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Una società più uguale è possibile

Thomas Piketty propone una diversa distribuzione dei diritti di proprietà per superare l’attuale sistema capitalistico verso un socialismo partecipativo. Sono proposte concrete per una maggiore giustizia sociale e una riduzione delle disuguaglianze.

Le proposte di Piketty

Thomas Piketty, nel suo ultimo libro Capitale e ideologia, propone una diversa distribuzione dei diritti di proprietà per superare l’attuale sistema capitalistico fondato sul principio della massimizzazione del profitto per i proprietari e sulla riduzione della tassazione pubblica, soprattutto dei grandi patrimoni.

«In sintesi: il modello di socialismo partecipativo che si propone è fondato su due principi essenziali che mirano a superare l’attuale sistema della proprietà privata: da un lato, la proprietà sociale e la condivisione dei diritti di voto nelle imprese; dall’altro, la proprietà temporanea e la circolazione del capitale. Combinando i due principi, si istituirebbe un sistema di proprietà molto diverso dal capitalismo privato come lo conosciamo oggi, e che costituirebbe un vero e proprio superamento del capitalismo stesso» (pagina 1.117).

L’autore si basa sul principio che esiste una correlazione tra capitale, potere e diritti di voto nelle imprese, progressività fiscale e circolazione permanente della ricchezza, che ha trovato diversi equilibri nel passato e che ne può trovare di ancora diversi nel futuro.Quali siano questi equilibri diversi, Piketty non lo sa, consapevole che non sono gli studiosi a determinare il futuro, ma le azioni di milioni di persone che si possono coalizzare per raggiungere determinati obiettivi, da tradursi poi in leggi e istituzioni. Così è stato nel passato e così sarà nel futuro. Piketty ha consapevolezza dell’originalità della sua proposta di socialismo partecipativo, ma soprattutto ha consapevolezza di due fattori decisivi:

– la struttura sociale cristallizzata in un dato tempo storico in leggi e sistemi di potere non è immutabile, ma frutto di processo storico in evoluzione – che viene dal passato e va verso un futuro in modo non deterministico – che cerca un equilibrio possibile tra diversi fattori per giungere a una maggiore uguaglianza e giustizia;

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– le sue sono proposte che andrebbero sottoposte a un processo decisionale pubblico, partecipato e democratico.

Con alla base una approfondita analisi storica (per quanto possibile con i dati a disposizione), Piketty non è ideologico, ma mostra come nel passato alcune esperienze siano già state attuate con ottimi risultati. Per esempio, illustra come una tassazione molto elevata dei patrimoni del 10 per cento più ricco della popolazione, negli Usa e in Inghilterra, ma anche in Francia, abbia ridotto le disuguaglianze e favorito la crescita, ben più delle attuali disuguaglianze determinate dalla bassa tassazione dei grandi redditi e patrimoni. Così come il sistema di partecipazione dei dipendenti ai consigli di amministrazione in atto in Germania e Svezia non ha ridotto l’efficacia delle aziende ed è condiviso pacificamente sia dagli azionisti che dalla società, oltre che dai dipendenti.

Tutte e due queste “rivoluzioni” del passato sono parte integrante della Costituzione degli Usa (tassa federale sul patrimonio) e della Germania (co-gestione). La concretezza delle proposte (vedi il capitolo 17), in particolare quella di un regime di tassazione progressiva sui redditi e sul capitale, permetterebbe:

– il finanziamento di uno stato sociale (istruzione, sanità, previdenza, reddito minimo, per esempio) più equo;

– una maggiore distribuzione della ricchezza e più a favore dei giovani per rendere ancora più dinamiche le società che l’adottassero.

Consonanza con la dottrina sociale della Chiesa

Le istituzioni italiane lavorano in questo periodo a una riforma fiscale, facendo i conti con un debito pubblico e un’evasione fiscale elevati. Piketty si rivolge in prima battuta alle forze di sinistra, ma le sue indicazioni (ha proposte concrete per un tracciamento esauriente dei capitali e delle proprietà) possono essere utili anche per altre compagini partitiche e della società civile che lavorano per una maggiore giustizia sociale e una riduzione delle disuguaglianze. Anche la nostra Costituzione prevede l’utilità sociale dell’iniziativa economica: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (articolo 41).

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È interessante notare, poi, la consonanza con alcuni aspetti della dottrina sociale della Chiesa: la destinazione sociale della proprietà privata (dei beni), la scelta preferenziale per i poveri, per esempio, ma l’elenco potrebbe proseguire a lungo.

Papa Francesco, nella sua ultima enciclica Fratelli tutti, oltre a ribadire il suo magistero sociale, auspica un cambiamento anche delle strutture giuridiche: «Vorrei insistere sul fatto che “dare a ciascuno il suo”, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali. La distribuzione di fatto del potere – politico, economico, militare, tecnologico e così via – tra una pluralità di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere. Oggi il panorama mondiale ci presenta, tuttavia, molti falsi diritti, e – nello stesso tempo – ampi settori senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere» (n. 171).

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Il Punto

13 commenti

  1. PURICELLI BRUNO

    Data la natura umana, mi pare l’ennesima proposta utopistica. Il socialismo “buono” esiste solo in teoria senza metodi almeno un poco coercitivi. All’individuo, nel suo profondo, interessa il suo ego che è e sarà sempre diverso da quello degli altri; il tutto, complicato dalle passioni individuali che non si possono standardizzare come avviene con la cultura che può essere orientata verso temi sociali più di altri. Del resto, dagli anni ’60 la scuola ha orientato verso l’umanistica socialista (per non dire comunista) la didattica ed è per questo che le ultime generazioni appaiono più sensibili ad argomenti sul sociale a prescindere dai costi. A molti va bene perché certamente si fatica meno e non si rischiano metodi impositivi che ostacolerebbero, comunque, il libero pensiero ma continuare su questo mainstream aggraviamo l’attuale scollamento sociale che si stava costruendo con l’unione europea e, tutto sommato, una buona politica comune fondata su regole e su Pil. A mio avviso, senza voler stigmatizzare la proposta che offre certamente motivo di confronto, direi che il senso di proprietà è un valore da cui partire consentendolo a tutti in rapporto al proprio impegno. Tassare e redistribuire annullando la proprietà , oggi, porterebbe al decadimento economico prima e sociale poi. E’ un mio punto di vista.

    • antoniospecchia

      Ho dato una scorsa, riconosco, i dettagli potrebbero sfuggirmi. Certamente come dice Puricelli qui sopra e’ una proposta che sa molto di utopia. La natura umana… lo stato di cose… insomma tutte scuse per restare dove siamo. Se qualcosa di buono la scuola ha fatto e’ stato di coltivare un pensiero socialista, se qualcosa di male ha fatto e’ stato di coltivare troppo il pensiero socialista dimenticando le regole dei mercati. insomma sono in parte d’accordo con Puricelli, (anche se mi sfugge il suo pensiero circa l’europa) ma credo che il testo qui proposto abbia una sua logica. Se non la finiamo di essere guidati dall’ego e dall’interesse singolare siamo spacciati.

    • Proprietà pubblica contro proprietà privata … ma basta leggere la Costituzione italiana per superare questo falso dilemma. Esistono tre modelli di economia tutto al pubblico ex URSS fallito, l’attuale neoliberista tutto ai privati e il potere pubblico a fare legge per sottomettersi a questo … sta massacrando l’umanità … noi italiani geni incompresi abbiamo inventato la via di mezzo (no terza via blairiano neoliberista in sostanza) il modello misto Art. 41.
      L’iniziativa economica privata è libera.
      Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
      La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Quanto basta se l’attuassimo …

      • Gian Piero

        Quanto basta se l’attuassimo ripristinando il criterio di progressività reale dell’imposizione fiscale, a partire dagli evasori e dagli elusori autorizzati dallo Stato, e sostituendo alle tante tasse patrimoniali inguste (tutte le imposte indirette, che gravano allo stesso modo su tutti indipendentemente dalle loro condizioni) con una sola tassa patrimoniale progressiva, come – appunto – previsto dalla Costituzione. La proprietà o è al servizio del bene comune o è un furto.

  2. Renzo Tavoni

    La parte più intteressante,a mio avviso,è quella di agire sulla imposta di successione che è particolarmente bassa in Italia. Con ciò si ridurrebbe la cristallizzazione dei patrimoni.

    • Marco Chiodini

      Una tassa sulle generazioni più giovani? Come se le generazioni più giovani non fossero già tartassate dal debito pubblico prodotto dai loro genitori. Preferirei tassare in maniera molto decisa tutte le pensioni superiori ad una certa cifra (1500-2000 euro) e tutte le pensioni di anzianità che vengono percepite da più di 30 anni.

  3. Giuseppe

    A mio avviso il tema va prima o poi affrontato anche perché nessuno può pensare che dopo il covid tutto ritorni come prima. E il tema è quello della forte disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza che se non affrontato porterà alla decadenza del nostro sistema economico perché non è possibile dopo averci trasformati tutti “da produttori a consumatori” pretendere che non consumiamo nemmeno più. Poi basta leggere alcuni dati e interventi al Festival dell’economia di qualche anno fa sul legame tra distribuzione della ricchezza e sviluppo, inteso nel senso più ampio possibile, per rendersi conto del perché il nostro e altri paesi sono bloccati e ci avviamo verso la decadenza come è successo tante volte in passato.

  4. Gianluca Longhi

    Se non ho capito male, non mi sembra sostenibile tassare ogni anno del 60% un patrimonio di 1000 volte il patrimonio medio ed a maggior ragione del 90% un patrimonio di 10000 volte il patrimonio medio, equivale ad un esproprio

  5. Michele Bergadano

    Articolo interessante, a parte l’ultimo paragrafo sulla dottrina della chiesa, francamente irrilevante l’opinione del papa

  6. Enrico D'Elia

    Interessante, anche se non troppo originale, l’analisi di Piketty, perché ha il pregio di ricordarci che economia, società e istituzioni cambiano nel tempo secondo percorsi complessi e non deterministici (i molti universi possibili di Giordano Bruno…e della fisica quantistica). Sono meno convincenti le soluzioni proposte. Una imposta progressiva sui patrimoni è semplicemente impraticabile perché la titolarità della ricchezza può essere suddivisa a piacere tra i contribuenti. Inoltre è estremamente difficile valutare in modo decente molte poste finanziarie. Quanto alla cogestione delle imprese, è facile depotenziarla, come hanno dimostrato l’esperienza tedesca e l’incubo delle false cooperative italiane.

  7. giorgio capon

    Penso che non si possa negare la fondatezza sociale di una tassa patrimoniale.
    Tuttavia sarebbe meglio accettabile a due condizioni:
    1) che sia pagata dalla maggioranza dei possessori di patrimoni e non evasa o anche elusa (non mancherebbero le scappatoie finanziarie)
    2) che si abbia la percezione che il governo sappia impiegare senza sprechi o malversazioni quanto percepito con la tassa

  8. Pasquale HAMEL

    Ma in Italia c’è già l’art.53 della Costituzione che consente questo visto che indica come base impositiva la capacità contributiva e come strumento la progressività.

  9. Marco

    Condivisibili le linee di fondo, ma senza criterio le percentuali proposte. Un grosso guadagno, tra tassazione del reddito e quella del capitale si ridurrebbe a cifre minime in pochi anni. Questo spinge il consumismo e porta a una esplosione dell’inflazione. Una corretta politica potrebbe aggiustare di anno in anno la tassazione patrimoniale per garantire il giusto ricircolo dei capitali ed i suoi effetti. Si potrebbe partire da piccole percentuali per poi incrementarle fino a portarle ad un valore equilibrato, senza così stravolgere il mercato.

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