Sempre più spesso l’Opa è utilizzata in Italia per abbandonare la quotazione, riguarda grandi imprese ed è spesso associata a un cambio di controllo societario. Tutto ciò ha riflessi sulla struttura e la dimensione del nostro mercato dei capitali.

Opa e delisting

In Italia, il meccanismo dell’offerta pubblica d’acquisto è utilizzato più per ottenere una partecipazione elevata di azioni, e quindi abbandonare la quotazione, che per scalare le società. Diversi annunci di offerte recenti, con associato programma di revoca delle azioni dalla borsa, hanno suscitato nuove riflessioni sulla sempre più evidente connessione tra Opa e delisting dal mercato regolamentato.

Il rapporto tra costi e benefici del mantenimento della quotazione diviene quindi variabile chiave per lo sviluppo del capitalismo italiano tanto quanto la valutazione sulla convenienza ad accedere alla borsa. Si tratta di una variabile essenziale in un contesto europeo che vuole rafforzare la Capital Markets Union e in un periodo di possibile contrazione creditizia, nel quale disporre di fonti di finanziamento diversificate e di capitale di rischio risulterà essenziale per investire in tecnologia e promuovere quei valori di sostenibilità e quelle metriche Esg (environmental, social, governance) strategiche per il successo delle società maggiori e quotate.

In un recente studio abbiamo evidenziato come ben il 74 per cento delle offerte totalitarie su titoli azionari quotati prevedevano un piano di delisting (realizzatosi, direttamente tramite l’offerta o nei mesi successivi, nella quasi totalità dei casi). I dati degli ultimi anni, in particolare, assumono valori particolarmente elevati (90 per cento nel 2019; 82 per cento nel 2020 e 100 per cento nel primissimo scorcio del 2021).

Il Grafico 1, che rappresenta il fenomeno in prospettiva storica, evidenzia che tali livelli di frequenza dei delisting non costituirebbero valori eccezionali, essendo stati già raggiunti in passato (in particolare nel 2008 e 2010). A nostro avviso, tuttavia, le recenti dinamiche evidenziano alcuni elementi di novità.

Grafico 1 – Incidenza dei delisting * e andamento del mercato

* Rapporto tra Opa con un programma di delisting e Opa totalitarie su azioni quotate su Mta, Miv (Mercato telematico degli investment vehicles), Aim (Mercato alternativo del capitale).

In primo luogo, si rileva un incremento percentuale dei casi di Opa con annesso delisting negli ultimi cinque anni, la cui incidenza è passata dal 50 per cento sul totale Opa del 2015 a valori intorno al 90 per cento negli ultimi due anni (e primi mesi del 2021). D’altro lato, l’elevata incidenza di revoche nel 2008 e 2010 deve verosimilmente collegarsi anche alla debolezza delle quotazioni durante e successivamente la grande crisi finanziaria. Dal 2015 a oggi, invece, i prezzi sul mercato secondario hanno registrato un andamento sicuramente non negativo, dove alle fasi ribassiste (certamente presenti, a partire dal crollo di inizio 2020 causato dall’esplosione pandemica) hanno fatto seguito rapidi recuperi.

Leggi anche:  Case per i giovani: dove trovare le risorse

Nel tempo è inoltre cambiata la tipologia prevalente di offerta che porta al delisting delle società. Mentre nei primi anni di analisi la revoca dalla quotazione era raggiunta tipicamente attraverso un’offerta volontaria espressamente finalizzata al delisting, promossa dal socio di controllo (nel 74 per cento dei casi del 2008; nell’83 per cento nel 2010), questa modalità è decisamente meno frequente negli ultimi anni (27 per cento dei casi nel 2018; 40 per cento  nel 2019) quando il delisting è per lo più associato al cambio di controllo societario (offerte obbligatorie e, più rare, volontarie).

Infine, anche in conseguenza di quanto evidenziato prima, la dimensione media delle società oggetto di delisting è significativamente cresciuta, triplicandosi dai 464 milioni del periodo 2007-2013 ai 1.327 milioni dei sette anni successivi.

Queste osservazioni suggeriscono in sintesi, sul piano qualitativo, che viene più spesso acquistato il controllo di società grandi con il preciso obiettivo di farle uscire dal mercato e che questa tendenza non appare fortemente correlata agli andamenti di borsa. È dunque doveroso l’interrogativo circa l’attrattività della quotazione.

Impatti sul mercato dei capitali domestico

Il crescente flusso di delisting a seguito di Opa (che rappresenta, tra l’altro, solo la principale componente del totale delle revoche dal listino) necessariamente incide sulla struttura e la dimensione del mercato dei capitali domestico (Grafico 2).

Grafico 2 – Evoluzione del mercato dei capitali domestico *

* Nuove ammissioni: Ipo (initial public offering) più passaggi da Aim a Mta.

Nonostante il significativo numero, per il mercato italiano, di nuove quotazioni (54, contro le 14 dei sei anni precedenti), dal 2014 l’incremento delle società quotate sul Mta (Mercato telematico azionario) al netto delle revoche è stato di sole 15 unità. Ancora più evidente l’impatto sulla dimensione del mercato: la capitalizzazione complessiva di borsa (Mta), per il saldo tra gli incrementi derivanti dalle quotazioni e i decrementi causati dai delisting, è diminuita di circa 16 miliardi. Volendo normalizzare questo valore escludendo i) il dato particolare del delisting (e re-listing su un mercato estero) di Luxottica e ii) i valori relativi alle operazioni di privatizzazione – per definizione straordinarie e non ricorrenti – di Fincantieri, Raiway, Poste, Enav, il saldo rimane comunque negativo, a testimonianza del fatto che la strutturale incapacità del sistema di superare il tradizionale sottodimensionamento derivi non solo dall’insufficienza delle quotazioni, quanto, se non più, dalla crescente rilevanza dei flussi in uscita.

Leggi anche:  L'eccesso di liquidità è qui per restare*

La possibile disaffezione dal mercato solleva delicati interrogativi sulla competitività del sistema e i vantaggi della quotazione. Sullo sfondo ci sono ben noti fenomeni di aggregazione a livello europeo tra le borse, possibili ulteriori integrazioni della vigilanza sui mercati e una concorrenza tra ordinamenti non sempre livellata dall’armonizzazione della disciplina europea, frutto di stratificazioni normative che beneficerebbero di maggiore coordinamento. L’auspicio è che il tema entri pienamente nell’agenda del nuovo Governo e che possa aprirsi un tavolo di riflessione che, con il contributo dei diversi soggetti interessati, possa esaminare in modo laico e innovativo, a livello nazionale ma ben dialogando con Bruxelles, queste problematiche.

* Le idee e le opinioni espresse da Federico Picco sono da attribuire esclusivamente all’autore e non coinvolgono la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  La Bce e la disinflazione: sarà davvero un pasto gratis?