra 2016. A mio avviso andrebbe approfondito la stretta connessione voto/tasse versate dal cittadino in quanto sono entrambi aspetti della stesso diritto di cittadinanza. In proposito una riflessione: http://www.bellunopress.it/2020/09/07/votare-si-alla-riduzione-dei-parlamentari-e-negare-il-voto-a-chi-non-paga-le-tasse-di-enzo-de-biasi/