Prosegue anche nei primi mesi del 2021 il successo delle Spac. Sono veicoli speciali d’investimento che in America hanno permesso di raccogliere in borsa miliardi di dollari in poco tempo. Però qualcuno inizia a sottolinearne le ombre e i pericoli.

Cosa sono le Spac

Superato il caso GameStop, il mercato finanziario americano è tornato a concentrare la propria euforia sulle Spac. Le Special Purpose Acquisition Company sono società quotate in borsa e create unicamente per acquistare una impresa privata, spesso una start up. Quando si verifica l’acquisto – o la fusione, come capita più spesso – la società privata prende il posto della Spac in borsa: si tratta quindi di un’alternativa alle Ipo (initial public offering – offerta iniziale di acquisto) per la quotazione, con meno vincoli formali e maggiore rapidità.

Le Spac godono di una popolarità crescente, tanto da attirare l’interesse di attori e campioni dello sport: solo nel 2020 hanno raccolto in borsa oltre ottanta miliardi di dollari e grandi istituzioni finanziarie americane le hanno utilizzate per investire in società promettenti, presenti in settori alternativi. Per esempio, in aprile Draftking, azienda americana di scommesse e gaming sportivo, è entrata in borsa tramite la società veicolo Diamond Eagle Acquisition, ricevendo una valutazione di mercato di oltre 3 miliardi di dollari.

Alcuni, però, temono che dietro tanto entusiasmo si possa nascondere una bolla speculativa.

Le società veicolo

Le Spac sono create da uno sponsor – spesso grandi fondi di private equity o dirigenti di rilievo – che ottiene una quota della società, mentre le altre azioni vengono vendute sul mercato. Hanno due anni di tempo per individuare una società target e completare con essa la fusione. Di solito, la ricerca inizia dopo l’ingresso in borsa della Spac, e da qui deriva la definizione di “Blank-check company” (società ad assegno in bianco). Se la fusione non avviene nel periodo stabilito, il denaro raccolto viene riconsegnato agli azionisti con gli interessi.

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Gli investitori iniziali di una Spac possono restituire le quote se non ritengono interessante la fusione, minimizzando il rischio sul loro capitale. Mantengono però delle warrants, che permettono di comprare in futuro azioni a un prezzo definito, se l’operazione si completa. Si tratta di un vantaggio cruciale rispetto a chi acquista le azioni dopo l’annuncio della fusione. Oltre a questo, lo sponsor ottiene circa il 20 per cento della nuova società indipendentemente da come questa si comporterà.

Sembra quindi una situazione vincente per molti: la società target evita il monitoraggio scrupoloso delle autorità e – a differenza di quanto accadrebbe con una Ipo – si garantisce una certa quota di denaro dallo sponsor; quest’ultimo ha il vantaggio di acquistare una fetta della società a prezzo ridotto. L’operazione penalizza però chi mantiene le azioni dopo la fusione: il loro prezzo tende a diminuire più di un terzo entro un anno dalla fusione, mentre chi restituisce le quote ottiene in media un rendimento superiore al 10 per cento.

Benché vi siano incentivi che tentano di uniformare gli interessi di tutti i soggetti, il disallineamento economico tra sponsor e altri investitori, specialmente quelli post-fusione, è dovuto anche alla volatilità che caratterizza il titolo di una Spac quando si annuncia una fusione. Questi aumenti consentono agli early investors di monetizzare vendendo le quote. Per esempio, le azioni della Spac di Draftking erano cresciute del 75 per cento rispetto al valore iniziale il giorno prima dell’ingresso in borsa.

Le differenze con una Ipo

Rispetto a una classica Ipo, l’accesso alla borsa tramite Spac presenta alcune differenze sostanziali. Al momento della fusione, la contrattazione avviene tra privati e il prezzo della società target è meno dipendente dalla reale domanda degli investitori, come invece avviene nelle Ipo. Quest’ultima si basa su dati di bilancio della società che si quota, mentre le Spac possono promuovere pubblicamente le aziende obiettivo appoggiandosi a previsioni arbitrarie che non ne riflettono necessariamente i fondamentali.

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Anche il fattore tempo è determinante. La rapidità con cui si muovono le Spac può nuocere alla possibilità di eseguire i controlli da parte dello sponsor, che affronta quindi un rischio reputazionale. Un rischio che esiste pure per la società target come dimostra il caso di Trevor Milton. È il fondatore di Nikola, azienda produttrice di camion elettrici entrata in borsa tramite fusione nel luglio 2020, e si è dimesso dopo le accuse – sulle quali indaga la Sec, l’autorità di vigilanza della borsa – di aver mentito sulla tecnologia che Nikola usa sui propri veicoli.

La velocità rischia anche di far approdare in borsa società non ancora mature, proprio perché la Spac ha la necessità di chiudere un accordo nel tempo ristretto di due anni.

E ora?

Alcune modifiche normative hanno favorito il ritorno di queste particolari società, che esistono dagli anni Ottanta, ma sono state spesso associate in passato a frodi finanziarie. Ora il clima economico è cambiato: gli effetti della pandemia hanno reso più incerte le Ipo, mentre opzioni d’investimento più rischiose, come i Bitcoin, guadagnano in attrattiva. L’ingresso di sponsor affermati e alcune operazioni positive, come il listing di Virgin Galatic Holding, hanno convinto molti a preferire le Spac. Per il momento, la Sec si limita a monitorare la situazione, ma avvisa che “non è mai una buona idea investire in Spac solo perché ci investe una persona famosa”.

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