Il Piano di ripresa e resilienza deve essere presentato alla Commissione europea entro aprile. Il governo Draghi dovrebbe rimettere mano a quanto previsto per le politiche giovanili nella bozza precedente. Perché il poco che c’è è mal distribuito.
Valutare un Piano in costruzione
I fondi destinati alle politiche giovanili nella bozza di Recovery Plan del governo Conte II sono decisamente insufficienti e mal distribuiti. Dal governo Draghi ci si attende una svolta significativa in entrambe le direzioni.
Per valutare l’impatto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano avrà sulla priorità assoluta, cioè le nuove e future generazioni, si propongono tre linee di indagine. La prima è di natura comparata e indaga sulle risorse messe in capo a tale fine da alcuni paesi europei. La seconda illustra il peso per missioni, componenti e misure per i giovani sul totale delle risorse nella bozza del Pnrr del 12 gennaio scorso. La terza specifica gli interventi del Pnrr nei principali ambiti delle politiche giovanili.
La risposta degli altri paesi al disagio giovanile
Relativamente al primo aspetto, il passo preliminare è quello di “mappare” tutti gli interventi rivolti ai giovani all’interno delle bozze di piano ora disponibili. A questi interventi l’Italia destina 16,31 miliardi di euro, la Spagna 24,6 miliardi, la Francia 7,08 miliardi, la Germania 2,78 miliardi, il Portogallo 2,03 miliardi e la Grecia 2,05 miliardi. La comparazione dei valori deve tuttavia tenere conto del fatto che alcuni paesi, come la Francia e la Germania, per ora hanno deciso di non fare ricorso alla componente di prestito del Dispositivo di ripresa e resilienza e, dunque, i loro piani sono di dimensioni decisamente inferiori. E poiché l’algoritmo alla base della distribuzione delle risorse a fondo perduto considera anche il numero degli abitanti del paese, alcuni di questi, come la Grecia e il Portogallo, contano su risorse in valore assoluto più contenute.
Fuorviante sarebbe anche la semplice comparazione dell’incidenza proporzionale delle risorse sul totale dei fondi programmati nei Pnrr, perché non considera la necessaria proporzionalità delle risorse rispetto agli obiettivi da raggiungere. Ridurre drasticamente il numero dei Neet (not in Education, Employment or Training) e dei disoccupati under 35 non è tra le priorità francesi o tedesche, che registrano tassi assai più contenuti di quelli italiani, spagnoli e greci, aggravatisi per l’effetto pandemico ma già molto elevati anche negli anni precedenti.
Nella figura 1 si propone una comparazione che incrocia l’incidenza delle risorse sul rispettivo Pnrr con il tasso di disoccupazione giovanile. La Germania è un paese virtuoso, perché destina molte risorse ai giovani pur non registrando alti tassi di disoccupazione giovanile. Anche la Spagna è un paese virtuoso, perché assegna un livello di risorse adeguato a fronteggiare alti tassi di disoccupazione giovanile.
Per nulla virtuosi sono invece Grecia e Italia, che pur con alti tassi di disoccupazione giovanile vi destinano meno dell’8 per cento delle risorse del loro Pnrr. Nel grafico viene riportata la posizione del nostro paese qualora fosse accolta la proposta avanzata dal Consiglio nazionale giovani, l’organo consultivo della presidenza del Consiglio dei ministri per le politiche giovanili.
Un pilastro dedicato ai giovani
L’analisi sintetizzata in figura 2 rileva l’incidenza percentuale sulle risorse del Pnrr del governo Conte II per ciascuna delle sedici componenti che concorrono a formare le sei missioni. Evidenziata in rosso, invece, l’incidenza dei soli interventi rivolti ai giovani.
Figura 2 – Incidenza (%) missioni, componenti e misure per i giovani sul totale delle risorse nella bozza del Pnrr
Fonte: Osservatorio politiche giovanili della Fondazione Bruno Visentini
Vi sono interventi destinati ai giovani nella missione 1, nella missione 4 e nella missione 5. Questa “dispersione” non sorprende: nonostante il regolamento (Ue) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza preveda che tra le sei priorità vi sia anche quella rivolta alle “politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani, come l’istruzione e le competenza” (articolo 3), nel Pnrr italiano la questione giovanile è stata finora considerata una mera “priorità orizzontale”, unitamente a Sud e donne.
Tuttavia, la presenza di un pilastro autonomo, o quantomeno di componenti esclusivamente dedicate ai giovani, assicurerebbe un più efficiente e coordinato utilizzo delle risorse, il periodico monitoraggio delle azioni realizzate e una valutazione di efficacia della politica.
Gli ambiti “dimenticati”
Una politica per i giovani che voglia affrontare a 360 gradi le varie fasi di sviluppo individuale delle nuove generazioni, deve prevedere: a) misure di orientamento e sostegno all’istruzione e alla formazione; b) misure di sostegno all’accesso al mondo del lavoro e sicurezza sociale; c) misure per l’autoimpiego e l’imprenditorialità giovanile; d) misure per la famiglia e la questione abitativa.
Come si può vedere in figura 3, nella bozza di Pnrr (colonne azzurre) le misure per il sostegno all’accesso al mondo del lavoro e quelle per autoimpiego e imprenditorialità giovanile sono nel primo caso risibili e nel secondo inesistenti. La lacuna sarebbe colmata se si prendesse in considerazione la piattaforma di interventi proposta dal Cng (colonne rosa) che propone di destinare quote di altri interventi “generalisti “del Pnrr a tale scopo.
Inottemperanza alle chiare indicazioni regolamentari europee, inadeguatezza delle risorse per quella che dovrebbe essere una priorità assoluta, stante anche l’impatto economicamente asimmetrico della pandemia sulle generazioni più giovani, e mancanza di interventi coordinati tra loro, esplicitamente collegati a indicatori quantitativi e a riforme, sono tutte spie d’allarme che non dovrebbero essere ignorate dal governo Draghi nella stesura del Piano da inviare entro aprile alla Commissione europea.
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